Mass media

IndiceA

Sommario

I. Evoluzione socio-culturale del fenomeno e ripercussioni nella vita cristiana.
II. Spiritualità dei promotori.
III. Spiritualità dei recettori.
IV. Mass media e stati consacrati.
V. L'esperienza e il messaggio di d. Giacomo Alberione:
1. L'apostolato dell' "edizione";
2. Spiritualità del predicatore moderno;
3. Il nuovo "cantico delle creature";
4. Pericoli e difficoltà;
5. La dimensione missionaria.

I - Evoluzione soci-culturale del fenomeno e ripercussioni nella vita cristiana

Per brevità, anche qui si segue la terminologia mass media - corrente, ma ambigua e deviante - per indicare quei moderni mezzi tecnici di comunicazione che il Vat II più propriamente ha qualificato « strumenti della comunicazione sociale »: principali tra essi la stampa ( periodica e d'informazione ), il cinema, la radio e la televisione.

S'è detto "moderni", perché essi si sono presentati e sviluppati in questi ultimi 150 anni: la stampa, più o meno dal 1830; il cinema, dal 1895; la radio e la televisione rispettivamente dagli anni '20 e '50 di questo secolo.

Ma - evento dalle profonde conseguenze, non solo socio-culturali bensì anche religioso-morali - col progresso tecnologico, e soprattutto con l'integrazione dell'elettronica nelle loro tecniche ( avvento della "tecnotronica" ), dagli anni '60 essi stanno subendo un'evoluzione radicale; la quale, mentre rende ubiquitaria e praticamente istantanea la comunicazione dei loro messaggi, ne intreccia e cumula le prestazioni, già distinte, dell'informazione, della formazione e del divertimento, in una globale comunicazione sociale, praticamente accentrata in quella televisiva.

Anche se poco o nulla attendibile è la teoria, oggi troppo in voga, del McLuhan, secondo la quale ogni storica evoluzione socio-culturale dell'umanità sarebbe dipesa esclusivamente dal sopravvenire di nuovi mezzi di comunicazione, sicché il travaglio dell'uomo di oggi non consisterebbe altro che nel trapasso palingenesico da una "Galassia di Gutenberg ( della stampa )" ad una "Galassia di Marconi ( elettronica )"; sociologi, antropologi e psicologi concordano nell'includere i mass media tra i fattori primari dell'odierna evoluzione, che per estensione e per profondità non ha riscontri nel passato.

Si tratta di un mondo nuovo, di una nuova cultura-civiltà, nella quale gli uomini sono chiamati a vivere in situazioni del tutto nuove anche i propri perenni valori religiosi e morali, ed i credenti e la chiesa quelli propri del messaggio cristiano.

In questa nuova problematica, da parte dei cattolici e dei moralisti in genere, per troppi decenni ci si è preoccupati quasi soltanto degli effetti personali ed immediati dei mass media, e soprattutto dei pericoli e delle occasioni di peccato connessi con i loro messaggi.

Merito, invece, del Me Luhan, e del suo ( discutibile ) paradosso « Il mezzo è il messaggio », è di aver attirato l'attenzione soprattutto sui fenomeni sociali ed a lungo termine indotti dagli stessi media, considerati, sia nelle loro caratteristiche tecnico-comunicative, sia nelle strutture economico-politiche nelle quali essi operino.

Sorvolando su quelli che interessano più direttamente l'odierna azione pastorale della chiesa, incentrata nella predicazione del messaggio evangelico mediante i mass media [ sotto, V ], tra i nuovi fenomeni che coinvolgono più dappresso il comportamento spirituale-morale dei recettori sono da segnalare:

l'informazione: intesa come ricerca e diffusione delle notizie su avvenimenti e fatti di attualità.

Scarsa e ridotta nello spazio, incerta e lenta nel tempo ieri, prima la stampa e poi il giornalismo radiofonico e televisivo l'hanno resa oggi universale ed istantanea.

Di qui la dinamizzazione odierna della vita associata, il passaggio da mondi culturali chiusi e statico-tradizionali ad un mondo aperto-dinamico in continua evoluzione.

Di qui anche la pubblicizzazione di tutti gli avvenimenti con, da una parte, la rapida riduzione dell'ambito della vita privata ( privacy ) e, dall'altra, la progressiva riduzione delle azioni aventi conseguenze ( presumibilmente ) soltanto personali e prive di risonanze e responsabilità anche sociali: onde l'anacronismo, oggi, di una spiritualità che, chiusa in se stessa, ignori quel che avviene nel mondo e disattenda interessi virtù e colpe sociali.

la propaganda-pubblicità: intesa come informazione suasoria, vale a dire organizzata e formulata con lo scopo preciso di orientare i recettori a favore o contro persone ( propaganda personale ), dottrine ( propaganda ideologica ), o prodotti e servizi ( pubblicità ).

Anche queste scarsamente diffuse e strutturate nei secoli passati, negli ultimi due secoli si sono andate potenziando in mezzi metodi ed effetti, per diventare oggi, con l'uso massiccio dei mass media e col ricorso a teorie ed a metodi scientifici d'indagine e di programmazione, quei potenti manipolatori di masse di cui tutti più o meno siamo oggetto.

Tra i fenomeni socio-culturali ( ed anche etico-religiosi ) da essi provocati: lo scadimento d'ogni genuina democrazia, mediante la manipolazione dell'informazione, lo sfruttamento delle tendenze gregarie degli individui, e la conseguente loro massificazione in agglomerati di elementi privati d'intelligenza e di volontà autonome, eterodiretti dal "capo" di turno; inoltre la confezione in serie del marcusiano "uomo unidirezionale": cavia della macchina industriale, in una disumana "civiltà dei consumi".

In gran parte dall'informazione e dalla propaganda-pubblicità dei mass media dipende l'altro fenomeno tutto moderno:

l'opinione pubblica, intesa come l'insieme dei giudizi e degli atteggiamenti di individui e di "pubblici", su problemi ed interessi rilevanti delle comunità di cui essi fanno parte, per lo più occasionati da fatti di attualità, loro notificati ( per lo più ) dai mass media, e da essi percepiti secondo le proprie strutture psico-etico-sociali; e, data occasione, anche come l'insieme dei conseguenti loro comportamenti verbali ed operativi diretti a conservare o a modificare stati di fatto delle stesse comunità.

Qualificata "quarto potere" - nel senso di condizionatrice degli altri poteri propri dello Stato: il legislativo, il giudiziario e l'amministrativo - già quando appena sorgeva - e s'identificava con la stampa, oggi essa « esercita un influsso e peso grandissimo sulla vita privata e pubblica dei cittadini [ e dei fedeli ] d'ogni ordine » ( IM 8 ).

