Summa Teologica - II-II

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Articolo 4 - Se i dannati bestemmino

Pare che i dannati non bestemmino.

Infatti:

1. Il timore delle pene future trattiene ora certi cattivi dal bestemmiare.

Ma i dannati sperimentano addirittura tali pene, e quindi le aborriscono maggiormente.

Quindi essi sono più che mai trattenuti dal bestemmiare.

2. La bestemmia, essendo un peccato gravissimo, è sommamente demeritoria.

Ma nella vita futura manca lo stato adatto per meritare o demeritare.

Perciò non vi può essere la bestemmia.

3. Sta scritto [ Qo 11,3 ] che « l'albero là dove cade rimane »: e da ciò si rileva che dopo la vita presente nessuno acquista né un merito né un demerito che non abbia avuto in questa vita.

Ora, non pochi si dannano senza essere stati bestemmiatori in questa vita.

Quindi non bestemmieranno neppure nella vita futura.

In contrario:

Sta scritto [ Ap 16,9 ]: « Gli uomini bruciarono per il terribile calore, e bestemmiarono il nome di Dio che ha in suo potere tali flagelli ».

E la Glossa [ ord. sul v. 21 ] spiega che « i dannati, pur sapendo di essere puniti giustamente, si dorranno che Dio abbia tanta potenza da infliggere loro dei flagelli ».

Ora, questo atto adesso sarebbe una bestemmia.

Quindi lo sarà anche nella vita futura.

Dimostrazione:

Come si è già detto [ aa. 1,3 ], nel concetto di bestemmia è inclusa una ripulsa della bontà divina.

Ora, quelli che sono all'inferno conservano una volontà perversa, contraria alla divina giustizia, poiché amano ancora le cose per cui sono puniti, e vorrebbero poterne usare, mentre odiano i castighi inflitti per tali peccati.

Si dolgono tuttavia dei peccati commessi: non perché li detestino, ma perché a motivo di essi sono puniti.

Così dunque tale ripulsa della divina giustizia si riduce a una bestemmia di pensiero.

E c'è da credere che dopo la risurrezione in essi ci sarà anche la bestemmia vocale, come nei santi la lode vocale di Dio.

Analisi delle obiezioni:

1. Gli uomini al presente sono trattenuti dal bestemmiare per il timore dei castighi che sperano di sfuggire.

Ma i dannati non sperano più di sfuggire il castigo.

E così, come disperati, si abbandonano a tutto ciò che suggerisce la loro perversa volontà.

2. Il merito e il demerito appartengono alla vita presente.

Per cui gli atti buoni nei viatori sono meritori, mentre quelli cattivi sono demeritori.

Nei beati invece gli atti buoni non sono meritori, ma rientrano nel premio della beatitudine.

E così pure nei dannati quelli cattivi non sono demeritori, ma rientrano nel castigo della loro dannazione.

3. Chiunque muore in peccato mortale porta con sé una volontà che in qualche maniera detesta la divina giustizia.

Ed è così che nel dannato ci può sempre essere la bestemmia.

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