Codice dei Canoni delle Chiese Orientali

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Titolo XXIII - I beni temporali della Chiesa

Can. 1007

La Chiesa nel procurare il bene spirituale degli uomini necessita e fa uso dei beni temporali nella misura in cui lo richiede la sua missione propria; perciò essa ha diritto nativo di acquistare, possedere, amministrare e anche di alienare quei beni temporali che le sono necessari per i fini propri, specialmente per il culto divino, per le opere di apostolato e di carità, e anche per un adeguato sostentamento dei ministri.

Can. 1008

§1. Il Romano Pontefice è il supremo amministratore ed economo di tutti i beni temporali della Chiesa.

§2. Il dominio dei beni temporali della Chiesa, sotto la suprema autorità del Romano Pontefice, appartiene a quella persona giuridica che ha legittimamente acquistato i beni.

Can. 1009

§1. Soggetto capace di acquistare, possedere, amministrare e alienare beni temporali a norma del diritto canonico è qualsiasi persona giuridica.

§2. Tutti i beni temporali che appartengono alle persone giuridiche sono beni ecclesiastici.

Capitolo I - L'acquisto dei beni temporali

Can. 1010

Le persone giuridiche possono acquistare beni temporali in tutti i modi giusti che sono leciti agli altri.

Can. 1011

L'autorità competente ha il diritto di esigere dai fedeli cristiani le cose che sono necessarie per i fini propri della Chiesa.

Can. 1012

§1. Il Vescovo eparchiale ha il diritto di imporre, per quanto ciò è necessario al bene dell'eparchia, col consenso del consiglio per gli affari economici, alle persone giuridiche a lui soggette dei tributi proporzionati ai redditi di ciascuna persona; ma nessun tributo può essere imposto sulle offerte ricevute in occasione della celebrazione della Divina Liturgia.

§2. Alle persone fisiche possono essere imposti dei tributi soltanto a norma del diritto particolare della propria Chiesa sui iuris.

Can. 1013

§1. È compito del Vescovo eparchiale, dentro i limiti stabiliti dal diritto particolare della propria Chiesa sui iuris, determinare le tasse per i vari atti della potestà di governo e le offerte in occasione della celebrazione della Divina Liturgia, dei sacramenti, dei sacramentali e di qualsiasi altra celebrazione liturgica, a meno che non sia disposto diversamente dal diritto comune.

§2. I Patriarchi e i Vescovi eparchiali delle diverse Chiese sui iuris che esercitano la loro potestà nello stesso territorio abbiano cura, d'intesa tra loro, di stabilire la stessa norma sulle tasse e sulle offerte.

Can. 1014

In tutte le Chiese che sono abitualmente aperte ai fedeli cristiani, il Vescovo eparchiale può comandare di raccogliere delle offerte per determinate iniziative della Chiesa.

Can. 1015

Non è lecito alle persone fisiche o giuridiche raccogliere elemosine se non con la licenza dell'autorità a cui sono soggette e col consenso scritto dato dal Gerarca del luogo dove sono raccolte le elemosine.

Can. 1016

§1. Le offerte fatte per un certo fine non possono essere destinate se non per lo stesso fine.

§2. Se non consta il contrario, le offerte fatte ai moderatori o agli amministratori di qualsiasi persona giuridica si presumono date alla stessa persona giuridica.

§3. Queste offerte non possono essere rifiutate se non per giusta causa e, nelle cose di maggior importanza, con la licenza del Gerarca; si richiede la licenza dello stesso Gerarca per accettare quelle che sono gravate da onere modale o da condizioni, fermo restando il can. 1042.

Can. 1017

La Chiesa recepisce, anche per i beni temporali, la prescrizione a norma dei cann. 1540-1542.

