Ministero e vita dei Diaconi permanenti

Dichiarazione congiunta

Il Diaconato permanente, ripristinato dal Concilio Vaticano II in armonica continuità con l'antica Tradizione e con i voti specifici del Concilio Ecumenico di Trento, in questi ultimi decenni ha conosciuto, in numerosi luoghi, forte impulso e ha prodotto frutti promettenti, a tutto vantaggio dell'urgente opera missionaria di nuova evangelizzazione.

La Santa Sede e numerosi Episcopati non hanno mancato di offrire elementi normativi e riferimenti di vita e di formazione diaconale, favorendo una esperienza ecclesiale che, per il suo incremento, necessita oggi di unitarietà di indirizzi, di ulteriori elementi chiarificatori e, sul piano operativo, di stimoli e precisazioni pastorali.

È l'intera realtà diaconale ( visione dottrinale fondamentale, conseguente discernimento vocazionale e preparazione, vita, ministero, spiritualità e formazione permanente ) che postula oggi una revisione del cammino fin qui percorso, per giungere ad una chiarificazione globale, indispensabile per un nuovo impulso di questo grado dell'Ordine sacro, in corrispondenza con i voti e le intenzioni del Concilio Ecumenico Vaticano II.

Le Congregazioni per l'Educazione Cattolica e per il Clero, dopo la pubblicazione rispettivamente della Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis per la formazione al sacerdozio e del Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, hanno sentito la necessità di riservare speciali attenzioni alla tematica del diaconato permanente, anche per completare la trattazione di quanto attiene ai primi due gradi dell'Ordine sacro, oggetto delle loro competenze.

Di conseguenza, dopo aver ascoltato l'Episcopato universale e numerosi esperti, le due Congregazioni hanno dedicato a questo tema le loro Assemblee Plenarie del novembre 1995.

Quanto ascoltato, unitamente alle numerosissime esperienze pervenute, è stato oggetto di attento studio da parte degli Eminentissimi ed Eccellentissimi Membri, quindi, le due Congregazioni hanno elaborato le presenti redazioni finali della Ratio fundamentalis institutionis diaconorum permanentium e del Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi permanenti che riproducono fedelmente istanze, indicazioni e proposte provenienti da tutte le aree geografiche, rappresentate a così alto livello.

I lavori delle due Assemblee Plenarie hanno fatto emergere numerosi elementi di convergenza e quella necessità, sempre più avvertita nel nostro tempo, di una concertata armonia, a vantaggio dell'unitarietà di formazione e dell'efficacia pastorale del sacro ministero, innanzi alle sfide del Terzo Millennio ormai alle soglie.

Pertanto, gli stessi Padri hanno chiesto che i due Dicasteri curassero la redazione sincrona dei due documenti, pubblicandoli simultaneamente, preceduti da una sola introduzione comprensiva degli elementi fondamentali.

La Ratio fundamentalis institutionis diaconorum permanentium, preparata dalla Congregazione per l'Educazione Cattolica, intende non soltanto offrire alcuni princìpi di orientamento circa la formazione dei diaconi permanenti, ma anche dare alcune direttive che devono essere tenute in conto dalle Conferenze Episcopali nell'elaborazione della rispettiva « Ratio » nazionale.

La Congregazione ha pensato di offrire agli Episcopati questo sussidio, analogo alla Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, per aiutarli ad adempiere in modo adeguato le prescrizioni del can. 236, CIC, al fine di garantire alla Chiesa l'unità, la serietà e la completezza della formazione dei diaconi permanenti.

Per quanto riguarda il Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi permanenti, esso ha valore non soltanto esortativo ma, come anche il precedente per i presbiteri, riveste pure carattere giuridicamente vincolante laddove le sue norme « ricordano uguali norme disciplinari del Codice di Diritto Canonico », o « determinano i modi di esecuzione delle leggi universali della Chiesa, esplicitano le loro ragioni dottrinali e ne inculcano o sollecitano la loro fedele osservanza ».1

In questi precisi casi, esso va considerato come formale Decreto generale esecutorio ( cf can. 32 ).

