Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se i precetti del decalogo appartengano alla giustizia

Supra, q. 56, a. 1, ad 1; Infra, q. 140, a. 1, ad 3; I-II, q. 100, a. 3, ad 3

Pare che i precetti del decalogo non appartengano alla giustizia.

Infatti:

1. « Il legislatore », dice Aristotele [ Ethic. 2,1 ], « ha l'intenzione di rendere virtuosi i cittadini » secondo tutte le virtù, per cui [ Ethic. 5,1 ] « la legge comanda tutti gli atti di tutte le virtù ».

Ma i precetti del decalogo sono i primi princìpi di tutta la legge divina.

Quindi i precetti del decalogo non appartengono soltanto alla giustizia.

2. Alla giustizia appartengono specialmente i precetti giudiziali, che si contraddistinguono da quelli morali, come sopra [ I-II, q. 99, a. 4 ] si è visto.

Ma i comandamenti del decalogo sono precetti morali, come si è dimostrato [ I-II, q. 100, a. 3 ].

Quindi i precetti del decalogo non appartengono alla giustizia.

3. La legge, nel dare dei precetti relativi agli atti della giustizia, deve tener presente in modo particolare il bene comune, per cui deve dare le norme riguardanti ad es. le cariche pubbliche, e altre prescrizioni del genere.

Invece nel decalogo non si parla in alcun modo di queste cose.

Quindi i precetti del decalogo non appartengono particolarmente alla giustizia.

4. I precetti del decalogo sono distinti in due tavole in base ai due amori di Dio e del prossimo, i quali appartengono alla virtù della carità.

Perciò i precetti del decalogo appartengono più alla carità che alla giustizia.

In contrario:

La giustizia è l'unica virtù che regola i nostri rapporti con gli altri.

Ora, tutti i precetti del decalogo [ Es 20; Dt 5,6ss ] hanno tale compito.

Quindi tutti questi precetti appartengono alla giustizia.

Dimostrazione:

I precetti del decalogo sono i primi precetti della legge, che la ragione naturale accetta immediatamente in quanto evidentissimi.

Ma la nozione di dovere, che è richiesta per il precetto, si riscontra nella maniera più evidente nella giustizia, che ha di mira un'altra persona: poiché nei doveri verso se stessi a prima vista può parere che l'uomo sia padrone di sé, e che gli sia lecito fare ciò che vuole, mentre nei doveri che abbiamo verso gli altri appare evidente che si è obbligati a rendere ciò che è loro dovuto.

Quindi i precetti del decalogo dovevano appartenere alla giustizia.

Infatti i primi tre comandamenti riguardano gli atti della virtù di religione, che è la più importante fra le parti [ potenziali ] della giustizia; il quarto invece riguarda gli atti della pietà, che è al secondo posto tra le parti suddette, e gli altri sei infine interessano gli atti della giustizia ordinaria, che regola i rapporti tra gli uguali.

Analisi delle obiezioni:

1. La legge tende a rendere virtuosi tutti gli uomini, ma con un certo ordine: cioè imponendo loro prima di tutto quei precetti dei quali è più evidente l'obbligatorietà, come si è già detto [ nel corpo ].

2. I precetti giudiziali, o legali, sono delle determinazioni dei precetti morali in ordine al prossimo; come anche i precetti cerimoniali sono delle determinazioni dei precetti morali in ordine a Dio.

Per cui né gli uni né gli altri entrano nel decalogo.

Sono tuttavia delle determinazioni dei precetti del decalogo.

E così appartengono anch'essi alla giustizia.

3. Le norme relative al bene comune vanno applicate diversamente secondo la diversità degli uomini.

Quindi esse non andavano poste tra i precetti del decalogo, ma tra i precetti giudiziali, o legali.

4. I precetti del decalogo appartengono alla carità in quanto in essa hanno il loro fine, secondo le parole di S. Paolo [ 1 Tm 1,5 ]: « Il fine del precetto è la carità ».

Ma appartengono alla giustizia in quanto riguardano immediatamente gli atti di questa virtù.

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