La giustizia nel mondo

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III. L'attuazione della giustizia

39. La testimonianza della chiesa

Molti cristiani sono portati a vere « affermazioni » di giustizia attraverso modi diversi di azione per la giustizia, ispirata dalla carità secondo la grazia che hanno ricevuto da Dio.

Per alcuni di loro tale azione si verifica nell'ambito dei conflitti sociali e politici, nei quali i cristiani rendono testimonianza al Vangelo.

Dimostrando che nella storia esistono fonti di sviluppo diverse dalla lotta, cioè l'amore e il diritto.

Questa proprietà dell'amore nella storia conduce altri cristiani a preferire la via della azione non violenta e l'azione nei confronti della pubblica opinione.

40. Se la chiesa deve rendere testimonianza alla giustizia, essa riconosce che chiunque ha il coraggio di parlare della giustizia agli uomini, deve lui per primo esser giusto ai loro stessi occhi.

È quindi necessario che noi stessi facciamo un esame circa il modo di agire, i beni posseduti e lo stile di vita, che si hanno all'interno stesso della chiesa.

41. Devono essere rispettati i diritti in seno alla chiesa.

Di conseguenza, qualunque sia il modo con cui uno è associato alla chiesa, non per questo dev'essere privato dei diritti, che abitualmente gli spettano.

Coloro che servono la chiesa con il proprio lavoro - non eccettuati i presbiteri e i religiosi - devono ricevere i mezzi sufficienti per il proprio sostentamento ed usufruire di quelle assicurazioni sociali, che esistono in ciascuna regione.

Ai laici devono essere assegnati un equo stipendio e una conveniente promozione.

Rinnoviamo il voto che siano i laici a svolgere le principali funzioni per quanto attiene alle proprietà della chiesa, e abbiano parte nell'amministrazione dei suoi beni.

42. Vogliamo anche che le donne abbiano la propria parte di responsabilità e di partecipazione nella vita comunitaria della società e anche della chiesa.

43. Noi proponiamo che questo argomento venga sottoposto a profondo esame, con mezzi adeguati, per es. ad opera di una commissione mista composta di uomini e donne, di religiosi e laici, di diverse condizioni e competenze.

44. A tutti la chiesa riconosce il diritto a una conveniente libertà di espressione e di idee, il che include anche il diritto che ciascuno sia ascoltato nello spirito di dialogo, il quale mantiene una legittima diversità nella chiesa.

45. La procedura giudiziaria deve concedere all'imputato il diritto di conoscere i suoi accusatori, come anche il diritto di un'adeguata difesa.

Per esser completa, la giustizia deve includere la rapidità del processo.

Il che è richiesto, in particolar modo, nelle cause matrimoniali.

46. Infine, i membri della chiesa devono avere una qualche partecipazione nella preparazione delle decisioni, secondo le norme date dal concilio Vaticano II e dalla Santa Sede, ad esempio per quanto riguarda la costituzione dei consigli a tutti i loro livelli.

47. Per quanto si riferisce alle cose temporali, qualunque sia il loro uso, non si deve mai giungere a un punto tale da rendere ambigua la testimonianza evangelica, che la chiesa deve rendere.

La conservazione di alcune posizioni di privilegio dovrebbe essere costantemente sottoposta al criterio di questo principio.

E benché in generale sia difficile stabilire un limite tra ciò che è necessario per il retto uso e ciò che è richiesto dalla testimonianza profetica, non c'è dubbio, però, che si debba ritenere fermamente il principio: la nostra fede esige da noi una certa parsimonia nell'uso delle cose, e la chiesa è tenuta a vivere e ad amministrare i propri beni in modo da annunciare il vangelo ai poveri.

Se, al contrario, la chiesa si presenta come uno dei ricchi o dei potenti di questo mondo, risulta diminuita la sua credibilità.

48. Il nostro esame di coscienza deve raggiungere quello che è lo stile di vita di tutti: vescovi, presbiteri, religiosi, religiose e laici.

