20 Ottobre 1971

Crescente affetto per la Chiesa tempio animato di Spirito Santo

La Beatificazione del P. Massimiliano Maria Kolbe, avvenuta domenica 17 ottobre in questa basilica di S. Pietro, ci richiama ad una « nota », ad un aspetto esteriore e ad una proprietà interiore della Chiesa, la santità, sulla quale vogliamo oggi, per un istante, richiamare la vostra attenzione.

La chiamiamo santa la Chiesa: perché e come?

Innanzi tutto, proponendovi questo tema per il nostro incontro nell'udienza generale, Noi seguiamo una linea metodologica, che ci siamo prefissa da qualche tempo, la linea dell'osservazione positiva, ottimista, se volete, secondo la quale dobbiamo scoprire e considerare i valori, sì, positivi, costruttivi, quelli buoni, quelli che ci fanno scoprire l'opera di Dio nella Chiesa, e lo sforzo dei figli fedeli per corrispondere alla loro vocazione cristiana.

Vorremmo così invitare questi figli fedeli a non volgere sistematicamente, quasi per partito preso, lo sguardo su gli aspetti negativi della Chiesa, o meglio della vita degli appartenenti alla Chiesa, ma a voler girare lo sguardo sulla prospettiva confortante, edificante, tonificante della vita ecclesiastica.

Cioè: a passare dalla critica corrosiva all'osservazione amorosa di essa ( Cfr. Y. Congar, Vraie et fausse réforme dans l'Eglise, Introd. ).

Realistica pretende d'essere la prima, quella che, forse partendo da una buona intenzione, vuol essere riformatrice, e vuole assumersi la funzione di denunciare, ormai senza mezze misure, le debolezze e le difformità della Chiesa odierna rispetto al suo impegno evangelico, per auspicare l'avvento d'una Chiesa nuova e idealizzata secondo le proprie esigenze critiche e spesso utopistiche e eversive.

Gioco pericoloso cotesto, anche se invalso talora in spiriti intelligenti ed in ambienti animati da certo spirito rinnovatore.

Pericoloso, perché sa di insofferente, se non altro, della comunione effettiva e cordiale dei fratelli e dei pastori della Chiesa;

pericoloso, perché, partendo spesso da osservazioni oggettive, giunge facilmente a conclusioni soggettive arbitrarie, o prive di senso storico e di realismo umano e sociale, rifiutando la dottrina della Chiesa per indulgere a teorie e a politiche avverse alla fede;

pericoloso, diciamo, perché valendosi di atteggiamenti severi ed esigenti sia nel campo culturale che morale nei riguardi della Chiesa istituzionale, cade poi nei facili conformismi alle idee di moda e scivola spesso verso l'abolizione di norme morali di grande rilievo; e ancora,

pericoloso, perché si arroga quella autorità di giudizio che esso ha contestato all'autorità legittima e responsabile; e

pericoloso, infine, perché consuma presto la provvista di carità, con cui era partito, sospinto da una velleità profetica di riallacciarsi al filo delle origini cristiane, per mutarsi - ahimé - ben presto in accusatore polemico e intemperante, sostituendo all'umile e verace amore esaurito la propria sufficienza ambiziosa, scontrosa, solitaria.

Una visione oggettiva

Diciamo però subito: la visione che Noi vorremmo riscontrare nei figli fedeli non è una visione convenzionale e unilaterale, sempre puerilmente encomiastica, miope o cieca circa i falli e i difetti della vita ecclesiale; non vuole essere acritica e parziale; obbediente fino alla passività, ossequiente fino all'adulazione.

Vuole essere anch'essa oggettiva, nel riconoscere con le manchevolezze anche le virtù ed i meriti, nel promuovere costantemente la debita rinnovazione della Chiesa, e nell'amarla, in ogni caso, anzi tanto di più quanto maggiori ne fossero i bisogni e le infermità.

Questa è la direzione verso la quale vorremmo orientati, ripetiamo, i figli fedeli della Chiesa.

Tanto è vero che noi stessi cerchiamo di capire quanto vi può essere di buono, di vero e di utile negli atteggiamenti negativi, di cui dicevamo;

cerchiamo cioè di profittare dei rimproveri, che sono mossi nei riguardi della vita ecclesiale com'è, per meglio capire come essa dovrebbe essere;

cerchiamo di accogliere nelle istanze circostanti d'inquietudine e di confusione l'anelito che vi si nasconde ad un'autenticità cristiana, sceverandolo da un istintivo compromesso con la nuova mitologia d'un umanesimo economico, erotico e rivoluzionario.

L'orientamento nostro, ripetiamo, è rivolto alla santità della Chiesa e nella Chiesa.

