Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se la simonia sia la deliberata volontà di comprare o di vendere cose spirituali, o beni annessi a cose spirituali

In 4 Sent., d. 25, q. 3, a. 1, sol. 1

Pare che la simonia non sia « la deliberata volontà di comprare o di vendere cose spirituali, o beni annessi a cose spirituali » [ cf. Alberto M., Sent. 4,25,2 ].

Infatti:

1. La simonia è una delle tante eresie, poiché nei Canoni [ Decr. di Graz. 2,1,1,21 ] si legge: « È più tollerabile l'empia eresia di Macedonio, e di coloro che con lui impugnano lo Spirito Santo, che quella dei simoniaci.

Quelli infatti delirando affermano che lo Spirito Santo è una creatura e schiavo del Padre e del Figlio, ma questi addirittura riducono lo Spirito Santo a uno schiavo di loro stessi.

Infatti solo chi è padrone di una cosa può venderla, se vuole: si tratti di uno schiavo o di qualsiasi altra cosa da lui posseduta ».

Ora, una colpa contro la fede, come anche la fede stessa, non si produce nella volontà, ma nell'intelletto, come si è visto sopra [ q. 10, a. 2 ].

Quindi nella definizione della simonia non si deve parlare di volontà.

2. Peccare deliberatamente è peccare per malizia, che equivale a peccare contro lo Spirito Santo.

Se quindi la simonia è una deliberata volontà di peccare, ne segue che è sempre un peccato contro lo Spirito Santo.

3. Nulla è più spirituale del regno dei cieli.

Eppure comprare il regno dei cieli è una cosa lecita, come risulta da quelle parole di S. Gregorio [ In Evang. hom. 5 ]: « Il regno dei cieli vale tutto ciò che tu possiedi ».

Perciò la simonia non consiste nel proposito di comprare cose spirituali.

4. Il termine simonia deriva da Simon Mago, del quale si legge [ At 8,18s ] che «o ffrì danaro agli Apostoli » per acquistare un potere spirituale, cioè « quello di poter conferire lo Spirito Santo a coloro a cui imponeva le mani ».

Ma dalla Scrittura non risulta che egli abbia voluto vendere qualcosa.

Quindi la simonia non è la volontà di vendere qualcosa di spirituale.

5. Oltre alla compravendita ci sono molte altre commutazioni volontarie di beni, quali ad es. la permuta e la transazione.

Perciò la simonia non è definita in modo esauriente.

6. Tutto ciò che è annesso allo spirituale è sempre spirituale.

Quindi è superfluo aggiungere: « o beni annessi a cose spirituali ».

7. Secondo alcuni il Papa non può commettere simonia.

Ma egli può comprare o vendere beni spirituali.

Perciò la simonia non è la volontà di comprare o di vendere cose spirituali, o beni annessi a cose spirituali.

In contrario:

S. Gregorio [ cf. Decr. di Graz. 2,1,1,3 ] afferma: « Nessun fedele ignora che comprare o vendere l'altare, le decime e lo Spirito Santo costituisce l'eresia simoniaca ».

Dimostrazione:

Come si è già spiegato [ I-II, q. 18, a. 2 ], un atto è cattivo nel suo genere per il fatto che cade su una materia indebita.

Ora, le cose spirituali sono materia indebita di una compravendita per tre motivi: primo, perché un bene spirituale in nessun modo può essere compensato con una mercede temporale: come dicono i Proverbi [ Pr 3,15 ] a proposito della sapienza: « Essa è più preziosa delle perle, e neppure l'oggetto più caro la uguaglia ».

E così S. Pietro, condannando nella sua radice l'iniquità di Simon Mago, gli disse [ At 8,20 ]: « Il tuo danaro vada con te in perdizione, perché hai osato pensare di acquistare con il danaro il dono di Dio ».

- Secondo, perché la materia debita di una vendita può essere solo ciò di cui il venditore è padrone, come risulta evidente in base al testo citato in principio [ ob. 1 ].

Ora, i prelati della Chiesa non sono padroni, ma amministratori delle cose sacre, come dice S. Paolo [ 1 Cor 4,1 ]: « Ognuno ci consideri come ministri di Cristo, e amministratori dei misteri di Dio ».

- Terzo, perché la vendita ripugna all'origine dei beni spirituali, che derivano dalla gratuita volontà di Dio.

Per cui il Signore [ Mt 10,8 ] dice: « Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date ».

E così l'uomo, vendendo o comprando cose spirituali, manca di rispetto a Dio e alle cose divine.