Can. 1018

Le cose sacre, quelle cioè che sono state destinate al culto divino con la dedicazione o la benedizione, se sono in dominio di privati, possono essere acquisite da privati mediante prescrizione, ma non è lecito adibirle a usi profani, a meno che non abbiano perso la dedicazione o la benedizione; ma se appartengono a una persona giuridica ecclesiastica, possono essere acquistate soltanto da un'altra persona giuridica ecclesiastica.

Can. 1019

I beni immobili, i beni mobili preziosi, cioè quelli che hanno grande importanza a causa dell'arte, della storia o della materia, i diritti e le azioni sia personali sia reali che appartengono alla Sede Apostolica, si prescrivono nello spazio di cento anni; quelli che appartengono a qualche Chiesa sui iuris o a un'eparchia, nello spazio di cinquant'anni; quelle invece che appartengono a un'altra persona giuridica nello spazio di trent'anni.

Can. 1020

§1. Ogni autorità ha l'obbligo grave di curare che i beni temporali acquistati dalla Chiesa siano intestati col nome della persona giuridica alla quale appartengono, osservando tutte le prescrizioni del diritto civile che pongono al sicuro i diritti della Chiesa.

§2. Se invece non viene concesso dal diritto civile che i beni temporali siano intestati col nome di una persona giuridica, ogni autorità abbia cura, ascoltando degli esperti in diritto civile e un consiglio competente, che i diritti della Chiesa rimangano indenni usando modi validi per diritto civile.

§3. Queste prescrizioni siano osservate anche nei riguardi dei beni temporali posseduti legittimamente da una persona giuridica, il cui acquisto non è ancora stato confermato da documenti.

§4. L'autorità immediatamente superiore è tenuta a esigere l'osservanza di queste prescrizioni.

Can. 1021

§1. Nelle singole eparchie vi sia, a norma del diritto particolare della propria Chiesa sui iuris, uno speciale istituto che raccolga i beni e le offerte al fine di provvedere nel modo adatto all'adeguato sostentamento, fondamentalmente uguale, di tutti i chierici che prestano servizio in favore dell'eparchia, a meno che non si sia provveduto per essi altrimenti.

§2. Nei luoghi dove la previdenza e la sicurezza sociale, nonché l'assistenza sanitaria, non sono state ancora regolate convenientemente, si provveda dal diritto particolare della propria Chiesa sui iuris a erigere degli istituti che le assicurino sotto la vigilanza del Gerarca del luogo.

§3. Nelle singole eparchie per quanto è necessario, si costituisca, nel modo determinato dal diritto particolare della propria Chiesa sui iuris, un fondo comune col quale i Vescovi eparchiali possano soddisfare gli obblighi verso altre persone che servono la Chiesa e andare incontro alle varie necessità dell'eparchia e col quale le eparchie più ricche possano aiutare quelle più povere.

Capitolo II - L'amministrazione dei beni ecclesiastici

Can. 1022

§1. È compito del Vescovo eparchiale vigilare sull'amministrazione di tutti i beni ecclesiastici che esistono dentro i confini dell'eparchia e che non sono sottratti alla sua potestà di governo, salvi restando i titoli legittimi che gli attribuiscono diritti maggiori.

§2. I Gerarchi, tenendo conto dei diritti, delle legittime consuetudini e delle circostanze, abbiano cura di ordinare convenientemente l'intera amministrazione dei beni ecclesiastici, pubblicando opportune istruzioni entro i limiti del diritto comune e del diritto particolare della propria Chiesa sui iuris.

Can. 1023

L'amministrazione dei beni ecclesiastici di una persona giuridica compete a colui che la governa immediatamente, a meno che non sia disposto diversamente dal diritto.

Can. 1024

§1. L'amministratore dei beni ecclesiastici non può porre validamente gli atti che eccedono i limiti e il modo dell'ordinaria amministrazione, se non col consenso dell'autorità competente, dato per iscritto.