Ed è il segno più macroscopico di due altri fenomeni tipici odierni incrementati dai mass media; vale a dire quello della società opinionale, che conosce molti eventi ma per tramite di notizie mediate dall'informazione: subentrata alle antiche società delle certezze, che conoscevano pochi eventi, ma per esperienze dirette o per tradizioni indiscusse; e quello delle nostre società pluralistiche, nelle quali le scelte non vengono fatte secondo principi e valori ammessi da tutto il gruppo sociale interessato - come avveniva nelle società passate, sostanzialmente omogenee -, ma nel confronto appunto delle opinioni poste tutte allo stesso livello, e in base al consenso di maggioranze, poco o nulla importa se spontaneo o manipolato dalla propaganda.

Che tutti questi fenomeni interessino anche i valori spirituali dell'uomo e quelli specificamente cristiani dei credenti è più che ovvio;

basti pensare al relativismo scettico nel quale, quando tutto venisse degradato a opinabile, si risolverebbero anche le certezze razionali su cui si fonda ogni vita religiosa e morale, e le stesse certezze della fede fondate sulla parola di Dio e il magistero autentico della chiesa;

basti pensare, inoltre, ai pericoli - tutt'altro che remoti in questo post-concilio -, da una parte, di introdurre l'opinione pubblica tout court nella chiesa scambiandola per genuino dialogo, ecclesiale, e poi di agirvi come gruppi di pressione, e magari di contestazione, in giochi di maggioranze del tutto estranei alla natura della chiesa;

e, dall'altra, al pericolo di ignorare sia il pluralismo delle società odierne, in cui i cristiani e la chiesa oggi si trovano ad operare, sia quello che è legittimo ed auspicabile che esista e si incrementi nell'ambito della stessa chiesa.

In quanto poi alla dinamica delle pubbliche opinioni e alla loro incidenza nel contesto dei valori civili e religiosi, è lo stesso Vat II a sollecitare tutti, fedeli compresi, ad una spiritualità e ad una condotta di partecipazione responsabile, e non soltanto di preghiera: « È necessario che tutti i membri della società assolvano anche in questo settore i propri doveri di giustizia e di carità; perciò si adoperino, anche con l'uso di questi strumenti, perché si formino e prevalgano opinioni pubbliche giuste e rette » ( IM 8 ).

Corollario dei precedenti si può considerare un altro rilevante fenomeno: l'acculturazione globale-informale espletata oggi dai mass media.

Infatti, esautorate, in pratica, le istituzioni già competenti nell'istruzione e nell'educazione dei figli dei cittadini e dei fedeli ( famiglia, scuola e chiesa ), e divenuti essi stessi focolare, cattedra e pulpito, oggi i mass media impartiscono di autorità l'insieme, si può dire, delle conoscenze dei valori e dei comportamenti, non solo a quanti una volta si consideravano nell'età dell'apprendimento, ma - "scuola permanente" per tutti - a recettori di ogni età e di ogni cultura.

Questa situazione nuova che, in sé, pone pressanti problemi alla pastorale della predicazione, ne pone molti anche di carattere morale-spirituale ai recettori, specialmente quando, come oggi è, i mass media siano quasi tutti in mano ad operatori insensibili a qualsiasi valore o interesse che non sia di lucro o ideologico ( non cristiano ).

Di qui, infatti, la loro tendenza ad occupare tutto il tempo, libero e non libero, delle masse nel divertimento-evasione infantilistico e di pseudo-cultura ( Kitsch, masscult e midcult di MacDonald ); di qui anche la loro esemplarità deteriore: divismo della bellezza, dello sport, del successo comunque ottenuto, e magari dello scandalo, a sostituzione dei modelli di ammirazione e di comportamento di una volta: gli onesti, i geni, gli eroi, i santi…; quando non anche l'escalation dell'irreligione e dell'immoralità, sino - come in troppa stampa e in troppo cinema d'oggi - a rivendicare il diritto di cittadinanza per i delitti e per i vizi più turpi, e titoli di gloria per i loro miserevoli campioni.

Le circostanze storiche nelle quali i mass media sono apparsi e si sono via via imposti spiegano, in parte, perché tra i moltissimi documenti del magistero romano ne manchi uno specifico sulla spiritualità richiesta e da formare in quanti li usano, affinché il loro influsso a lungo termine nella società si risolva in sviluppo integrale armonico dell'uomo come "persona" e come cittadino del regno di Dio; e spiegano perché, invece, anche in essi abbondano piuttosto le preoccupazioni e le indicazioni - oltre che pastorali - di carattere morale, rispetto ai loro possibili effetti immediati-personali.

Tuttavia, vari elementi da essi offerti, uniti a quelli acquisiti in serie indagini psicosociologiche sull'attuale situazione dei mass media, permettono di formulare le seguenti indicazioni di massima:

1) sulla spiritualità dei promotori, od operatori, dei mass media;

2) su quella dei loro recettori comuni;

3) su quella dei recettori appartenenti a stati consacrati.

II - Spiritualità dei promotori

Tra i molti, e comprensibili, richiami del magistero alle responsabilità specifiche dei promotori, od operatori, dei mass media sono da rilevare soprattutto due: uno conciliare ( IM 11 ) ed uno post-conciliare ( Communio et progressio [= CP] 73 ): « Speciali responsabilità morali circa il retto uso degli strumenti della comunicazione sociale ricadono sui giornalisti, gli scrittori, gli attori, i registi, gli editori e i produttori, i programmisti, i distributori, gli esercenti e venditori, i critici…, e quanti altri partecipano alla preparazione e trasmissione delle comunicazioni.

È evidente, infatti, quali e quanto grandi siano le loro responsabilità nell'evolversi della società odierna, avendo essi la possibilità di indirizzare al bene o al male l'umanità con le loro informazioni e pressioni » ( n. 2383: vedi bibl. ); « I promotori sono i dinamici animatori di quel dialogo che va infittendosi in seno dell'umanità; essi infatti presiedono agli scambi che si svolgono intorno all'immensa "tavola rotonda" che sono gli strumenti della comunicazione sociale.

Perciò essi più di ogni altro devono interessarsi alle finalità proprie della comunicazione sociale, che sono: promuovere con ogni mezzo il progresso umano e portare gli uomini ad una genuina vicendevole comunione » ( n. 3417 ).

