Supplemento alla III parte

Indice

Articolo 3 - Se le anime del paradiso o dell'inferno possano uscirne

Pare che le anime del paradiso o dell'inferno non possano uscirne.

Infatti:

1. Dice S. Agostino [ De cura pro mortuis 13.16 ]: « Se le anime dei defunti si potessero occupare delle cose dei vivi, la mia santa madre, per non parlare di altri, non mi lascerebbe solo neppure una notte; lei che mi ha seguito per mare e per terra pur di vivere assieme a me »; e ne conclude che le anime dei defunti non si intromettono nelle vicende dei vivi.

Ma esse potrebbero intromettervisi se potessero uscire dalle loro dimore.

Quindi non possono uscirne.

2. Il Salmista [ Sal 27,4 ] pregava: « Perché io abiti nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita ».

E Giobbe [ Gb 7,9 ] dichiara: « Chi scende agli inferi più non risale ».

Quindi tanto i buoni quanto i cattivi non escono mai dalle loro dimore.

3. Abbiamo visto sopra [ a. 2 ] che dopo la morte alle anime verranno assegnate delle dimore in premio o in pena.

Ma dopo la morte non diminuiscono né i premi dei santi, né le pene dei dannati.

Quindi essi non escono dalle loro dimore.

In contrario:

1. S. Girolamo così redarguisce Vigilanzio [ Contra Vigil. 6 ]: « Tu affermi che le anime degli apostoli e dei martiri hanno preso dimora o nel seno di Abramo, o nel luogo del riposo, o sotto l'altare di Dio, e che esse non possono essere presenti, quando vogliono, presso le proprie tombe.

E così tu vuoi dettar legge a Dio!

Vuoi mettere le catene agli apostoli, condannandoli al carcere fino al giorno del giudizio, in modo che non possano stare col loro Signore quelli di cui è scritto che "seguono l'Agnello dovunque egli vada".

Ma se l'Agnello è dovunque, bisogna ritenere che anche quelli che lo accompagnano sono dappertutto ».

È quindi ridicolo affermare che le anime non escono dalle loro dimore.

2. Inoltre, nello stesso luogo, S. Girolamo dice: « Se il diavolo e i demoni scorrazzano in tutto il mondo e si rendono presenti ovunque con incredibile velocità, perché i martiri, che hanno profuso il loro sangue, dovrebbero rimanere chiusi nel loro sepolcro senza poterne uscire? ».

Dal quale argomento si può concludere che non soltanto i buoni, ma anche i cattivi escono talvolta dalle loro dimore, in quanto la loro dannazione non è più grande di quella dei demoni, i quali scorrazzano ovunque.

3. La stessa verità risulta anche dai Dialoghi di S. Gregorio [ 4, cc. 12,16,30,40,55 ], dove si parla di molte apparizioni di defunti.

Dimostrazione:

Dal paradiso o dall'inferno si può uscire in due modi: primo, abbandonando del tutto quei luoghi per avere un'altra dimora, e in questo senso, come si dirà in seguito [ q. 71, a. 5, ad 5 ], nessuno che sia destinato definitivamente al paradiso o all'inferno può uscirne.

Ma si può pensare anche a un'uscita provvisoria, e in questo caso bisogna distinguere ciò che conviene alle anime secondo la legge naturale e ciò che conviene ad esse secondo l'ordine della divina provvidenza: poiché come dice S. Agostino [ De cura pro mortuis 13.16 ], « altri sono i limiti delle cose umane, altri i segni della potenza divina; altro ciò che avviene naturalmente, altro ciò che avviene in modo miracoloso ».

Ora, dal punto di vista puramente naturale le anime separate e già destinate alle proprie dimore sono assolutamente estranee alla compagnia dei viventi.

Infatti gli uomini che tuttora vivono nel loro corpo non possono comunicare direttamente con gli esseri spirituali, poiché ogni nostra cognizione scaturisce dai sensi; e d'altra parte quelli dovrebbero uscire dalle loro dimore solo per prendere parte alle vicende umane.