Pur conservando la loro identità propria e lo specifico valore giuridico, i due documenti, che vengono ora pubblicati, ciascuno per autorità del rispettivo Dicastero, si richiamano e si integrano vicendevolmente, in forza della loro logica continuità, e si auspica vivamente che siano presentati, accolti ed applicati dappertutto nella loro completezza.

L'introduzione, punto di riferimento e di ispirazione dell'intera normativa, qui pubblicata congiuntamente, rimane indissolubilmente legata ai singoli documenti.

Essa si attiene agli aspetti storici e pastorali del diaconato permanente, con specifico riferimento alla dimensione pratica della formazione e del ministero.

Gli elementi dottrinali che sostengono le argomentazioni sono quelli della dottrina espressa nei documenti del Concilio Vaticano II e nel successivo Magistero pontificio.

I documenti rispondono ad una necessità largamente avvertita di chiarificare e regolamentare la diversità di impostazione degli esperimenti fin qui condotti, sia a livello di discernimento e di preparazione, sia a livello di attuazione ministeriale e di formazione permanente.

In questo modo si potrà assicurare quella stabilità di indirizzi che non mancherà di garantire alla legittima pluralità l'indispensabile unità, con la conseguente fecondità di un ministero che ha già prodotto buoni frutti e promette un valido contributo alla nuova evangelizzazione, alle soglie del Terzo Millennio.

Le direttive, contenute nei due documenti, riguardano i diaconi permanenti del clero secolare diocesano, sebbene di molte, con i dovuti adattamenti, debbano tener conto anche i diaconi permanenti membri di Istituti di vita consacrata e di Società di vita apostolica.

Introduzione2

I. Il ministero ordinato

1. « Cristo Signore, per pascere e sempre più accrescere il Popolo di Dio, ha stabilito nella sua Chiesa vari ministeri, che tendono al bene di tutto il Corpo.

I ministri, infatti, che sono rivestiti di sacra potestà, servono i loro fratelli, perché tutti coloro che appartengono al Popolo di Dio, e perciò, hanno una vera dignità cristiana, tendano liberamente e ordinatamente allo stesso fine e arrivino alla salvezza ».3

Il sacramento dell'ordine « configura a Cristo in forza di una grazia speciale dello Spirito Santo, allo scopo di servire da strumento di Cristo per la sua Chiesa.

Per mezzo dell'ordinazione si viene abilitati ad agire come rappresentanti di Cristo, Capo della Chiesa, nella sua triplice funzione di sacerdote, profeta e re ».4

Grazie al sacramento dell'ordine la missione affidata da Cristo ai suoi Apostoli continua ad essere esercitata nella Chiesa fino alla fine dei tempi: esso è, dunque, il sacramento del ministero apostolico.5

L'atto sacramentale dell'ordinazione va al di là di una semplice elezione, designazione, delega o istituzione da parte della comunità, poiché conferisce un dono dello Spirito Santo, che permette di esercitare una potestà sacra, che può venire soltanto da Cristo, mediante la sua Chiesa.6

« L'inviato del Signore parla e agisce non per autorità propria, ma in forza dell'autorità di Cristo; non come membro della comunità, ma parlando ad essa in nome di Cristo.

Nessuno può conferire a se stesso la grazia, essa deve essere data e offerta.

Ciò suppone che vi siano ministri della grazia, autorizzati e abilitati da Cristo ».7

Il sacramento del ministero apostolico comporta tre gradi.

Infatti « il ministero ecclesiastico di istituzione divina viene esercitato in diversi ordini, da quelli che già anticamente sono chiamati vescovi, presbiteri, diaconi ».8

Insieme ai presbiteri e ai diaconi, che prestano il loro aiuto, i vescovi hanno ricevuto il ministero pastorale nella comunità e presiedono in luogo di Dio al gregge di cui sono i pastori, quali maestri di dottrina, sacerdoti del sacro culto e ministri di governo.9

La natura sacramentale del ministero ecclesiale fa sì che ad esso sia « intrinsecamente legato il carattere di servizio.

