1 Corinzi

Indice

Introduzione

Contenuti

La lettera è costituita da una serie di risposte a problemi della comunità di Corinto, sui quali Paolo era stato informato a voce o per lettera, mentre si trovava a Èfeso ( At 19,1-20,1 ).

La lettera contiene, fra l'altro,

il più antico racconto della celebrazione dell'eucaristia ( 11,23-25 ),

una testimonianza della prima catechesi cristiana sulle apparizioni del Risorto ( 15,3-7 )

e, nell'inno alla carità, una delle pagine più poetiche e spirituali della Bibbia ( 13,1-13 ).

Alla base di ogni affermazione sta il ruolo fondamentale e unico di Cristo, il Signore crocifisso e risorto, sapienza di Dio.

A lui ogni credente appartiene mediante il battesimo, così da formare con lui un solo corpo ( 6,15-20; 10,15-18; 12,1-31 ).

Questa profonda visione di fede dà alla lettera, nonostante la varietà degli argomenti, un'indiscutibile unità.

Schema

Vengono trattati nell'ordine questi temi:

Indirizzo, saluto e ringraziamento ( 1,1-9 )

Divisioni nella comunità ( 1,10-4,21 )

Scandali e liti ( 5,1-6,20 )

Matrimonio e verginità ( 7,1-40 )

Culto pagano e culto cristiano ( 8,1-11,34 )

Il valore dei carismi ( 12,1-14,40 )

Risurrezione dei morti ( 15,1-58 )

Una colletta, prossima venuta di Paolo, raccomandazioni e saluti ( 16,1-24 ).

Caratteristiche

Fra le lettere di Paolo la prima ai Corinzi è la più aderente alla situazione dei destinatari.

Costruita attorno a problemi comunitari, diversi e distribuiti senza un qualche ordine, essa ci offre un quadro significativo della vita di quella comunità e dei rapporti di Paolo con i suoi discepoli.

Parole di affetto paterno ( 4,15 ) s'intrecciano a rimproveri severi, dai toni polemici fino al sarcasmo ( 4,8-13; 4,21; 5,3-5 ).

Origine

La lettera fu scritta da Paolo mentre si trovava ad Èfeso, sul finire del suo soggiorno in quella città ( 16,5-9 ), verso gli anni 55-56.

Corinto era città cosmopolita, capitale della provincia romana dell'Acaia e grande centro commerciale, famosa per il tempio di Afrodite e per la proverbiale corruzione.

I destinatari della lettera erano passati dal paganesimo alla fede in Cristo quattro o cinque anni prima, grazie alla predicazione di Paolo ( At 18,1-18 ).

Con essi l'apostolo aveva frequenti rapporti attraverso lettere o persone ( 1,11; 4,17; 5,1; 11,18 ).

La Chiesa di Corinto era composta per lo più di gente povera, di scarso peso sociale, che oscillava tra una tolleranza scandalosa ( 5,2 ) e un ascetismo eccessivo ( 7,1-6 ).

Commento di Nicola Palmarini

La Corinto, a cui sono indirizzate le due lettere canoniche di S. Paolo sorgeva 8 km. a sud-ovest dell'istmo, sul luogo già occupato dall'antica città greca, e precedentemente da una colonia che si era stabilita alle sorgenti di Pirene poco dopo il 1000 a. C.

L'antica città aveva conosciuto due periodi di grande splendore: al tempo dei Tiranni ( sec. VI ) e nell'età ellenistica; poi era stata rasa al suolo da Lucio Mummio Acaico nel 146 a. C.

Rimasta disabitata per un secolo, nel 45 Giulio Cesare fece ricostruire sulle sue rovine la Colonia Laus Iulia Corinthiensis, fatta in seguito capitale dell'Acaia, che a partire dal 44 fu creata provincia senatoria.

A Corinto perciò risiedeva un proconsole.

Questi, al tempo della prima permanenza di Paolo nella città, era Gallione, fratello di Seneca.

Benché situata in zona poco fertile, Corinto godeva tuttavia di una posizione privilegiata per il commercio, affacciandosi su due mari, l'Egeo e lo Ionio, e disponendo di due porti, Cencree a oriente e Lechaion a occidente.

