Appendici al supplemento della III parte

Indice

Articolo 6 - Se con la pena del purgatorio venga espiato il peccato veniale in quanto colpa

Pare che con la pena del purgatorio non venga espiato il peccato veniale in quanto colpa.

Infatti:

1. A commento delle parole di S. Giovanni [ 1 Gv 5,16 ]: « Vi è un peccato che conduce alla morte », ecc., la Glossa [ interlin. ] afferma: « Di ciò che non si corregge in questa vita inutilmente si chiede il perdono dopo la morte ».

Quindi nessun peccato viene perdonato quanto alla colpa dopo la vita presente.

2. Spetta al medesimo soggetto cadere nel peccato e venirne liberato.

Ma l'anima dopo la morte non può cadere nel peccato veniale.

Quindi neppure è in grado di esserne assolta.

3. S. Gregorio [ Dial. 4,39 ] afferma che al giudizio ognuno si troverà quale uscì dal corpo: poiché, come dice la Scrittura [ Qo 11,3 ], « l'albero là dove cade rimane ».

Se quindi uno esce da questa vita col peccato veniale, al giudizio comparirà col peccato veniale.

Perciò nel purgatorio nessuno espia il peccato veniale in quanto colpa.

4. Un peccato attuale non viene cancellato che dalla contrizione, come si è visto sopra [ q. 2, a. 3 ].

Ma dopo la vita presente non ci sarà la contrizione, che è un atto meritorio: poiché allora non ci sarà più né merito né demerito; infatti, come dice il Damasceno [ De fide orth. 2,4 ], « per gli uomini la morte costituisce ciò che per gli angeli fu la caduta ».

Quindi dopo la vita presente il peccato veniale non sarà perdonato sotto l'aspetto della colpa.

5. Il peccato veniale non è in noi se non per il fomite: come infatti si è spiegato sopra [ In 2 Sent., d. 21, q. 2, a. 3; cf. I-II, q. 89, a. 3 ], Adamo nello stato di innocenza non avrebbe potuto commettere un peccato veniale.

Ora dopo la vita presente, nel purgatorio, non ci potrà essere la sensualità, con la distruzione del fomite nelle anime separate: poiché il fomite viene chiamato da S. Paolo [ Rm 7,18ss ] « legge della carne ».

Quindi non ci potranno essere delle colpe veniali.

Così dunque il peccato veniale non potrà essere espiato dal fuoco del purgatorio.

In contrario:

1. S. Gregorio [ Dial. 4,39 ] e S. Agostino [ De vera poenit. 4 ] affermano che certe colpe leggere saranno rimesse nel secolo futuro.

Ora, non è possibile che essi affermino ciò della pena: poiché in tale senso anche le colpe più gravi vengono espiate nel purgatorio quanto al loro debito o reato di pena.

Perciò i peccati veniali vengono espiati col fuoco del purgatorio anche sotto l'aspetto della colpa.

2. Con i termini « legna, fieno e paglia » S. Paolo [ 1 Cor 3,12 ] denomina i peccati veniali, come si è detto [ In 4 Sent., d. 21, q. 1, a. 2, sol. 1; cf. I-II, q. 89, a. 2 ].

Ma la legna, il fieno e la paglia vengono consumati nel purgatorio [ 1 Cor 3,15 ].

Quindi le stesse colpe veniali vengono rimesse dopo la vita presente.

Dimostrazione:

Alcuni hanno affermato che dopo la vita presente nessun peccato viene rimesso sotto l'aspetto della colpa.

Per cui se uno muore in peccato mortale si danna, e non è più in grado di ottenere il perdono.

D'altra parte non può essere che uno muoia nel peccato veniale e non in quello mortale: poiché la grazia finale basta a purificare dal peccato veniale.

Infatti il peccato veniale si verifica per il fatto che uno, pur avendo Cristo come fondamento, ama eccessivamente un bene temporale: e tale eccesso è dovuto alla corruzione della concupiscenza.

Per cui se la grazia vince del tutto tale corruzione, come avvenne nella Beata Vergine, il peccato veniale non può verificarsi.

Ora, siccome al momento della morte questa concupiscenza viene del tutto sminuita e annientata, di conseguenza le potenze dell'anima saranno totalmente soggette alla grazia, e il peccato veniale sarà eliminato.

Ma questa opinione è frivola, sia in se stessa che nei suoi motivi.

In se stessa perché va contro le affermazioni dei Santi e del Vangelo.

Le quali non possono essere applicate alla remissione dei peccati veniali quanto alla pena, come dice il Maestro nel testo delle Sentenze [ 4,21,6 ]: perché allora nel secolo futuro verrebbero rimesse ugualmente sia le colpe leggere che quelle gravi; e invece S. Gregorio [ cf. s. c. 1 ] insegna che dopo questa vita verranno rimesse solo le colpe leggere.