In mezzo ai popoli bisognosi, ci si deve domandare se il fatto dell'appartenenza alla chiesa non introduca, nel contesto generale di un ambiente povero, in un'isola di agiatezza.

Nelle società a più alto consumo, ci si dovrà chiedere se il proprio stile di vita dia realmente l'esempio di quella parsimonia riguardo al consumo, che noi predichiamo agli altri come necessaria per sostentare tante migliaia di affamati in tutto quanto il mondo.

49. L'educazione alla giustizia

La vita quotidiana del cristiano, operando come un fermento evangelico nella famiglia, nella scuola, nel lavoro, nella vita sociale e civile, è il contributo specifico che i fedeli portano alla giustizia, a cui, però, si aggiungono le prospettive e il significato che essi possono dare agli sforzi umani.

Pertanto, il metodo di educazione deve essere tale da insegnare agli uomini a condurre una vita nella sua realtà globale e secondo i principi evangelici della morale personale e insieme sociale, che si esprima in una vitale testimonianza cristiana.

50. Sono, infatti, evidenti gli impedimenti a quel progresso, che vivamente auspichiamo per noi stessi e per gli uomini.

La forma di educazione, che per lo più è ancora in vigore ai nostri giorni, favorisce un gretto individualismo.

Una parte dell'umana famiglia vive come immersa in una mentalità che esalta il possesso.

La scuola e i mezzi di comunicazione sociale, spesso ostacolati dall'ordine stabilito, permettono di formare unicamente l'uomo come l'ordine stesso lo vuole, fatto cioè a sua immagine; non un uomo nuovo, bensì la riproduzione dell'uomo così com'è.

51. Questa educazione, poi, esige il rinnovamento del cuore, basato sulla conoscenza del peccato nelle sue manifestazioni individuali e sociali.

Essa suggerirà anche una forma autenticamente e integralmente umana di vivere nella giustizia, nella carità, nella semplicità.

Susciterà, parimenti, la facoltà critica che porta a riflettere intorno alla società, nella quale viviamo, e ai suoi valori, preparando gli uomini ad abbandonare definitivamente quegli stessi valori quando cessano di essere utili a tutti gli uomini.

Lo scopo principale di tale educazione alla giustizia, per le nazioni in via di sviluppo, consiste nel tentativo di scuotere la coscienza, onde si renda conto della concreta situazione, e nell'invito a conseguire un miglioramento totale; elementi, questi, da cui appunto comincia la trasformazione del mondo.

52. Questa educazione, in quanto capace di render tutti profondamente più umani, aiuterà gli uomini nel futuro a non rimanere oggetto di manipolazione né ad opera dei mezzi di comunicazione sociale, né ad opera delle forze politiche; al contrario, servirà a renderli idonei a regolare il loro proprio destino ed a formare delle comunità autenticamente umane.

53. Pertanto, tale educazione giustamente è detta permanente, in quanto si riferisce a tutti gli uomini ed a tutte le età.

Essa è anche pratica, perché avviene mediante l'azione e la partecipazione, nonché il contatto vitale con le realtà stesse dell'ingiustizia.

54. La prima educazione alla giustizia avviene, anzitutto, nella famiglia.

Sappiamo bene che a questo contribuiscono non solo le istituzioni ecclesiastiche, ma anche le altre scuole, i sindacati e i partiti politici.

55. Il contenuto di questa educazione necessariamente comporta il rispetto della persona umana e della sua dignità.

Poiché qui si parla della giustizia mondiale, prima di tutto si dovrà seriamente affermare l'unità dell'umana famiglia, in seno alla quale, secondo la disposizione divina, l'uomo nasce.

Segno di questa solidarietà per i cristiani dovrà essere il fatto che tutti gli uomini sono destinati a diventare, in Cristo, partecipi della natura divina.

56. I principi fondamentali, mediante i quali l'influsso evangelico ha operato nella vita sociale contemporanea, si trovano in quella sintesi organica di dottrina, che è stata proposta, in forma graduale e opportuna, dalla enciclica Rerum Novarum fino all'epistola apostolica Octogesima Adveniens.

