Summa Teologica - II-II

Indice

Come un'àncora fissata « al più alto »

Se Tommaso ripete con insistenza degna di attenzione che questa prima anticipazione della vita eterna riguarda proprio la fede,488 deve rimanere chiaro che la fede non è sola nella ricerca; essa è strettamente unita alla speranza e alla carità.

E, per stare all'ordine, il ruolo della speranza è ricordato con forza nel Compendio di teologia: « Poiché l'essere umano ha il desiderio naturale di sapere, tale desiderio può placarsi nella conoscenza di ogni verità fino a quando si tratta di una conoscenza qualsiasi; una volta conosciuta ( la verità cercata ), il desiderio si calma.

Ma quando si tratta della conoscenza della fede, il desiderio è senza fine, perché la fede è una conoscenza imperfetta: ciò che si crede è ciò che non si vede.

Perciò l'Apostolo ( Eb 11,1 ) dice che essa è - l'indizio delle cose che non si vedono".

La presenza della fede lascia dunque nell'anima ancora una tendenza ad un'altra cosa, ossia a vedere perfettamente la verità che si crede e ad appropriarsi di ciò che può introdurre a questa verità.

E poiché tra gli insegnamenti della fede noi affermiamo di credere che Dio dirige le cose umane con la sua provvidenza, per questa ragione sorge nel cuore del credente uno slancio di speranza, per ottenere con l'aiuto della fede quei beni che desidera naturalmente e che essa gli fa conoscere.

Perciò, dopo la fede, la speranza è necessaria per la perfezione della fede cristiana »489

Non si può non essere colpiti in questo testo, ancor più che in molti altri, dall'insistenza con la quale l'autore presenta la nozione di desiderio: « la speranza presuppone il desiderio ( spes desiderium praesupponit ) ».490

Ci si sbaglierebbe se si considerasse questo termine in un senso troppo strettamente psicologico, dato che esso ha una portata nettamente più metafisica.

Secondo Tommaso, nessuna creatura nell'universo è ciò che deve essere fin dall'inizio; essa giunge alla sua perfezione soltanto al termine di un'evoluzione e « desidera » questa realizzazione di tutto il suo essere.

Assolutamente fondamentale e costitutiva, quest'aspirazione al compimento porta il nome di « appetito naturale »; quando però si tratta dell'uomo si parla più volentieri di un « desiderio naturale » o di un « desiderio di natura ».

In un primo tempo vago e indeterminato, questo appetito di felicità più o meno anonimo, diverrà, sotto la luce e la mozione della grazia, un vero desiderio della beatitudine, identificato infine all'unico Dio vivo e vero.491

Nell'apprendimento della vita spirituale alla scuola di Tommaso d'Aquino, lo vedremo meglio ben presto, la ricerca della beatitudine gioca un ruolo decisivo.

Noi intanto ne sappiamo abbastanza per capire che ciò che prima non è che un'incontenibile tendenza di natura, e che a poco a poco prende nell'uomo l'aspetto di speranza, è ripreso dalla virtù teologale di speranza e portato al suo compimento.492

Come ogni virtù teologale, la speranza ha Dio come oggetto e come causa: da Dio non si può attendere qualcosa che sia al di sotto di Dio medesimo.493

Ma nel suo sforzo di paragonare il contributo proprio delle tre virtù teologali, Tommaso introduce qui una sfumatura particolare - a poco a poco acquisita nella sua evoluzione intellettuale - per precisare esattamente la funzione della speranza: mentre la carità fa aderire a Dio a causa di se stesso, unendo lo spirito dell'uomo a Dio in un sentimento d'amore, e la fede fa sì che l'uomo aderisca a Dio in quanto è fonte della conoscenza della verità, « la speranza ci fa aderire a Dio come principio in noi del bene perfetto, in quanto con essa ci fondiamo sull'aiuto divino per ottenere la beatitudine ».

L'accento viene posto dunque sull'aiuto divino e ciò è comprensibile dal momento in cui si riflette sulle condizioni della speranza.494

Questa suppone il desiderio, perché è chiaro che non si spera ciò che non si desidera; lo si teme oppure lo si disprezza, ma non lo si spera.

