Supplemento alla III parte

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Articolo 6 - Se pecchi mortalmente chi chiede il debito coniugale nei tempi sacri

Pare che chiedendo il debito coniugale nei tempi sacri uno pecchi mortalmente.

Infatti:

1. S. Gregorio [ Dial. 1,10 ] racconta che una donna, prendendo parte una mattina a una processione dopo avere avuto nella notte rapporti col marito, fu invasata dal demonio.

Ma ciò non sarebbe capitato se non avesse peccato mortalmente.

Quindi ecc.

2. Chi agisce contro un precetto di Dio fa peccato mortale.

Ora il Signore, agli Ebrei che stavano per ricevere la legge, diede nell'Esodo [ Es 19,15 ] questo comando: « Non unitevi alle vostre mogli ».

Perciò fanno un peccato mortale molto più grave i mariti che si accostano alle loro mogli nel tempo in cui sono chiamati a frequentare i sacramenti della nuova legge.

In contrario:

Nessuna circostanza aggrava il peccato all'infinito.

Ora, il tempo indebito è una semplice circostanza.

Quindi non può aggravare all'infinito un peccato, così da renderlo mortale mentre esso di per sé sarebbe veniale.

Dimostrazione:

Chiedere il debito coniugale in giorno di festa non è una circostanza tale da mutare la specie del peccato.

Perciò non può aggravarlo all'infinito.

Quindi la moglie o il marito che chiede il debito coniugale in giorno di festa non pecca mortalmente.

Tuttavia sarebbe un peccato più grave chiederlo solo per il piacere che chiederlo per paura della fragilità della carne.

Analisi delle obiezioni:

1. Quella donna fu punita non per aver reso il debito coniugale, ma per aver partecipato subito dopo a delle funzioni sacre, agendo contro coscienza.

2. Quel testo non basta a provare che quell'atto è un peccato mortale, ma solo che è disdicevole.

Infatti nell'antica legge, data a uomini carnali, vennero imposte con valore di precetto molte norme riguardanti la mondezza esterna che non sono richieste nella nuova legge, che è « la legge dello spirito » [ Rm 8,2 ].

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