Nessuno che abbia fede nella parola del Signore vorrà contestare, vorrà dimenticare che la Chiesa è santa.

Qui il termine Chiesa si riferisce al mistero della sua definizione nel pensiero divino, cioè al piano d'amore e di salvezza con cui Dio concepì un'umanità abilitata a chiamarlo Padre, perché vivente di Cristo, della sua parola e del suo Spirito;

santa dunque perché sollevata ad una vita soprannaturale e associata ad un'ineffabile comunione col Dio vivente, uno e trino;

santa, perché resa essa stessa, la Chiesa, sacramento e veicolo di questa effusione divina, che chiamiamo grazia, e per ciò stesso « Madre dei Santi » ( Cfr. Rm 1,7 ), cioè dotata di poteri rigeneratori e santificanti;

santa, perché fin da questo soggiorno terreno e temporale gli uomini che vi appartengono sono già santi, in una certa misura e in certo attuale regime tendenziale a piena santità; sono « stirpe eletta, sacerdozio regale, gente santa, … popolo di Dio » ( 1 Pt 2,9-10 ), sono consacrati a Dio.

La Chiesa è la zona di luce celeste proiettata sul mondo, santa pertanto nel disegno di Dio e nell'economia di grazia che la avvolge; è la « santa Chiesa »; e tanto a noi dovrebbe bastare per cercarne il concetto generatore, l'immagine ideale nella sua patria d'origine e di arrivo che è appunto Dio Creatore, che si rivela Dio Amore; e per associare la santità della Chiesa ad una sua identificazione con la bellezza, quale maggiore può irradiarsi sul volto dell'umanità.

Santità della Chiesa: non basta da sé a farci contemplativi, entusiastici e felici?

Che cosa è la bellezza se non una rivelazione dello Spirito?

E dove la troveremo questa rivelazione più intuitiva e più beatificante, che nell'umanità resa Corpo di Cristo e tempio animato di Spirito Santo?

Sappiamo noi per la Chiesa far nostro il gaudio del Salmista: « Quanto sono amabili i tuoi padiglioni, o potente Iddio »? ( Sal 83,2 )

Ma, poi, ecco la nostra delusione: alla santità della Chiesa, vista nel suo disegno ideale e divino, non corrisponde sempre la santità nella Chiesa, vista nella realtà umana dei membri che vi appartengono: questi, anche se già ammessi in quel « regno di Dio che già è tra voi » ( Lc 17,21 ), restano ancora uomini deboli e fragili e peccatori, tanto che per possederlo veramente « il regno di Dio - dice il Signore - si acquista con la forza, e sono i violenti che se ne impadroniscono » ( Mt 11,12 ).

Avviene perciò che l'incoerenza fra la vocazione alla santità, propria dei cristiani, e la loro deficienza morale provoca scandalo, uno scandalo purtroppo frequente ed oggi spesso tanto sensibile nell'opinione pubblica; e provoca l'indignazione di Colui che ci ha invitati al convito: « Amico, come sei qua entrato senza la veste nuziale? » ( Mt 22,12 ).

Ma no scandalo per noi amorosi della santa Chiesa; dolore e stimolo piuttosto, esame di coscienza, volontà di ripresa, comprensione evangelica ( Cfr. Lc 9,55 ).

Un criterio fondamentale della vita cristiana

Così che questa impellente esigenza alla conformità della condotta, anzi della perfezione morale coerente col carattere religioso e mistico del seguace del Vangelo costituisce uno dei criteri fondamentali della vita cristiana, sia personale che collettiva; e, mentre tale esperienza obbliga a sottoporre continuamente la vita cristiana ad una vigilanza critica, si rivolge inesorabile, prima che ad altri, a ciascuno di noi: sono io davvero fedele, davvero cristiano?

Prima di giudicare gli altri dobbiamo giudicare noi stessi.

Stimolante questione, dalla quale, noi crediamo, scaturiscono feconde energie morali, quelle che generano il sentimento ed il costume caratteristico della comunità ecclesiale; le dànno l'avvertenza della sua condizione di « Chiesa pellegrina », di umanità in cammino verso un sempre necessario perfezionamento; e producono in alcuni spiriti valorosi una tensione interiore, la quale, mentre accresce in loro un senso profondo di umiltà, li spinge all'ansia e all'audacia della santità.

Questo fatto, per impulso certamente della grazia, è tuttora operante nella Chiesa di Dio; e noi lo possiamo osservare in tante esistenze, forse a noi vicine, le quali, senza raggiungere i livelli straordinari della notorietà, canonizzata dalla Chiesa, possono certamente chiamarsi santità.

A questa dobbiamo guardare per goderne la visione edificante, per accettarne lo stimolo, per assecondarne la virtù riformatrice.