Summa Teologica - II-II

Indice

Bisognerebbe che l'uomo fosse Dio

Come già si sa, il Compendio di teologia non contiene la prevista terza parte in cui si sarebbe trattato della carità.

Certo, lo si può rimpiangere, in quanto essa non sarebbe stata inferiore alle prime due parti, ma quando si tratta della carità non abbiamo che l'imbarazzo della scelta, poiché Tommaso ne parla in molti luoghi,516

Sul suo esempio, anche noi l'abbiamo fatto,517 e ne riparleremo con maggiore insistenza nel capitolo seguente.

Per attenerci alla prospettiva del seguente capitolo, ci si proporrà soltanto di mettere meglio in risalto la profonda unità della vita teologale e la sua accentuata dimensione escatologica.

Maestro Tommaso, che non perde mai di vista questi due aspetti, li introduce simultaneamente fin da quando inizia a parlare della connessione delle virtù: « La carità non dice soltanto amore di Dio, ma anche una qualche amicizia con lui; amicizia che aggiunge all'amore un riamarsi scambievole, con una comunione reciproca, come è spiegato nel Libro VIII dell'Etica a Nicomaco.

E che tali siano le proprietà della carità è evidente da quanto è scritto nella prima lettera di Giovanni ( 1 Gv 4,16 ): « Chi sta nella carità sta in Dio, e Dio è in lui », e nella prima lettera ai Corinzi ( 1 Cor 1,9 ): « Fedele è Dio, per opera del quale siete stati chiamati alla comunione con il Figlio suo ».

Ora, questa comunione dell'uomo con Dio, che consiste in un certo scambio familiare, è mediante là grazia che inizia qui nella vita presente, ma è mediante la gloria che avrà compimento nel futuro.

Questa duplice realtà noi ora la possediamo in forza della fede e della speranza.

Perciò, come non è possibile avere amicizia con qualcuno, se non si crede e non si spera di poter avere con lui una certa comunione di vita o scambio familiare, così nessuno può avere con Dio questa amicizia che è la carità senza avere la fede per credere a questa comunione e scambio dell'uomo con Dio, e senza avere la speranza di poter appartenere egli stesso a tale comunione.

Ecco allora che la carità non può affatto esistere senza la fede e la speranza ».518

Non è assolutamente possibile mettere in risalto con maggior vigore l'unità della vita teologale e non è più necessario insistervi, ma si può ancora approfondire questa definizione della carità come amicizia.

Essa è ben comprensibile quando si tratta dell'amore reciproco tra persone umane, poiché in questo caso si possono verificare le condizioni dell'amicizia che Tommaso elenca seguendo Aristotele.

Occorre che si tratti di un amore di benevolenza tra due persone che si vogliono reciprocamente bene.519

Tuttavia non basta l'amore di benevolenza perché vi sia amicizia, occorre che si aggiunga la reciprocità ( mutua amatio ): « poiché l'amico ama nel suo amico qualcuno che a sua volta lo ama ».520

Affinché questo sia possibile occorre che vi sia tra di loro una certa communicatio, un certo tipo di « comunione », ciò che Aristotele intendeva con il termine koinonia, che suppone la condivisione di uno stesso bene comune tra amici e che si esprime mediante un'attività comune, un « vivere insieme » ( convivere ).

Quest'ultima condizione è tanto fondamentale quanto la reciprocità.

Essa esclude che vi possa essere amicizia vera tra persone che non potrebbero « comunicare », congiungersi su dei valori, dei beni in egual misura cari a tutti, e condividerli in una corrispondente vita comune ( una conuersatio ).

L'estraneo alla casa o alla città non può partecipare all'amicizia propriamente familiare o politica, mentre la condivisione di un altro bene comune potrebbe associarlo ad un altro tipo di amicizia.

Si pensi soltanto a san Paolo quando parla di ciò che accade nella Chiesa - Corpo di Cristo ( Ef 2,19 ): « Voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio ».521

Ciò è quanto pensava anche Aristotele quando affermava: « Se un amico è troppo lontano dall'altro amico, come per esempio Dio è lontano dall'uomo, nessuna amicizia è più possibile ».522

Ma si tratta esattamente anche della difficoltà che solleva una delle obiezioni alla definizione della carità come amicizia: « Niente è più tipico degli amici che il vivere insieme », dice il Filosofo.

Ora, la carità si rivolge a Dio e agli angeli, « con i quali l'uomo non ha conversatio » ( Dn 2,11 ).

