Varietates legitimae  

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IV. L'ambito degli adattamenti nel Rito romano

52. La costituzione « Sacrosanctum concilium » aveva in vista una inculturazione del Rito romano nello stabilire delle Norme per adattare la liturgia all'indole e alle tradizioni dei differenti popoli, nel prevedere nei libri liturgici certi adattamenti ( Cfr. sotto, nn. 53-61 ), e infine nel prevedere, in certi casi, soprattutto nelle missioni, degli adattamenti più profondi ( Cfr. sotto, nn. 63-64 ).

a) Gli adattamenti previsti nei libri liturgici

53. La prima e più notevole misura d'inculturazione è la traduzione dei testi liturgici nella lingua del popolo.105

Le traduzioni e, al bisogno, la loro revisione si faranno secondo le indicazioni date al riguardo dalla sede apostolica.106

Mantenendo, con l'attenzione dovuta ai diversi generi letterari, il contenuto dei testi dell'edizione tipica latina, la traduzione deve essere accessibile ai partecipanti ( Cfr. anche sopra, n. 39 ), convenire alla proclamazione e al canto, come alle risposte e acclamazioni dell'assemblea.

Anche se tutti i popoli, compresi i più semplici, hanno un linguaggio religioso adatto ad esprimere la preghiera, il linguaggio liturgico ha delle caratteristiche proprie:

è impregnato profondamente della sacra Scrittura;

certe parole del latino corrente ( memoria, sacramentum ) hanno assunto un altro senso per l'espressione della fede cristiana;

certi termini del linguaggio cristiano possono trasmettersi da una lingua all'altra, come avvenuto nel passato, ad esempio per: ecclesia, evangelium, baptisma, eucharistia.

Del resto, i traduttori devono essere attenti al rapporto tra testo e azione liturgica, alle esigenze della comunicazione orale e alle qualità letterarie della lingua viva del popolo.

Queste qualità richieste alle traduzioni liturgiche devono ritrovarsi nelle nuove composizioni, quando sono previste.

54. Per la celebrazione eucaristica, il Messale romano, pur nell'accoglienza di « legittime varietà e adattamenti, secondo le norme del concilio Vaticano II », deve restare un « mezzo per testimoniare e affermare l'unità »107 del Rito romano nella diversità delle lingue.

Principi e norme per l'uso del Messale romano prevede che « le conferenze episcopali, secondo la costituzione sulla sacra liturgia, possono prescrivere, per il loro territorio, delle norme che tengano conto delle tradizioni e della cultura propria dei loro popoli, delle regioni e delle diverse comunità ».108

Ciò vale in particolare per

i gesti e gli atteggiamenti dei fedeli,109

i gesti di venerazione dell'altare e del libro dei Vangeli,110

i testi dei canti d'ingresso,111

all'offertorio112

e di comunione,113

il rito della pace,114

le condizioni per la comunione al calice,115

la materia dell'altare e della suppellettile liturgica,116

la materia e la forma dei vasi sacri,117

le vesti liturgiche.118

Le conferenze episcopali possono ugualmente determinare il modo di distribuire la santa comunione.119

55. Per gli altri sacramenti e sacramentali, l'edizione tipica latina di ogni Rituale indica gli adattamenti che spettano alle conferenze episcopali, o in casi particolari anche al vescovo.

Questi adattamenti possono riguardare testi, gesti, e talvolta lo stesso ordinamento del rito.

Quando l'edizione tipica prevede delle formule a scelta, le conferenze episcopali possono decidere di proporne altre dello stesso genere.

56. Quanto ai riti dell'iniziazione cristiana, spetta alle conferenze episcopali « valutare con attenzione e prudenza gli elementi che possono essere opportunamente accolti dalle tradizioni e dall'indole dei singoli popoli » e « nelle terre di missione giudicare se gli elementi dell'iniziazione in uso presso alcuni popoli possono essere adattati al rito del battesimo cristiano e decidere se si debbono accogliere in esso ».123

Va osservato pertanto che il termine « iniziazione » non ha il medesimo significato e non indica la stessa realtà quando è applicato ai riti d'iniziazione sociale presso certi popoli, o invece all'itinerario dell'iniziazione cristiana che, per i riti del catecumenato, conduce all'incorporazione a Cristo nella chiesa per mezzo dei sacramenti del battesimo, della confermazione e dell'eucaristia.

