Cantico dei Cantici

Indice

Introduzione

Contenuti

Si tratta di una raccolta di poemetti, in cui i protagonisti, un giovane e una fanciulla, esprimono il loro reciproco amore nell'alternarsi di diverse situazioni:

la gioia di incontrarsi,

la tristezza di separarsi,

la ricerca affannosa della persona amata.

All'interno del loro dialogo d'amore, appare di tanto in tanto un "coro" ( le figlie di Gerusalemme, ad es. 1,5 ), che contribuisce a dare a tutta la composizione l'aspetto di un dramma, con le varie scene che si susseguono.

Schema

Prologo ( 1,1-4 )

Primo poema ( 1,5-2,7 )

Secondo poema ( 2,8-3,5 )

Terzo poema ( 3,6-5,1 )

Quarto poema ( 5,2-6,3 )

Quinto poema ( 6,4-8,4 )

Epilogo ( 8,5-7 )

Appendici ( 8,8-14 ).

Caratteristiche

Questo libro si presenta con caratteristiche tutte proprie all'interno della Bibbia, in quanto in esso si parla solo dell'amore umano, senza alcun riferimento esplicito a Dio e ai grandi temi della fede del popolo d'Israele;

Inoltre il realismo delle sue immagini e del suo linguaggio, a prima vista, può sconcertare chi non conosce la mentalità degli antichi Orientali.

Ma chi ha raccolto questi canti d'amore e li ha inseriti nel libro sacro d'Israele, ha compiuto un'opera di grande sapienza.

Non ha modificato il messaggio di queste poesie amorose ma le ha arricchite e come glorificate, proiettandole sullo sfondo dell'amore che Dio ha per ogni creatura umana e, in particolare, per il popolo d'Israele.

La descrizione del rapporto d'amore fra uomo e donna, offerta da questi canti, estende così ad ogni coppia umana quella profonda gratitudine verso il Creatore, che si percepisce nelle parole di Adamo di fronte alla sua donna Eva ( Gen 2,18-24 ) e orienta inoltre a riflettere, con cuore riconoscente, sul rinnovato rapporto sponsale tra Dio e Israele, dopo la notte dell'esilio ( 6,1-3 ).

Origine

Anche per questo libro, come per Qoèlet e Sapienza, l'attribuzione a Salomone è fittizia ( 1,1; di lui si parla in terza persona in 1,5; 3,7-11; 8,11-12 ).

Il Cantico dei Cantici è stato letto nella comunità ebraica dopo l'esilio babilonese.

Ammaestrata dalla dura esperienza dell'esilio, questa comunità viene spronata a collocare l'amore sponsale indiviso verso il suo Dio come fondamento della ricostruzione spirituale e sociale della nazione.

Si pensa che la forma attuale possa risalire al IV sec. a.C., ad opera di un redattore finale, che tuttavia ha utilizzato materiale molto più antico.

Comento di Gianfranco Nolli

Il titolo, Cantico dei Cantici, è un superlativo che, secondo l'indole della lingua ebraica, mette in rilievo l'eccellenza della composizione.

Il tema del breve poemetto è l'amore, cantato con tutte le risorse meravigliose della sensibilità orientale.

Per gli occidentali il testo sembra a volte sovraccarico, a volte piuttosto violento nelle espressioni, tuttavia, anche a una prima lettura, non risulta volgare.

Come davanti a ogni capolavoro, anche qui dobbiamo renderci conto di essere sulle più alte vette dell'arte: è facile, per i superficiali, superare quel limite che è perfezione, e rovinare per la china opposta.

La forma dialogata di Cant. diede origine alle più disparate teorie: si volle vedere in esso un dramma pastorale, un'elegia, un poemetto diviso in canti, un centone formato dalla raccolta senz'ordine di canti amorosi.

Ma soprattutto è appassionante il problema: qual è il significato di questo libro?

Canta un amore sacro o profano?

Naturalmente ci furono sostenitori di tutte le tendenze, ma ora pare che gli studiosi si accordino su un punto almeno: la presenza di Cant. nel canone dei libri sacri dimostra che esso fu inteso dagli Ebrei come il poema dell'amore sacro, cantato sotto le vesti e le forme di un amore umano.

Varie però le interpretazioni del modo e del genere di cui l'A. si è servito.

