Il potere della croce

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« Presso la croce di Gesù stava Maria sua madre »

« Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre. Maria di Cleofa e Maria di Magdala.

Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco il tuo figlio!".

Poi disse al discepolo: "Ecco la tua madre!".

E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa » ( Gv 19,25-27 ).

Queste le parole che abbiamo ascoltato poco fa, durante il racconto della Passione.

A riferircele è quello stesso che le ascoltò e che era, insieme con Maria, sotto la croce: Giovanni.

Poche notizie ci giungono da una fonte altrettanto diretta e sicura come questa.

Su di esse vogliamo sostare alquanto in meditazione in questo Venerdì Santo.

Se Maria era « presso la croce di Gesù » sul Calvario, vuol dire che ella era a Gerusalemme in quei giorni, e, se era a Gerusalemme, vuol dire che ha visto tutto.

Ha assistito a tutta la passione del figlio, alle grida: Barabba, Barabba!, all'Ecce homo!

Ha visto il Figlio uscire fuori flagellato, coronato di spine, coperto di sputi; ha visto il suo corpo, denudato, sussultare, sulla croce, nel brivido della morte.

Ha visto i soldati dividersi le sue vesti e tirare a sorte quella tunica che ella stessa gli aveva forse tessuto con tanto amore.

Ha bevuto anche lei il calice amaro, l'ha sorbito fino alla feccia.

A lei convengono le parole pronunciate dall'antica figlia di Sion nella sua desolazione: « O voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c'è un dolore simile al mio dolore! » ( Lam 1,12 ).

Maria non era sola presso la croce; c'erano con lei altre donne, oltre Giovanni: una sua sorella, più Maria di Cleofa e Maria di Magdala.

Potrebbe sembrare che Maria è una delle tante donne presenti.

Ma ella è lì come « sua madre » e questo cambia tutto, collocandola in una posizione unica al mondo, diversa da tutti gli altri presenti.

Ho assistito, a volte, al funerale di alcuni giovani.

Penso in particolare a quello di un ragazzo.

Seguivano il feretro varie donne.

Tutte erano vestite di nero, tutte piangevano.

Sembravano soffrire tutte allo stesso modo.

Ma tra esse ce n'era una diversa, alla quale tutti i presenti pensavano, per la quale piangevano e alla quale di nascosto volgevano lo sguardo: la madre.

Aveva lo sguardo fisso sulla bara come impietrito e si vedeva che le sue labbra ripetevano senza posa il nome del figlio.

Quando, dietro il sacerdote, tutti, al momento del Sanctus, si misero a recitare: « Santo, santo, santo, è il Signore Dio dell'universo … », anche lei si mise a mormorare meccanicamente: « Santo, santo, santo … ».

In quel momento ho pensato a Maria ai piedi della croce.

Ma a Maria fu chiesto qualcosa di molto più difficile: di perdonare gli uccisori del Figlio.

Quando sentì il Figlio che diceva: « Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno » ( Lc 23,34 ), Maria comprese subito che cosa il Padre celeste si aspettava anche da lei: che dicesse anche lei, nel suo cuore, le stesse parole: « Padre, perdonali … ».

E le disse, perdonò.

Il concilio Vaticano II così parla di Maria ai piedi della croce.

« Anche la Beata Vergine ha avanzato nel cammino della fede e ha conservato fedelmente la sua unione con il Figlio sino alla croce.

Qui, non senza un disegno divino, se ne stette ritta, soffrì profondamente con il suo Figlio unigenito e si associò con animo materno al sacrificio di lui, amorosamente consenziente all'immolazione della vittima da lei stessa generata ».1

Consentire all'immolazione della vittima da lei generata fu come immolare se stessa.

Stando « ritta » in piedi presso la croce, il capo di Maria era all'altezza del capo del Figlio reclinato.

I loro sguardi si incontravano.

Quando le disse « Donna, ecco tuo figlio », Gesù guardava verso di lei e per questo non sentì il bisogno di chiamarla per nome, per individuarla tra le altre donne.

Chi potrà penetrare il mistero di quello sguardo tra madre e Figlio in un'ora simile?

Una gioia tremendamente sofferente passava dall'uno all'altra, come l'acqua tra vasi comunicanti, e la gioia derivava dal fatto che ormai non facevano più alcuna resistenza al dolore, erano senza più difese di fronte alla sofferenza, se ne lasciavano liberamente inondare.

Alla lotta era subentrata la pace.

Erano diventati una cosa sola con il dolore e il peccato di tutto il mondo.

Gesù in prima persona, come « vittima di espiazione per i peccati di tutto il mondo » ( 1 Gv 2,2 ), Maria indirettamente, per la sua unione carnale e spirituale con il Figlio.

L'ultima cosa che Gesù fece sulla croce, prima di addentrarsi nel buio dell'agonia e della morte, fu di adorare amorosamente la volontà del Padre.