Tuttavia, per disposizione della divina provvidenza, talvolta le anime separate escono dalla loro dimora per apparire agli uomini, come S. Felice martire apparve visibilmente agli abitanti di Nola, mentre erano assediati dai barbari, secondo quanto riferisce S. Agostino [ De cura pro mortuis 13.16 ].

E si può ritenere che talvolta sia concesso anche ai dannati di apparire ai vivi per ammaestrarli o per spaventarli, oppure per chiedere suffragi, se si tratta di anime che si trovano in purgatorio, come appare chiaro dalla lunga trattazione in merito che troviamo in S. Gregorio [ Dial. 4, cc. 30,40,55 ].

Ma c'è una differenza tra i santi e i dannati, dato che i primi possono apparire quando vogliono, a differenza dei secondi.

Come infatti i santi, mentre sono ancora in vita, ricevono come grazia carismatica il dono di quei miracoli che solo la potenza divina può fare, a differenza di coloro che sono privi di questo dono, così non c'è nulla di sconveniente che in virtù della loro gloria venga concessa ai santi la facoltà di apparire ai vivi quando vogliono, mentre gli altri appaiono solo quando Dio lo permette.

Analisi delle obiezioni:

1. S. Agostino, come è chiaro dal contesto, si riferisce al comune ordine della natura.

- Non segue però che i morti, pur potendo apparire quando vogliono, di fatto appaiano con la stessa frequenza di quando erano in vita, poiché i disincarnati o si conformano in tutto al divino volere, per cui non è loro permesso di fare se non ciò che essi intuiscono conforme alle divine disposizioni, oppure sono talmente afflitti dalle pene da pensare più alla propria miseria che ad apparire agli altri.

2. I testi addotti si riferiscono all'uscita definitiva dal paradiso o dall'inferno, non a quella provvisoria.

3. Come si è detto sopra [ a. 1, ad 3 ], il luogo destinato alle anime ridonda in premio o in pena delle stesse in quanto ne ricevono gioia o dolore.

Questa gioia o questo dolore non cessano però nell'anima che esce da tali luoghi: come il prestigio di un vescovo, che in chiesa ha la cattedra quale posto onorifico, non diminuisce quando egli se ne allontana; poiché anche se non vi siede attualmente, tuttavia quel luogo gli compete per diritto.

Bisogna poi rispondere anche agli argomenti in contrario:

1. [ S. c. 1 ]. S. Girolamo tratta di ciò che forma la sovrabbondanza della gloria eterna degli apostoli e dei martiri, e non di ciò che loro conviene per natura.

E quando afferma che essi sono dovunque non vuol dire che si trovino nello stesso momento in più luoghi o in ogni luogo, ma che possono essere presenti dove vogliono.

2. [ S. c. 2 ]. La posizione dei demoni o degli angeli non è la stessa delle anime beate o dannate.

Infatti gli angeli, buoni o cattivi, hanno riguardo agli uomini il compito di vigilarli o di provarli.

Il che non si può dire delle anime degli uomini; alla cui gloria però compete la facoltà di essere presenti dove vogliono.

Ed è questo che voleva dire S. Girolamo.

3. [ S. c. 3 ]. Sebbene talvolta le anime dei santi o dei dannati siano presenti dove appaiono visibilmente, non bisogna tuttavia credere che ciò avvenga sempre.

Talora infatti queste apparizioni avvengono, durante il sonno o la veglia, per opera dei buoni o dei cattivi spiriti, per istruire o per ingannare i vivi.

Anzi, si dà il caso che appaiano anche i vivi, e durante il sonno dicano agli altri molte cose, senza tuttavia essere presenti, come S. Agostino [ De cura pro mortuis cc. 11,12,17 ] dimostra con numerosi esempi.

Indice