Di capitale importanza per i traffici marittimi, era pure assai rinomata per i suoi vasi e bronzi ricercatissimi.

La popolazione della città si aggirava sui 600 mila abitanti, di ogni provenienza, razza, condizione e religione.

Se la colonia romana era assai folta, nondimeno la maggioranza della popolazione era costituita da Greci, Egiziani e orientali.

Tra questi ultimi, numerosi erano i Giudei, che vi possedevano una sinagoga ( At 18,4ss ).

Naturalmente pullulavano a Corinto le religioni più disparate: dal giudaismo alle religioni ellenistiche e orientali più strane, spesso di tendenza sincretistica.

Anche i dislivelli sociali vi erano molto accentuati.

Di fronte a una minoranza di gente ricchissima, languiva una massa enorme di schiavi ( circa due terzi della popolazione ) è di gente miserabile.

Tutto ciò spiega la triste nomea di città corrottissima che Corinto s'era formata dappertutto.

Per indicare una vita sregolata, si diceva « vivere alla maniera dei Corinzi », e « ragazza di Corinto » era sinonimo di ragazza scostumata.

Senza dubbio, tale situazione morale dipendeva in parte dalle condizioni sociali degli abitanti, dalla miseria e dal carattere portuale della città; tuttavia doveva essere pure notevolmente determinata dal turpe culto della dea Afrodite.

Sull'Acrocorinto sorgeva infatti il santuario della dea e là, a testimonianza di Strabene, vivevano circa mille sacerdotesse o hierodùle, dedite alla prostituzione sacra.

Un'iscrizione c'informa che era perfino riservato loro un posto speciale in teatro.

Non desta perciò meraviglia ne il quadro che Paolo traccia della corruzione pagana ( Rm 1,18-32 ), ne gli accenni che egli fa ai gravi disordini morali, verificatisi nella stessa comunità cristiana di Corinto ( 1 Cor 5,1; 1 Cor 6,9-20; 1 Cor 10,8; 2 Cor 7,1 ).

La città era dotata di un bel teatro, di una vasta « agorà » o piazza, intorno alla quale erano gli edifici pubblici, come il senato, i mercati, le botteghe e il luogo dove si esercitava la giustizia.

Molti erano ancora i templi e famoso era lo stadio, dove si svolgevano i cosiddetti « giuochi istmici », non meno celebrati, dagli antichi, di quelli olimpici.

S. Paolo fondò la Chiesa di Corinto nel suo secondo viaggio apostolico ( 1 Cor 3,6.10 ).

Dopo l'insuccesso di Atene, egli passò a Corinto ( intorno al 50 ) e vi rimase diciotto mesi almeno.

Durante questo periodo ebbe abitualmente al suo fianco Sila e Timoteo.

Dapprima si dedicò ai Giudei e ai proseliti; ma quando si manifestò l'ostilità dei Giudei verso il cristianesimo, allora si occupò dei pagani, guadagnandone molti alla fede.

In generale, i convertiti erano di umile condizione ( 1 Cor 1,26-28 ) e, a giudicare dai nomi conservatici, di diversa provenienza.

I Giudei, pur osteggiando la nuova fede, non riuscirono ad impedire gran che la diffusione dell'evangelo, poiché la loro influenza era assai modesta sia sulla popolazione che sulle autorità ( At 18,12ss ).

Paolo restò a Corinto fino al 52 ( 51? ) e probabilmente per circa quattro anni non vi fece ritorno, a meno che non si ammetta la ipotetica « breve visita » di 1 Cor 16,7.

Dopo qualche tempo dalla partenza dell'apostolo, giunse nella città Apollo, un giudeo proveniente da Alessandria e convertitosi al cristianesimo.

Con la sua cultura, eloquenza e zelo egli ottenne molte conversioni; quindi raggiunse Paolo ad Efeso, dove lo troviamo quando l'apostolo detta la lettera ( 1 Cor 16,12 ).

È probabile che siano stati a Corinto anche dei discepoli di Pietro e forse lo stesso principe degli apostoli ( nota a 1 Cor 1,12 ).

Infine, devono aver predicato a Corinto alcuni Giudei palestinesi, sfavorevoli a Paolo.