Maria lo seguì anche in questo: anche lei si mise ad adorare la volontà del Padre prima che una tremenda solitudine scendesse nel suo cuore e si facesse buio dentro di lei, come si fece buio « su tutta la faccia della terra » ( Mt 27,45 ).

E quella solitudine e quella adorazione rimasero fisse lì, al centro della sua vita, fino alla morte, finché non giunse anche per lei l'ora della risurrezione.

Un salmo che la liturgia applica a Maria dice: « Tutti là sono nati … Si dirà di Sion: "L'uno e l'altro è nato in essa …".

Si scriverà nel libro dei popoli: "Là costui è nato" » ( Sal 87,2ss ).

È vero: tutti là siamo nati; si dirà di Maria, la nuova Sion: l'uno e l'altro è nato in essa.

Nel libro di Dio è scritto, di me, di te, di ognuno, anche di chi non lo sa ancora: « Là costui è nato! ».

Ma non siamo stati rigenerati dalla « parola di Dio viva ed eterna » ( 1 Pt 1,23 )?

Non siamo « nati da Dio » ( Gv 1,13 ), rinati "dall'acqua e dallo Spirito" ( Gv 3,5 )?

È verissimo, ma ciò non toglie che, in senso diverso, siamo nati anche dalla fede e dalla sofferenza di Maria.

Se Paolo, che è un servo di Cristo, può dire ai suoi fedeli: « Sono io che vi ho generato in Cristo, mediante il Vangelo » ( 1 Cor 4,15 ), quanto più può dirlo Maria, che ne è la madre?

Chi, più di lei, può fare sue quelle parole dell'Apostolo: « Figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore » ( Gal 4,19 ).

Ella ci partorisce «di nuovo» in questo momento, perché ci ha già partorito, una prima volta, nell'incarnazione, quando ha dato al mondo proprio la « Parola di Dio viva ed eterna» che è Cristo, nella quale rinasciamo.

Un confronto ci aiuta a capire il significato della presenza di Maria sotto la croce: quello con Abramo.

Questo paragone è suggerito dallo stesso angelo Gabriele nell'Annunciazione, quando dice a Maria le stesse parole che furono dette ad Abramo: « Nulla è impossibile a Dio ». ( Gen 18,14; Lc 1,37 )

Ma esso emerge soprattutto dai fatti.

Dio promise ad Abramo che avrebbe avuto un figlio, pur essendo egli fuori dell'età e sua moglie sterile. E Abramo credette.

Anche a Maria, Dio annuncia che avrà un figlio, nonostante che ella non conosca uomo. E Maria credette.

Ma ecco che Dio viene di nuovo nella vita di Abramo per chiedergli, questa volta, di immolargli proprio quel figlio che egli stesso gli aveva dato e del quale aveva detto: « In Isacco avrai una discendenza ». Abramo, anche questa volta, obbedì.

Anche nella vita di Maria, Dio venne una seconda volta, chiedendole di consentire, e anzi assistere, all'immolazione del Figlio, del quale era stato detto che avrebbe regnato per sempre e che sarebbe stato grande. E Maria obbedì.

Abramo salì con Isacco sul monte Moria e Maria salì dietro Gesù sul monte Calvario.

Ma a Maria fu chiesto molto di più che ad Abramo.

Con Abramo Dio si fermò all'ultimo momento ed egli riebbe il figlio vivo. Con Maria no.

Ella dovette varcare anche quella linea estrema, senza ritorno, che è la morte.

Riebbe il Figlio, ma solo dopo che venne deposto dalla croce.

Poiché camminava anch'ella nella fede e non in visione, Maria ha sperato che da un momento all'altro il corso degli eventi cambiasse, che venisse riconosciuta l'innocenza del suo Figlio.

Ha sperato davanti a Pilato, ma nulla.

Ha sperato lungo il cammino verso il Calvario, ma nulla. Dio andava avanti.

Ha sperato fin sotto la croce, fin prima che venisse battuto il primo chiodo. Non poteva essere.

Non le era stato forse assicurato che quel Figlio sarebbe salito sul trono di David e che avrebbe regnato per sempre sulla casa di Giacobbe?

Era dunque quello lì il trono di David, la croce?

Maria sì che « ha sperato contro ogni speranza » ( Rm 4,18 ); ha sperato in Dio, anche quando vedeva sparire l'ultima ragione umana di sperare.

Ma ora traiamo da questo paragone la necessaria conseguenza.

Se Abramo, per quello che ha fatto, ha meritato di essere chiamato « padre di tutti noi » ( Rm 4,17 ) e « nostro padre nella fede » ( Canone romano ), esiteremo noi a chiamare Maria « madre di tutti noi » e « nostra madre nella fede », o « madre della Chiesa »?

Ad Abramo Dio disse: « Perché hai fatto questo e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio, io ti benedirò con ogni benedizione e renderò molto numerosa la tua discendenza …

Padre di una moltitudine di popoli ti renderò ». ( Gen 17,5; Gen 22,16 )

Lo stesso, ma con molta maggiore forza, egli dice ora a Maria: « Poiché hai fatto questo e non mi hai rifiutato il tuo Figlio, il tuo unico Figlio, io ti benedirò con ogni benedizione.