§2. Negli statuti si determinino gli atti eccedenti i limiti e il modo dell'ordinaria amministrazione; se però gli statuti tacciono di questo, compete all'autorità a cui la persona giuridica è immediatamente soggetta, determinare tali atti, dopo aver consultato un consiglio competente.

§3. La persona giuridica non è tenuta a rispondere degli atti posti invalidamente dagli amministratori, se non quando e nella misura in cui ne ha tratto vantaggio.

Can. 1025

Prima che un amministratore dei beni ecclesiastici incominci a esercitare il suo ufficio, deve:

1° fare la promessa, alla presenza del Gerarca o del suo delegato, di esercitare fedelmente il proprio ufficio;

2° sottoscrivere un accurato inventario, approvato dal Gerarca, dei beni affidati alla sua amministrazione.

Can. 1026

Una copia dell'inventario dei beni ecclesiastici sia conservata nell'archivio della persona giuridica alla quale essi appartengono, un'altra nell'archivio della curia eparchiale; qualsiasi mutamento subìto eventualmente dal patrimonio stabile della stessa persona giuridica venga annotato in entrambe le copie.

Can. 1027
Le autorità devono aver cura che gli amministratori dei beni ecclesiastici diano le opportune garanzie, valide per diritto civile, perché la Chiesa non abbia a subire alcun danno quando gli stessi amministratori muoiono o cessano dall'ufficio.

Can. 1028

§1. Ogni amministratore di beni ecclesiastici è tenuto a compiere il suo ufficio con la diligenza di un buon padre di famiglia.

§2. Perciò deve soprattutto:

1° vigilare affinché i beni ecclesiastici affidati alla sua cura non vengano distrutti in alcun modo e non subiscano danneggiamenti, stipulando allo scopo, se è necessario, dei contratti di assicurazione;

2° osservare le norme del diritto canonico e civile e anche ciò che è stato imposto dal fondatore o dal donatore, oppure dall'autorità competente, e soprattutto guardarsi che dall'inosservanza del diritto civile non derivi del danno alla Chiesa;

3° esigere accuratamente e a tempo debito i redditi e i proventi dei beni, conservandoli poi in modo sicuro dopo la riscossione e impiegandoli secondo l'intenzione del fondatore oppure le norme legittime;

4° aver cura di pagare nel tempo stabilito gli interessi dovuti per mutuo o ipoteca e procurare che sia restituito opportunamente il capitale;

5° impiegare, col consenso del Gerarca, il denaro che eventualmente è avanzato dalle spese e che può utilmente essere investito, per i fini della Chiesa o della persona giuridica;

6° tenere bene in ordine i libri delle entrate e delle uscite;

7° comporre alla fine di ogni anno il resoconto amministrativo;

8° ordinare e conservare nell'archivio i documenti sui quali si fondano i diritti della persona giuridica sui beni ecclesiastici; depositare una copia autentica di essi nell'archivio della curia eparchiale, quando ciò può essere fatto senza difficoltà.

§3. Si raccomanda vivamente che gli amministratori dei beni ecclesiastici preparino ogni anno il preventivo delle entrate e delle uscite; il diritto particolare però può imporlo e determinare più dettagliatamente il modo di presentarlo.

Can. 1029

L'amministratore dei beni ecclesiastici non faccia donazioni, attingendo dai beni mobili che non appartengono al patrimonio stabile, eccetto quelle modeste secondo una legittima consuetudine, se non per una giusta causa di pietà e di carità.

Can. 1030

L'amministratore dei beni ecclesiastici:

1° nella locazione d'opera osservi accuratamente anche il diritto civile riguardo al lavoro e alla vita sociale secondo i princìpi trasmessi dalla Chiesa;

2° dia una giusta remunerazione ai prestatori d'opera per contratto, in modo che possano provvedere convenientemente alle necessità proprie e dei loro.

Can. 1031

§1. Riprovata la consuetudine contraria, l'amministratore dei beni ecclesiastici ha il dovere di rendere conto ogni anno al proprio Gerarca dell'amministrazione.

