Summa Teologica - III

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Articolo 2 - Se fossero convenienti i miracoli operati da Cristo sui corpi celesti

In Matth., c. 27

Pare che i miracoli operati da Cristo sui corpi celesti non fossero convenienti.

Infatti:

1. Come insegna Dionigi [ De div. nom. 4 ], « è compito della divina provvidenza non distruggere, ma conservare la natura ».

Ora, i corpi celesti per loro natura sono incorruttibili e inalterabili, come insegna Aristotele [ De caelo 1,3 ].

Quindi non era giusto che Cristo mutasse in qualche modo l'ordine dei corpi celesti.

2. Il tempo viene misurato in base al movimento dei corpi celesti, poiché nella Genesi [ Gen 1,14 ] si legge: « Ci siano luci nel firmamento del cielo, e servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni ».

Mutando quindi il corso degli astri, viene a mutare anche la divisione e l'ordine del tempo.

Ora, non risulta che sia stato costatato nulla di simile dagli astrologi, « i quali contemplano le stelle e calcolano i mesi », come dice Isaia [ Is 47,13 ].

Non pare quindi che Cristo abbia mai mutato il corso degli astri.

3. Cristo doveva fare miracoli, più che alla sua morte, durante la sua vita e il suo insegnamento: sia perché, come dice S. Paolo [ 2 Cor 13,4 ], « egli fu crocifisso per la sua debolezza, ma vive per la potenza di Dio », con la quale appunto faceva i miracoli, sia perché questi miracoli dovevano confermare il suo insegnamento.

Ora, non si trova scritto che Cristo abbia compiuto miracoli sui corpi celesti durante la vita; anzi, come dice S. Matteo [ Mt 12,38s; Mt 16,1s ], egli si rifiutò di esaudire i Farisei che chiedevano « un segno dal cielo ».

Perciò non avrebbe dovuto fare tali miracoli neppure alla sua morte.

In contrario:

S. Luca [ Lc 23,44s ] ha scritto: « Si fece buio su tutta la terra fino all'ora nona, e il sole si oscurò ».

Dimostrazione:

Come si è già detto [ q. 43, a. 4 ], i miracoli di Cristo dovevano essere tali da manifestare la sua divinità.

Ora, questa non viene manifestata in modo così evidente dai mutamenti degli esseri inferiori, che possono essere mossi anche da altre cause, come invece può esserlo dal mutamento del corso dei corpi celesti, che sono regolati solo da Dio in modo immutabile.

Ed è quanto dice Dionigi [ Epist. 7,2 ]: « Bisogna riconoscere che nulla può essere mutato circa l'ordine e il movimento degli astri se non interviene colui che tutto compie e muta con la sua parola ».

Quindi era opportuno che Cristo operasse miracoli anche sui corpi celesti.

Analisi delle obiezioni:

1. Come per i corpi inferiori è naturale l'essere mossi da quelli celesti, che per natura sono superiori, così è naturale per qualunque creatura l'essere trasmutata da Dio secondo la sua volontà.

Per cui S. Agostino [ Contra Faustum 26,3 ], commentando quelle parole di S. Paolo [ Rm 11,24 ]: « Contro natura sei stato innestato » ecc., scrive: « Dio, Creatore e Istitutore di ogni natura, non fa nulla contro la natura, poiché ciò che egli fa costituisce la natura di ciascuna cosa ».

Quindi la natura dei corpi celesti non viene alterata per il fatto che Dio muta il loro corso: lo sarebbe invece se esso venisse mutato da altre cause.

2. Col miracolo operato da Cristo non fu turbato l'ordine del tempo.

Secondo alcuni infatti quelle tenebre, ossia l'oscuramento del sole avvenuto alla morte di Cristo, si spiegano col fatto che il sole ritrasse i suoi raggi, senza sconvolgere il moto dei corpi celesti che è la misura del tempo.

Scrive infatti in proposito S. Girolamo [ In Mt 4, su 27,45 ]: « Pare che l'astro maggiore abbia ritirato i suoi raggi o per non vedere il Signore pendente [ dalla croce ], o per privare della sua luce gli empi che lo bestemmiavano ».

- Questo ritiro dei raggi però non va inteso nel senso che il sole abbia la facoltà di inviare o no i suoi raggi: infatti li emette non per libera scelta, bensì per natura, come dice Dionigi [ De div. nom. 4 ].

Si dice invece che il sole ritrasse i suoi raggi nel senso che la virtù divina fece sì che quei raggi non raggiungessero la terra.

Origene [ In Mt ] afferma che ciò avvenne a causa delle nuvole: « È facile pensare che molte e grandi nubi oscurissime si siano addensate sopra Gerusalemme e la Giudea, per cui si produssero profonde tenebre dall'ora sesta fino a nona.

E penso che come gli altri prodigi apparsi durante la passione », cioè « lo squarciarsi del velo, il terremoto, ecc., anche questo sia avvenuto solo a Gerusalemme.

Oppure, se lo si vuole estendere maggiormente, siccome il testo dice che le tenebre si stesero su tutta la terra, « si può intendere: su tutto il territorio della Giudea, in analogia con quanto Abdia disse a Elia [ 1 Re 18,10 ]: "Viva il tuo Dio, non c'è popolo né regno dove il mio signore non abbia mandato a cercarti", per dire che lo avevano cercato presso le popolazioni che erano attorno alla Giudea ».

