Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se la magnanimità abbia per oggetto gli onori

In 2 Sent., d. 42, q. 2, a. 4; In 3 Sent., d. 26, q. 2, a. 2, ad 4; d. 33, q. 3, a. 3, sol.1, ad 2; In 4 Ethic., lectt. 8, 9

Pare che la magnanimità non abbia per oggetto gli onori.

Infatti:

1. La magnanimità risiede nell'irascibile.

Il che è evidente dal suo stesso nome: poiché magnanimità suona « grandezza d'animo », e « animo » equivale alla facoltà dell'irascibile, come risulta dal De Anima [ 3,9 ] di Aristotele, dove egli afferma che nell'appetito sensitivo c'è « il desiderio e l'animo » ossia il concupiscibile e l'irascibile.

Ora, l'onore è un certo bene, oggetto del concupiscibile, essendo « il premio della virtù ».

Quindi la magnanimità non ha per oggetto gli onori.

2. La magnanimità, essendo una virtù morale, deve avere per oggetto o le passioni o le operazioni esterne.

Ma essa non riguarda le operazioni, perché allora apparterrebbe alla giustizia.

Quindi riguarda le passioni.

Ma l'onore non è una passione.

Quindi la magnanimità non riguarda gli onori.

3. La magnanimità dice piuttosto tendenza che fuga: diciamo infatti che uno è magnanimo perché tende verso grandi cose.

Ora, le persone virtuose sono lodate non perché bramano, ma perché fuggono gli onori.

Quindi la magnanimità non ha per oggetto gli onori.

In contrario:

Il Filosofo [ Ethic. 4,3 ] afferma che « il magnanimo ha di mira gli onori e i disonori ».

Dimostrazione:

La magnanimità nel suo stesso nome implica una tendenza dell'animo verso cose grandi.

Ora, in una virtù si devono distinguere due relazioni: la prima con la materia della propria operazione, la seconda con l'atto medesimo, che consiste nel debito uso di tale materia.

E poiché l'abito virtuoso deve la sua determinazione principale all'atto, uno viene denominato magnanimo principalmente perché orienta il suo animo verso qualche grande atto.

Ma un atto può dirsi grande in due modi: primo, in senso relativo, secondo, in senso assoluto.

E certamente un atto può dirsi grande in senso relativo anche se consiste nell'uso di una cosa piccola o mediocre: nel caso p. es. che uno se ne serva in modo eccellente.

Un atto è invece grande in senso assoluto quando consiste nell'uso eccellente delle cose più grandi.

Ora, le cose di cui l'uomo si serve sono quelle esterne.

E tra queste la più grande è l'onore: sia perché è la più connessa con la virtù, quale testimonianza della virtù di una persona, come sopra [ q. 103, a. 1 ] si è visto, sia perché viene tributato a Dio e ai migliori, sia ancora perché gli uomini tutto sacrificano per conseguire l'onore e per evitare l'infamia.

Così dunque si dice che uno è magnanimo in base a quelle cose che sono grandi puramente e semplicemente in modo assoluto, come si dice che uno è forte in base a quelle cose che sono difficili in senso assoluto.

Ne segue quindi che la magnanimità ha per oggetto gli onori.

Analisi delle obiezioni:

1. Il bene e il male considerati in assoluto appartengono al concupiscibile, ma se si presentano come ardui, allora appartengono all'irascibile.

Ora, la magnanimità ha di mira l'onore sotto tale aspetto: cioè come cosa grande e ardua.

2. Sebbene l'onore non sia né una passione né un'operazione, tuttavia è l'oggetto di una passione, cioè della speranza, che ha di mira il bene arduo.

Quindi la magnanimità ha come oggetto immediato la passione della speranza, ma mediatamente ha di mira gli onori, che sono l'oggetto della speranza.

Come si è detto sopra [ q. 123, a. 3, ad 2; a. 4 ] anche della fortezza, che riguarda i pericoli di morte in quanto oggetto del timore e dell'audacia.

3. Coloro che disprezzano gli onori rifiutandosi di compiere tutto ciò che è riprovevole per acquistarli, e non considerandoli più del giusto, sono degni di lode.

Chi però disprezzasse gli onori al punto di non preoccuparsi di compiere cose degne di onore, sarebbe biasimevole.

E in questo senso la magnanimità ha di mira gli onori: in modo cioè da compiere cose degne di onore, senza però stimare eccessivamente gli onori umani.

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