Dunque la carità non è un'amicizia.523

Tommaso avrebbe potuto replicare ad hominem, come fa Cristo in san Giovanni: « Io ho detto: "Voi siete dèi" »,524 poiché in realtà ciò è quanto realizza la grazia dello Spirito Santo: rendendoci figli adottivi, essa ci pone per così dire su un piano d'uguaglianza con Dio, rendendo possibile così la reciprocità.

Ciononostante, egli preferisce spiegare in maniera più specifica ciò che fonda qui la communicatio: « Nell'uomo vi sono due specie di vita: la prima è esterna, secondo la nostra natura sensibile e corporea; secondo questa vita, non vi è possibilità di "comunione" ( communicatio ) o di "vita comune" ( conversatio ) tra l'uomo e Dio o gli angeli.

L'altra è la vita spirituale, quella dell'anima, e secondo questa vita, la "vita comune" con Dio o gli angeli ci è possibile.

Certo, in maniera imperfetta in questa vita: "la nostra conversatio si trova nei cieli" ( Fil 3,20 ); ma tale conversatio troverà la sua perfezione nella patria, quando "i servitori di Dio vedranno il suo volto" ( Ap 22,3 ).

Allora la carità che quaggiù è imperfetta, nella patria sarà perfetta ».525

Che la comunione si realizzi secondo la nostra anima e le nostre potenze spirituali non ha evidentemente niente di sorprendente, in quanto soltanto esse rendono possibile la vita di conoscenza e d'amore indispensabile allo scambio amicale.526

Bisogna sottolineare piuttosto la solidità apportata alla definizione della carità-amicizia dalla comunicazione tra Dio e l'uomo fondata sul possesso comune di certi beni; e ancor di più è importante mettere in risalto l'esatto bene che è all'origine di questa amicizia: « La carità non è un amore qualsiasi di Dio, ma l'amore secondo il quale Dio è amato come oggetto di beatitudine, e al quale ci indirizzano la fede e la speranza »527

Non si tratta quindi direttamente della grazia, come si sarebbe potuto pensare; se Tommaso qui avesse pensato alla grazia avrebbe parlato di una comunicazione della « natura » divina, così come fa normalmente.

Oltre al possesso entitativo comune della grazia, egli vuole dunque significare qualcosa in più, che appartiene all'ordine dell'operazione, dell'attività, della vita; questa comunicazione è precisamente la beatitudine stessa: « Dato che esiste una certa "comunicazione" dell'uomo con Dio, in quanto egli ci comunica la sua beatitudine, occorre che una certa amicizia sia fondata su tale "comunicazione".

E di questa "comunicazione" che si parla in 1 Cor 1,9: "Fedele è Dio, mediante il quale siete stati chiamati alla 'comunione' con il suo Figlio".

La carità è l'amore fondato su questa comunicazione; è chiaro allora che la carità costituisce una certa amicizia dell'uomo con Dio ».528

Detto altrimenti, Dio non ci vuole soltanto felici, ma ci vuole felici della felicità di cui egli stesso è felice, della sua beatitudine.

La carità ci associa quindi al bene già posseduto in comune dalle tre Persone della Trinità, alla loro stessa vita, alla loro felicità, e ci rende partecipi del loro eterno condividere.

« [ Oltre all'amore col quale Dio ama tutta la creazione ] vi è anche l'amore vero e propriamente detto, simile all'amicizia, per mezzo del quale Dio non ama la creatura soltanto come un artigiano può amare la sua opera, ma proprio con una certa comunione di amicizia, così come l'amico ama il suo amico, nella misura in cui egli lo introduce nella gioia della sua comunione, in modo tale che la loro gloria e la loro beatitudine siano precisamente quelle mediante le quali Dio stesso è felice.

E di questo amore che egli ama i santi … ».529

Come la fede e la speranza, ma con una sua modalità propria, la carità realizza in noi allo stato iniziale, « in speranza », in modo escatologico, la vita eterna alla quale siamo chiamati.

Come la fede e la speranza, essa appartiene dunque alla dimensione del « già » e « non ancora », ma meglio di esse - sebbene non senza di esse - unisce la persona all'oggetto del proprio amore, l'amante all'Amato, l'amato all'Amante, poiché è tipico della natura dell'amore incitare all'unione.530

Anticipazione precaria, fragile e minacciata, come tutto ciò che appartiene alla temporaneità - « Portiamo questo tesoro in vasi d'argilla », 2 Cor 4,7 - ma possesso stabile e certo, poiché il bene che qui assicura la comunione amicale non è altro che il Bene di ogni bene, che si identifica all'Amico stesso, e con l'Amico l'eternità è entrata nelle nostre vite.