I ministri, infatti, in quanto dipendono interamente da Cristo, il quale conferisce missione e autorità, sono veramente "servi di Cristo" ( cf Rm 1,11 ), ad immagine di lui che ha assunto liberamente per noi "la condizione di servo" ( Fil 2,7 ) ».10

Il sacro ministero ha, altresì, carattere collegiale11 e carattere personale,12 per cui « il ministero sacramentale nella Chiesa è, ad un tempo, un servizio collegiale e personale, esercitato in nome di Cristo ».13

II. L'ordine del diaconato

2. Il servizio dei diaconi nella Chiesa è documentato fin dai tempi apostolici.

Una consolidata tradizione, attestata già da sant'Ireneo e confluita nella liturgia di ordinazione, ha visto l'inizio del diaconato nell'evento dell'istituzione dei « sette », di cui parlano gli Atti degli Apostoli ( At 6,5 ).

Nel grado iniziale della sacra gerarchia stanno quindi i diaconi, il cui ministero è stato sempre tenuto in grande onore nella Chiesa.14

San Paolo li saluta assieme ai vescovi nell'esordio della Lettera ai Filippesi ( cf Fil 1,1 ) e nella Prima Lettera a Timoteo recensisce le qualità e le virtù di cui devono essere ornati per compiere degnamente il loro ministero ( cf 1 Tm 3,8-13 ).15

La letteratura patristica attesta fin dal principio questa struttura gerarchica e ministeriale della Chiesa, comprensiva del diaconato.

Per sant'Ignazio di Antiochia16 una Chiesa particolare senza vescovo, presbitero e diacono sembra impensabile.

Egli sottolinea come il ministero del diacono non è altro che « il ministero di Gesù Cristo, il quale prima dei secoli era presso il Padre ed è apparso alla fine dei tempi ».

« Non sono, infatti, diaconi per cibi o bevande, ma ministri della Chiesa di Dio ».

La Didascalia Apostolorum17 e i Padri dei secoli successivi, come pure i diversi Concili18 e la prassi ecclesiastica19 testimoniano della continuità e dello sviluppo di tale dato rivelato.

L'istituzione diaconale fu fiorente, nella Chiesa d'Occidente, fino al V secolo; poi, per varie ragioni, essa conobbe un lento declino, finendo con il rimanere solo come tappa intermedia per i candidati all'ordinazione sacerdotale.

Il Concilio di Trento dispose che il diaconato permanente venisse ripristinato, come era anticamente, secondo la sua propria natura, quale originaria funzione nella Chiesa.20

Ma tale prescrizione non trovò concreta attuazione.

Fu il Concilio Vaticano II a stabilire che il diaconato potesse « in futuro essere restaurato come grado proprio e permanente della gerarchia …, ( ed ) essere conferito a uomini di età matura, anche sposati, così pure a giovani idonei, per i quali però deve rimanere in vigore la legge del celibato », secondo la costante tradizione.21

Le ragioni che hanno determinato questa scelta furono sostanzialmente tre:

a) il desiderio di arricchire la Chiesa con le funzioni del ministero diaconale che altrimenti, in molte regioni, avrebbero potuto difficilmente essere esercitate;

b) l'intenzione di rafforzare con la grazia dell'ordinazione diaconale coloro che già esercitavano di fatto funzioni diaconali;

c) la preoccupazione di provvedere di ministri sacri quelle regioni che soffrivano di scarsità di clero.

Queste ragioni mettono in evidenza come la restaurazione del diaconato permanente non intendesse minimamente pregiudicare il significato, il ruolo e la fioritura del sacerdozio ministeriale, che sempre deve essere generosamente perseguita anche in ragione della sua insostituibilità.

Paolo VI, per dare attuazione alle indicazioni conciliari, stabilì, con la Lettera apostolica Sacrum diaconatus ordinem ( 18 giugno 1967 ),22 le regole generali per la restaurazione del diaconato permanente nella Chiesa latina.

