Summa Teologica - III

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Articolo 9 - Se la fede del ministro sia necessaria al sacramento

In 4 Sent., d. 6, q. 1, a. 3, sol. 2, 3

Pare che la fede del ministro sia necessaria al sacramento.

Infatti:

1. L'intenzione del ministro è necessaria alla validità del sacramento, come si è detto [ a. prec. ].

Ma « la fede dirige l'intenzione », come osserva S. Agostino [ Contra Iul. 4,3.14 ].

Se quindi manca la vera fede nel ministro, il sacramento non è valido.

2. Se il ministro della Chiesa non ha la vera fede, è un eretico.

Ma gli eretici non possono amministrare i sacramenti.

Dice infatti S. Cipriano [ Epist. 70 ] che « quanto fanno gli eretici è tutto carnale, vano, falso; e nulla di ciò che fanno deve essere da noi accettato ».

E il papa S. Leone [ Epist. 156,5 ] scrive: « Una crudele e furiosa pazzia ha manifestamente spento nella Chiesa di Alessandria tutta la luce dei celesti sacramenti, ha arrestato l'offerta del sacrificio, ha fatto venir meno la consacrazione del crisma, poiché tutti i misteri si sono sottratti alle mani parricide degli empi ».

Quindi la vera fede del ministro è di necessità nei sacramenti.

3. Coloro che non hanno la vera fede sono separati dalla Chiesa per la scomunica, poiché si legge in S. Giovanni [ 2 Gv 10 ]: « Se qualcuno viene a voi e non porta questo insegnamento, non ricevetelo in casa e non salutatelo »; e S. Paolo raccomanda a Tito [ Tt 3,10 ]: « Dopo una o due ammonizioni sta lontano dall'eretico ».

Ma lo scomunicato non può amministrare i sacramenti, poiché è separato dalla Chiesa, a cui appartiene la loro amministrazione.

Quindi la vera fede del ministro è necessaria al sacramento.

In contrario:

S. Agostino [ Contra Petil. 2,47.110 ] scrive: « Ai sacramenti di Dio non nuoce il malcostume degli uomini, poiché esso non li invalida né li rende meno santi ».

Dimostrazione:

Come si è già detto [ a. 5 ], il ministro, agendo nei sacramenti strumentalmente, non opera per virtù propria, ma in virtù di Cristo.

Ora, nella virtù personale del ministro rientra sia la sua carità che la sua fede.

Come quindi non occorre per la validità del sacramento che il ministro abbia la carità, poiché sono in grado di amministrarlo anche i peccatori, secondo le spiegazioni date [ a. 5 ], così non occorre la fede del ministro, ma anche l'infedele può amministrare un sacramento valido, purché non manchino i requisiti necessari al sacramento.

Analisi delle obiezioni:

1. Può accadere che uno manchi di fede in qualche punto, ma non nel sacramento che conferisce: p. es. uno può credere che il giuramento sia sempre illecito, e tuttavia credere che il battesimo sia necessario alla salvezza.

E così tale mancanza di fede non impedisce l'intenzione di conferire il sacramento.

Se poi uno manca di fede nel sacramento stesso che amministra, sebbene creda che il rito esterno non abbia alcuna efficacia interiore, tuttavia sa che la Chiesa cattolica intende con il rito esterno offrire un sacramento.

E così, nonostante la mancanza di fede, può avere l'intenzione di fare ciò che fa la Chiesa, sebbene pensi che tutto ciò sia vano.

Ora, tale intenzione basta al sacramento: poiché, come si è visto sopra [ a. 8, ad 2 ], il ministro del sacramento agisce in persona di tutta la Chiesa, dalla cui fede viene supplito quanto manca alla fede del ministro.

2. Tra gli eretici alcuni, nel conferire i sacramenti, non osservano la forma della Chiesa.

Costoro dunque non conferiscono né il sacramento, né la grazia del sacramento.

- Altri invece mantengono la forma della Chiesa.

E questi conferiscono il sacramento, ma non la grazia del sacramento.

Dico questo per quelli che sono manifestamente separati dalla Chiesa.

Perché allora chiunque accetta da essi i sacramenti commette peccato, e quindi non può conseguire la grazia del sacramento.

Da cui le parole di S. Agostino [ Fulg., De fide ad Petrum 36 ]: « Sii fermissimamente convinto senza dubbio alcuno che il battesimo porta rovina ai battezzati fuori della Chiesa, se non ritornano ad essa ».

Ed è in questo senso che S. Leone Magno ha scritto che « nella sede di Alessandria si è spenta la luce dei sacramenti »: si è spenta cioè quanto alla grazia del sacramento, ma non quanto allo stesso sacramento.

S. Cipriano invece riteneva che gli eretici non fossero più in grado di amministrare validamente i sacramenti: ma qui la sua opinione non è accettabile.

E osserva in proposito S. Agostino [ De unic. bapt. contra Petil. 13.21 ]: « Il martire S. Cipriano, il quale non voleva riconoscere come valido il battesimo conferito dagli eretici e dagli scismatici, fu accompagnato fino al trionfo del martirio da meriti così grandi, che quell'ombra venne fugata dalla luce della carità di cui splendeva; e se qualcosa aveva da espiare, lo tagliò via la falce della sua passione ».

3. Il potere di conferire i sacramenti deriva dal carattere, che è indelebile, come si è visto sopra [ q. 63, a. 3 ].

Per il fatto quindi che uno viene sospeso, scomunicato o degradato dalla Chiesa, non perde il potere di amministrare i sacramenti, ma solo la facoltà di fare uso di tale potere.

Egli perciò amministra validamente i sacramenti, sebbene pecchi nell'amministrarli.

E così pure pecca chi da lui li riceve: per cui viene a mancare la grazia del sacramento, a meno che uno non sia scusato dall'ignoranza.

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