Ester

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Introduzione

Contenuti

Il libro di Ester si presenta come un dramma.

L'azione viene ambientata nella città di Susa, sede della corte del re persiano, nella quale si decreta prima lo sterminio generale degli Ebrei ( c. 3 ), i quali, capovolgendosi del tutto questa situazione di minaccia, vengono poi autorizzati con un nuovo editto a vendicarsi dei loro nemici ( c. 8 ).

Per dare corpo a questa contrapposizione si presentano, nel ruolo di moglie del re, due figure femminili, delle quali la prima, Vasti, viene ripudiata a causa di una sua capricciosa insubordinazione ( c. 1 ), provocando così la promozione a regina della seconda, Ester, una ragazza ebrea preferita alle altre per la sua bellezza ( c. 2 ).

Ester, nel momento del bisogno, sarà pronta a intercedere per la salvezza del suo popolo, anche a rischio della propria vita ( c. 5 ).

Alle due figure femminili sono accostati due personaggi maschili, che svolgono la funzione di primo ministro del re.

Il contrasto tra loro è netto.

Da un lato si trova Aman, che in modo del tutto arbitrario decreta lo sterminio degli Ebrei ( c. 3 ), e dall'altro l'ebreo Mardocheo, servitore fedele che riesce a far revocare il precedente decreto, dopo che Aman è stato impiccato sul palo che lui stesso aveva preparato per Mardocheo.

In questo modo, sia per Ester come per Mardocheo, si attua un "capovolgimento di situazione", la vera idea-madre del libro, destinato a coinvolgere tutti i Giudei.

Tale modello narrativo si ritrova già nella vicenda di Giuseppe e nella storia dell'esodo: chi è prima il perseguitato ( Giuseppe, Mosè ) diventa poi l'artefice imprevisto della salvezza del suo popolo.

Schema

Presentazione dei personaggi ( 1a,1a-3,6 )

Minaccia contro gli Ebrei ( 3,7-5,14 )

Rivincita degli Ebrei ( 6,1-10,3l ).

Caratteristiche

"In mezzo a tutte le razze che vi sono nel mondo si è mescolato un popolo ostile il quale, vivendo con leggi diverse da quelle di ogni altra nazione, trascura sempre i decreti del re, così da compromettere la pace delle nazioni da noi consolidata" ( 3,13d ).

Queste parole di accusa contro i Giudei, che si trovano in una delle aggiunte proprie della versione greca, rendono bene lo spirito che sta all'origine di tutto il racconto.

Si può dire infatti che il dramma mira a dare consapevolezza dell'identità ebraica nel contesto cosmopolita e minaccioso della diaspora, che vorrebbe imporre a tutti uno stesso modello di vita.

La rivincita degli Ebrei, presentata nel racconto con gli eccessi della vendetta e della crudeltà, desta di solito un certo scandalo nel lettore.

Si deve però notare il carattere romanzesco del racconto, che ama ricorrere agli eccessi e alle nette contrapposizioni.

Il racconto, inoltre, in ragione della sua funzione popolare, assume toni buffi e grotteschi: si ha così una rappresentazione forte e immaginaria della violenza che serve a sdrammatizzare le tensioni etniche e sociali.

Origine

Il libro, ambientato in epoca persiana ( 538-333 a.C. ), relativamente tranquilla, sembra riflettere piuttosto l'atmosfera eroica e bellicosa delle lotte maccabaiche ( II sec. a.C. ).

A quell'epoca dovettero dunque appartenere anche i primi lettori di Ester.

Alla fine del libro si parla della festa di Purìm, la cui etimologia ricorderebbe la "sorte" ( pur ) gettata da Aman per stabilire la data in cui si doveva compiere lo sterminio degli Ebrei, data che poi diviene giorno di vittoria e di gioia.

Sembra invece più verosimile che questa festa, legata inizialmente alla primavera, abbia avuto un'origine straniera e che, adottata dagli Ebrei della diaspora, sia stata poi "nazionalizzata" collegandola con il racconto di uno scampato pericolo che si ritorce sul persecutore.

Il libro di Ester ci è pervenuto in due lingue diverse: in ebraico e in greco ( LXX ).

Un Giudeo anonimo, vissuto all'epoca dei Maccabei, fu autore del testo ebraico.

Il testo greco fu opera di un Giudeo della diaspora, molto probabilmente di Alessandria d'Egitto.

Esso si differenzia dall'ebraico non solo per sei ampie aggiunte, inserite nei momenti più significativi ( e segnalate in questa versione dalle lettere minuscole scritte accanto al numero del versetto ), ma anche per il diverso tono del racconto e per le divergenze di nomi e di numeri.