L'anno successivo, con la Costituzione apostolica Pontificalis romani recognitio ( 18 giugno 1968 ),23 approvò il nuovo rito per il conferimento dei sacri ordini dell'episcopato, del presbiterato e del diaconato, definendo altresì la materia e la forma delle medesime ordinazioni, e, finalmente, con la Lettera apostolica Ad pascendum ( 15 agosto 1972 ),24 precisò le condizioni per l'ammissione e l'ordinazione dei candidati al diaconato.

Gli elementi essenziali di questa normativa furono recepiti tra le norme del Codice di diritto canonico, promulgato dal papa Giovanni Paolo II il 25 gennaio 1983.25

Sulla scia della legislazione universale, molte Conferenze Episcopali procedettero e tuttavia procedono, previa l'approvazione della Santa Sede, alla restaurazione del diaconato permanente nelle loro Nazioni e alla stesura di norme complementari al riguardo.

III. Il diaconato permanente

3. L'esperienza plurisecolare della Chiesa ha suggerito la norma, secondo cui l'ordine del presbiterato è conferito soltanto a colui che prima ha ricevuto il diaconato e l'ha opportunamente esercitato.26

Tuttavia l'ordine del diaconato « non deve essere considerato come un puro e semplice grado di accesso al sacerdozio ».27

« È stato uno dei frutti del Concilio Ecumenico Vaticano II quello di voler restituire il diaconato come proprio e permanente grado della gerarchia ».28

Sulla base di « motivazioni legate alle circostanze storiche e alle prospettive pastorali » accolte dai Padri conciliari, in verità « operava misteriosamente lo Spirito Santo, protagonista della vita della Chiesa, portando ad una nuova attuazione del quadro completo della gerarchia, tradizionalmente composta di vescovi, sacerdoti e diaconi.

Si promuoveva in tal modo una rivitalizzazione delle comunità cristiane, rese più conformi a quelle uscite dalle mani degli Apostoli e fiorite nei primi secoli, sempre sotto l'impulso del Paraclito, come attestano gli Atti ».29

Il diaconato permanente costituisce un importante arricchimento per la missione della Chiesa.30

Poiché i munera che competono ai diaconi sono necessari alla vita della Chiesa,31 è conveniente e utile che, soprattutto nei territori di missione,32 gli uomini che nella Chiesa sono chiamati ad un ministero veramente diaconale, sia nella vita liturgica e pastorale, sia nelle opere sociali e caritative « siano fortificati per mezzo dell'imposizione delle mani, trasmessa dal tempo degli Apostoli, e siano più strettamente uniti all'altare, per poter esplicare più fruttuosamente il loro ministero con l'aiuto della grazia sacramentale del diaconato ».33

Città del Vaticano, 22 febbraio 1998, festa della Cattedra di S. Pietro, Apostolo.