Con la costituzione del concilio Vaticano II Gaudium et Spes, la chiesa ha meglio compreso, come mai prima, quale sia la sua posizione nel mondo contemporaneo, nel quale il cristiano, praticando la giustizia, lavora per la propria salvezza.

L'enciclica Pacem in Terris ci ha offerto la magna charta dei diritti dell'uomo.

La giustizia internazionale nell'enciclica Mater et Magistra comincia a occupare il primo posto e, mentre nella Populorum Progressio si esprime più compiutamente in forma di un vero e proprio trattato del diritto allo sviluppo, nella Octogesima Adveniens si risolve in un complesso di elementi che riguardano l'azione politica.

57. Come l'Apostolo, noi esortiamo in forma opportuna e importuna, perché il verbo di Dio sia presente al centro delle situazioni umane.

I nostri interventi intendono esprimere quella fede che oggi impegna la nostra vita e quella di tutti i cristiani.

È nostro vivo desiderio che tali interventi siano sempre conformi alle circostanze di tempo e di luogo.

La nostra missione ci impone il dovere di denunciare coraggiosamente le ingiustizie con carità, prudenza e fermezza, in un dialogo sincero con tutte le parti interessate.

Sappiamo, infatti, che le nostre denunce potranno ottenere consenso solo nella misura in cui saranno coerenti con la nostra vita e si manifesteranno in un'azione costante.

58. La liturgia, la quale è il cuore della vita della chiesa e alla quale noi presiediamo, può essere di grande aiuto nell'educazione alla giustizia.

Essa, infatti, è azione di grazie al Padre in Cristo, esprimendo al vivo, nella sua forma comunitaria, i vincoli della nostra fraternità e richiamandoci incessantemente la missione della chiesa.

La liturgia della Parola, la catechesi, la celebrazione dei sacramenti ci aiutano molto a riscoprire la dottrina dei profeti, del Signore e degli apostoli riguardo alla giustizia.

La preparazione al battesimo è l'inizio stesso della formazione di una coscienza cristiana.

La prassi della penitenza deve render manifesta la dimensione sociale del peccato e del sacramento.

L'eucaristia, infine, costituisce la comunità e la pone al servizio degli uomini.

59. Cooperazione tra le chiese locali

Per essere veramente il segno della solidarietà quale la famiglia delle nazioni desidera, la chiesa deve dimostrare, nella sua propria vita, una maggiore cooperazione tra le chiese delle nazioni più ricche e quelle delle nazioni povere nella comunione spirituale e nella ripartizione delle risorse umane e materiali.

Le presenti generose disposizioni all'aiuto reciproco tra le chiese potrebbero riuscire più efficaci attraverso un'effettiva coordinazione ( Sacra Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli e pontificio consiglio « Cor Unum » ), attraverso una prospettiva unitaria nell'amministrazione comune dei doni di Dio, attraverso una fraterna solidarietà che favorisca sempre l'autonomia e la responsabilità dei beneficiari in ordine sia alla determinazione dei criteri, sia alla scelta di obiettivi concreti e alla loro attuazione.

60. Una tale programmazione non deve esser per nulla limitata agli obiettivi economici, ma deve, al contrario, stimolare le iniziative atte a promuovere quella formazione umana e spirituale, che garantisca il fermento necessario per lo sviluppo integrale dell'uomo.

61. Collaborazione ecumenica

Ben consapevoli di tutto quanto è stato già fatto in questo campo, noi raccomandiamo sommamente, in adesione al concilio ecumenico Vaticano II, la cooperazione con i fratelli da noi separati per promuovere la pace nel mondo, per realizzare lo sviluppo dei popoli e per fondare stabilmente la pace.

Questa cooperazione riguarda, innanzitutto, le attività a tutela della dignità dell'uomo e dei suoi diritti fondamentali, in particolare del diritto alla libertà religiosa; poi il comune sforzo contro le discriminazioni fondate sulla differenza di religione, di stirpe e di colore, di cultura, ecc.

