Summa Teologica - III

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Articolo 4 - Se i miracoli operati da Cristo fossero in grado di manifestare la sua divinità

In 3 Sent., d. 16, q. 1, a. 3; C. G., I, c. 6; IV, c. 55; Quodl., 2, q. 4, a. 1, ad 4; In Ioan., c. 5, lect. 6; c. 15, lect. 5

Pare che i miracoli operati da Cristo non fossero in grado di manifestare la sua divinità.

Infatti:

1. È proprio di Cristo essere insieme Dio e uomo.

Ma i miracoli da lui operati furono compiuti anche da altri.

Quindi essi non erano in grado di dimostrare la sua divinità.

2. Non esiste un potere più grande di quello della divinità.

Ma alcuni fecero miracoli più grandi di quelli di Cristo, come si rileva dalle sue parole [ Gv 14,12 ]: « Chi crede in me, compirà anche lui le opere che io compio, e ne farà di più grandi ».

Quindi i miracoli operati da Cristo non bastavano a provare la sua divinità.

3. Il particolare non basta a dimostrare l'universale.

Ma ogni miracolo di Cristo fu un fatto particolare.

Quindi nessuno di essi fu in grado di provare la divinità di Cristo, alla quale compete di avere un potere universale su tutte le cose.

In contrario:

Il Signore [ Gv 5,36 ] dichiara: « Le opere che il Padre mi ha dato da compiere mi rendono testimonianza ».

Dimostrazione:

I miracoli compiuti da Cristo erano in grado di manifestare la sua divinità per tre motivi.

Primo, per le opere stesse, che superavano ogni capacità creata, e quindi non potevano essere compiute se non dalla virtù di Dio.

Per cui il cieco guarito diceva [ Gv 9,32s ]: « Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato.

Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto far nulla ».

Secondo, per il modo in cui egli compiva i miracoli: poiché li faceva per autorità propria, e non già ricorrendo come gli altri alla preghiera.

Nel Vangelo [ Lc 6,19 ] infatti si legge che « da lui usciva una forza che sanava tutti ».

Il che dimostra, dice S. Cirillo [ In Lc ], che « egli non operava per virtù altrui, ma essendo Dio per natura mostrava il suo potere sugli infermi.

E per questo operava anche innumerevoli miracoli ».

Per cui spiegando quel testo evangelico [ Mt 8,16 ]: « Con la sua parola scacciò gli spiriti e guarì tutti i malati », il Crisostomo [ In Mt hom. 27 ] scrive: « Considera l'immensa moltitudine di guarigioni che gli Evangelisti passano in rassegna senza fermarsi a raccontare ogni guarigione, ma mettendoti davanti con poche parole un oceano ineffabile di miracoli ».

E in questo modo [ Gesù ] mostrava di avere una virtù uguale a quella di Dio Padre, secondo le sue stesse parole [ Gv 5,19 ]: « Quello che il Padre fa, anche il Figlio lo fa »; e ancora [ Gv 5,21 ]: « Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole ».

Terzo, per la dottrina stessa che insegnava, con la quale dichiarava di essere Dio: se essa infatti non fosse stata vera non avrebbe potuto essere confermata con dei miracoli compiuti per virtù divina.

Da cui le parole evangeliche [ Mc 1,27 ]: « Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli ubbidiscono! ».

Analisi delle obiezioni:

1. Questa era l'obiezione di certi pagani.

E ad essa così risponde S. Agostino [ Epist. 137,4 ]: « Essi dicono che nessun miracolo è stato tale da rivelare una così eccelsa maestà.

Poiché l'eliminazione degli spettri », cioè l'espulsione dei demoni, « la guarigione degli infermi, la risurrezione dei morti e altre cose simili, per Dio sono poca cosa ».

E il Santo risponde: « Ammettiamo anche noi che i profeti hanno fatto tali opere.

Però Mosè stesso e gli altri profeti profetizzarono il Signore Gesù e altamente lo glorificarono.

Ed egli volle compiere opere simili alle loro affinché non paresse assurdo, qualora non le avesse compiute lui stesso, che egli era l'autore di quanto questi altri avevano fatto.

Però volle fare anche qualcosa di proprio: nascere cioè da una Vergine, risorgere dai morti e ascendere al cielo.

E se uno pensa che questo è poco per Iddio, non so che cosa voglia di più.

Doveva forse, una volta divenuto uomo, creare un mondo nuovo, per far credere che egli è colui per il quale il mondo è stato creato?

Ma in questo mondo egli non avrebbe potuto farne uno né più grande né uguale a quello esistente; e se poi ne avesse fatto un altro più piccolo, ciò sarebbe stato considerato troppo poco ».