Quindi pecca contro la religione.

Analisi delle obiezioni:

1. Come la religione consiste nel protestare la fede che però talvolta uno non ha nel cuore, così anche i vizi opposti alla religione implicano una manifestazione di incredulità sebbene quest'ultima non sempre abbia guadagnato la mente.

In base a ciò dunque, stando alle manifestazioni esterne, la simonia viene considerata un'eresia: poiché per il fatto che uno vende i doni dello Spirito Santo in qualche modo dichiara di essere padrone di tali doni spirituali; il che è eretico.

Si deve però notare che Simon Mago, oltre ad aver voluto « comprare col danaro dagli Apostoli la grazia dello Spirito Santo », affermava, come riferisce S. Isidoro [ Etym. 8,5 ], che il mondo non era stato creato da Dio, ma « da una potenza superiore ».

Ed è in questo senso che i Simoniaci sono elencati fra gli altri eretici, come si può vedere nel libro di S. Agostino sulle eresie [ De Haeres. 1 ].

2. Abbiamo già visto sopra [ q. 58, a. 4 ] che sia la giustizia che tutte le sue parti, e per conseguenza tutti i vizi contrari, risiedono nella volontà.

Per questo la simonia va definita come un vizio della volontà.

- Si aggiunge poi « deliberata » per indicare l'atto della scelta, che è l'elemento principale nella virtù e nel vizio.

Non è detto però che chiunque pecca deliberatamente pecchi contro lo Spirito Santo, bensì solo chi sceglie deliberatamente il peccato disprezzando quanto giova a ritrarre gli uomini dal peccare, come sopra [ q. 14, a. 1 ] si è visto.

3. Quando uno dà per amor di Dio ciò che possiede, si dice che compera o acquista il regno dei cieli prendendo il termine « comprare » nel senso lato di meritare.

Ma non si tratta di una compera nel pieno significato della parola.

Sia perché, come dice S. Paolo [ Rm 8,18 ], « né le sofferenze del momento presente », né altri doni o opere nostre, « sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi ».

Sia perché il merito non consiste principalmente nel dono, o nell'atto, o nel travaglio esterno, ma nelle disposizioni interiori.

4. Simon Mago voleva comprare quel potere spirituale per poi farne commercio: infatti nei Canoni [ Decr. di Graz. 2,1,3,8 ] si legge che « Simon Mago voleva comprare il dono dello Spirito Santo per arricchirsi con la vendita dei miracoli che avrebbe fatto con esso ».

Perciò quelli che vendono le cose spirituali assomigliano a Simon Mago nelle intenzioni, mentre quelli che le comprano gli assomigliano nelle azioni.

Coloro poi che le vendono, nei loro atti imitano piuttosto Giezi, discepolo di Eliseo, di cui la Scrittura [ 2 Re 5,20ss ] racconta che accettò del danaro dal lebbroso guarito.

Perciò i venditori dei beni spirituali, oltre che Simoniaci, potrebbero anche essere detti Gieziti.

5. Sotto il termine « compravendita » si intendono tutti i contratti non gratuiti.

Quindi, secondo le leggi, non si possono fare con la sola intesa delle parti interessate, senza pericolo di simonia, permute o transazioni a proposito di prebende o di benefici ecclesiastici.

Il prelato può tuttavia fare d'ufficio queste permute per motivi di utilità, o di necessità.

6. Come l'anima può vivere da se stessa, mentre il corpo vive per la sua unione con l'anima, così ci sono delle cose che sono spirituali per se stesse, come i sacramenti, e ci sono delle cose che sono dette spirituali perché sono unite con quelle.

E così si spiegano le parole dei Canoni [ Decr. di Graz. 2,1,3,7 ]: « Certi beni spirituali non possono sussistere senza le realtà corporali, come neppure l'anima può vivere corporalmente senza il corpo ».

7. Il Papa può incorrere nel peccato di simonia come qualsiasi altro uomo: anzi, il peccato è tanto più grave quanto più alto è il posto che una persona occupa.

Sebbene infatti le cose della Chiesa appartengano a lui come all'amministratore principale, non gli appartengono però come a un padrone, o a un possidente.

Se egli quindi per un bene spirituale riceve del danaro derivante dalle rendite di una chiesa, non è esente dal peccato di simonia.

E così pure egli potrebbe macchiarsi di simonia anche ricevendo da un laico del danaro non proveniente dai beni della Chiesa.

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