Varietates legitimae

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III. Princìpi e norme pratiche per l'inculturazione del rito romano

33. Le chiese particolari, soprattutto le giovani chiese, approfondendo il patrimonio liturgico ricevuto dalla chiesa romana che le ha generate, diverranno capaci di trovare a loro volta nel loro patrimonio culturale, quando ciò sia utile o necessario, delle forme appropriate, per integrarle nel Rito romano.

Una formazione liturgica tanto dei fedeli che del clero, come richiesta dalla costituzione « Sacrosanctum concilium »,72 dovrebbe permettere di cogliere il senso dei testi e dei riti presentati nei libri liturgici attuali e così, spesso, di evitare cambiamenti o soppressioni in ciò che proviene dalla tradizione del Rito romano.

a) Principi generali

34. Per la ricerca e l'attuazione dell'inculturazione del Rito romano, si deve tener presente:

1. la finalità inerente all'opera di inculturazione;

2. l'unità sostanziale del Rito romano;

3. l'autorità competente.

35. La finalità che deve guidare un'inculturazione del Rito romano è quella stessa che il concilio Vaticano II ha posto alla base della revisione generale della liturgia: « ordinare i testi e i riti in modo che esprimano più chiaramente le sante realtà che significano, e il popolo cristiano, per quanto è possibile, possa capirle facilmente e parteciparvi con una celebrazione piena, attiva e comunitaria ».73

Occorre anche che i riti « siano adattati alla capacità di comprensione dei fedeli e non abbiano bisogno, generalmente, di molte spiegazioni »,74 tenendo conto della natura stessa della liturgia, del carattere biblico e tradizionale della sua struttura e del suo modo di esprimersi, così come sono stati esposti sopra ( nn. 21-27 ).

36. Il processo di inculturazione avrà luogo salvaguardando l'unità sostanziale del Rito romano.75

Questa unità si trova espressa attualmente nei libri liturgici tipici pubblicati per autorità del sommo pontefice e nei libri liturgici corrispondenti, approvati dalle conferenze episcopali per i loro rispettivi paesi e confermati dalla Sede apostolica.76

La ricerca d'inculturazione non ha per oggetto la creazione di nuove famiglie rituali; rispondendo ai bisogni di una determinata cultura essa giunge a degli adattamenti, che fanno sempre parte del Rito romano.

37. Gli adattamenti del Rito romano, anche nel campo dell'inculturazione, dipendono unicamente dall'autorità della chiesa.

Tale autorità compete alla Sede apostolica, che la esercita tramite la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti;78 compete anche, nei limiti previsti dal diritto, alle conferenze episcopali e al vescovo diocesano.80

« Nessun altro, assolutamente, anche se sacerdote, aggiunga, tolga o muti alcunché di sua iniziativa, in materia liturgica ».81

L'inculturazione non è dunque lasciata all'iniziativa personale dei celebranti, né all'iniziativa collettiva dell'assemblea.

Similmente, le concessioni accordate a una data regione non possono essere estese ad altre regioni senza le debite autorizzazioni, quand'anche una Conferenza episcopale ritenesse di avere sufficienti motivi per adottarle nel proprio paese.

b) Ciò che può essere adattato

38. Nell'analisi di un'azione liturgica in vista della sua inculturazione, è necessario considerare anche il valore tradizionale degli elementi di questa azione, in particolare la loro origine biblica o patristica ( Cfr. sopra, nn. 21-26 ), poiché non è sufficiente distinguere tra ciò che può cambiare e ciò che è immutabile.

39. Nelle celebrazioni liturgiche, il linguaggio, principale mezzo per gli uomini di comunicare tra loro, ha come scopo di annunciare ai fedeli la buona notizia della salvezza83 e di esprimere la preghiera che la chiesa rivolge al Signore.

Esso deve, quindi, rivelare sempre, insieme alla verità di fede, la grandezza e la santità dei misteri celebrati.