Ma in proposito si deve credere piuttosto a Dionigi, il quale da testimone oculare dice che ciò avvenne per un'interposizione della luna tra noi e il sole.

Scrive infatti nella sua lettera a Policarpo [ Epist. 7,2 ]: « Inaspettatamente vedemmo », cioè dall'Egitto dove si trovava, « la luna avvicinarsi al sole ».

E rileva in ciò quattro prodigi.

Il primo fu l'eclissi solare: poiché l'eclissi naturale del sole per l'interposizione della luna avviene soltanto quando il sole e la luna si incontrano.

Invece allora la luna si trovava nella posizione opposta al sole, essendo nel suo quindicesimo giorno: era infatti la Pasqua dei Giudei.

Per questo egli nota che « non era tempo di eclissi ».

Il secondo miracolo fu che la luna, dopo essere stata vista verso l'ora sesta assieme al sole in mezzo al cielo, all'ora del vespro apparve al suo posto, a oriente, dal lato opposto del sole.

Dice infatti: « La vedemmo di nuovo », cioè la luna, « dall'ora nona », quando si allontanò dal sole e cessarono le tenebre, « fino all'ora del vespro, riportata miracolosamente al diametro del sole », cioè diametralmente opposta al sole.

Appare evidente così che non fu turbato il corso normale del tempo, inquantoché per virtù divina la luna si sovrappose al sole fuori del tempo normale, e al tempo debito ritornò al suo posto.

- Il terzo prodigio consiste nel fatto che l'eclissi naturale di sole inizia da occidente e finisce a oriente.

E ciò perché la luna, secondo il movimento proprio con cui dall'occidente si sposta verso oriente, è più veloce del sole: quindi essa, venendo dall'ovest, raggiunge e supera il sole, dirigendosi verso l'est.

Ora, al momento del prodigio la luna aveva già sorpassato il sole e da esso distava di mezza orbita, trovandosi al lato opposto.

Quindi fu necessario che tornasse a oriente verso il sole, e lo raggiungesse prima dalla parte orientale, procedendo verso occidente.

Ed è quanto egli vuol dire con le parole: « Vedemmo l'eclissi stessa cominciare da est e giungere fino all'estremità del sole », poiché lo eclissò tutto, « e poi tornare indietro ».

Il quarto prodigio è che nell'eclissi ordinaria il sole comincia a riapparire dalla stessa parte da cui aveva iniziato a oscurarsi.

Infatti la luna, sovrapponendosi al sole, lo sorpassa nel suo moto naturale verso oriente, per cui la parte occidentale del sole, che per prima viene coperta, è la prima anche a riapparire.

Nel nostro caso invece la luna, retrocedendo miracolosamente da est a ovest, non sorpassò il sole fino a stare a occidente di quello ma, una volta ricoperto perfettamente il sole, retrocesse verso est, riscoprendo così per prima quella parte del sole che aveva nascosto per ultima.

In tal modo dunque l'eclissi iniziò dalla parte orientale e cominciò a schiarirsi da quella occidentale.

Il che è espresso dalle parole: « Poi vedemmo la sparizione e il ritorno della luce non dallo stesso punto », cioè non dalla stessa parte del sole, « ma dalla parte diametralmente opposta ».

Il Crisostomo [ In Mt hom. 88 ] aggiunge un quinto miracolo quando dice che « in quel caso le tenebre durarono tre ore, mentre l'eclissi totale di sole dura un momento: non si ferma infatti, come sanno coloro che hanno osservato il fenomeno ».

Il che fa pensare che la luna si sia fermata davanti al sole.

A meno che il tempo dell'oscuramento non vada computato dall'inizio del fenomeno sino alla fine completa dell'eclissi.

Tuttavia, scrive Origene [ l. cit. ], « i figli di questo secolo obbiettano: « Come mai nessun greco o barbaro registrò un fenomeno così straordinario? ».

Egli risponde dunque che un certo Flegonte « scrisse nelle sue Cronache che si verificò un'eclissi al tempo di Tiberio Cesare; ma non nota che avvenne in tempo di plenilunio ».

Per cui questa lacuna può spiegarsi col fatto che gli astrologi del tempo non si curarono di osservare il fenomeno, non essendo quello tempo di eclissi, ma attribuirono l'oscuramento a qualche perturbazione atmosferica.

In Egitto però, dove raramente il cielo è coperto di nubi, se ne accorse Dionigi con i suoi compagni, i quali osservarono quanto poi ci hanno riferito su quell'oscuramento.

3. Era particolarmente necessario mostrare con miracoli la divinità di Cristo quando in lui appariva maggiormente la debolezza della sua natura umana.

E così alla sua nascita apparve un nuovo astro nel cielo.

Da cui le parole di S. Massimo [ Hom. 13 ]: « Se disprezzi il presepio, alza un poco gli occhi e guarda la nuova stella del cielo che annuncia al mondo la nascita del Signore ».

Durante la passione poi la debolezza umana di Cristo apparve ancora più grande.

Per cui furono necessari allora miracoli più strepitosi riguardanti i grandi luminari del mondo.

E come nota il Crisostomo [ l. cit. ], « questo fu il segno che [ Cristo ] aveva promesso di dare a coloro che lo chiedevano quando rispose: "Questa generazione perversa e adultera chiede un segno, ma nessun altro segno le sarà dato se non quello del profeta Giona", riferendosi alla crocifissione e alla risurrezione.

Era infatti molto più meraviglioso che questo segno apparisse quando egli era crocifisso che non quando camminava su questa terra ».

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