Data la differente idoneità e specificità di comunicazione dei media, e data la diversità e complessità delle situazioni socio-culturali in cui, in tutto il mondo, i promotori si trovano ad usarli, nel magistero scarseggiano le indicazioni pratiche, quale, per es., quella rivolta dal Vat II ( IM 15 ) ai critici di « dare giudizi in cui l'aspetto morale abbia sempre il rilievo che ad esso conviene » ( n. 2397 ); mentre abbondano le indicazioni generali, quale, per es., quella rivolta dallo stesso Vat II a tutti i promotori ( IM 11 ) di « regolare i propri interessi economici, politici o artistici in modo di non andar mai contro il bene comune » ( n. 2384 ).

Di fatto, oggi, anche i promotori dei mass media, come molti altri professionisti specialisti, si trovano ogni giorno avanti a scelte morali non riducibili a casistiche tassative, ma connesse alla loro responsabilità personale spirituale-morale fatta di « coscienza e competenza » ( un binomio caro a Pio XI ).

Coscienza: significa costante consapevolezza delle responsabilità, - di cui sopra - e volontà fatta abito di agire sempre in piena adesione alle norme della legge morale oggettiva - per i credenti - cristiana: conosciuta e vissuta.

Esortava Pio XII i cineasti: « S'avvicinino alle fonti della grazia, assimilino la dottrina del vangelo, apprendano quanto la chiesa insegna sulla realtà della vita, sulla felicità e la virtù, sul dolore e il peccato, sui problemi sociali e sulle aspirazioni umane: vedranno, allora, aprirsi davanti a sé vie nuove e luminose e, quasi per istinto, si sentiranno sollecitati ad opere eccellenti » ( Miranda prorsus 103 ).

Di qui gli inviti del magistero a curare la propria formazione religiosa e morale ( IM 15: n. 2397 ), la disponibilità della chiesa ad « avvicinare i promotori di qualsiasi opinione religiosa e a dialogare con essi […] per aiutarli a risolvere i propri problemi professionali e per poter giovare il più possibile agli uomini », e l'affermazione del « diritto dei promotori cattolici a ricevere da essa un'assistenza spirituale consona all'importanza e alle difficoltà della loro professione » ( CP 104s: nn. 3448s ).

Competenza: significa padronanza del mezzo tecnico, dominio delle circostanze esterne - economiche, politiche, culturali - nelle quali esso di fatto operi, e soprattutto conoscenza delle caratteristiche della comunicazione umana in genere, e di quella "sociale" in particolare, ed, in essa, degli effetti probabili che, a breve e a lungo termine, le comunicazioni attuate con un dato strumento previsibilmente causeranno nei recettori.

Sono tutti fattori dai quali dipende, di fatto, la bontà o meno dell'influsso culturale-morale dei mass media, dai quali perciò non può prescindere la spiritualità e la coscienza dei promotori: onde, per essi, il dovere di una preparazione professionale teorico-pratica, seria e continuamente aggiornata.

Nota in proposito la CP ( CP 15, CP 71-72: nn. 3359, 3415s ): « Per collocare nel loro giusto posto, nella storia della creazione e della incarnazione redentrice, gli strumenti della comunicazione sociale e il loro uso, e per giudicare della loro portata morale, occorre considerare l'uomo nella sua totalità e presupporre un'intera conoscenza delle caratteristiche della comunicazione sociale e dei suoi strumenti.

Perciò tutti i promotori […] devono in coscienza procurarsene la necessaria competenza […].

Questa necessità e dovere morale concerne tutti gli aspetti che in qualche maniera concorrano a potenziare o ad avvilire i valori umani degli individui e dei gruppi ».

« Non mancano addetti agli strumenti della comunicazione sociale che vi lavorano correntemente senza un'adeguata preparazione teorica; quando, invece, perché il loro lavoro risulti veramente eccellente occorre una congrua formazione […] ».

« Tuttavia, la competenza professionale non basta: i promotori abbisognano anche di una formazione umana […].

Tanto maggiori saranno le soddisfazioni dei promotori nell'espletamento delle loro mansioni, e tanto maggiori saranno i vantaggi e i loro frutti nel prossimo, quanto più essi saranno persuasi che, al di là dei loro apparati di voci e di suoni, vivono e respirano vere persone umane.

Perciò, quanto maggiore sarà il loro impegno nell'informarsi sui componenti il loro pubblico e nel conoscerne i livelli culturali e morali, tanto meglio essi sapranno commisurare le loro comunicazioni alle esigenze dei recettori; e così contribuiranno a che gli strumenti rafforzino la superiore comprensione e l'intima comunione tra gli uomini ».

Tutto ciò vale specialmente per i promotori cattolici, « compito proprio dei quali è animare umanamente e cristianamente » i mass media non specificamente "cattolici" col rendervi « sollecita testimonianza a Cristo, innanzi tutto assolvendovi i propri compiti con competenza e spirito apostolico »; chiamati, inoltre, a « collaborare direttamente, secondo le proprie possibilità, all'azione pastorale [ nei e con i mass media ], con prestazioni tecniche, economiche, culturali ed artistiche » ( IM 3, IM 13: nn. 2365, 2389 ).

Oltre che dalla loro coscienza, proprio dalla loro competenza professionale dipenderà, infatti, se i programmi da loro curati si distingueranno o meno « per qualità tecniche ed efficacia », e se i programmi religiosi raggiungeranno o no « l'eccellente qualità oggi normalmente raggiunta in quelli profani » ( CP 128: n. 3472 ).

III - Spiritualità dei recettori

La spiritualità di troppi cristiani rispetto all'uso dei mass media risente, ancora oggi, di una visione religioso-morale della vita umana esclusivamente attenta ai peccati da evitare, e quasi soltanto rispetto ai comandamenti sesto e nono del decalogo, con qualche residua attenzione allo scandalo ed ai pericoli della fede.

Situazione lacunosa, che si spiega, in parte, col modo nel quale il discorso sui mass media sino ad oggi è stato proposto, tanto nei trattati e manuali di morale quanto nei catechismi, nonché col peso eccessivo avuto dall'Indice rispetto alla lettura dei libri e dei giornali, e dalle qualifiche cinematografiche - erroneamente intese come norme precettive e non, quali volevano essere, come norme prudenziali - rispetto alla visione dei film.

Situazione, comunque, oggi in forte ritardo rispetto al magistero romano, il quale, se agli inizi - indotto dal clima irreligioso ed anticlericale, ed anche licenzioso, in cui i mass media si sono sviluppati - ha piuttosto insistito sui pericoli religioso-morali da evitare, da decenni si è andato sempre più aprendo ad una visione dei mass media attenta a tutti i valori dell'uomo integrale, persona individua e membro della città civile e del popolo di Dio.

Occorre aggiornare questa spiritualità ai "segni dei tempi".