La collaborazione si estende, altresì, allo studio della dottrina del Vangelo, in quanto tale dottrina ha rapporto con tutta l'attività cristiana.

Il segretariato per l'unione dei cristiani e la pontificia commissione « Iustitia et Pax » si sforzino, in comune intesa, di promuovere in maniera efficace una tale collaborazione ecumenica.

62. Animati da questo stesso spirito, raccomandiamo parimenti la collaborazione con tutti coloro che credono in Dio nel promuovere la giustizia sociale, la pace e la libertà; anzi, anche con quelli che, seppure non riconoscono l'autore del mondo, tuttavia hanno stima dei valori umani e ricercano sinceramente e con mezzi onesti la giustizia.

63. Azione internazionale

Poiché il sinodo riveste carattere universale, esso tratta di quelle questioni di giustizia che toccano direttamente tutta quanta la famiglia umana.

Perciò, mentre riconosciamo l'importanza della cooperazione internazionale in ordine al progresso socio-economico, noi elogiamo prima di tutto l'opera inestimabile che hanno svolto, tra i popoli più poveri, le chiese locali, i missionari e gli organismi che li appoggiano; intendiamo, altresì, favorire quelle iniziative e istituzioni che lavorano per la pace, per la giustizia internazionale e per lo sviluppo dell'uomo.

Esortiamo, pertanto, i cattolici a considerar bene le seguenti enunciazioni:

64. - 1. Sia riconosciuto che l'ordine internazionale è radicato sui diritti e sulla dignità inammissibile dell'uomo.

La Dichiarazione dei diritti dell'uomo, fatta dalle Nazioni Unite, sia ratificata da tutti quei governi, che non hanno ancora aderito a tale convenzione, e sia integralmente rispettata da tutti.

65. - 2. Le Nazioni Unite - che in ragione del proprio fine devono promuovere la partecipazione di tutte le nazioni - e gli organismi internazionali siano sostenuti, in quanto costituiscono una prima forma di sistema avente una certa capacità di frenare la corsa agli armamenti, di dissuadere il traffico delle armi, di favorire il disarmo, di risolvere i conflitti con i mezzi pacifici dell'azione legale, dell'arbitrato e della polizia internazionale.

È assolutamente necessario che i conflitti tra le nazioni non siano risolti attraverso la guerra, ma siano trovate per essi altre soluzioni che siano conformi alla natura umana.

Deve essere, inoltre, favorita la strategia della nonviolenza, e le singole nazioni devono riconoscere e regolare mediante le leggi l'obiezione di coscienza.

66. - 3. Siano favoriti gli scopi del secondo decennio di sviluppo, tra i quali il trasferimento di una determinata percentuale del reddito annuale delle nazioni più ricche alle nazioni in via di sviluppo, la fissazione di prezzi più equi per le materie prime, l'apertura dei mercati delle nazioni più ricche e, in alcuni settori, un trattamento preferenziale per l'esportazione dei prodotti manufatti dalle nazioni in via di sviluppo; si tratta, infatti, dei primi lineamenti di una contribuzione progressiva e, insieme, di una prospettiva economica e sociale per tutto quanto il mondo.

Non possiamo che rammaricarci ogni volta che le nazioni più ricche si chiudono dinanzi a questa ideale finalità di ripartizione e di responsabilità mondiale.

Vogliamo sperare che una simile flessione della solidarietà internazionale non toglierà, in nessun caso, valore alle discussioni di carattere commerciale, che sta preparando la Conferenza della Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo ( UNCTAD ).

67. - 4. Il concentramento del potere, che consiste in un quasi totale dominio economico della ricerca e dell'investimento, dei trasporti per via mare e delle assicurazioni, deve essere progressivamente equilibrato attraverso disposizioni istituzionali, che rafforzino l'autorità e le possibilità in ordine alla decisione responsabile delle nazioni in via di sviluppo e attraverso la piena e pari partecipazione nelle organizzazioni internazionali, che operano nel campo dello sviluppo.