Nelle sei aggiunte del testo greco, ciò che maggiormente spicca è una esplicita e forte religiosità.

Nel testo ebraico a Dio si accenna una sola volta, senza peraltro nominarlo, per affermare la certezza che Israele avrà sempre un liberatore, qualunque sia il pericolo che lo sovrasta ( 4,14 ).

Il testo greco trasforma questa certezza in una professione di fede nel Dio dell'alleanza, professione scandita attraverso le suppliche di Mardocheo e di Ester ( 4,17a-17z ).

Poste nel momento più drammatico della vicenda, queste suppliche fanno intendere al lettore che sarà solo Dio a dare salvezza.

Questi, d'altronde, chiede alle sue creature di collaborare con la preghiera fiduciosa e il coraggio dell'azione.

Commento di Luigi Moraldi

Est. è stato trasmesso in due testi notevolmente diversi: uno breve, l'altro molto più diffuso.

Il più breve è il testo ebraico.

Consta di 10 cc., da un racconto completo e continuo e tralascia ogni espressa manifestazione di pietà, di religione e anche lo stesso nome di Dio.

Il testo più diffuso è il greco.

Come l'ebraico, consta di 10 cc., ma il materiale proprio contenuto in essi equivale in estensione a ca. i due terzi del testo ebraico.

Mentre il testo ebraico non ha varianti degne di nota, del testo greco abbiamo due recensioni o forme: una, rappresentata dai codici Vaticano, Sinaitico, Alessandrino ecc., l'altra, al contrario, è generalmente assai più diffusa della precedente di cui è - con molta probabilità - un rimaneggiamento, ed è rappresentata dalla recensione di Luciano ( 312 ) nota dai codici 19.23.108.

Anche delle versioni latine si hanno due recensioni.

La prima è rappresentata dall'antica versione latina anteriore a Girolamo, fatta direttamente sul greco di un codice molto vicino alla prima recensione greca.

La seconda è rappresentata dalla versione fatta da Girolamo direttamente dall'ebraico, mancante quindi delle parti proprie del greco che Girolamo mise in appendice al termine del libro traducendole alquanto liberamente da un codice greco della prima recensione.

Come si debba spiegare l'origine del duplice testo del nostro libro è tuttora discusso.

Può darsi che i due testi - l'ebraico e il greco - siano sorti da un unico fondo, più sviluppato dal narratore greco e meno da quello ebraico, e che - dopo la versione in greco del testo ebraico - quest'ultimo sia stato adottato nel testo originale greco per tutte quelle parti in cui i due testi avevano la stessa materia.

Come può darsi che il testo greco sia una amplificazione ispirata dal testo ebraico.

La situazione del duplice testo di Est. fu il principale motivo per cui qualche Padre della Chiesa ebbe esitazioni circa l'ispirazione e la canonicità dei passi propri del testo greco, Girolamo nella versione pose questi passi in appendice.

Le stesse esitazioni per motivi parzialmente identici si fecero sentire anche nella tradizione giudaica per il testo ebraico: in fine tuttavia si risolse pienamente in favore del carattere sacro e canonico del libro.

Nella Chiesa non ci furono dubbi sulla canonicità del testo ebraico; mentre le esitazioni sul testo greco, pur essendo rimaste un fatto temporaneo e ben limitato, rappresentano il motivo per cui le parti che gli sono proprie appartengono ai deuterocanonici:

cioè a quei libri o parti di libri - come è nel nostro caso - che universalmente furono riconosciuti come sacri solo più tardi a causa di dubbi sorti in qualche Chiesa particolare circa la loro divina origine.

La Chiesa universale li ritenne sempre sacri e, di fronte ai dubbi, esplicito la propria fede in vari sinodi, concili e decreti ( l'introduzione a Giuditta ).

La nostra traduzione non segue quindi l'ordine della versione latina di Girolamo ma quello del testo greco come già l'antica versione latina.

Il testo ebraico è tradotto direttamente dall'ebraico, i passi propri del testo greco sono tradotti dal greco e inseriti nel corso della narrazione in base all'ordine del testo greco; e attenendoci alla edizione critica più comune - del Rahlfs - ne abbiamo seguito anche l'enumerazione dei versetti propri del greco.

Quando il re Ciro dei Persiani e dei Medi conquistò l'impero babilonese nell'autunno dell'anno 539, ai Giudei deportati da Nabucodonosor diede la facoltà di ritornare nella Palestina ( editto dell'estate del 538, Esd 1 ).