Aprirla, dunque, con un'adeguata istruzione-educazione, prima di tutto alla realtà oggettiva dei mass media e alla loro dinamica globale, che "forma" il mondo di oggi; senza, tuttavia, accodarsi ne agli "apocalittici", che, soltanto allarmati per i loro danni o pericoli, invocano un impossibile ritorno al passato, ne agli "integrati", che ignorano o minimizzano i danni e pericoli di un loro uso disordinato; bensì, insieme con la chiesa, stimandoli "doni di Dio", « prezioso ausilio per il genere umano, in quanto, se usati rettamente, contribuiscono efficacemente a sollevare gli animi, ad educare le menti e ad estendere e consolidare il regno di Dio »: pur non ignorando che « gli uomini possono usarli contro il piano del Creatore, e così volgerli a proprio danno e rovina » ( IM 2: n. 2363 ).

Occorre quindi che i recettori prendano atto dei fenomeni socio-culturali, sopra ricordati, indotti nel mondo d'oggi dai mass media, per rendersi consapevoli delle proprie responsabilità, tanto rispetto all'esercizio dei propri diritti, quanto rispetto all'espletamento dei propri doveri sociali.

All'odierna informazione istantanea ed ubiquitaria risponde il dovere di informarsi in modo adeguato su quanto occorre per assolvere responsabilmente i propri impegni professionali, politici, civili ed ecclesiali;

quello di dare un peso maggiore alle crescenti risonanze sociali dei propri atti e delle proprie omissioni;

quello, infine, di aggiornare l'attività pedagogico-morale rispetto ai figli, ed ai minori in genere, puntando non tanto sulla strategia delle difese esterne delle virtù, quali la disciplina del silenzio su argomenti tabù, l'isolamento fisico dal male, ecc.;

oltretutto possibile nelle passate società omogenee-cristiane, ma impossibile in quella pluralista di oggi, e nell'odierna esposizione, precoce ed incontrollabile, dei giovani a tutte le realtà umane, anche le meno edificanti, squadernate soprattutto dai mass media;

bensì piuttosto puntando alla costruzione inferiore di forti personalità, consapevoli del bene e del male, in possesso di difese interne ( antigeni ed anticorpi ) e di virtù conquistate.

L'odierna invadenza della propaganda e della pubblicità esige dai recettori dei mass media un'intelligenza addestrata a rilevare gli espedienti psico-sociologici escogitati e posti in opera dai mille persuasori più o meno occulti, e la ferma volontà di comportarsi, nelle proprie scelte, non come canne mosse da ogni vento, sì da alienarsi in masse eterodirette dal profeta del momento, o in cavie di una unidimensionale civiltà dei consumi; ma per conservarsi ed agire come "persone" ( e come cristiani ), ragionando con la propria testa ( e con la propria fede ), memori del paolino « esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono » ( 1 Ts 5,21 ), e del regno dei cieli annunciato da Cristo per i suoi poveri di spirito ( Mt 5,3 ).

Il dominio oggi detenuto dalle pubbliche opinioni nelle odierne società pluralistico-democratiche e, di rimbalzo, nelle stesse comunità ecclesiali, richiede da tutti una presenza continua nella loro dinamica.

Non è ammissibile una spiritualità ed una condotta passiva, che, per timore di "sporcarsi le mani nella politica" o per amore di quieto vivere, porti cittadini e cristiani a guardare dalla finestra, tacendo o brontolando, gli eventi del mondo e della chiesa.

Resi tutti, dai mass media, responsabili della cosa pubblica, e fatto "nostro prossimo" il mondo intero, occorre far sentire la propria voce perché altre non prevalgano; e che le voci si facciano dialogo, e non contestazione; e che, ancora una volta, si alimentino alla ragione e alla fede, piuttosto che a clamori, a slogan e ad altri mezzi correnti di pressione sociale che sono privi di ogni garanzia per scelte oggettivamente convenienti al bene comune, tanto meno per l'armonico incremento dei carismi, comuni ma funzionalmente distinti, all'unico popolo di Dio.

Finalmente, l'acculturazione globale-informale oggi attuata dai mass media, oltre ai problemi pedagogici sopra accennati, pone ai recettori quello dell'uso del tempo: da non defraudare ai doveri del proprio stato, da non consumare in passatempi culturalmente ed esteticamente poveri o nulli, che smussano il gusto, depauperano l'intelligenza e l'anima; ma da adoperare anche in nutrimento culturale, in pause di silenzio interiore ( santificazione delle feste! ) e, «finché ne abbiamo, per operare il bene verso tutti » ( Gal 6,10 ).

Nota la CP ( CP 53: n. 3397 ) : « Questi strumenti costituiscono un fattore nuovo nella cultura del nostro tempo […].

Ma, come possono arricchirla così possono degradarne la qualità e dignità, perché spesso si adattano ai livelli di attenzione e di intelligenza dei recettori più sprovveduti; inoltre perché l'uomo che si dedichi troppo a questi strumenti, tutto occupato nell'uso delle sue facoltà inferiori, difficilmente può evitare di trascurare l'uso di quelle superiori; infine perché la frequenza continua di programmi leggeri e futili difficilmente può evitare lo scadimento del gusto e lo smussamento del senso critico in recettori anche di cultura superiore ».

In pratica, la spiritualità dei recettori dovrebbe tener presente, e risolvere secondo coscienza, tre problemi: quello delle scelte responsabili.

Intanto circa la quantità dei programmi rispetto alle prestazioni dei mass media: concedendosi quelli di divertimento nella misura in cui si stimino necessari o utili ad equilibrare il logorio degli impegni quotidiani; ma privilegiando quelli d'informazione, e non trascurando quelli di formazione-educazione permanente, anche religiosi.

E soprattutto circa la loro qualità estetico-culturale e morale:

tenendo conto, quando se ne disponga, delle norme orientative curate dalle istituzioni ecclesiali competenti;

quello della propria formazione specifica ai mass media, indispensabile per poter "leggere" e comprendere criticamente i programmi degli stessi;

seguendo, se possibile, corsi di iniziazione e di addestramento pratico, - e poi leggendo critiche serie, attente non solo agli aspetti tecnico-estetici ( o politici ) dei programmi, ma anche a quelli culturali-sociali ed etico-religiosi;

e quello dei compensi: per risarcire o ovviare ai pericoli connessi, non tanto all'abuso dei mass media - che, come s'è detto, va in ogni caso evitato -, quanto al loro uso corrente.

Pericoli tendenziali culturali a lungo termine, legati al loro modo di comunicare; e pericoli religioso-morali anche a breve termine, legati soprattutto ai loro contenuti.

