Summa Teologica - II-II

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Articolo 2 - Se la perseveranza sia una parte [ potenziale ] della fortezza

Supra, q. 128; In 3 Sent., d. 33, q. 3, a. 3, sol. 1, 2, 4

Pare che la perseveranza non sia una parte [ potenziale ] della fortezza.

Infatti:

1. Secondo il Filosofo [ Ethic. 7,7 ], la perseveranza ha per oggetto « i dolori del tatto ».

Ma questi ultimi riguardano la temperanza.

Quindi la perseveranza fa parte più della temperanza che della fortezza.

2. Tutte le parti di una virtù morale hanno per oggetto qualche passione, che la virtù ha il compito di moderare.

La perseveranza invece non modera le passioni, poiché chi persevera tanto più merita lode quanto più le passioni sono forti.

Quindi la perseveranza non fa parte di una virtù morale, ma piuttosto della prudenza, che perfeziona la ragione.

3. S. Agostino [ De persev. 6 ] afferma che « nessuno può perdere la perseveranza ».

Ora, l'uomo può perdere tutte le altre virtù.

Quindi la perseveranza è superiore a tutte le altre virtù.

Ma una virtù principale è superiore alle sue parti.

Quindi la perseveranza non fa parte di nessuna virtù, ma è piuttosto essa stessa una virtù principale.

In contrario:

Cicerone [ De invent. 2,54 ] mette la perseveranza tra le parti della fortezza.

Dimostrazione:

Come si è già detto [ q. 123, a. 11; I-II, q. 61, aa. 3,4 ], è principale quella virtù a cui principalmente appartengono gli atti che tornano a lode di un gruppo di virtù: in quanto cioè essa li esercita in una materia in cui è sommamente difficile e ottimo il praticarli.

E in base a ciò abbiamo già detto [ q. 123, a. 11 ] che la fortezza è una virtù principale: poiché conserva la fermezza in cose nelle quali è difficilissimo resistere, cioè nei pericoli di morte.

Perciò tutte le virtù il cui valore consiste nell'affrontare con fermezza qualcosa di difficile devono ricollegarsi alla fortezza come delle virtù secondarie alla principale.

Ora, la perseveranza viene lodata perché affronta la obiezioni proveniente dalla durata delle opere buone: obiezioni che però non è così grave come l'affrontare i pericoli di morte.

Quindi la perseveranza è subordinata alla fortezza come una virtù secondaria alla principale.

Analisi delle obiezioni:

1. La subordinazione di una virtù a quella principale non è fondata tanto sulla materia, quanto piuttosto sul modo: poiché la forma è sempre superiore alla materia.

Sebbene quindi la perseveranza, per la sua materia, sembri più affine alla temperanza che alla fortezza, tuttavia nel modo di agire è più affine alla fortezza, poiché essa si comporta con fermezza contro la obiezioni della persistenza.

2. La perseveranza di cui parla il Filosofo [ Ethic. 7, cc. 4,7 ] non modera alcuna passione, ma consiste solo in una certa fermezza della ragione e della volontà.

Invece la virtù della perseveranza modera le passioni del timore, cioè la paura di stancarsi o di venir meno per il prolungarsi dello sforzo.

Per cui questa virtù risiede nell'irascibile, come anche la fortezza.

3. S. Agostino qui chiama perseveranza non l'abito della virtù, ma il suo atto continuato sino alla fine, secondo le parole evangeliche [ Mt 24,13 ]: « Chi persevererà sino alla fine sarà salvato ».

E così la perdita di tale perseveranza sarebbe incompatibile con la sua natura: perché allora non durerebbe più sino alla fine.

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