Summa Teologica - III

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Articolo 2 - Se alla morte di Cristo la sua divinità si sia separata dal corpo

Infra, q. 53, a. 1, ad 2; In 3 Sent., d. 2, q. 2, a. 1, sol. 1, ad 1, 2; sol. 3, ad 4; a. 3, sol. 2, ad 1; d. 21, q. 1, a. 1, sol. 1; De Spir. Creat., a. 3, ad 5; Quodl., 2, q. 1, a. 1

Pare che alla morte di Cristo la sua divinità si sia separata dal corpo.

Infatti:

1. Dall'alto della croce il Signore gridò [ Mt 27,46 ]: « Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? ».

E S. Ambrogio [ In Lc 10, su 23,46 ] commenta: « L'uomo che sta per morire grida per la separazione della divinità.

Essendo infatti la divinità immune dalla morte, la morte non poteva avvicinarsi se non si ritirava la vita: poiché la divinità è la vita ».

Pare quindi che alla morte di Cristo la divinità si sia separata dal corpo.

2. Eliminato il connettivo, gli elementi che esso univa si separano.

Ora, la divinità fu unita al corpo mediante l'anima, come si è visto sopra [ q. 6, a. 1 ].

Quindi, essendosi l'anima alla morte di Cristo separata dal corpo, conseguentemente si separò dal corpo anche la divinità.

3. La virtù vivificatrice di Dio è superiore a quella dell'anima.

Ma il corpo non sarebbe potuto morire senza la separazione dell'anima.

Meno che mai quindi sarebbe morto se da esso non si fosse separata la divinità.

In contrario:

Quanto è proprio della natura umana non può predicarsi del Figlio di Dio se non in forza dell'unione ipostatica, come si è visto sopra [ q. 16, aa. 4,5 ].

Ora, al Figlio di Dio si attribuisce quanto spetta al corpo di Cristo dopo la morte, cioè di essere stato sepolto, come risulta dal simbolo della fede, in cui si afferma che « il Figlio di Dio fu concepito e nacque dalla Vergine, patì, morì e fu sepolto ».

Quindi il corpo di Cristo dopo la sua morte non fu separato dalla divinità.

Dimostrazione:

Quanto Dio concede per grazia non lo ritira mai senza una colpa; per cui S. Paolo [ Rm 11,29 ] scrive che « i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili ».

Ora, la grazia dell'unione per cui la divinità fu unita ipostaticamente al corpo di Cristo è superiore alla grazia dell'adozione per cui gli altri vengono santificati; e per sua natura è anche più stabile, essendo ordinata all'unione personale, mentre la grazia dell'adozione è ordinata a un'unione affettiva.

E tuttavia vediamo che la grazia dell'adozione non viene mai perduta senza una colpa.

Non essendoci quindi in Cristo alcun peccato, era impossibile che l'unione della divinità con il suo corpo si dissolvesse.

Come quindi il corpo di Cristo era unito ipostaticamente al Verbo di Dio prima della morte, così rimase unito a lui anche dopo di essa: in modo cioè che l'ipostasi del Verbo di Dio dopo la morte non fosse distinta da quella del corpo di Cristo, come afferma il Damasceno [ De fide orth. 3,27 ].

Analisi delle obiezioni:

1. L'abbandono di cui si parla non va riferito al dissolvimento dell'unione ipostatica, ma al fatto che Dio Padre aveva lasciato Cristo esposto alla passione.

Perciò l'abbandono in questo caso non significa altro che la mancata difesa dai persecutori.

Oppure si può rispondere con S. Agostino [ De gratia Novi Test. 6 ] che Cristo si sentiva abbandonato in rapporto alla preghiera che aveva fatto: « Padre, se è possibile, passi da me questo calice ».

2. Si dice che il Verbo di Dio fu unito al corpo mediante l'anima per il fatto che il corpo appartiene alla natura umana, che il Figlio di Dio intendeva assumere, mediante l'anima, ma non nel senso che l'anima sia come il loro legame.

Ora, anche dopo la separazione dell'anima il corpo continua ad appartenere alla natura umana in forza dell'anima: poiché nel corpo morto rimane, per divina disposizione, un certo ordine alla risurrezione futura.

Perciò l'unione della divinità con il corpo non viene a cessare.

3. L'anima vivifica il corpo formalmente.

Per cui quando è presente e unita come forma, il corpo è necessariamente vivo.

La divinità invece ha la virtù di vivificare non già come causa formale, bensì come causa efficiente: essa infatti non può essere la forma del corpo.

Non è quindi necessario che il corpo sia vivo mentre perdura la sua unione con la divinità: poiché Dio non agisce per necessità, ma per libera volontà.

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