A prevenire l'infantilismo intellettuale, l'alienazione sociale e la massificazione serviranno lo studio serio, o almeno le buone letture; al rifiuto d'una visione del mondo non religiosa e non cristiana servirà la preghiera personale e la, sempre necessaria, mortificazione.

IV - Mass media e stati consacrati

Sino, si può dire, a questo post-concilio la disciplina della chiesa circa l'uso dei mezzi e degli strumenti di comunicazione da parte del clero e dei religiosi si è ispirata a queste quattro costanti:

1) che tutta la loro propria professione di consacrati li impegna ad una speciale testimonianza nella pratica integrale della vita cristiana, privata e pubblica;

2) che tale loro impegno si perfezionasse nella massima possibile segregazione dal "mondo" e da tutto ciò che ne fosse tipica espressione;

3) che i mass media - detti, sì, "doni di Dio" - in realtà fossero, appunto, soltanto "quel mondo": occasioni di peccato, o contro la morale ( gli spettacoli ) o contro la fede ( i giornali e i periodici );

4) infine che i mezzi più efficaci per tenerne lontani clero e religiosi fossero i divieti disciplinari graviter onerata conscientia e, per i trasgressori, gravi sanzioni canoniche.

Ma nel tutto diverso mondo odierno, soltanto la prima costante è rimasta integralmente immutata.

Non permane, invece, l'identificazione tra vita di perfezione consacrata e segregazione fisica dal "mondo" e dai mass media, dato che questi risuonano ormai, non solo nei seminari e nelle canoniche, nei conventi e nei monasteri, ma anche nei deserti degli antichi anacoreti; ne, del resto, anche se fosse possibile conservarla - tranne situazioni e vocazioni straordinarie -, oggi essa sarebbe consigliabile: data l'odierna apertura ai valori personali e umano-culturali, anche per i consacrati, posti in luce dalla conciliare e post-conciliare teologia delle realtà temporali; data la partecipazione che, in qualche misura, anche clero e religiosi sono tenuti a dare alla vita democratica del proprio Paese, e specialmente alle « gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi, soprattutto dei poveri e di tutti coloro che soffrono » ( GS 1 ), non foss'altro che per allargare ad essi, nella preghiera e nel sacrificio, gli spazi della loro carità; e data, infine, la partecipazione, in certa misura necessaria, ai fatti e alla vita della chiesa intera che, oggi più che mai, è e vive "nel mondo".

Onde, per i consacrati - pur restando indispensabili molte e radicali "rotture" dal mondo -, l'attualità, anche rispetto ai mass media, della preghiera di Gesù al Padre per i suoi: « Non ti prego di toglierli dal mondo: restino nel mondo, senza essere del mondo » ( Gv 17,9s ).

Certamente la terza costante - la presunzione di pericolo - come per tutti i recettori, soprattutto se impreparati, permane anche per il clero e i religiosi.

Tuttavia, oggi più che in passato si comprende che l'uso dei mass media da parte di essi non deve essere condizionato esclusivamente o prevalentemente da questa presunzione, ma deve tener conto anche di profitti umani e spirituali che se ne possono e se ne devono attendere.

Ciò vale non solo per la stampa e la radio, ma anche per i medio-spettacolo ( cinema e televisione ), pure questi concorrendo ad assolvere le oggi necessarie funzioni sociali dell'informazione, della formazione e del dialogo opinionale.

Del resto, « spettacolo » non vuoi dire necessariamente « evasione volgare », potendo esso proporre problematiche sociali, ed anche sublimarsi in forme artistiche, o almeno non trasmodare oltre quelle di un decoroso divertimento.

Quasi del tutto svigorita è, invece, l'ultima costante: l'efficacia dei divieti e delle sanzioni disciplinari.

Intanto a causa dell'impossibilità pratica di fissare norme tassative per tutti rispettando le esigenze culturali, spirituali e pastorali dei singoli individui nell'ambito dei relativi stati ed istituti; inoltre a causa dello sviluppo tecnologico che, mentre mette a portata di tutti l'uso di tutti i mass media, ne rende praticamente impossibile, e in ogni caso odioso, ogni minuto controllo da parte dell'autorità; infine e soprattutto a causa dello sviluppato senso di personalità anche nel clero e nei religiosi, che alle prescrizioni tassative preferiscono norme generali, orientative delle proprie scelte, volta per volta personali-responsabili.

Su queste premesse, la spiritualità di quanti appartengono agli stati consacrati dovrebbe tener presenti e risolvere con modalità proprie gli stessi tre problemi che si propongono a tutti indistintamente i recettori; vale a dire: quello delle scelte responsabili.

Considerando, rispetto alla quantità dei mass media, il valore eminente del tempo di persone tutte consacrate a Dio e alle anime; la necessità di salvare spazi e distensione occorrenti per le pratiche spirituali, nelle quali si esplica e si alimenta lo stato di consacrazione; specialmente per i religiosi: la convenienza di tutelare un minimo di vita e di orari comuni, con zone di silenzio favorevoli al raccoglimento.

E rispetto alla qualità dei programmi - ferma restando la norma « Non tutto a tutti, ma a ciascuno secondo la propria vocazione, le proprie mansioni e la propria maturazione culturale e spirituale » -, ricordando, rispetto all'informazione e alla formazione, che oggi più che mai "ignoranza" non vuoi dire necessariamente "virtù", soprattutto quando ostacoli i propri doveri di carità e di giustizia; che la mortificazione - ascesi quotidiana di ogni vita consacrata - può essere meritoriamente praticata anche seguendo programmi "non divertenti", ma che aprono le menti, dirozzano il gusto ed arricchiscono lo spirito; infine, rispetto al ( moderato ) divertimento e, perché no?, al riso sano e pulito, ricordando che esso, più che certo ascetismo arcigno, può benissimo giovare al corpo e allo spirito.

A ragione il Vat II ( PO 8 ) consiglia ai sacerdoti « di riunirsi volentieri per trascorrere insieme in allegria qualche tempo di distensione e di riposo », e l'Ecclesiae sanctae ( 26: n. 2797 ) prescrive che nell'orario giornaliero i religiosi, « oltre al tempo consacrato alle cose spirituali e al lavoro, dispongano anche di un certo tempo libero, nonché di una certa possibilità di sollievo »; quello della formazione di base ai mass media comune a tutti i recettori, che per i chierici e i religiosi applicati o destinati ad attività di apostolato si allarga alla formazione specificamente pastorale, se non anche specialistica.

Nota la CP ( CP 111: n. 3455 ) : « Perché non restino estranei alle realtà della vita e perché arrivino preparati ai loro compiti di apostolato, i futuri sacerdoti, i religiosi e le religiose, nei seminari e nelle case di formazione, vengano istruiti a comprendere come questi strumenti influiscono nella società umana, ed anche a saperli usare; e questo apprendimento sia considerato parte integrante della loro formazione […].