Tuttavia questo non è sufficiente perché vi sia speranza: se si desidera un oggetto difficile da raggiungere, non si ha speranza; la nozione di speranza aggiunge a quella di desiderio il fatto che si reputa possibile raggiungere il bene desiderato.

Inoltre occorre anche che questo bene sia un bene superiore, difficile ( arduum ) da raggiungere;495 se si tratta di qualcosa di troppo facile o irrisorio, piuttosto lo si disdegna, o, se si può auspicare di averlo sottomano, esso non costituisce un oggetto di speranza per il futuro.

Ciononostante, il bene sperato può rivelarsi così difficile da ottenere da non poterlo raggiungere con le proprie forze; allora risulta necessario ricorrere a un altro per ottenerlo: se si tratta di un uomo, gli si pone la domanda ( petitio ), se si tratta invece di Dio gli si rivolge la preghiera ( oratio )496

« Sicché, la virtù di speranza in realtà non consiste nella speranza che si ha da se stessi, né in quella data da un altro uomo, ma soltanto in quella che si ha da Dio …

Perciò le realtà che il Signore c'insegna a chiedere nella sua preghiera [ il Padre Nostro ] si rivelano come desiderabili e possibili; così ardue tuttavia che non si possono raggiungere con le sole forze umane, ma necessitano dell'aiuto divino ».497

Non è soltanto la sua analisi che spinge Tommaso a constatare che la speranza aggiunge al semplice desiderio la salda fiducia nel compimento, in quanto essa si fonda sull'aiuto divino che non potrebbe mancare.

Egli incontra la stessa idea nell'immagine utilizzata dalla lettera agli Ebrei ( Eb 6,18-19 ) che invita i fedeli ad « afferrarsi saldamente alla speranza che è posta davanti a loro, nella quale si ha un'àncora per la nostra anima, sicura e salda, la quale penetra fino all'interno del velo »: « … Se l'uomo deve legarsi alla speranza come la nave all'àncora, c'è tuttavia una differenza tra l'àncora e la speranza: l'àncora è fissata in basso; la speranza invece è fissata nel più alto, cioè in Dio.

Non esiste niente quaggiù che sia abbastanza solido da far sì che l'anima vi si possa fissare e riposare.

[ L'al di là del velo in cui l'àncora della speranza è fissata, è la gloria futura. ]

E là che il nostro capo … ha fissato la nostra speranza, così come si dice nella colletta della vigilia e del giorno dell'Ascensione ».498

Pur non essendo rara, l'allusione alla liturgia merita di essere rilevata; essa costituisce uno dei segni del clima di preghiera nel quale Tommaso pratica la sua ricerca e il suo insegnamento.

Egli non esita nemmeno, quando il testo gliene offre l'occasione, a stabilire un legame tra spiegazione teologica e vita cristiana; questa caratteristica è già stata spesso incontrata, ma resta preziosa per noi: « [ Secondo san Paolo ( Rm 5,3-5 ): « Noi ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio …

E la speranza non delude affatto, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato »: ) Questa gloria, che si rivelerà nel futuro, è iniziata già fin d'ora in noi tramite la speranza.

( Paolo ne mostra il vigore quando sottolinea che essa nasce dalla tribolazione: )

Infatti chi spera ardentemente qualcosa, sopporta volentieri per essa delle prove, anche difficili e dolorose.

L'ammalato che desidera ardentemente la salute beve volentieri la medicina amara per essere guarito.

Il segno dell'ardore della nostra speranza nel nome di Cristo risiede nel fatto che non solo ci vantiamo nella speranza della gloria futura, ma anche « nelle "tribolazioni" mediante le quali giungiamo alla gloria, At 14,21: « É necessario per noi attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio » ( … ).

É ben noto infatti che sopportiamo facilmente le difficoltà per ciò che amiamo.

