Consacrazione secolare valori comuni e valori specifici

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È possibile una sintesi?

Il cardinale Carlo Maria Martini in un rapido cenno agli Istituti secolari ha usato il termine « originalità », e così ha proseguito: « essi testimoniano in un modo particolarmente intenso l'amore del Padre e di Cristo per il mondo, congiungendo la consacrazione speciale con una presenza operosa che si colloca dentro e anima dal di dentro le realtà del mondo ».45

È vero: questo è l'Istituto secolare.

Il cardinale ha voluto sottolineare il significato, il valore, l'originalità di questa consacrazione ricca di valori specifici, comunque difficili da enucleare.

Si tratta, infatti, di laici la cui missione è di essere « laici » fino alle estreme conseguenze del battesimo: a tal punto « laici » da risultare - come ho detto ripetutamente - laici « qualunque », ma che hanno qualcosa - Dio e il suo amore! - da testimoniare al mondo, agli altri laici: da « dire » al mondo qualcosa di estremamente importante, e « dirlo » con la propria vita più che con le parole.

Ma esiste, tra tanti valori, qualche valore davvero specifico su cui potrebbe fermarsi l'attenzione del laico consacrato?

Se rileggiamo a fondo alcune pagine dei documenti conciliari, a proposito dei laici, come pure se cerchiamo di approfondire ciò che è stato recentemente proposto dalla Chiesa alla riflessione del clero e dei laici,46 dovremmo concludere che i valori dei laici consacrati non differiscono sostanzialmente dai valori di ogni laico impegnato non consacrato.

Se però riflettiamo insieme e se al termine « specifico » diamo un significato relativo, forse possiamo così concludere:

- È valore « specifico » l'impegno a leggere in preghiera i « segni dei tempi » e a leggerli proprio perché volutamente incarnati tra le realtà temporali, disposti a pagare in prima persona.

Senza rifiutarsi, senza sottrarsi, anzi facendosi incontro alle situazioni più ardue e difficili: « frugando » - mi si perdoni il termine - tra i segni dei tempi come un astronomo « fruga » nella volta scura del cielo.

Leggere i segni dei tempi significa viverli, significa cercare una soluzione rispondente alla dignità umana, alle umane aspirazioni.

Studiarli alla luce dell'uomo-Cristo-Gesù, osservarli con ottimismo, nella fiducia e nella speranza.

- E forse possiamo chiamare valore specifico il conseguente sforzo di inventiva per rispondere alle nuove esigenze, e quindi lo spirito di iniziativa che porta a non temere il rischio, senza farsi incontro ad esso imprudentemente, ma anche senza paura.

Perché Dio « è »! Ed è Padre. Ed è vicino. Sempre.

E ancora la creatività, che impedisce di cedere le armi dinanzi alle difficoltà, ma aiuta a scoprire, via via, il modo di farsi incontro al mondo per cambiarlo davvero « dal di dentro ».

Penso anche, quale valore « specifico », alla « simpatia critica » che apre al nuovo se questo « nuovo » è degno dell'uomo; e che dell'antico conserva ciò che è ancora un valore.

E all'empatia verso il mondo, le sue cose, le sue realtà, i suoi uomini: empatia che porta il laico consacrato a condividere per amore gioie e pene, ansie e difficoltà, facendo propria l'espressione, già a noi nota, del Concilio Vaticano II: « Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore ».47

- Neppure possiamo dimenticare l'amore al lavoro, la competenza e l'aggiornamento nella professione, la conoscenza delle leggi degli uomini, l'attenzione e la partecipazione alla vita politica, sociale, civile, a tutto ciò che è il loro mondo e che al consacrato consente il contatto con ognuno, da persona a persona.

La sua potrebbe essere la più vasta e moderna delle attività: benissimo! purché non si perda mai di vista l'« uomo ».

L'uomo che vive accanto a lui, al consacrato.

Nel comune ambiente. Nelle comuni situazioni e problemi.

In un rapporto di vera solidarietà: « Tale solidarietà deve essere sempre presente là dove lo richiedono la degradazione sociale del soggetto del lavoro, lo sfruttamento dei lavoratori e le crescenti fasce di miseria e addirittura di fame ».48

Ripeto: non perder mai di vista l'uomo, nelle comuni situazioni e sofferenze: ed anche speranze e gioie.

Saper condividere - e non per la sola povertà -.

Allora, da questa vera empatia verso gli uomini - nata dal profondo proprio perché ispirata e suggerita da Dio - verrà la ricerca della giustizia ad ogni costo, l'attenzione ai più deboli, la partecipazione a ogni anche più ardua realtà umana.

Verrà la rettitudine e l'umiltà anche nella carriera più invidiata e invidiabile, ma in cui ancora e sempre il consacrato cerca il disegno di Dio e il bene degli altri.

Verrà lo sforzo di « capacità dialogica » a cui anche altrove ho fatto cenno: capacità che potrà permettere a chi lo avvicina di cogliere nel laico consacrato il dono « profetico » che è in lui.

- Tutto questo reclamerà una personalità spiccata, coraggio nelle proprie idee senza coggiutaggine, fermezza di convinzioni che interpella Dio, radicalità nella vocazione, rifiuto di ogni compromesso, libertà interiore dall'esito del proprio operare, prontezza nel reagire agli imprevisti, immediatezza di riflessioni e decisioni conseguenti, senso della provvisorietà, duttilità nelle abitudini come negli orari e insieme fedeltà ed esattezza.

In altre parole, freschezza interiore: la freschezza di chi vive integralmente, respirando incessantemente Dio in sintonia con lui e con gli uomini.

E nella pace interiore di chi non si sente mai « a posto », anche se si protende continuamente verso il meglio che Dio gli chiede.

Senza perdere mai la fiducia in Dio e anche in se stesso, perché sa che Dio ha fiducia in lui e lo ama.

Senza che mai gli venga meno la speranza né l'amore per il mondo né la capacità di dialogo con gli uomini e col creato.

Poiché - come ho ripetuto - il dialogo è uno dei più grandi valori della secolarità consacrata!

Concludo questa sintesi con alcune espressioni che richiamano i laici consacrati « allo sforzo del dialogo, perché ogni ricerca della verità sia partecipata agli altri e completata dagli altri; ( … ) allo spirito di servizio in ogni circostanza; al senso della serenità e dell'ottimismo nelle varie prove che la vita di ogni giorno presenta; all'onestà di attenersi, una volta accettate, alle disposizioni emanate da chi ne porta le responsabilità nel proprio ambiente di lavoro ( senso della disciplina ); a non essere mai elementi di disordine e di capriccio, pur mantenendo originalità di intervento e di comportamento ».49

Una vocazione non facile. Un programma. Una chiamata.

Valori ardui: specifici, gli uni; da coltivare, tutti.

Ma Colui che chiama è Dio. Colui che sorregge è Dio.

Dio è Colui che « respira ininterrottamente » col laico consacrato.

Da Dio gli viene la fortezza e da lui la speranza.

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45 C.M. Martini, Farsi prossimo, .Piano pastorale 1985-86 Milano
46 V. nota 9
47 Gaudium et spes, 1
48 A. Quarracino, in Lavori della settimana speciale nel V anniversario di Puebla, in « L'Osservatore romano », 29 dicembre 1984
49 SCRIS, Riflessioni sugli Istituti secolari, in Gli Istituti secolari - Documenti, articolo 132, 22 aprile 1976