Inoltre i sacerdoti, i religiosi e le religiose devono conoscere l'intima dinamica delle opinioni per adattarsi alle caratteristiche del tempo odierno […].

A quelli, poi, tra essi che mostrassero speciali inclinazioni all'uso di questi strumenti di comunicazione, e ne avessero le doti, si dia una formazione specializzata»; infine quello dei compensi.

Fermo restando quanto si è già notato a proposito dei recettori comuni, questo problema riguarda in modo particolare le persone consacrate, se non vogliono vedere via via estinguersi in loro quei valori soprannaturali che le hanno spinte a darsi tutte a Dio e alle anime, in proporzione alla prolungata loro esposizione ai mass media; dato che questi, se non propongono valori e modelli anticristiani, quasi sempre ignorano quelli cristiani, con ciò stesso declassandoli a non valori.

Notava Pio XII: «Molti film - [ e ciò vale per tutti i media ] - presentano la vita sotto forma edonistica, trascurando i valori morali e religiosi »; « Generalmente, anche in quelli indicati come moralmente ineccepibili, gli uomini vivono e muoiono come se non vi fosse Dio, ne la redenzione, ne la chiesa »; « Dio non è il protagonista della storia».

A compensare questi vuoti dovrebbero valere larghe oasi di silenzio, esteriore ed interiore, e di meditazione, ed un'intensa vita spirituale vissuta quotidianamente nella fede e nella preghiera, nella carità e nella mortificazione.

V - L'esperienza e il messaggio di d. Giacomo Alberione1

La riflessione di d. Alberione sul tema dei mass media, più che all'istanza di un'elaborazione organica, risponde alla necessità di stabilire principi e comportamenti nel campo della pastorale odierna in un mondo connotato dalla tecnologia e dall'elettronica applicate alla comunicazione, in una civiltà, insomma, che potremmo definire "tecnotronica".

In tale contesto, i mass media introducono anche nella predicazione, nella catechesi, nella pastorale generale un tipo e un tono di espressività che non hanno precedenti, anche se essi operano più sul piano della quantità e dell'estensione che non su quello della mutazione qualitativa [ sopra, I ]

Il pensiero di d. Alberione in proposito, inevitabilmente frammentario e legato ad esigenze concrete, si trova sparso in articoli, opuscoli, lettere e in qualche trattatello organico.

In compenso è di tale incisività e immediatezza che non abbisogna di interpretazioni.

Noi attingeremo da una raccolta antologica di scritti alberioniani: CISP2 e da un nostro saggio sull'argomento: TP,3 nel tentativo di offrire un compendio di idee e di testimonianze sufficienti a motivare, se non a fondare, una compiuta spiritualità del moderno operatore evangelico impegnato nel mondo dei mass media.

1. L'apostolato dell' "Edizione"

« Per apostolato dell'edizione… s'intende una vera missione che propriamente si può definire: predicazione della divina parola per mezzo dell'edizione… ossia annuncio, evangelizzazione della verità che salva.

Predicazione da fare in ogni tempo e in ogni luogo…

Come la predicazione orale, quella scritta o impressa divulga la parola di Dio: moltiplicandola per farla giungere precisa ovunque, anche là dove non può arrivare la parola.

Ciò sull'esempio di Dio stesso, che ci diede la sua parola divina nei 72 libri della s. scrittura, e sull'esempio della chiesa, che in ogni tempo unì alla predicazione orale quella impressa » ( TP 63-64 ).

« L'apostolato stampa è un mezzo per salvare le anime…

Vi può essere l'aiuto con la parola viva, col catechismo, colle missioni o con la stampa, il foglio, il libro, l'immagine, la figura stampata sulla carta, sulla latta, sulla pergamena; ogni tempo ha i suoi modi.

Ma la viva voce vola, e la stampa è fissa.

La viva voce arriva ai presenti, la stampa arriva ai lontani, agli uomini di tutti i tempi; l'una è transitoria, l'altra fissa » ( TP 64 ).

Libro e giornale sono predicazione a domicilio: « Il libro è la parola di Dio che entra una volta in famiglia, il periodico invece arriva ogni settimana, ogni mese…

Il periodico è più utile del libro, perché arriva tutto l'anno, periodicamente, cioè settimanalmente o mensilmente, e porterà quindi ripetutamente, tante volte nell'anno, la parola di Dio in casa.

Poi il periodico, essendo cosa più aggiornata, più interessante, è più facilmente letto » ( TP 158 ).

Nella crisi della secolarizzazione, la predicazione "tecnotronica" è l'unica capace di realizzare il comando di Cristo: Andando nel mondo intero; annunciate il vangelo ad ogni creatura.

« Il prete predica a un piccolo, sparuto gregge, con chiese quasi vuote in molte regioni…

Ci hanno lasciato i templi, quando ce li lasciano! e si prendono le anime… » ( CISP 807 ).

« Per questo noi adoperiamo la pellicola e la stampa come servizio di Dio e come mezzo di predicazione, per avviare gli uomini verso le cose belle e le cose buone che conducono alla vita eterna » ( TP 48-49 ).

« Opporre il bene al male, i mezzi del mondo, ma sani.

Le geremiadi sui tempi passati non servono, dobbiamo salvare, noi uomini di ieri, gli uomini che vivono oggi e lavorare nel mondo di oggi » ( TP 47 ).

In questo mondo la stessa incarnazione del Cristo assume aspetti originali: « Mons. Montini, nuovo arcivescovo di Milano, diceva predicando agli scrittori: "Voi prendete la parola di Dio e la rivestite d'inchiostro, di caratteri, di carta, e la mandate nel mondo così vestita.

È la parola di Dio vestita così, il Signore incartato.

Date agli uomini Dio incartato, come Maria ha dato agli uomini Dio incarnato.

Incartato e incarnato si corrispondono".

Quindi, opus fac Mariae; fa' l'opera di Maria! » ( TP 39-40 ).

2. Spiritualità del predicatore moderno

In una lettera del 15/12/1934 d. Alberione presentava così il ritratto spirituale del direttore di un periodico: « È un'anima, un cuore sacerdotale che risolutamente camminano verso il ciclo e indicano la via, e innovano e trascinano appresso una turba di anime.

