Summa Teologica - II-II

Indice

Articolo 4 - Se si debba pregare soltanto Dio

In 4 Sent., d. 15, q. 4, a. 5, sol. 1, 2

Pare che si debba pregare soltanto Dio.

Infatti:

1. La preghiera è un atto della religione, come si è visto [ a. prec. ].

Ma a Dio soltanto deve essere riservato il culto della religione.

Quindi si deve pregare soltanto Dio.

2. È inutile presentare una preghiera a chi non può conoscerla.

Ora, solo Dio è in grado di conoscere le preghiere.

Sia perché spesso si prega con un atto interiore che Dio solo conosce, più che con le parole, secondo la dichiarazione dell'Apostolo [ 1 Cor 14,15 ]: « Pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l'intelligenza ».

Sia anche perché, come dice S. Agostino [ De cura pro mortuis 13.16 ], « i morti, anche se santi, non sanno quello che fanno i vivi, compresi i loro figli ».

Perciò la preghiera non va rivolta che a Dio.

3. Se rivolgiamo la preghiera a dei santi, lo facciamo in quanto essi sono uniti a Dio.

Ma ci sono delle anime, sia tra quelle viventi in questo mondo, sia tra quelle attualmente in purgatorio, che sono molto unite a Dio con la grazia.

Eppure ad esse non rivolgiamo delle preghiere.

Quindi non le dobbiamo rivolgere neppure ai santi che sono in Paradiso.

In contrario:

Sta scritto [ Gb 5,1 ]: « Chiama dunque, se c'è chi ti risponda, e rivolgiti a qualcuno dei santi ».

Dimostrazione:

Due possono essere gli scopi per cui a una persona viene rivolta la preghiera: primo, perché la adempia direttamente; secondo, perché si presti a impetrarla.

Nel primo senso rivolgiamo la preghiera a Dio soltanto: poiché tutte le nostre preghiere devono essere ordinate a conseguire la grazia e la gloria, che sono date soltanto da Dio, secondo l'espressione del Salmo [ Sal 84,12 ]: « Il Signore concede grazia e gloria ».

Nel secondo senso invece rivolgiamo la preghiera agli angeli e ai santi: non per far conoscere a Dio col loro aiuto le nostre domande, ma perché le nostre richieste ottengano di essere esaudite mediante le loro preghiere e i loro meriti.

Per cui nell'Apocalisse [ Ap 8,4 ] si legge che « salì il fumo degli aromi », cioè le orazioni dei santi, « dalla mano dell'angelo al cospetto del Signore ».

- E ciò risulta evidente anche dalle formule di preghiera di cui la Chiesa si serve.

Infatti alla Trinità chiediamo di « avere misericordia di noi », mentre a tutti gli altri santi chiediamo di « pregare per noi ».

Analisi delle obiezioni:

1. Pregando noi prestiamo il culto di religione soltanto a colui dal quale direttamente speriamo di ottenere quanto chiediamo, poiché in tal modo confessiamo che egli è l'autore dei nostri beni; non già invece a coloro che ricerchiamo come nostri intermediari presso Dio.

2. I morti, considerata la loro condizione naturale, non conoscono le cose che avvengono in questo mondo, specialmente poi i sentimenti interni del cuore.

Però, come insegna S. Gregorio [ Mor. 12,19 ], ai beati viene manifestato nella visione del Verbo quanto conviene che essi conoscano intorno alle nostre azioni, anche in rapporto ai moti interni del cuore.

Ora, alla loro dignità va attribuita specialmente la conoscenza delle preghiere che ad essi sono rivolte, sia con le parole che col pensiero.

Perciò essi, nella luce di Dio, conoscono le preghiere che loro indirizziamo.

3. Coloro che sono in questo mondo o in purgatorio non godono ancora della visione del Verbo, in modo da poter conoscere quanto pensiamo o diciamo.

E così non chiediamo la loro intercessione pregando; la chiediamo però ai vivi parlando con essi.

Indice