Summa Teologica - III

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Articolo 1 - Se fosse necessario che Cristo risorgesse

In 4 Sent., d. 21, q. 2, a. 1

Pare che non fosse necessario che Cristo risorgesse.

Infatti:

1. Scrive il Damasceno [ De fide orth. 4,27 ]: « La risurrezione consiste nel risollevarsi di un essere vivente il cui corpo si era disfatto ed era caduto ».

Ora, Cristo non era caduto a motivo del peccato, né il suo corpo si era disfatto, come risulta da quanto abbiamo detto [ q. 15, a. 1; q. 51, a. 3 ].

Quindi a lui propriamente non conveniva risorgere.

2. Chi risorge viene promosso a qualcosa di superiore: poiché il sorgere implica un moto verso l'alto.

Ma il corpo di Cristo dopo la morte rimase unito alla divinità, per cui non era possibile portarlo più in alto.

Quindi non poteva risorgere.

3. Tutte le vicende a cui fu sottoposta l'umanità di Cristo sono ordinate alla nostra salvezza.

Ma per la nostra salvezza bastava la passione, grazie alla quale, come si è visto [ q. 49, aa. 1,3 ], siamo liberati dalla colpa e dalla pena.

Non era quindi necessario che Cristo risorgesse dai morti.

In contrario:

Nel Vangelo [ Lc 24,46 ] si legge: « Il Cristo doveva patire e risorgere dai morti ».

Dimostrazione:

Era necessario che Cristo risorgesse, per cinque motivi.

Primo, per l'affermazione della giustizia divina, alla quale spetta esaltare coloro che per Dio si umiliano, secondo le parole evangeliche [ Lc 1,52 ]: « Ha rovesciato i potenti dai troni, ha esaltato gli umili ».

Avendo perciò Cristo umiliato se stesso fino alla morte di croce per amore e ubbidienza verso Dio, era conveniente che fosse da lui esaltato fino alla gloria della risurrezione.

Per cui il Salmista [ Sal 139,2 ], secondo le spiegazioni della Glossa [ interlin. ], così parla in sua persona: « Tu hai conosciuto », cioè approvato, « la mia prostrazione », ossia l'umiliazione e la passione, « e la mia risurrezione », cioè la glorificazione nella risurrezione.

Secondo, per l'istruzione della nostra fede.

Poiché dalla sua risurrezione viene confermata la nostra fede nella divinità di Cristo: come infatti dice S. Paolo [ 2 Cor 13,4 ], « egli fu crocifisso per la sua debolezza, ma vive per la potenza di Dio ».

Da cui anche le altre parole dell'Apostolo [ 1 Cor 15,14 ]: « Se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione, ed è vana anche la vostra fede ».

E quelle del Salmista [ Sal 30,10 ]: « Quale utilità nel mio sangue », cioè « nell'effusione del mio sangue », « mentre discendo », come percorrendo una scala di mali, « verso la corruzione? ».

Come per dire: nessuna.

« Se infatti », come spiega la Glossa [ interlin. e ord. di Agost. ], « io non risorgo subito, e il mio corpo si corrompe, io non evangelizzerò e non riscatterò nessuno ».

Terzo, a sostegno della nostra speranza.

Poiché vedendo risuscitare Cristo, che è il nostro capo, anche noi speriamo di risorgere.

Da cui le parole di S. Paolo [ 1 Cor 15,12 ]: « Se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? ».

E Giobbe [ Gb 19,25.27 Vg ] affermava: « Io so », con certezza di fede, « che il mio Redentore », cioè Cristo, « vive », essendo risuscitato dai morti, e quindi « l'ultimo giorno mi rialzerò da terra: questa speranza è riposta nel mio seno ».

Quarto, per la formazione morale dei fedeli, in base all'affermazione di S. Paolo [ Rm 6,4 ]: « Come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova ».

E ancora [ Rm 6,9.11 ]: « Cristo risuscitato dai morti non muore più.

Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio ».

Quinto, per il completamento della nostra salvezza.

Poiché come morendo portò i nostri mali per liberarci da essi, così volle essere glorificato con la risurrezione per assicurarci il bene, secondo quelle parole [ Rm 4,25 ]: « È stato messo a morte per i nostri peccati, ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione ».

Analisi delle obiezioni:

1. Sebbene Cristo non fosse caduto a motivo del peccato, era però caduto a motivo della morte: poiché come il peccato è una caduta rispetto all'onestà, così la morte è una caduta rispetto alla vita.

Per cui si possono attribuire a Cristo le parole del profeta [ Mi 7,8 ]: « Non gioire della mia sventura, o mia nemica! Se sono caduto mi rialzerò ».

Similmente poi, sebbene il corpo di Cristo non si sia disfatto con l'incenerimento, tuttavia la separazione dell'anima dal corpo fu una specie di disfacimento.

2. Dopo la morte di Cristo la divinità rimase unita alla sua carne con l'unione ipostatica, ma non con un'unione naturale come quella con cui l'anima è unita al corpo per costituire la natura umana.

Per il fatto quindi che il corpo di Cristo si riunì all'anima fu elevato a uno stato superiore nell'ordine della natura, pur senza raggiungere uno stato superiore nell'ordine dell'ipostasi.

3. Propriamente parlando, la passione di Cristo operò la nostra salvezza quanto alla rimozione dei mali, ma la risurrezione la operò quale inizio ed esemplare dei beni [ promessi ].

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