Summa Teologica - I-II

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Articolo 1 - Se l'ignoranza possa essere causa di peccato

Infra, a. 3; De Malo, q. 3, a. 6; In 3 Ethic., lect. 3

Pare che l'ignoranza non possa essere causa di peccato.

Infatti:

1. Ciò che non è non può essere causa di nulla.

Ma l'ignoranza è un non ente, essendo privazione di scienza.

Quindi l'ignoranza non è causa di peccato.

2. Le cause nel peccato vengono desunte dal lato della conversione [ alle creature ], come si è detto [ q. 75, a. 1 ].

L'ignoranza invece riguarda piuttosto l'allontanamento [ da Dio ].

Quindi l'ignoranza non può essere annoverata tra le cause del peccato.

3. Come si è dimostrato [ q. 74, a. 1 ], tutti i peccati stanno nella volontà.

Ma la volontà si volge soltanto verso qualcosa di conosciuto: poiché l'oggetto della volontà è il bene conosciuto.

Perciò l'ignoranza non può essere causa di peccato.

In contrario:

S. Agostino [ De nat. et gratia 67.80 ] insegna che alcuni peccano per ignoranza.

Dimostrazione:

Come dice il Filosofo [ Phys. 8,4 ], ci sono due tipi di causa efficiente: una per se, o diretta, l'altra per accidens, o indiretta.

È diretta quella che muove per virtù propria: come il principio generatore degli elementi gravi o leggeri è causa movente dei moti rispettivi.

È indiretta invece quella che interviene solo per togliere un ostacolo, o è la rimozione stessa di un ostacolo.

E in questo modo l'ignoranza può essere causa di peccato: essa infatti è una privazione di quella scienza che, informando la ragione in quanto direttiva degli atti umani, impedirebbe l'atto peccaminoso.

Si deve però notare che la ragione è principio direttivo degli atti umani secondo due tipi di scienza: cioè secondo la scienza universale e secondo quella particolare.

Essa infatti nel trattare delle azioni da compiere si serve di un sillogismo la cui conclusione è un giudizio, cioè una scelta o un'operazione.

Ora, le azioni sono nel campo dei singolari.

Perciò la conclusione del sillogismo pratico è singolare.

D'altra parte un enunciato singolare non può essere dedotto da un principio universale senza che si passi per una proposizione singolare: un uomo, p. es., viene distolto dal compiere un parricidio sia dal sapere che non si deve uccidere il proprio padre, sia dal sapere che quel tale è suo padre.

Perciò sia l'ignoranza dell'una che quella dell'altra cosa può causare il parricidio, cioè sia l'ignoranza del principio universale che è una certa regola della ragione, sia quella delle circostanze singolari.

Si deve dunque concludere che non qualsiasi ignoranza è causa di peccato, ma quella soltanto che toglie la conoscenza che impedisce l'atto peccaminoso.

Per cui se uno ha la volontà disposta in modo che, pur riconoscendo suo padre, non si asterrebbe dall'ucciderlo, l'eventuale ignoranza o inavvertenza non sarebbe causa di tale peccato, ma solo un fatto concomitante.

Perciò tale individuo, al dire del Filosofo [ Ethic. 3,1 ], non pecca « per ignoranza », ma « ignorando ».

Analisi delle obiezioni:

1. Un non ente non può essere la causa diretta, ma può essere causa in maniera indiretta, cioè togliendo l'ostacolo, come removens prohibens.

2. La scienza che l'ignoranza compromette riguarda il peccato dal lato della conversione: perciò anche l'ignoranza interviene da questo lato come causa removens prohibens del peccato.

3. La volontà non si può volgere verso ciò che è del tutto ignoto, però può volere una cosa che in parte è nota e in parte è ignota.

E l'ignoranza è causa del peccato in questo modo: uno, p. es., può sapere di uccidere un uomo, ma ignorare di uccidere suo padre; e così un altro può sapere che un atto è piacevole e non sapere che è un peccato.

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