Ma le stesse opere fatte dagli altri, Cristo le ha fatte in maniera più eccellente.

Per questo, nel commentare le parole del Signore [ Gv 15,24 ]: « Se non avessi fatto in essi delle opere che nessun altro ha fatto », ecc., S. Agostino [ In Ioh. ev. tract. 91 ] scrive: « Nelle opere di Cristo nessuna pare maggiore della risurrezione dei morti: che tuttavia fu compiuta anche dagli antichi profeti.

Cristo però fece alcune cose che nessun altro aveva fatto.

Ma ci potrebbero rispondere che anche altri fecero alcune cose che né lui né altri fecero.

Guarire però con così grande forza tante miserie e malattie e sofferenze dei mortali, non troviamo che l'abbia fatto nessuno degli antichi profeti.

Senza contare poi che guariva tutti con il solo comando, non appena gli venivano incontro.

S. Marco [ Mc 6,56 ] infatti riferisce: Dovunque giungeva, nei villaggi, nelle città e nelle borgate, ponevano i malati sulle piazze e lo pregavano che gli potessero toccare almeno la frangia del mantello. E quanti lo toccavano, guarivano".

E questo nessun altro lo fece in essi.

E giustamente si dice "in essi": non "tra di essi", o "davanti ad essi", ma "in essi", poiché in loro egli compì la guarigione.

E nessun altro fece in essi tali opere: poiché qualunque altro uomo le abbia compiute, le ha compiute per mezzo suo.

Egli invece le compiva da sé, senza il concorso di nessuno ».

2. S. Agostino [ In Ioh. ev. tract. 71 ], spiegando quelle parole, si domanda: « Che cosa sono queste opere più grandi », riservate a quelli che avrebbero creduto in lui?

« Forse il fatto che al loro passaggio la loro ombra soltanto avrebbe operato la guarigione?

È infatti più straordinario che guarisca l'ombra piuttosto che il lembo della veste.

E tuttavia quando Cristo diceva queste cose intendeva parlare delle opere e degli effetti prodotti dalle sue parole.

Quando infatti disse: "Il Padre che è in me fa queste opere", a quali opere si riferiva se non a quelle di cui stava parlando?

Ora, il frutto delle sue parole era la fede dei discepoli.

E tuttavia con la predicazione dei discepoli non si sarebbero convertite poche persone come loro, ma tutte le genti ».

« E quel tale ricco non se ne partì da lui triste?

E tuttavia ciò che quello non aveva fatto per invito diretto del Signore, in seguito lo fecero molti per le parole dei discepoli.

Ecco dunque come [ il Signore ] fece di più con la predicazione di coloro che credettero in lui che non parlando egli stesso a chi lo ascoltava » [ In Ioh. ev. tract. 72 ].

« Resta tuttavia una obiezioni, che cioè queste opere più grandi le fece per mezzo degli Apostoli.

Ma con le parole: "Chi crede in me" non indicava soltanto loro.

Ascolta dunque: "Chi crede in me, compirà anche lui le opere che io faccio".

Prima le faccio io, e poi lui: perché io farò in modo che le faccia lui.

E di che opere si tratta se non della giustificazione dell'empio?

Questa certamente la opera Cristo in lui, ma non senza di lui.

E oserei dire che quest'opera è più grande della creazione del cielo e della terra: infatti "il cielo e la terra passeranno", ma la salvezza e la giustificazione degli empi resterà.

- Però gli angeli del cielo sono opera di Cristo.

Chi dunque coopera con Cristo alla propria giustificazione compie forse un'opera più grande di quella?

Giudichi chi può se sia un'opera più grande creare i giusti o giustificare gli empi.

Certo, se ambedue le cose esigono un potere uguale, la seconda è però dovuta a una misericordia più grande ».

«Tuttavia nelle parole: "Ne farà di più grandi" non è necessario includere tutte le opere di Cristo.

Forse egli si riferiva a quelle che stava facendo in quel momento.

Ora, in quel momento egli stava proferendo parole di fede.

E certamente predicare parole di giustizia, cosa che fece senza di noi, è meno che giustificare un empio, cosa che egli opera in noi in modo che la operiamo anche noi ».

3. Quando una data opera è propria di un determinato agente, essa è in grado di provare tutta la capacità di quell'agente: come essendo la capacità di ragionare propria dell'uomo, dal fatto che uno ragiona su qualunque argomento particolare si deduce che è un uomo.

Allo stesso modo dunque, appartenendo a Dio solo il compiere miracoli per virtù propria, qualunque miracolo compiuto da Cristo per virtù propria basta a provare che egli è Dio.

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