Si dovrà dunque esaminare con attenzione quali elementi del linguaggio di un popolo possono convenientemente essere introdotti nelle celebrazioni liturgiche e, in particolare, se è opportuno o invece controindicato l'impiego di espressioni provenienti da religioni non cristiane.

Sarà ugualmente importante tener conto dei diversi generi letterari usati nella liturgia: testi biblici proclamati, preghiere presidenziali, salmodia, acclamazioni, ritornelli, responsori, versetti, inni, preghiera litanica.

40. La musica e il canto, espressioni dell'animo di un popolo, hanno un posto di rilievo nella liturgia.

Si deve dunque favorire il canto, in primo luogo dei testi liturgici, affinché le voci dei fedeli possano farsi sentire nelle stesse azioni liturgiche.

« In alcune regioni, specialmente nelle missioni, si trovano popoli con una propria tradizione musicale, la quale ha grande importanza nella loro vita religiosa e sociale.

A questa musica si dia la dovuta stima e il posto conveniente, tanto nella educazione del senso religioso di quei popoli, quanto nell'adattare il culto alla loro indole ».85

Si dovrà essere attenti al fatto che un testo cantato si imprime più profondamente nella memoria di un testo letto, e ciò domanda di essere esigenti sull'ispirazione biblica e liturgica e sulla qualità letteraria dei testi del canto.

Si potranno ammettere nel culto divino le forme musicali, i motivi, gli strumenti musicali « purché siano adatti all'uso sacro o vi si possano adattare, convengano alla dignità del tempio e favoriscano veramente l'edificazione dei fedeli ».86

41. Poiché la liturgia è un'azione, i gesti e gli atteggiamenti hanno particolare importanza.

Tra essi, quelli che appartengono al rito essenziale dei sacramenti e che sono richiesti per la loro validità, debbono essere conservati così come sono approvati o determinati dalla sola suprema autorità della chiesa.

I gesti e gli atteggiamenti del sacerdote celebrante devono esprimere la funzione che gli è propria: egli presiede l'assemblea nella persona di Cristo.88

I gesti e gli atteggiamenti dell'assemblea, in quanto segni di comunità e di unità, favoriscono la partecipazione attiva esprimendo e sviluppando l'intenzione e la sensibilità dei partecipanti.89

Nella cultura di un paese, si sceglieranno gesti e atteggiamenti del corpo che esprimano la situazione dell'uomo davanti a Dio, dando ad essi un significato cristiano, in corrispondenza, se possibile, con i gesti e gli atteggiamenti provenienti dalla Bibbia.

42. Presso alcuni popoli, il canto si accompagna istintivamente al battito delle mani, al movimento ritmico del corpo o a movimenti di danza dei partecipanti.

Tali forme di espressione corporale possono aver il loro posto nell'azione liturgica di questi popoli, a condizione che esse siano sempre espressione di una vera preghiera comune di adorazione, di lode, di offerta o di supplica e non semplicemente spettacolo.

43. La celebrazione liturgica è arricchita dall'apporto dell'arte, che aiuta i fedeli a celebrare, a incontrare Dio, a pregare.

Anche l'arte deve avere nella chiesa di ogni popolo e nazione libertà di espressione, atteso che concorra alla bellezza degli edifici e dei riti liturgici, con il rispetto e l'onore che sono ad essi dovuti,90 e che sia davvero significativa nella vita e nella tradizione del popolo.

Lo stesso dicasi per la forma, la disposizione e la decorazione dell'altare, per il luogo della proclamazione della parola di Dio92 e per quello del battesimo,93 per l'arredamento, i vasi, le vesti e i colori liturgici.94

Si darà la preferenza a materie, forme e colori familiari nel paese.

44. La costituzione « Sacrosanctum concilium » ha mantenuto fermamente la pratica costante della chiesa di proporre alla venerazione dei fedeli immagini di Cristo, della Vergine Maria e dei santi,95 poiché « l'onore reso all'immagine è diretto alla persona rappresentata ».96

Nelle diverse culture, i credenti devono poter essere aiutati nella loro preghiera e vita spirituale dalla vista di opere d'arte che cercano di raffigurare il mistero secondo il genio del popolo.