Una mente ben illuminata come una lucerna posta in alto…; un cuore pieno di grazia che tutti penetra e fermenta i cuori, come il lievito evangelico…; una vita tutta di Dio, ardente, che realizza l'augurio-comando del Maestro, e risplende innanzi agli uomini che vedono le opere buone e ne glorificano il Padre celeste…

Copiare Gesù Cristo, la chiesa, i santi; ma prima digerire, far nostro pensiero, nostra condotta, nostra vita…

O sacerdoti scrittori, scriviamo dopo la s. messa, e facciamoci canali per cui il sangue di Gesù passi dal suo cuore, riempia il nostro, e per troppo pieno versi nei lettori…

O scrittore sacerdote, il frutto dipende più dalle tue ginocchia che dalla tua penna!

Più dalla tua messa che dalla tecnica!

Più dal tuo esame di coscienza che dalla tua scienza…

Lo scrittore laico farà riflessi di luce, tu devi anche segnare la via, comunicare la vita… » ( CISP 19-20 ).

L'impostazione professionale e spirituale poggia sulle virtù teologali: « Il redattore [ giornalista, cineasta, operatore radiotelevisivo ] dev'essere pieno di fede soprattutto e, nello stesso tempo, dev'essere persona istruita; dev'essere pieno di speranza, che mira al cielo, sia nel proprio lavoro fatto per Dio, per la sua gloria e sia rispetto al lettore che vuole portare al paradiso; dev'essere persona piena di carità e cioè che realmente ami il Signore e realmente ami le anime.

Le tre virtù teologali quindi profonde nell'anima dello scrittore.

Si ispiri alle disposizioni e al modo con cui s. Paolo dettava le sue lettere.

Il redattore deve farsi uomo tra gli uomini.

Perciò, come Gesù, deve prima rivolgersi alle masse, alla grande quantità delle anime, alle moltitudini che compongono in prevalenza la società, poi a tutti » ( TP 70 ).

Il sacerdote pubblicista è indicato in una predica come un produttore pubblicitario delle realtà eterne: « È colui che fa réclame continua del paradiso, perché tutti se ne innamorino e vogliano andarvi, con ogni sforzo, e insieme ne insegna la strada e ne offre i mezzi » ( TP 67 ).

La preghiera deve cementare l'intero organico dell'emittenza; « La preghiera d'offerta recitata all'inizio, il senso dell'unione tra lo scrittore e il tecnico ed il propagandista, il continuo richiamo col rosario e le giaculatorie… imprimeranno nell'animo [ l'idea ] che non solo si tratta di vero apostolato, ma dell'apostolato con i mezzi più moderni e celeri, l'apostolato più fecondo di meriti per noi.

Occorre anzi che sia sentita questa spiritualità per altra ragione: esso [ apostolato pubblicistico ] spesso manca di quelle consolazioni e rispondenza vicina delle anime, che sogliono accompagnare gli altri ministeri » ( CISP 1090 ).

3. Il nuovo "Cantico delle creature"

Nelle opere del progresso tecnologico poste al servizio del vangelo, d. Alberione vede un nuovo inno della creazione a Dio.

Così si esprimeva in un articolo dell'aprile 1936: « Mai le creature sono state tanto mobilitate e nobilitate nel corso dei secoli; esse concorsero a formare Gesù Cristo nelle anime come l'acqua del battesimo.

Veramente tutto è redento in Cristo; veramente dove abbondò il delitto per la ribellione delle creature, sovrabbondò la grazia per l'obbedienza di Gesù Cristo.

La radio e il telefono per la raccolta delle verità; la linotype, la monotype, le incisioni per la composizione; la rotativa, la calcografia ed eliotipia per l'impressione; la confezione meccanica e l'organizzazione postale ed aerea per la diffusione, sono esempi che spiegano che la carità dell'apostolo tutte le creature chiama a predicare Dio, come la fede piena d'amore dell'anima orante invita le creature stesse, tutte, a riverire e lodare il Creatore: "Benedite voi tutte opere del Signore il Signore" » ( TP 85 ).

Nel 1954 ribadiva: « I mezzi tecnici, le macchine, i caratteri, tutto l'apparato cinematografico e tutto l'apparato radiofonico, ecc. sono oggetti sacri per il fine cui servono.

Perché la macchina diviene pulpito, il locale della compositoria, delle macchine e della propaganda, divengono chiesa in cui bisogna stare con maggior rispetto di quando si sta a scuola…

L'ufficio dello scrittore, il locale della tecnica, la libreria, divengono chiesa e pulpito.

Chi vi opera assurge alla dignità di apostolo.

Chi "con mani innocenti e cuore puro" vi lavora, comunica al mezzo un potere soprannaturale che contribuisce alla illuminazione ed azione intima per l'amato divino che l'accompagna » ( TP 45 ).

4. Pericoli e difficoltà

Nel discorso pronunciato al I Congresso internazionale degli stati di perfezione ( 1950 ) d. Alberione affermava: « L'apostolato è il fiore di una vera carità verso Dio e verso le anime; è frutto di vita intensa, interiore…

V'è un apostolato ordinario e un apostolato straordinario…

Vi sia la persuasione che in questi apostolati [ stampa, cinema, radio, ecc. ] si richiede maggior spirito di sacrificio e pietà più profonda.

Tentativi a vuoto, sacrifici di sonno e di orari, denaro che mai basta, incomprensione di tanti, pericoli spirituali di ogni genere, perspicacia nella scelta dei mezzi…

Salvare, ma prima salvarci!

Occorrono dei santi che ci precedano su queste vie non ancora battute ed in parte neppure indicate.

Non è affare di dilettanti, ma di veri apostoli.

Cercare perciò i lumi presso il tabernacolo; e le grazie di perseveranza per una universale mediazione di Maria assunta in cielo » ( CISP 800, 807 ).

L'impegno lavorativo diventa un impegno redentivo: « Con la macchina, l'antenna, le pellicole [ dobbiamo ] far conoscere Gesù Cristo…

Nessuno crederà di sporcarsi le mani quando si unge d'olio o si tinge d'inchiostro.

Le mani si sporcano coi peccati.

Ma le mani unte di olio o tinte d'inchiostro sono mani santificate: s. Giuseppe in paradiso mostra le sue mani callose che dicono la cooperazione sua all'apostolato di Gesù ».

La condizione dirimente è che tutto il "macchinario" redazionale e tecnologico non sia privo di corrente elettrica: « Quando nella nostra tipografia vi fossero tutte macchine perfette, ma mancasse l'energia elettrica, le macchine… non servirebbero a nulla.

Ma è un filo tanto piccolo che quasi non si vede!

Ebbene, provati a farne senza, se puoi.

L'energia spirituale è la grazia, che si ottiene mediante i sacramenti » ( TP 203-204 ).

I rovesci, le incomprensioni, i rischi del nuovo apostolato sono da mettere nelle previsioni molto di più che nella predicazione orale: « Non creda l'apostolo di finire la sua vita tra gli applausi.