Molti di costoro rinunciarono tuttavia al beneficio dell'editto: giri di affari, posti ragguardevoli raggiunti alla corte e nell'alta società, e altre cause molteplici li consigliarono a restare senza che la loro determinazione fosse un indice di una fede religiosa affievolita o di uno spirito nazionale meno vivo.

È nell'ambiente di questi numerosi Giudei rimasti in Mesopotamia dopo l'editto di Ciro e nelle nuove condizioni di vita instaurate dalla sconfitta dell'impero neo-babilonese, che si inquadra la narrazione di Est.

Mardocheo, un Giudeo funzionario di corte del re Assuero, dopo un sogno che gli anticipa gli eventi futuri, sventa una congiura contro il re attirandosi l'inimicizia di un certo Aman, persona influentissima presso lo stesso re ( 1,1a-r ).

Assuero e la regina Vasti danno due solenni conviti; ma all'invito di presentarsi al re nel convito degli ufficiali, dignitari e del popolo, la regina si rifiuta ( 1,1-12 ) e il re la rigetta ( 1,13-22 ).

Tra le vergini ricercate in tutto l'impero per dar modo ad Assuero di scegliersi una nuova moglie e regina, c'è anche Ester, una Giudea orfana, figlia dello zio di Mardocheo ( 2,1-8 ); la fanciulla, che non manifesta l'origine giudaica, conquista le grazie del re ed è scelta come moglie e incoronata regina ( 2,9-23 ).

Aman elevato al rango di primo ministro è indignato per il comportamento di Mardocheo e, con l'approvazione del re, decide una generale azione antigiudaica per tutto l'impero ( 3,1-15 ).

Nella generale costernazione dei Giudei dopo l'editto del re, Mardocheo ammonisce Ester sul dovere che ha di agire presso il re in favore di tutti ( 4,1-16 ); una duplice preghiera manifesta i sentimenti dei due protagonisti ( 4,17a-z ).

Ester invita il re e Aman a un convito al termine del quale li invita a un secondo ( 5,1-8 ); Aman inorgoglito decide di fare appendere Mardocheo a un palo di 25 m. ca. prima di presentarsi al secondo convito ( 5,9-14 ).

Ma in quella notte il re leggendo gli annali del regno domanda quale ricompensa sia stata data a Mardocheo per avere sventato il tradimento e, fallosi giorno, ordina che Aman in persona gli renda i massimi onori per le vie della capitale ( 6,1-14 ).

Durante il secondo convito Ester manifesta la propria origine giudaica e i disegni di Aman contro il suo popolo ( 7,1-6 ); il re ordina che Aman sia appeso al palo al posto di Mardocheo e che questi gli succeda nella prima carica del regno ( 7,7-8,2 ).

Mardocheo, in nome del re, ordina ai Giudei di tutte le province di difendersi nel giorno destinato al loro sterminio, mentre un nuovo editto da ai Giudei le più ampie libertà e ordina ai capi persiani di aiutarli contro chi volesse assalirli ( 8,3-9,19 ).

Con lettere ai connazionali, Ester e Mardocheo istituiscono la festa dei Purim nei giorni 14 e 15 di Adar per commemorare il grande evento ( 9,20-32 ).

Il libro termina con un nuovo accenno alla potenza del re Assuero e del suo ministro Mardocheo che ora comprende il sogno avuto precedentemente.

Una notizia finale notifica da chi fu fatta la traduzione del testo greco e quando il libro fu portato in Egitto.

Dal punto di vista letterario è da tutti riconosciuto l'aspetto drammatico del piano dell'opera, la presentazione dei personaggi ne accentua gli aspetti tipici.

Assuero: il classico monarca orientale; Aman: il tipico nemico dei Giudei, Mardocheo: il patriota astuto e zelante; Ester: la fanciulla delicata che soggioga tutti con la propria bellezza e spinge all'estremo il patriottismo.

Anche lo stile e il vocabolario sono scelti a effetto: formule sonore, affettazione nell'uso di termini tecnici, abbondanza di immaginazione ecc.

Dal punto di vista della realtà storica, la questione è alquanto più complessa: si tratta di un puro fatto storico oppure di una semplice finzione letteraria o di una composizione libera su di un nucleo storico?

Ognuna di queste ipotesi ha sostenitori e non mancano ragioni che - almeno apparentemente - la rendono verosimile.

Oggi, tra gli esegeti cattolici, prevale nettamente la sentenza che considera Est. come una narrazione libera su un nucleo fondamentale storico.

La sentenza si basa principalmente sulle seguenti osservazioni: l'A. si mostra accurato e ben informato su vari particolari concernenti la città di Susa, la corte persiana e il re Assuero.