Congregazione per l'Educazione Cattolica

Pio Card. Laghi Prefetto

+ José Saraiva Martins Arciv. tit. di Tuburnica Segretario

Congregazione per il Clero

Dario Castrillon Hoyos Prefetto

+ Csaba Ternyák Arciv. tit. di Eminenziana Segretario

  Indice

1 Cf Pontificio Consiglio per l'Interpretazione dei Testi Legislativi, Chiarimenti circa il valore vincolante dell'art. 66 del Direttorio per il Ministero e la Vita dei Presbiteri ( 22 ottobre 1994 ), in Rivista « Sacrum Ministerium », 2 (1995), p. 263
2 Questa parte introduttoria è comune alla « Ratio » e al « Direttorio ».
Nel caso di pubblicazioni disgiunte dei due documenti, essi dovranno comunque riportarla
3 Cost. dogm. Lumen gentium, 18
4 Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1581
5 Cf ibidem, n. 1536
6 Cf ibidem, n. 1538
7 Ibidem, n. 875
8 Cost. dogm. Lumen gentium, 28
9 Cf ibidem, 20;
C.I.C., can. 375, § 1
10 Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 876
11 Cf ibidem, n. 877
12 Cf ibidem, n. 878
13 Ibidem, n. 879
14 Cf Cost. dogm. Lumen gentium, 29;
Paolo VI, Lett. ap. Ad pascendum ( 15 agosto 1972 )
15 Inoltre, tra i 60 collaboratori che appaiono nelle sue lettere, alcuni sono indicati come diaconi: Timoteo ( 1 Ts 3,2 ), Epafra ( Col 1,7 ), Tichico ( Col 4,7; Ef 6,2 )
16 Cf Epist. ad Philadelphenses, 4;
Epist. ad Smyrnaeos, 12, 2;
Epist. ad Magnesios, 6, 1: F. X. Funk (ed.), Patres Apostolici, Tubingale 1901, pp. 266-267; 286-287; 234-235
17 Cf Didascalia Apostolorum ( Siriaca ), capp. III, XI: A. Vööbus (ed.), The « Didascalia Apostolorum » in Syriae ( testo originale e traduzione in inglese ), CSCO, vol. I, n. 402 (tomo 176), pp. 2930; vol. II, n. 408 (tomo 180), pp. 120-129;
Didascalia Apostolorum, III, 13 (19), 1-7: F. X. Funk (ed.), Didascalia et Constitutiones Apostolorum, Paderbornae 1906, I, pp. 212-216
18 Cf i Canoni 32 e 33 del Concilio di Elvira ( Eliberitanum, a. 300-303 ): PL 84, 305;
i canoni 16 (15), 18, 21 del Concilio di Arles I ( Arelatense I, a. 314 );
CCL, 148, pp. 12-13, e i can. 15, can. 16, can. 18 del Concilio di Nicea I ( Nicaenum I, a. 325 )
19 Ogni Chiesa locale, nei primi tempi del cristianesimo, doveva avere i suoi diaconi in numero proporzionato a quello dei membri della Chiesa, perché possano conoscere ed aiutare ognuno ( cf Didascalia Apostolorum, III, 12 (16): F. X. Funk, ed. cit., I, p. 208 ).
A Roma, il Papa san Fabiano ( 236-250 ) aveva diviso la città in sette zone ( « regiones », più tardi chiamate « diaconie » ) cui era preposto un diacono ( « regionarius » ) per la promozione della carità e l'assistenza ai bisognosi.
Analoga era l'organizzazione « diaconale » in molte città orientali e occidentali nei secoli terzo e quarto
20 Cf Conc. Ecum. di Trento, Sessione XXIII, Decreta De reformatione, can. 17
21 Cost. dogm. Lumen gentium, 29
22 AAS 59 (1967), 697-704
23 AAS 60 (1968), 369-373
24 AAS 64 (1972), 534-540
25 I canoni che parlano esplicitamente dei diaconi permanenti sono una diecina: can. 236; can. 276, § 2,3°; can. 281, § 3; can. 288; can. 1031, §§ 2-3; can. 1032, § 3; can. 1035, § 1; can. 1037; can. 1042, 1°; can. 1050, 3°
26 Cf C.I.C., can. 1031, § 1
27 Paolo VI, Lett. ap. Sacrum Diaconatus Ordinem ( 18 giugno 1967 )
28 Cf Conc. Ecum. Vat. II. Cost. dogm. Lumen gentium, 29;
Decr. Ad gentes, 16;
Decr. Orientalium Ecclesiarum, 17;
Giovanni Paolo II, Allocuzione, n. 1 ( 16 marzo 1985 ): Insegnamenti, VIII, 1 (1985), p. 648
29 Giovanni Paolo II, Catechesi nell'Udienza generale, n. 5 ( 6 ottobre 1993 )
30 « Una esigenza particolarmente sentita nella decisione del ristabilimento del diaconato permanente era ed è quella della maggiore e più diretta presenza di ministri della Chiesa nei vari ambienti di famiglia, di lavoro, di scuola ecc., oltre che nelle strutture pastorali costituite » ( Giovanni Paolo II, Catechesi nell'Udienza generale, n. 6 ( 6 ottobre 1993 )
31 Cf Cost. dogm. Lumen gentium, 29b
32 Cf ibidem, Decr. Ad gentes, 16
33 Ibidem, Decr. Ad gentes, 16
Cf Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1571