Madre di una moltitudine di popoli ti renderò! ».

Se è comune a tutti i credenti, di tutte le confessioni cristiane, la convinzione che Abramo non è stato costituito soltanto « esempio e patrono, ma anche causa di benedizione » ( come si esprime Calvino, nel commentare Gen 12,3 ), che « ad Abramo viene riservato, nel piano salvifico di Dio, il ruolo di mediatore di benedizione per tutte le generazioni » ( G. von Rad ), perché non dovrebbe essere accolta e condivisa con gioia da tutti i cristiani la convinzione che, a maggior ragione, Maria è stata costituita da Dio causa e mediatrice di benedizione per tutte le generazioni?

Non solo, insisto, esempio, ma anche « causa di salvezza », come la chiama, appunto, sant'Ireneo?2

Perché non dovrebbe essere condivisa la convinzione che non solo a Giovanni, ma a tutti i discepoli è rivolta la parola di Cristo morente: « Figlio, ecco tua madre »?

Maria - dice il Concilio - sotto la croce, è diventata per noi « madre nell'ordine della grazia ».3

Perciò, come gli israeliti, nei momenti di prova, si rivolgevano a Dio dicendo: « Ricordati di Abramo, nostro padre! », noi possiamo rivolgerci ora a lui, dicendo: « Ricordati di Maria, nostra madre! », e come essi dicevano a Dio: « Non ritirare da noi la tua misericordia, per amore di Abramo, tuo amico » ( Dn 3,35 ), noi possiamo dirgli: « Non ritirare da noi la tua misericordia, per amore di Maria, tua amica! ».

Viene un'ora nella vita in cui ci occorre una fede e una speranza come quelle di Maria.

È quando Dio sembra non ascoltare più le nostre preghiere, quando si direbbe che smentisce se stesso e le promesse, quando ci fa passare di sconfitta in sconfitta, quando ci coinvolge nella sua stessa sconfitta e le potenze delle tenebre sembrano trionfare su tutti i fronti; quando, come dice un salmo, egli sembra « aver chiuso nell'ira il suo cuore e aver dimenticato la misericordia » ( Sal 77,10 ).

Quando arriva per te quest'ora, ricordati della fede di Maria e grida: « Padre mio, non ti comprendo più, ma mi fido di te! ».

Forse Dio sta chiedendo proprio ora a qualcuno di sacrificargli, come Abramo, il suo "Isacco", cioè la persona, o la cosa, o il progetto, o la fondazione, o l'ufficio che gli è caro, che Dio stesso un giorno gli ha affidato, e per il quale ha lavorato tutta la vita …

Questa è l'occasione che Dio ti offre per mostrargli che egli ti è più caro di tutto, anche dei suoi doni, anche del lavoro che fai per lui.

Dio mise alla prova Maria sul Calvario « per vedere quello che aveva nel cuore» e nel cuore di Maria ritrovò intatto e anzi più forte che mai il « sì » e l'« eccomi! » del giorno dell'Annunciazione.

Possa egli, in questi momenti, trovare anche il nostro cuore pronto a dirgli « sì » e « eccomi! ».

Maria, ho detto, sul Calvario si unì al Figlio nell'adorare la santa volontà del Padre.

In ciò ella ha realizzato, fino alla perfezione, la sua vocazione di figura della Chiesa.

Ella è ora lì che ci aspetta.

Di Cristo è stato detto che « è in agonia fino alla fine del mondo e non bisogna lasciarlo solo in questo tempo » ( B. Pascal ).

E se Cristo è in agonia e sulla croce fino alla fine del mondo, in modo per noi incomprensibile ma vero, dove mai può essere Maria, in questo tempo, se non con lui, « presso la croce »?

Lì ella invita e da appuntamento alle anime generose, perché si uniscano a lei nell'adorare la santa volontà del Padre.

Adorarla anche senza capirla.

Non bisogna lasciarla sola in questo tempo.

Maria sa che questa è la cosa in assoluto più grande, più bella, più degna di Dio che possiamo fare nella vita, almeno una volta prima di morire.

È scritto che quando Giuditta tornò dai suoi, dopo aver messo a repentaglio la propria vita per il suo popolo, gli abitanti della città le corsero incontro e il Sommo Sacerdote la benedisse dicendo: « Benedetta tu, figlia, davanti a Dio altissimo più di tutte le donne che vivono sulla terra …

Il coraggio che hai avuto non cadrà dal cuore degli uomini » ( Gdt 13,18s ).

Le stesse parole noi rivolgiamo in questo giorno a Maria: Benedetta tu fra le donne!

Il coraggio che hai avuto non cadrà mai dal cuore e dal ricordo della Chiesa!

Indice

1 Lumen Gentium 58
2 Ireneo, Contro le eresie. III, 22,4
3 Lumen Gentium 61