Elenchiamo le principali.

Cant. sarebbe un insieme di canti popolari d'amore, il cui fondo comune costituisce l'unica ragione di unione tra di loro: per il resto, rimangono perfettamente indipendenti.

Ma la presenza dei medesimi personaggi che conservano dall'inizio alla fine caratteristiche uguali di lingua e di espressione; l'identità del tono idillico e dello stile nobile, la mancanza delle sciatterie di cui la poesia popolare non è mai priva; il ritorno di frasi e di situazioni che sembrano richiamate ad arte, vanno facendo perdere sempre più terreno a questa teoria.

Secondo altri, si tratterebbe di una raccolta, varia nel tempo, di canti che venivano recitati in occasione di nozze, durante i tradizionali sette giorni di festa.

Per i sostenitori di questa teoria Cant. possiede quell'unità e varietà che spiega tanto l'esistenza di ritornelli, quanto di personaggi presentati a volte come pastori, a volte come principi e re.

La teoria si divide così in: teoria drammatica pastorale e teoria drammatica regale.

Nella prima, un pastore ama, riamato, una pastorella - la Shulamita - e con lei vive la vita semplice dei campi; un fastoso monarca, Salomone, si invaghisce della pastorella e la fa rapire.

Sottoposta alle prove più allettanti, la pastorella rimane sempre fedele al contadinello e, alla fine, viene lasciata tornare a casa.

Il dramma regale invece presenta Salomone come il personaggio principale: ci sarebbe un contrasto, fra l'amore sensuale di Salomone e quello spirituale della Shulamita.

I vari brani di Cant. sarebbero l'espressione dei sentimenti o sensuali o mistici dei due personaggi principali.

Recentemente gli studiosi si sono orientali verso una considerazione più attenta dei poemi d'amore egiziani, la cui principale caratteristica è quella di rivelare l'unità nella varietà.

Ogni parte del poema cioè potrebbe stare a sé e descrivere un sentimento particolare: tuttavia i canti sono uniti nel loro insieme per delineare tutta una storia d'amore e quindi, benché separabili e individualmente perfetti, sono parti di un tutto, membra di un corpo unico.

Ora proprio questo era il punto oscuro di Cant.: come giustificare l'unione di vari canti in un poema.

Lo studio accurato della letteratura egiziana rivela la presenza, presso quel popolo, di un genere di composizione lirica in tutto simile, nella struttura esterna, a quella di Cant.

Date le relazioni sempre molto intense tra il popolo ebraico e l'Egitto, non pare difficile ammettere che quella sia la fonte dalla quale proviene la struttura letteraria di Cant.

Agli studiosi moderni appare ormai insostenibile la posizione di coloro che vedevano in Cant. una semplice collezione di canti profani d'amore introdotta per caso o per errore nel canone dei libri sacri.

Tuttavia essi non sono d'accordo nel modo con cui lo si debba interpretare: parabola o allegoria?

Oppure l'una temperata con l'altra?

Bisogna dire che ne la pura allegoria ne la pura parabola soddisfano completamente: d'altra parte una netta distinzione fra i due generi è praticamente irrealizzabile.

Forse proprio nella linea di un contemperamento di elementi parabolici e allegorici sta la vera soluzione del problema, sebbene non sia sempre facile determinare a quale dei due campi si debba ascrivere ogni singolo episodio.

Alcuni pensano che in Cant. sia celebrata l'unione di Jahve con il suo popolo: opinione diffusissima nel mondo ebraico e che ha solido fondamento, sia per la cosa in se stessa, sia per la dottrina comune circa i rapporti fra Dio e il suo popolo.

Infatti i profeti, che furono sempre i più validi difensori del genuino senso religioso ebraico, ebbero una vera predilezione per la vita semplice dei campi e della pastorizia.

Lontano dalle città corrotte, perché spesso modellate sull'esempio di quelle cananee, il severo culto di Jahve poteva esercitarsi con maggiore sincerità, sia per la mancanza di riti pagani dallo splendore seducente, sia per le esigenze più frugali della vita e che perciò ponevano minore necessità di contatti commerciali con popoli idolatri.

Il programma religioso dei profeti avrebbe trovato dunque un clima ideale nella vita campestre.