57. Il Rituale del matrimonio è quello che richiede, in numerosi paesi, il più grande adattamento per non essere estraneo ai costumi sociali.

Perciò ogni conferenza episcopale ha la facoltà di preparare un rito proprio per il matrimonio, che si addica ai costumi dei luoghi e delle popolazioni; tuttavia deve restare ferma la norma secondo la quale il ministro ordinato o laico che assiste,124 a seconda del caso, deve richiedere e ricevere il consenso dei contraenti, e che sia impartita agli sposi la benedizione nuziale.125

Questo rito proprio dovrà, senza dubbio, esprimere chiaramente il senso cristiano del matrimonio così come la grazia del sacramento e sottolineare i doveri degli sposi.126

58. In ogni tempo e presso tutti i popoli, i funerali sono stati caratterizzati da riti particolari, spesso altamente espressivi.

Per rispondere alle situazioni dei diversi paesi, il Rituale romano propone tre tipi o schemi differenti per i funerali.127

Spetta alle conferenze episcopali scegliere quello che meglio corrisponde agli usi locali.128

Conservando volentieri tutto ciò che di buono si trova nelle tradizioni familiari e nei costumi locali, esse veglieranno a che le esequie manifestino la fede pasquale e testimonino veramente lo spirito evangelico.129

È in questa prospettiva che i Rituali dei funerali possono adottare i costumi delle diverse culture e rispondere meglio alle situazioni e alle tradizioni di ciascuna regione.130

59. Le benedizioni di persone, di luoghi o cose, che riguardano da vicino la vita, le attività e le preoccupazioni dei fedeli, offrono diverse possibilità di adattamento, di mantenere abitudini locali, di ammettere usi popolari.131

Le conferenze episcopali sapranno avvalersi delle disposizioni previste, ponendo attenzione alle necessità del paese.

60. Per quanto concerne l'organizzazione del tempo, ogni chiesa particolare e ogni famiglia religiosa aggiungono alle celebrazioni della chiesa universale, dopo l'approvazione della Santa Sede, quelle che sono loro proprie.

Inoltre, previa approvazione della Santa Sede, le conferenze episcopali possono abolire il precetto per certe feste o trasferirle in domenica.133

Compete loro di determinare il tempo e il modo di celebrare le rogazioni e le « quattro tempora ».134

61. La Liturgia delle ore, che ha lo scopo di celebrare le lodi di Dio e di santificare con la preghiera la giornata e l'intera attività umana, offre alle conferenze episcopali delle possibilità di adattamento per la seconda lettura dell'Ufficio delle letture, gli inni e le intercessioni, come anche per le antifone mariane finali.135

Procedura da seguire per gli adattamenti previsti nei libri liturgici

62. Quando la conferenza episcopale prepara la propria edizione dei libri liturgici, si pronuncia sulla traduzione e gli adattamenti previsti, secondo il diritto.136

Gli atti della conferenza, con il risultato del voto, sono indirizzati, firmati dal presidente e dal segretario della conferenza, alla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, insieme a due esemplari completi del progetto approvato.

Inoltre, trasmettendo l'insieme del materiale:

si esporranno, in modo sintetico ma preciso, le ragioni per cui è stato introdotto ciascun adattamento;

si indicheranno ugualmente quali parti sono state riprese da altri libri già approvati e quali invece sono di nuova composizione.

Ottenuta la recognitio da parte della Sede apostolica secondo le norme stabilite,137 la conferenza episcopale promulga con decreto il testo approvato, indicando la data a partire dalla quale esso entrerà in vigore.

b) L'adattamento secondo l'art. 40 della costituzione conciliare sulla sacra liturgia

63. Nonostante le misure di adattamento già previste nei libri liturgici, può avvenire che « in vari luoghi e circostanze è urgente un più profondo adattamento della liturgia, e questo è più difficile ».138

Qui non si tratta più di adattamenti all'interno del quadro previsto nelle Institutiones generales e nei Praenotanda dei libri liturgici.