Se dunque qualcuno sopporta con pazienza le avversità di questo mondo in vista di ottenere i beni eterni, con ciò stesso egli prova che ama molto di più i beni eterni che quelli di questo mondo ».499

Indice

488 De veritate, q. 14, a. 2 ad 4: « La prima realizzazione delle cose che speriamo non avviene in noi per mezzo della carità, ma per mezzo della fede »; cf. II-II, q. 4, a. 1: « La prima realizzazione delle cose che speriamo avviene in noi mediante la fede, poiché essa contiene in germe tutte le realtà da sperare ».
489 Compendium theol. 11, 7.
490 Compendium theol. 11, 1; cf. 11, 3: « ad salutem nostram post fidem etiam spes requiritur ».
491 Solo un profondo malinteso, basato su una documentazione tra le più ridotte, ha potuto far sospettare che Tommaso « liquidi » l'escatologia biblica a favore di un semplice desiderio trascendentale, cf. J. MOLTMANN, Christliche Hoffnung: Messianisch oder tranzendent? Ein theologisches Gesprdch mit Joachim von Fiore und Thomas von Aquin, MThZ 33 ( 1982 ) 241-260; cf. E. SCHOCKENHOFF, Bonum hominis, p. 420.
492 Si è osservato che se Tommaso è il primo ad avere sviluppato uno studio audace della passione-speranza, è proprio a causa della necessità del suo studio della virtù di speranza ( Sent. III, d. 26, q. 1 ), cf. 5. PINCKAERS, La nature vertueuse de l'espérance, RT 58 ( 1958 ) 405-442; 623-642; la cosa è stata sottolineata da. E. SCHOCKENHOFF, Bonum hominis, p. 174, il quale propone anche un eccellente studio della passione e della virtù di speranza, considerata per Tommaso l'attitudine tipica dell'attesa escatologica ( pp. 418-475 ).
In francese si potrà vedere: CH.-A. BERNARD, Théologie de l'espérance selon saint Thomas d'Aquin ( « Bibliothèque thomiste 34 » ), Paris 1961, di cui si apprezzerà la preoccupazione di mostrare le implicazioni spirituali;
J.-G. BOUGEROL, La théologie de l'espérance au XIIe et XIIIe siècles, Paris 1985: per Tommaso, vedi t. I, pp. 277-289.
É noto che Tommaso collega alla speranza il dono del timore, a tal proposito si potrà quindi leggere: L. SOMME, L'amour paiait chasse-t-il toute crainte? Le relejoué par l'expression «Timorfilialis» dans l'oeuvre de saint Thomas d'Aquin, in Ordo sapientiae et amoris, pp. 303 -320.
493 II-II q. 17, a. 2
494 La Questione disputata De spe, a. 1, riassume con una concisione esemplare le quattro qualità dell'oggetto sperato: « Occorre innanzitutto che sia un bene, in tal modo la speranza si distingue dal timore.
Poi, è necessario che sia un bene futuro; così si distingue dalla gioia o diletto.
In terzo luogo, deve essere un bene arduo; con ciò essa si distingue dal [ semplice ] desiderio. Infine, deve trattarsi di un bene possibile; ciò che la distingue dalla disperazione ».
495 Come ha ben dimostrato R.-A. GAUTHIER, Magnanimité, pp. 322-327, « difficile » non è l'esatto sinonimo di « arduo », che aggiunge alla difficoltà l'idea di qualcosa di grande ( magnum ), d'alto ( altum ), d'eminente ( excellens ).
496 Come si potrà percepire più volte nelle pagine seguenti, allorquando Tommaso parla della preghiera, generalmente pensa alla preghiera di domanda ( oratio ), situandola però in un insieme che comprende tutte le attitudini religiose della persona dinanzi a Dio ( azione di grazie, devozione, adorazione, in breve tutti gli atti della virtù di religione, cf. II-II, qq. 82ss. ).
Ma qui non bisogna porre nessuna opposizione tra petitio e oratio; Tommaso distingue semplicemente tra la simplex petitio che s'indirizza all'uomo, e la petitio decentiwn a Deo che è l'oratio; nei due casi vi è petitio, ma una è semplice, l'altra riguarda ciò che si può sperare di ottenere da Dio
497 Compendium theol. II, 7.
498 Super ad Hebraeos 6, 18, lect. 4, n. 325.
499 Super ad Rom. 5,2-5, lect. 1, n. 385-386 e 388.