- Né convince la spiegazione che essi portano dicendo che ciò viene detto in particolare per quelle leggere affinché non si pensi che non soffriremo per esse nulla di grave: poiché il fatto che le pene vengano rimesse viene più a diminuire che ad accrescere la loro gravità.

Inoltre l'opinione appare frivola nei suoi motivi, poiché la debolezza fisica che si verifica al termine della vita non toglie e non diminuisce la corruzione della concupiscenza nella sua radice, ma solo nei suoi atti: come capita a tutti quelli che si ammalano gravemente.

Né ciò acquieta le potenze dell'anima così da assoggettarle alla grazia: poiché ciò avviene quando le potenze inferiori obbediscono alle potenze superiori « che si adeguano con gioia alla legge di Dio » [ Rm 7,22 ]; il che non può avvenire in tale stato, venendo impedite le funzioni delle une e delle altre.

- A meno che per tranquillità non si intenda la mancanza di combattimento, quale si verifica nei dormienti.

Nei quali però non si dice che il sonno diminuisce la concupiscenza, o tranquillizza le potenze dell'anima, o le assoggetta alla grazia.

Inoltre, anche ammettendo che quella debolezza fisica diminuisca radicalmente la concupiscenza sottomettendo le facoltà dell'anima alla grazia, ciò non basterebbe ancora a purgare dalle colpe veniali già commesse, sebbene basti a evitare quelle future: poiché un peccato attuale, anche veniale, non viene perdonato senza un moto attuale di contrizione, come si è detto sopra [ In 4 Sent., d. 17, q. 2, a. 3, sol. 3 ], per quanto possa essere intensa la disposizione abituale.

Ora, capita talora che uno muoia nel sonno, essendo in grazia di Dio ma con qualche peccato veniale: costui quindi non può avere prima della morte un atto di contrizione del peccato veniale.

- Né vale dire, come essi fanno, che se uno non è pentito con l'atto o col proposito, generale o speciale, il suo peccato si trasforma in mortale, poiché il veniale diventa mortale quando c'è la compiacenza.

Infatti non ogni compiacenza veniale costituisce un peccato mortale, altrimenti ogni peccato veniale sarebbe mortale: poiché ogni colpa veniale piace, essendo volontaria; costituisce invece un peccato mortale la sola compiacenza che arriva alla fruizione, nella quale si concreta « ogni perversità umana », come scrive S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 30 ], « venendo noi a fruire delle cose che dovremmo usare ».

Perciò la compiacenza che costituisce il peccato mortale è una compiacenza attuale: poiché ogni peccato mortale consiste in un atto.

Ora, può capitare invece che dopo aver commesso un peccato veniale uno non ci pensi in alcun modo, né per detestarlo né per approvarlo, ma pensi ad es. che il triangolo ha i tre angoli uguali a due angoli retti, e in questo pensiero si addormenti e muoia.

- È quindi chiaro che questa opinione è del tutto irragionevole.

Perciò bisogna affermare con altri che la colpa veniale, in colui che muore in grazia, viene rimessa dopo la vita presente mediante il fuoco del purgatorio: poiché questa pena, che in qualche modo è volontaria, in virtù della grazia avrà la capacità di espiare ogni colpa che sia compatibile con lo stato di grazia.

Analisi delle obiezioni:

1. La Glossa riferita parla del peccato mortale.

Oppure si può rispondere che sebbene [ il peccato veniale ] non venga corretto in questa vita direttamente, tuttavia è qui che viene corretto quanto al merito: poiché le anime hanno meritato qui di rendere meritoria in purgatorio la loro pena.

2. Il peccato veniale si verifica nell'uomo per la corruzione del fomite, che non ci sarà più nelle anime separate che si trovano in purgatorio.

Perciò queste non potranno peccare venialmente.

La remissione dei peccati invece si produce nella volontà informata dalla grazia, che non mancherà nelle anime purganti.

Perciò il parallelismo non sussiste.

3. I peccati veniali non incidono sullo stato di un uomo: poiché essi né tolgono né diminuiscono la carità, che è la misura della bontà [ soprannaturale e ] gratuita di un'anima [ In 1 Sent., d. 17, q. 2, a. 5; cf. II-II, q. 24, a. 10].

Per il fatto quindi che i peccati veniali vengono commessi o vengono rimessi, l'anima rimane tale quale era prima.

4. Dopo la vita presente non ci può essere merito rispetto al premio essenziale, ma ci può essere rispetto a qualcosa di accidentale, fino a che l'uomo rimane in qualche modo nello stato di via.

E così in purgatorio ci può essere un atto meritorio quanto alla remissione dei peccati veniali.

5. Sebbene il peccato veniale derivi dall'inclinazione del fomite, tuttavia la colpa si produce nell'anima.

Perciò dopo la distruzione del fomite la colpa può ancora sussistere.

Indice