Dio stesso si presenta volentieri come pastore di Israele; questa metafora rispecchia così bene l'indole e le aspirazioni religiose del popolo, che durò, con fortuna veramente rara, lungo tutto il corso della letteratura ebraica, fino a essere consacrata dallo stesso Gesù.

È da sottolineare Is 5,1-7 dove Israele è paragonato a una vigna, simbolo che ritorna anche in Cant., insieme con il mio diletto, cui Isaia dedica il canto e che la sposa invoca tanto spesso in Cant.

E ancora l'ambiente profetico offre solide basi alla teoria del matrimonio tra Dio e il popolo ebraico.

Per indicare infatti le strette relazioni che corrono tra Dio e il suo popolo, e la conseguente necessità di una continua fedeltà, i profeti ricorrono all'immagine del vincolo coniugale, tanto che l'abbandono del culto legittimo di Jahve viene definito adulterio ( Is 54,5.6; Is 62,4.5; Ger 2,2; Ez 16,8-14; Os 2,16-20 ).

Questo termine parve così felice nel suo drastico significato, che dall'A. passò nel N. T. e fu impiegato da Gv 3,29; 2 Cor 11,2; Ap 21,9 e da Mt 12,39, il quale presenta Cristo come lo sposo e paragona ai festeggiamenti nuziali il suo soggiorno sulla terra ( Mt 9,1.15 ).

Dunque l'interpretazione mistico-matrimoniale di Cant. si basa su una lunga tradizione ed è in perfetta corrispondenza con idee che ebbero grande sviluppo nella storia della religiosità ebraica.

Altri invece pensano che Cant, voglia glorificare la santità del matrimonio ebraico, senza escludere che, in senso più ampio, si possa allargare tale celebrazione al matrimonio cristiano o anche solo al « matrimonio » tra Jahve e il suo popolo: l'istituto naturale del matrimonio assurgerebbe a un senso più alto e spirituale, fondato sulla eccellenza e bontà di natura.

I cristiani hanno dato a Cant. un'interpretazione ascetico-mistica, vedendo in esso la celebrazione delle nozze di Cristo e della Chiesa, fino all'applicazione personale delle relazioni che passano tra Cristo e ogni anima cristiana, tra Cristo e Maria Vergine.

Gli antichi ritenevano che autore di Cant. fosse Salomone, i moderni rifiutano tale opinione, non solo perché si ignora se il titolo posto all'inizio del poema sia originale o aggiunto, ma anche per ragioni linguistiche ( presenza di vocaboli aramaici e di costrutti non classici ).

Si aggiunga, poi, che l'idea di unione matrimoniale tra Dio e il popolo ai moderni appare quasi insostenibile se non la si ambienta nella predicazione profetica, che la diffuse e la coltivò con grande zelo: perciò Cant. non potrebbe essere più antico dei profeti.

Dunque, grande la varietà delle opinioni: alcuni attribuiscono Cant. all'epoca immediatamente preesilica o postesilica, altri lo collocano al tempo dei Persiani; altri addirittura all'epoca dei Maccabei.

Nel sinodo di Jamnia ( 90 d. C. ) si accese una disputa fra i dottori ebrei se Cant. si dovesse conservare o meno nel canone: il parere dei rabbini più autorevoli confermò che Cant. doveva essere ritenuto santo: anzi ( disse Rabbi Akiba ) se le altre Scritture sono sante, Cant. è santissimo.

Questa discussione perciò dimostra che Cant. era stato accolto nel canone in epoca molto antica.

Dagli Ebrei lo ricevette la Chiesa e perciò tutti i Padri lo considerarono ispirato.

Unica eccezione l'interpretazione attribuita a Teodoro di Mopsuestia, condannata dal concilio II di Costantinopoli.

Conferenze

Don Federico Tartaglia

Cantico dei Cantici

Card. Gianfranco Ravasi

Rilettura del Cantico dei Cantici

Enzo Bianchi

L'amore di coppia

L'amore umano

Roberto Benigni

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Rosanna Virgili

Il Canto più bello

J.Guyon

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Ludger Schwienhorst

Amore, amicizia, matrimonio e sessualità nel Cantico dei Cantici

Associazione Biblica della Svizzera

Una lettura ebraica, una lettura cristiana

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