Assuero - che nel testo greco è denominato Artaserse - corrisponde al termine persiano Akhshjarshu ( = ebraico Akhashuerosh' ), cioè Serse I; e il quadro con cui inizia il libro è in armonia col periodo che seguì la sconfitta di Serse nella guerra contro i Greci: per consolarsi della sconfitta, aumentò le sregolatezze ( Erodoto, IX,108-113 ).

La brillante carriera di Mardocheo non è molto incredibile se si tiene presente quella per es. di Esdra e Neemia.

L'A. del testo greco pare abbia considerato o la narrazione o il testo ebraico di indole nettamente libera.

Nel libro esistono difficoltà storione che non si possono risolvere nella sentenza che sostiene una storicità stretta, mentre si comprendono in un genere letterario più libero.

Per quanto concerne le testimonianze dei Padri, è certo che da esse non si può dedurre più di quanto si vide a riguardo di Giudit.

Queste e altre ragioni inducono alla conclusione che l'A. lavorando su un nucleo essenziale storico, nella disposizione dei fatti, nella composizione delle scene, nell'esprimere i sentimenti delle persone, nell'adattamento letterario proporzionato ai lettori immediati abbia usufruito di una libertà molto ampia così che è spesso difficile distinguere i particolari storici da quanto è dovuto alla veste letteraria.

Sull'A. non si sa nulla non solo di preciso, ma neppure di fondatamente probabile.

Quanto alla data, nel complesso gli studiosi convengono nel ritenere che i due testi ( ebraico e greco ) rispecchiano condizioni cronologiche diverse e che tutti e due sono stati scritti in epoche distanti dal nucleo storico che costituisce la base della narrazione.

Tuttavia gli studiosi, almeno quelli che ammettono un fondamentale nucleo storico, ritengono che l'A. o gli autori si siano serviti di tradizioni orali e di documenti scritti.

Per la data di composizione si parla, più precisamente, dell'epoca posteriore alla caduta dell'impero persiano ( anno 332 ) in un periodo che va dal 160 al 114: in 2 Mac 15,36 ( anno 160 ) si parla infatti di una festa detta giorno di Mardocheo.

Segno che Est. o almeno la storia in esso narrata erano già noti.

Inoltre se il Tolomeo di cui si parla in 10,3i è Tolomeo VIII, si conclude che il quarto anno del suo regno ( cioè l'anno 114 ) è la data limite per la completa sistemazione del testo greco.

Un'altra sentenza che riteniamo più probabile, fondandosi soprattutto sulle idee espresse nel libro, pensa a una data posteriore alla precedente. 10,3i.

Nel testo ebraico l'aspetto religioso del libro è molto contenuto; Dio non è mai espressamente nominato; ne si parla mai di pentimento o penitenza neppure nei momenti di prova.

Una spiegazione sufficiente per questo aspetto quasi profano del libro non è ancora stata data.

Non è forse improbabile che ci si trovi di fronte a un giudaismo che si sta secolarizzando, preoccupato più della razza e della nazione che non della fede.

Pur dietro le quinte, si sente tuttavia che è sempre Dio che agisce e dirige gli eventi e si percepisce chiaramente che gli attori immediati ne hanno coscienza ( 4,13-17; 6,2; 9,1 ).

La reticenza del testo ebraico è abbondantemente compensata dal copioso materiale religioso del testo greco che in questo si differenzia nettamente dal primo.

Nel complesso dal testo ebraico e dal greco emerge una grande e totale fede in Dio, nella sua provvidenza, e la certezza religiosa del trionfo finale del bene sul male ( l'introduzione a Giuditta ).

Quanto potrebbe gettare un'ombra sulla religione del nostro libro è in parte da spiegare con il genere letterario o indole della narrazione; in parte dal paragone con altri testi orientali imparentati donde appare trattarsi, più di un manifesto di lotta che di un vero e proprio programma, in parte da certe idee particolaristiche ( note anche da altri libri dell'A. T. ) comuni in certi ambienti giudaici; e in parte dal carattere limitato e parziale della religione dell'A. T. che maggiormente ci fa apprezzare la sublimità del N. T.

Conferenze

Introduzione

Don Federico Tartaglia

Libro di Ester

Card. Gianfranco Ravasi

Libro di Ester

Continua

Don Donisio Candido

Libro di Ester

P. Giulio Michelini

Libro di Ester - Lectio

P. Giorgio Maria Fare

Catechesi sulla fede ( Capitolo 3 di Ester )

Don Marco Farina

La fede della Regina Ester

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