Ciò suppone che una conferenza episcopale abbia innanzitutto utilizzato tutte le possibilità offerte dai libri liturgici, valutato gli adattamenti già introdotti ed eventualmente proceduto alla loro revisione, prima di intraprendere l'iniziativa di un adattamento più profondo.

L'utilità o la necessità di un tale adattamento può riguardare uno dei punti ricordati sopra ( Cfr. nn. 53-61 ), senza che altri siano mutati.

Adattamenti di questo genere non tendono a una trasformazione del Rito romano, ma si collocano all'interno dello stesso Rito.

64. In questo caso, uno o più vescovi possono esporre le difficoltà che permangono circa la partecipazione dei fedeli ai confratelli della loro conferenza episcopale, e con loro esaminare l'opportunità di apportare degli adattamenti più profondi, se davvero lo esige il bene delle anime.139

Spetta poi alla conferenza episcopale proporre alla Santa Sede, secondo la procedura qui sotto indicata, le modificazioni che desidera adottare.140

La Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti si dichiara disposta ad accogliere le proposte delle conferenze episcopali, ad esaminarle tenendo presente il bene delle chiese locali interessate e il bene comune di tutta la chiesa, e a seguire il processo di inculturazione là dove questo è utile o necessario, secondo i princìpi esposti in questa istruzione ( Cfr. sopra, nn. 33-51 ), in spirito di fiduciosa collaborazione e di responsabilità condivisa.

Procedura da seguire nell'applicazione dell'art. 40 della costituzione conciliare sulla sacra liturgia

65. La conferenza episcopale esaminerà quanto deve essere modificato nelle celebrazioni liturgiche in ragione delle tradizioni e della mentalità del popolo.

Ne affiderà lo studio alla commissione nazionale o regionale per la liturgia, la quale curerà di chiedere l'intervento di persone competenti, per esaminare i diversi aspetti degli elementi della cultura locale e della loro eventuale assunzione nelle celebrazioni liturgiche.

Può essere opportuno talvolta domandare il parere a esponenti di religioni non cristiane sul valore cultuale o civile dell'uno o dell'altro elemento ( Cfr. sopra, nn. 30-32 ).

Questo esame preliminare sarà svolto in collaborazione, se il caso lo richiede, con le conferenze episcopali dei paesi limitrofi o di quelli della medesima cultura ( Cfr. sopra, n. 51 ).

66. Prima di ogni iniziativa di sperimentazione, la conferenza episcopale esporrà il progetto alla congregazione.

La presentazione del progetto deve comprendere

una descrizione delle innovazioni proposte,

le ragioni della loro ammissione,

i criteri adottati,

i luoghi e i tempi desiderati per fare, se del caso, una sperimentazione preliminare e la designazione dei gruppi incaricati di compierla,

infine gli atti della delibera e del voto della conferenza al riguardo.

Dopo l'esame del progetto, condotto in accordo tra la conferenza episcopale e la congregazione, quest'ultima darà facoltà alla conferenza episcopale di permettere, se del caso, una sperimentazione per un tempo limitato.141

67. La conferenza episcopale veglierà sul buon andamento della sperimentazione,142 facendosi normalmente aiutare dalla commissione nazionale o regionale per la liturgia.

Inoltre, la conferenza veglierà a che la sperimentazione non si estenda oltre i limiti previsti di luogo e di tempo, che siano informati pastori e fedeli sulla portata provvisoria e limitata di essa, e che non le si dia una pubblicità che potrebbe influire già sulla vita liturgica del paese.

Al termine del periodo di sperimentazione, la conferenza episcopale giudicherà se il progetto corrisponde alla finalità desiderata o se dev'essere rivisto in qualche punto, e comunicherà la propria delibera alla congregazione, insieme al dossier relativo alla sperimentazione avvenuta.

68. Esaminato il dossier, la congregazione potrà dare con decreto il proprio consenso, accompagnato da eventuali osservazioni, perché gli adattamenti domandati siano adottati nel territorio dipendente dalla conferenza episcopale.

69. I fedeli, laici e clero, dovranno essere bene informati dei cambiamenti e preparati alla loro introduzione nelle celebrazioni.

L'applicazione delle decisioni dovrà compiersi tenendo conto delle concrete circostanze, contemplando, se è opportuno, un periodo di transizione ( Cfr. sopra, n. 46 ).

