Supplemento alla III parte

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Articolo 2 - Se sia valido il matrimonio che uno contrae per qualche motivo disonesto

Pare che non sia valido il matrimonio che uno contrae per qualche motivo disonesto.

Infatti:

1. Un'unica cosa non può avere che un unico scopo.

Ora, il matrimonio è un unico sacramento.

Quindi il matrimonio non può prodursi se uno dei contraenti ha un'intenzione diversa da quella per cui esso fu istituito da Dio, e che è la procreazione della prole.

2. L'unione matrimoniale deriva da Dio, secondo le parole evangeliche [ Mt 19,6 ]: « Non separi l'uomo ciò che Dio ha congiunto ».

Ma l'unione contratta per cause peccaminose non viene da Dio.

Quindi non è un matrimonio.

3. Nei sacramenti non si ha un vero sacramento se non si ha l'intenzione di fare ciò che fa la Chiesa.

Ma l'intenzione della Chiesa nel sacramento del matrimonio non è per uno scopo turpe.

Se quindi uno contrae il matrimonio per uno scopo turpe, non sarà un vero matrimonio.

4. Secondo Boezio [ De diff. top. 2 ], « ciò che ha un fine buono, è buono in se stesso ».

Ora, il matrimonio è sempre una cosa buona.

Se quindi viene contratto per un fine cattivo non è più un matrimonio.

5. Il matrimonio rappresenta l'unione di Cristo con la Chiesa [ Ef 5,32 ].

Ma in essa si esclude qualsiasi cosa biasimevole.

Quindi il matrimonio non può essere valido se viene contratto per un motivo peccaminoso.

In contrario:

1. Chi battezza con l'intenzione di guadagnare danaro, fa un vero battesimo.

Perciò anche chi sposa una donna per motivi di lucro contrae un vero matrimonio.

2. Ciò è dimostrato anche dagli esempi e dai testi riferiti da Pietro Lombardo [ Sent. 4,30,3s ].

Dimostrazione:

La causa finale del matrimonio può essere di due specie: essenziale o accidentale.

Il fine essenziale è quello a cui il matrimonio è ordinato essenzialmente: e questo è sempre buono, cioè la procreazione della prole e l'esclusione della fornicazione.

Invece la causa accidentale è ciò che i contraenti si aspettano dal matrimonio.

E poiché ciò consegue al matrimonio, e d'altra parte ciò che è antecedente non può essere mutato da ciò che è conseguente, ma viceversa, ne viene che da tali aspettative non è il matrimonio che diventa buono o cattivo, ma i contraenti stessi, che le hanno come fine diretto.

Poiché dunque « le cause accidentali sono infinite » [ Arist., Phys. 2,5 ], tali fini nel matrimonio possono essere infiniti, e tra questi alcuni onesti e altri disonesti.

Analisi delle obiezioni:

1. L'argomento vale per il fine essenziale e principale.

Ma ciò che ha un unico fine essenziale e principale può averne diversi essenziali e secondari, e infiniti accidentali.

2. Per unione si può intendere la relazione medesima che costituisce il matrimonio.

E tale relazione è sempre da Dio; ed è buona qualunque sia il fine per cui viene cercata.

- Oppure si può intendere l'atto dei contraenti.

E questo talora è cattivo; e assolutamente parlando non viene da Dio.

E neppure ripugna che da Dio derivi un effetto che ha una causa cattiva: come nel caso della prole concepita per adulterio.

Poiché tali effetti derivano da quelle cause non in quanto sono cattive, ma in quanto hanno una certa bontà e dipendono da Dio, sebbene non ne dipendano in senso assoluto.

3. L'intenzione con la quale la Chiesa amministra i sacramenti è indispensabile per qualsiasi sacramento, e se non viene osservata il sacramento è nullo [ cf. III, q. 64, a. 8 ].

Invece l'intenzione della Chiesa che ha di mira il frutto derivante dal sacramento non appartiene all'essenza, ma alla perfezione del sacramento.

Per cui se essa dovesse mancare si avrebbe tuttavia un vero sacramento [ III, q. 64, a. 10 ].

Però chi trascura questa intenzione fa peccato: come quando uno amministra il battesimo senza mirare alla salvezza dell'anima, che è nell'intenzione della Chiesa.

Parimenti chi intende contrarre il matrimonio, anche se non lo ordina al fine inteso dalla Chiesa, tuttavia contrae un vero matrimonio.

4. Nel caso lo scopo cattivo è il fine non del matrimonio, ma dei contraenti.

5. Il simbolo dell'unione di Cristo con la Chiesa è l'unione coniugale in se stessa, e non gli atti dei contraenti.

Perciò l'argomento non regge.

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