La recente loro esclusione, di fatto, dalle discussioni circa il commercio mondiale e anche le disposizioni monetarie, le quali incidono in maniera vitale sulla loro sorte, costituiscono un esempio di mancanza di potere, che non può essere ammesso in un ordine mondiale giusto e responsabile.

68. - 5. Pur riconoscendo che gli organismi internazionali possono perfezionarsi e rafforzarsi, al pari di un qualunque altro strumento umano, vogliamo anche sottolineare l'importanza degli organismi specializzati delle Nazioni Unite, in particolare di quelli che direttamente si occupano delle questioni immediate e più acute della povertà mondiale, nel campo della riforma agraria e dello sviluppo dell'agricoltura, della sanità, dell'educazione, dei posti di lavoro, dell'abitazione e dell'urbanizzazione esplosiva.

In modo speciale ci sembra che debba essere indicata la necessità di un fondo comune, atto a procurare gli alimenti sufficienti e le proteine per il pieno sviluppo psichico e fisico dell'infanzia.

Dinanzi all'esplosione demografica noi rammentiamo le parole con le quali il sommo pontefice Paolo VI ha definito i doveri dei pubblici poteri nella lettera enciclica Populorum Progressio: « è certo che i poteri pubblici, nell'ambito della loro competenza, possono intervenire, mediante la diffusione di una appropriata informazione e l'adozione di misure adeguate, purché siano conformi alle esigenze della legge morale e rispettose della giusta libertà della coppia » ( n. 37 ).

69. - 6. I governi continuino a versare i loro speciali contributi al « fondo » in favore dello sviluppo, ma ricerchino anche il modo per cui la massima parte dei loro sforzi segua vie multilaterali, rispettando pienamente la responsabilità delle nazioni in via di sviluppo, le quali debbono essere associate alle decisioni da prendere circa la priorità e gli investimenti del denaro.

70. - 7. Ci sembra, inoltre, degno di essere sottolineato l'oggetto di una nuova preoccupazione mondiale, di cui si tratterà per la prima volta nella Conferenza sull'Ambiente Umano, che avrà luogo a Stoccolma nel giugno del 1972.

Non è chiaro in qual modo le nazioni più ricche possano sostenere la pretesa di aumentare le proprie rivendicazioni materiali, se per le altre ne deriva la conseguenza o di rimanere nella miseria, o di correr pericolo di distruggere gli stessi fondamenti fisici della vita nel mondo.

Coloro che già sono ricchi, son tenuti a far proprio uno stile di vita meno materiale, con minore sperpero, in modo da evitare la distruzione di quel patrimonio, nel quale essi debbono aver parte, in assoluta giustizia, insieme con tutti gli altri membri del genere umano.

71. - 8. Perché il diritto allo sviluppo abbia effettiva attuazione, è necessario che:

a) i popoli non siano impediti dal conseguire lo sviluppo secondo gli elementi culturali, ad essi propri;

b) attraverso la mutua cooperazione tutti i popoli possano divenire i - principali artefici del proprio sviluppo economico e sociale;

c) ogni popolo, come membro attivo e responsabile della società umana, possa cooperare al conseguimento del bene comune con diritto pari agli altri popoli.

72. Adempimento dei voti del sinodo

L'esame di coscienza, che noi tutti insieme abbiamo fatto, e che tocca la missione della chiesa nell'azione in favore della giustizia, rimarrà inefficace se non s'incarnerà nella vita delle nostre chiese locali, a tutti i loro livelli.

Noi preghiamo le conferenze episcopali perché anch'esse continuino a seguire con costanza le prospettive che abbiamo esaminato durante i giorni di questa assemblea, e mettano in pratica ciò che abbiamo raccomandato, ad esempio l'istituzione di centri di ricerca sociale-teologica.

73. Preghiamo, inoltre, che alla pontificia commissione « Iustitia et Pax », d'intesa col consiglio della segreteria del sinodo e con le autorità competenti, siano raccomandate la descrizione, la valutazione e lo studio approfondito dei voti e dei desiderata di questa nostra assemblea, in modo che ciò che noi abbiamo cominciato si traduca felicemente in pratica.

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