In ogni caso non v'è dubbio che parecchi altri predicarono a Corinto dopo Paolo ( 1 Cor 3,10ss ); sicché la comunità, favorita da carismi straordinari, si consolidò ed estese notevolmente.

L'apostolo, anche da lontano, non mancò di interessarsi del buon andamento della sua Chiesa.

Secondo l'opinione di molti, ad essa scrisse quattro lettere, delle quali due soltanto sono giunte fino a noi ( Introd. a 2 Cor. ).

Alla sua prima lettera, andata perduta ( 5,9 ), i Corinzi risposero proponendogli vari quesiti e chiedendo istruzioni.

Tali quesiti, unitamente a informazioni circa abusi e disordini avute da altre fonti, diedero occasione alla composizione della nostra lettera, scritta da Efeso ( 16,8.19 ) durante il terzo viaggio apostolico, tra il 53 e il 56 e, certo, non oltre il 57.

Anzi, dal saluto che inviano ai lettori le « Chiese dell'Asia » ( 16,19 ) risulta che l'apostolo aveva già fondato un buon numero di cristianità nella provincia romana d'Asia ( nota a At 16,6 ); ciò fa supporre che da tempo egli fosse là e quindi che la lettera debba datarsi con la seconda metà del suo soggiorno efesino, durato due anni e tre mesi ( At 19,8.10 ).

Più in particolare, vari indizi, convergenti e richiamanti la primavera ( gli Azzimi, 5,6ss; le primizie, 15,20; le corse nello stadio, 9,24ss ), come pure la sua intenzione di fermarsi ad Efeso fino a Pentecoste ( 16,19 ), autorizzano la congettura che la lettera sia stata scritta nella primavera del 56 ( o 57 ).

Nessuno osa più negare, oggi, l'autenticità della lettera.

Testimonianze storielle antichissime, indipendenti e degne di fede, come quelle di Clemente Rom., Ignazio di Antiochia, Policarpo, Ireneo, Tertulliano e Frammento Muratoriano affermano concordemente e senza incertezza la genuinità di questo scritto.

D'altra parte, le testimonianze esterne trovano la più ampia conferma nella lettera stessa.

Vocabolario, stile, allusioni personali, dottrina ecc., tutto porta i caratteri inconfondibili della personalità dell'apostolo.

Il quadro poi che si ricava dallo scritto sulla vita ecclesiastica e spirituale della comunità di Corinto è tale, che può convenire soltanto ai primi anni di quella giovane Chiesa.

L'importanza eccezionale della nostra lettera si rileva dall'esuberante ricchezza teologica e ascetica e dal contenuto storico.

Per le dottrine teologiche può bastare un semplice cenno ad alcuni punti, quali: la dottrina sul carattere soprannaturale della fede cristiana, basata sopra la sapienza e la forza di Dio, la Chiesa, Corpo mistico di Cristo, l'eucaristia, sacrificio e sacramento, la risurrezione di Gesù e la risurrezione della carne; le virtù teologali della fede, speranza e carità; la visione beatifica ecc.

Dalla nostra lettera si potrebbe ricostruire quasi per intero il Credo.

Delle dottrine ascetiche, esposte qui, è sufficiente ricordare le seguenti: la sapienza della croce; la castità cristiana; il distacco dal mondo; la carità; la rinuncia apostolica ecc.

La nostra lettera, poi, per la sua antichità, la sua immediatezza nel descrivere una cristianità primitiva con le sue difficoltà, rivalità, influssi eterogenei sulla dottrina e condotta morale dei fedeli, è un documento storico incomparabile; unico, diremmo, per conoscere la vita della Chiesa nel secondo decennio dopo l'ascensione di Gesù.

La lettera sopporta difficilmente una divisione.

Le sue principali articolazioni sono però seguite nel commento. note a 1,10; 7,1; 8,1; 12,1; 15,1; 16,1.

Conferenze

Don Federico Tartaglia

Lettera 1 Corinzi

Card. Gianfranco Ravasi

Parla alla Chiesa di Dio che è in Corinto

Non sapete che siete tempio di Dio?

Giancarlo Bruni

Attraversare i conflitti


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