( J.-P- TORREL, S. Tommaso, Roma 1998, pp. 298-313; 364-384. )

Indice

516 Oltre il trattato della carità ( II-II, qq. 23-46 ), ci sono soprattutto i passaggi paralleli del Commento alle Sentenze ( dd. 27-32 ) e della Questione disputata De cantate.
Ricordiamo i tre volumi sempre utili della « Revue des Jeunes »: S. THOMAS D'AQUIN, Somme théologique, La Charité, tt. i e 2, Notes et appendices par H.-D. NOBLE, Paris 19502, e 1967; t. 3, par H.-D. GARDEIL, Paris 1957; per chi ha la possibilità di accedervi, raccomandiamo il corso ciclostilato di M.-M. LABOURDETTE, La Charité, Toulouse 1959-1960.
La storia teologica del trattato nel XX secolo è stata segnata da lunghe discussioni nelle quali non è necessario addentrarsi qui; per non moltiplicare i riferimenti a studi a volte antichi o poco accessibili, rinviamo semplicemente a T.-M. HAMONIC, Dieu peut-il étre légitimement convoité? Quelques aspects de la théologie thomiste de l'amour selon le P, Labourdette, RT 92 (1992) 239-264, in cui si troverà soprattutto un utile stato della questione, con in appendice un bel testo del p. Labourdette: « Faire sa joie de la joie de Dieu ».
517 Per la carità - amicizia con Dio, consigliamo la rilettura dei capitoli della SCG IV 20-22, abbondantemente tradotti qui sopra nel nostro capitolo VII; in particolar modo si vedano i paragrafi: « La vita nello Spirito » e « Vieni verso il Padre ».
518 I-II, q. 65, a. 5; conformemente al senso del greco koinònia, tradotto societas dalla Volgata, noi abbiamo tradotto qui societas con « comunione ».
519 I, q. 20, a. 1 ad 3: « L'atto d'amare ha sempre due oggetti: il bene che qualcuno vuole a qualcuno, e la persona a cui si vuole tale bene; amare qualcuno consiste proprio in questo: volergli del bene ».
520 II-II, q. 23, a. 1: « quia amicus est amico amicus ».
521 Si può anche pensare alla prima lettera di Giovanni ( 1 Gv 1,3-4 ): « Ciò che abbiamo visto e inteso, ve lo annunciamo, affinché anche voi siate in comunione con noi.
Quanto alla nostra comunione, essa è con il Padre e con il suo Figlio Gesù Cristo »; come si sa, « comunione » traduce qui koinonia, come anche più avanti ( 1 Gv 1,7 ), dove la condivisione del messaggio evangelico realizza la koinonia fraterna; vedi anche At 2,42 e At 4,32.
522 Etica a Nicomaco VIII, 9, 1159 a 4; Tommaso ha perfettamente colto il senso: « Se gli amici sono troppo lontani, come gli uomini lo sono per esempio da Dio, l'amicizia di cui noi parliamo non sarà più possibile.
[ Augurare al proprio amico un bene troppo grande, diventare re, per esempio, significa perderlo ] », Sententia libri Ethicorum VIII, lect. 7, Leon., t. 47/2, p. 465.
523 II-II, q. 23, a. 1, arg. 1.
524 Gv 10,34-35, con citazione di Sal 82,6.
525 II-II, q.23, a.1 ad 1.
526 I, q. 20, a. 2 ad 3: « Non può esserci amicizia che nei confronti di creature razionali, capaci di redamatio e di communicatio nelle attività vitali, e capaci di provare il bene e il male, la disgrazia e la fortuna, e nei confronti delle quali si può provare propriamente della benevolenza.
Le creature irrazionali in nessun modo possono giungere all'amore di Dio e alla comunione della vita intellettuale e beata di cui Dio vive ».
527 I-II, q. 65, a. 5 ad 1.
528 II-II, q. 23, a. 1.
529 Sent. II, d. 26, q. 1, a. 1 ad 2
530 Qui occorrerebbe introdurre l'intera questione degli effetti dell'amore ( I-II, q. 28 ); non potendo, rinviamo ancora una volta ai capitoli della SCG IV 20-22, che parlano così bene dell'amicizia con Dio realizzata per mezzo dello Spirito Santo.