45. Accanto alle celebrazioni liturgiche e in connessione con esse, nelle varie chiese particolari si trovano diverse espressioni di pietà popolare.

Talora introdotte dai missionari al tempo della prima evangelizzazione, si sviluppano sovente secondo i costumi locali.

L'introduzione di pratiche devozionali nelle celebrazioni liturgiche non può essere ammessa come forma d'inculturazione « data la sua natura ( della liturgia ) di gran lunga superiore ».97

Compete all'ordinario del luogo98 l'organizzazione di tali manifestazioni di pietà, di incoraggiarle nel loro ruolo di aiuto per la vita e la fede dei cristiani, di purificarle dove è necessario, poiché esse hanno incessantemente bisogno di essere evangelizzate.99

L'ordinario veglierà inoltre che non si sostituiscano o si mescolino con le celebrazioni liturgiche.

c) La prudenza necessaria

46. « Non si introducano innovazioni se non quando lo richieda una vera e accertata utilità della chiesa, e con l'avvertenza che le nuove forme scaturiscano in maniera in qualche modo organica da quelle già esistenti ».101

Questa norma, data dalla costituzione « Sacrosanctum concilium » in vista della riforma liturgica, si applica anche, fatte le debite proporzioni, all'inculturazione del Rito romano.

In questo campo, sono necessari pedagogia e tempo, onde evitare fenomeni di rigetto o di attaccamento alle forme anteriori.

47. Poiché la liturgia è espressione della fede e della vita cristiana, occorre vigilare che la sua inculturazione non sia segnata, neppure in apparenza, dal sincretismo religioso.

Ciò potrebbe accadere se i luoghi, gli oggetti di culto, le vesti liturgiche, i gesti e gli atteggiamenti lasciassero supporre che, nelle celebrazioni cristiane, certi riti abbiano i medesimi significati di prima dell'evangelizzazione.

Il sincretismo sarebbe ancora peggiore se si pretendesse di sostituire letture e canti biblici ( Cfr. sopra, n. 23 ) o preghiere con testi mutuati da altre religioni, quand'anche essi possiedano un innegabile valore religioso e morale.102

48. L'ammissione di riti o gesti tradizionali nei rituali dell'iniziazione cristiana, del matrimonio e dei funerali è una tappa d'inculturazione, già indicata nella costituzione « Sacrosanctum concilium ».103

Ciò potrebbe tuttavia risultare anche un momento in cui la verità del rito cristiano e l'espressione della fede possono essere facilmente sminuite agli occhi dei fedeli.

La ripresa degli usi tradizionali deve accompagnarsi a una loro purificazione e, se necessario, a delle rinunce.

La stessa cosa vale, ad esempio, per l'eventuale cristianizzazione di feste pagane o di luoghi sacri, per l'attribuzione al sacerdote delle insegne di autorità riservate al capo nella società, per la venerazione degli antenati.

S'impone, in ogni caso, di evitare ogni ambiguità.

A più forte ragione la liturgia cristiana non può assolutamente accogliere riti di magia, di superstizione, di spiritismo, di vendetta o a connotazione sessuale.

49. In vari paesi, coesistono diverse culture che, talora, si integrano tra loro in modo da formare a poco a poco una nuova cultura, talora invece cercano di differenziarsi, se non di opporsi, per meglio affermare la propria esistenza.

Può succedere che certi usi e costumi abbiano ormai soltanto un interesse folkloristico.

Le conferenze episcopali esamineranno con attenzione la situazione concreta di ciascun caso: rispetteranno le ricchezze di ogni cultura e quanti se ne fanno difensori, senza ignorare o dimenticare una cultura minoritaria o che non è loro familiare; valuteranno anche i rischi di una ghettizzazione all'interno delle comunità cristiane o di un'utilizzazione dell'inculturazione liturgica per fini politici.

Nei paesi in cui la cultura è segnata da usi locali tradizionali, saranno ugualmente presi in considerazione i diversi gradi di modernizzazione delle popolazioni.