"Ecco, io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi"…

Solo per Gesù Cristo deve operare l'apostolo chiamato a diffondere la divina parola.

Santità e apostolato! » ( TP 202 ).

Mentre la pastorale tradizionale vede e tocca risultati e consolazioni, quella fatta a distanza, attraverso la stampa o l'etere, non conosce questa verifica: « Il premio ci sarà dato lassù.

Voi in vita non vedrete il bene che si fa giorno per giorno, settimana per settimana.

Non potrete sapere a quale anima avrete portato un po' di luce, quale avete tirato indietro dal peccato, impedendo che andasse a divertimenti nocivi.

Il nostro apostolato è così.

Un sacerdote che predica e poi va in confessionale sente il frutto della sua predica…

Noi non abbiamo questa soddisfazione.

La soddisfazione sarà il giorno del giudizio quando si vedrà l'aiuto che le nostre rappresentazioni hanno dato alle anime, quando si conoscerà la reazione che le anime avranno fatto di fronte alle nostre trasmissioni positive.

Sacrificio quotidiano, di conseguenza, e per che cosa?

In spirito di riparazione dei nostri peccati, in prova di amore verso Dio, e per acquistarci dei meriti per la vita eterna » ( TP 129 ).

Nella chiesa sussiste la tentazione eterna di considerare obbedienza la pigrizia e autenticità evangelica l'immobilismo di pensiero e di testimonianza.

L'accoglimento delle maniere più aggiornate di predicazione provoca una resistenza a volte passiva e a volte vivacemente ostacolante, che causa all'apostolato danni d'incalcolabile gravita.

Qua e là d. Alberione affronta in termini insospettatamente chiari questa realtà.

In una predica pronunciata il 2 novembre 1956 disse fra l'altro: « Le nuove difficoltà che ostacolano ora più che mai il nostro apostolato del cinema, non sono per arenarlo, ma per avviarlo verso nuove conquiste.

Non bisogna smarrirsi, ma pregare e puntare verso la nostra indipendenza di attività nella chiesa, cercando di passare illesi tra goccia e goccia, senza bagnarsi e senza mescolarsi.

Non so quando ne come, ma noi dobbiamo avere, e avremo sicuramente, la nostra libertà di azione nella chiesa, perché lo esige la nostra missione » ( TP 161 ).

5. La dimensione missionaria

Non s'intende il termine missionario in senso geografico o inter-confessionale; lo si riferisce alla stratificazione sociale in cui si costata l'esistenza di "estranei" o di oppositori al cristianesimo anche nelle zone di antica cristianità, com'è il caso del mondo degli intellettuali increduli o dell'ateismo militante.

La presenza cristiana nel mondo degli intellettuali è stata postulata costantemente, anche se bisogna dire che, mentre nell'ambito librario essa è spesso risultata moderatamente soddisfacente, in quello del giornalismo e dello spettacolo non ha ancora realizzato imprese molto incisive.

D. Alberione postula in questi casi i minimi teologici e morali: tutto lo scibile alla fin fine è teologia, perché tutto ha per autore lo stesso Dio: « Dio, creando il mondo, è diventato l'autore di ogni scienza.

Il sapere non è che studiare Dio.

Ogni scienza nuova è un capitolo che ci spiega l'opera di Dio.

Dio poi insegnò per mezzo della sua parola, per mezzo dei suoi profeti, e ultimamente parlò per mezzo del suo Figlio Gesù Cristo » ( TP 135 ).

Riflettendo sulla situazione del Giappone, annotava: « La massa più scristianizzata oggi è la cosiddetta massa colta…

La profonda crisi della cultura odierna sta in questo: gli uomini sono spinti verso conquiste sempre più vaste nel mondo delle cose sensibili…

Una ricerca disperata di un fine impreciso, mai raggiunto…

Uniti gli uomini in Dio Padre sulla terra: per essere uniti in Cielo, nel possesso eterno e felice nel Sommo bene, eterna felicità.

Vi è obbligo di cooperare a questa unità con la diffusione della dottrina, della morale, del culto cattolico » ( CISP 856 ).

In ordine all'ingresso culturale e spirituale nelle nazioni scristianizzate o pagane, egli esorta: « Formare una mentalità letteraria, scientifica, filosofica… per arrivare alla teologia, alla fede, alla morale e culto cristiano.

Perciò: "Tutto quello che è vero, tutto quello che è puro…"

…Il sacerdote apostolo è un predicatore, che ha l'anima piena di Gesù Cristo via verità e vita…

Inoltre egli è un condottiero di masse, è il padre delle anime, alter Christus; si rivolge alle popolazioni, là dove è maggior numero di anime… » ( CISP 797-798 ).

Dal complesso dell'opera alberioniana si evince un'impostazione della testimonianza salvifica nel mondo che non è più unidirezionale, ma che può partire da qualsiasi punto in cui abbia luogo un'emittenza promozionale: dai minima mordila, dal semplice allontanamento dal peccato, fino all'edificazione cristiana, alla elaborazione teologica più raffinata e alla manifestazione mistica.

D'altronde ogni fonte di messaggi mai come oggi è sollecitata all'umiltà dalla mozione di ritorno o feed back, che può partire anch'essa da qualsiasi distanza: geografica, ideologica, religiosa, mistica.

Come già s. Agostino aveva detto di Dio, nell'epoca dell'informazione globale la presenza evangelizzatrice e salvifica finisce per essere un circolo in cui il centro è dappertutto e la circonferenza è irraggiungibile.

Comunicazione
Giornalista
Propaganda
… e immagine Immagine V,2
… e televisione Giornalista I
Educazione ai … Tempo IV,2

1 Sacerdote piemontese (1884-1971) che fin dal secondo decennio del nostro secolo fondò, tra altre, due congregazioni religiose: la Pia Società s. Paolo (maschile, 1914) e la Pia Società Figlie di s. Paolo (1915), che si dedicano esclusivamente all'evangelizzazione attraverso i mass media
- Per un primo accostamento biografico, cf L. Rolfo, Don Alberione, Appunti per una biografia, Alba, Edizioni Paoline, 2 ed. riveduta 1974; S. Lamera, Don Giacomo Alberione, Roma, Edizioni Paoline 1977
2 G. Alberione, Carissimi in San Paolo (Lettere, articoli, opuscoli, scritti inediti… 1933-1969), a cura di R. F. Esposito ssp. Roma, Edizioni Paoline 1971
3 R. F. Esposito ssp, La Teologia della Pubblicistica secondo l'insegnamento di G. Alberione, Roma, Edizioni Paoline 1972