Conclusione

70. Presentando alle Conferenze episcopali le norme pratiche che devono guidare il lavoro di inculturazione liturgica previsto dal concilio Vaticano II

per rispondere alle necessità pastorali dei popoli di culture diverse e

inserendolo attentamente in una pastorale d'insieme per inculturare il Vangelo nella varietà delle realtà umane,

la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti confida che ciascuna chiesa particolare e soprattutto le giovani chiese potranno sperimentare che la diversità di certi elementi nella celebrazione liturgica può essere fonte di arricchimento, nel rispetto dell'unità sostanziale del Rito romano, dell'unità di tutta la chiesa e dell'integrità della fede « trasmessa ai credenti una volta per tutte » ( Gd 3 ).

La presente istruzione è stata preparata dalla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti per mandato di sua santità il papa Giovanni Paolo II, che l'ha approvata e ha ordinato che sia pubblicata.

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105 Cfr. Sacrosanctum Concilium, 36 §§ 2, 3 e 4; n. 54; n. 63
106 Cfr. Giovanni Paolo II, let. ap. « Vicesimus quintus annus » ( 4-12-1988, 20 )
107 Paolo VI, Cost. ap. Missale Romanum ( 3-4-1969 )
108 Missale Romanum, Institutio generalis, 6;
Cfr. anche Ordo Lectionum Missae, editio typica altera, Praenotanda, nn. 111-118
109 Cfr. Missale Romanum, Institutio generalis, 22
110 Cfr. Missale Romanum, Institutio generalis, 232
111 Cfr. Missale Romanum, Institutio generalis, 26
112 Cfr. Missale Romanum, Institutio generalis, 50
113 Cfr. Missale Romanum, Institutio generalis, 56 i
114 Cfr. Missale Romanum, Institutio generalis, 56 b
115 Cfr. Missale Romanum, Institutio generalis, 242
116 Cfr. Missale Romanum, Institutio generalis, 263 e 288
117 Cfr. Missale Romanum, Institutio generalis, 290
118 Cfr. Missale Romanum, Institutio generalis, 304, 305, 308
119 Cfr. De sacra communione et de cultu mysterii eucharistici extra Missam,
Praenotanda, n. 21
123 Ordo initiationis christianae adultorum,
Ordo Baptismi parvulorum, Praenotanda generalia, 31;
Cfr. Sacrosanctum Concilium, 65
124 Cfr. Codice di Diritto Canonico, can. 1108 e can. 1112
125 Cfr. Codice di Diritto Canonico, can. 77;
Ordo celebrandi Matrimonium, editio typica altera, Praenotanda, n. 42
126 Cfr. Codice di Diritto Canonico, can.77
127 Cfr. Ordo exsequiarum, Praenotanda, 4
128 Cfr. Ordo exsequiarum, Praenotanda, 9 e 21, 1-3
129 Cfr. Ordo exsequiarum, Praenotanda, 2
130 Cfr. Sacrosanctum Concilium, 81
131 Cfr. Sacrosanctum Concilium, 79;
De Benedictionibus, Praenotanda, n. 39;
Ordo Professionis religiosae, Praenotanda, nn. 12-15
133 Cfr. Codice di Diritto Canonico, can. 1246 §2
134 Cfr. Normae universales de Anno liturgico et de Calendario, 46
135 Cfr. Liturgia Horarum, Institutio generalis, nn. 92, 162, 178, 184
136 Cfr. Codice di Diritto Canonico, can. 455 §2 e can. 838 §3;
ciò vale anche per una nuova edizione:
Giovanni Paolo II, let. ap. « Vicesimus quintus annus » ( 4-12-1988, 20 )
137 Cfr. Codice di Diritto Canonico, can. 838 §3
138 Sacrosanctum Concilium, 40
139 Cfr. S. Congr. per i vescovi, direttorio per il ministero pastorale dei vescovi
Ecclesiae imago, 22 febbraio 1973, 84
140 Cfr. Sacrosanctum Concilium, 40,1
141 Cfr. Sacrosanctum Concilium, 40,2
142 Cfr. Sacrosanctum Concilium, 40,2