50. Talvolta nel medesimo paese sono parlate numerose lingue, e magari ciascuna è in uso presso un gruppo ristretto di persone o in una sola tribù.

Dovrà essere trovato allora un equilibrio, che rispetti i diritti dei singoli gruppi o tribù, evitando il pericolo di portare all'estremo la particolarità delle celebrazioni liturgiche.

Va ugualmente considerato che, in un paese, è talora possibile un'evoluzione verso una lingua principale.

51. Per promuovere l'inculturazione liturgica in un'area culturale più vasta di un paese, è necessario che le conferenze episcopali interessate si accordino e decidano insieme le misure da prendere affinché « si evitino, per quanto è possibile, notevoli differenze di riti tra regioni confinanti ».104

Indice

72 Cfr. Sacrosanctum Concilium, 14-19
73 Sacrosanctum Concilium, 21
74 Cfr. Sacrosanctum Concilium, 34
75 Cfr. Sacrosanctum Concilium, 37-40
76 Cfr. Giovanni Paolo II, let. ap. « Vicesimus quintus annus » ( 4-12-1988, 16 )
78 Cfr. Sacrosanctum Concilium, 22 §1;
Codice di Diritto Canonico, can. 838 §§1 e 2;
Giovanni Paolo II, Cost. ap. « Pastor Bonus » ( 28-6-1988, 62 ); n. 64 §3;
Giovanni Paolo II, let. ap. « Vicesimus quintus annus » ( 4-12-1988, 19 )
80 Cfr. Sacrosanctum Concilium, 22 §1;
Codice di Diritto Canonico, can. 838, §§ 1 e 4;
Giovanni Paolo II, let. ap. « Vicesimus quintus annus » ( 4-12-1988, 21 )
81 Sacrosanctum Concilium, 22
83 Cfr. Codice di Diritto Canonico, cann. 762-772, in particolare can. 769
85 Sacrosanctum Concilium, 119
86 Sacrosanctum Concilium, 120
88 Cfr. Sacrosanctum Concilium, 33;
Codice di Diritto Canonico, can. 899 §2
89 Cfr. Sacrosanctum Concilium, 30
90 Cfr. Sacrosanctum Concilium, 123-124;
Codice di Diritto Canonico, can. 1216
92 Cfr. Congregazione del Culto Divino, Ordinamento Generale del Messale Romano ( 2000 ), 272
93 Cfr. De Benedictionibus, Ordo benedictionis Baptisterii seu novi Fontis baptismalis, nn. 832-837
94 Cfr. Missale Romanum, Institutio generalis, 287-310
95 Cfr. Sacrosanctum Concilium, 125;
Lumen gentium, 67;
Codice di Diritto Canonico, can. 1188
96 Concilio di Nicea II;
Cfr. s. Basilio Magno, De Spiritu Sancto, XVIII, 45: PG 32, 149 C; SCh 17, 194
97 Sacrosanctum Concilium, 13
98 Cfr. Codice di Diritto Canonico, can. 839 §2
99 Cfr. Giovanni Paolo II, let. ap. « Vicesimus quintus annus » ( 4-12-1988, 18 )
101 Cfr. Giovanni Paolo II, let ap. « Vicesimus quintus annus » ( 4-12-1988, 18 )
102 Tali testi potranno essere utilizzati con profitto nelle omelie, essendo qui dove si mostrano più facilmente « le convergenze tra la sapienza divina rivelata e il nobile pensiero umano, che per varie strade cerca la verità »: Giovanni Paolo II, let. ap. Dominicae cenae, 24 febbraio 1980, n. 10
103 Cfr. Sacrosanctum Concilium, n. 65, n. 77, n. 81;
Ordo initiationis christianae adultorum, Praenotanda, nn. 30-31, 79-81, 88-89;
Ordo celebrandi Matrimonium, editio typica altera, Praenotanda, nn. 41-44;
Ordo exsequiarum, Praenotanda, nn. 21-22
104 Sacrosanctum Concilium, 23