§2. L'amministratore dei beni ecclesiastici renda conto pubblicamente dei beni temporali che sono offerti alla Chiesa, secondo il modo stabilito dal diritto particolare, a meno che il Gerarca del luogo per una grave causa non abbia stabilito diversamente.

Can. 1032

L'amministratore dei beni ecclesiastici non introduca e non intenti una lite a nome della persona giuridica nel foro civile se non con la licenza del proprio Gerarca.

Can. 1033

L'amministratore dei beni ecclesiastici, che arbitrariamente ha dimesso l'ufficio o l'incarico, è tenuto alla restituzione se dalla sua arbitraria dimissione è derivato un danno alla Chiesa.

Capitolo III - I contratti e specialmente le aliennazioni

Can. 1034

Ciò che il diritto civile del territorio, dove si stipula un contratto, stabilisce sui contratti sia in genere sia in specie e sui pagamenti, venga osservato, con gli stessi effetti, per diritto canonico, nella materia soggetta alla potestà della Chiesa.

Can. 1035

§1. Per alienare dei beni ecclesiastici che per legittima assegnazione costituiscono il patrimonio stabile della persona giuridica, si richiede:

1° una giusta causa, come una necessità urgente, l'utilità evidente, la pietà, la carità o un motivo pastorale;

2° la stima della cosa da alienare, fatta per iscritto da periti;

3° nei casi stabiliti dal diritto, il consenso dell'autorità competente dato per iscritto, senza il quale l'alienazione è invalida.

§2. Si osservino anche le altre garanzie prescritte dall'autorità competente, per evitare un danno alla Chiesa.

Can. 1036

§1. Se il valore dei beni ecclesiastici, di cui si propone l'alienazione, è contenuto tra la somma minima e la somma massima stabilita dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale o dalla Sede Apostolica, si richiede il consenso:

1° del consiglio per gli affari economici e del collegio dei consultori eparchiali, se si tratta di beni dell'eparchia;

2° del Vescovo eparchiale, che nel caso necessita del consenso del consiglio per gli affari economici e del collegio dei consultori eparchiali, se si tratta di beni di una persona giuridica soggetta allo stesso Vescovo eparchiale;

3° dell'autorità determinata nel tipico o negli statuti, se si tratta di beni di una persona giuridica non soggetta al Vescovo eparchiale.

§2. Nelle Chiese patriarcali, se il valore dei beni eccede la somma massima stabilita dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale, ma non del doppio, si richiede il consenso:

1° del Patriarca, dato col consenso del Sinodo permanente, se si tratta di beni di un'eparchia situata entro i confini del territorio della Chiesa patriarcale, a meno che il diritto particolare della stessa Chiesa non stabilisca diversamente;

2° del Vescovo eparchiale, nonché del Patriarca, dato col consenso del Sinodo permanente, se si tratta di beni di una persona giuridica soggetta al Vescovo eparchiale, che esercita la sua potestà entro i confini del territorio della Chiesa patriarcale;

3° del Patriarca, dato col consenso del Sinodo permanente, se si tratta di beni di una persona giuridica non soggetta al Vescovo eparchiale, anche se di diritto pontificio, che sono situati entro i confini del territorio della Chiesa patriarcale.

§3. Nelle Chiese patriarcali, se il valore dei beni eccede del doppio la somma massima stabilita dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale e se si tratta di cose preziose o di ex-voto donati alla Chiesa, si osservi il §2, ma il Patriarca necessita del consenso dello stesso Sinodo.

§4. In tutti gli altri casi si richiede il consenso della Sede Apostolica se il valore dei beni eccede la somma stabilita o approvata dalla stessa Sede Apostolica e se si tratta di cose preziose o di ex-voto donati alla Chiesa.

Can. 1037

Per alienare dei beni temporali della Chiesa patriarcale o dell'eparchia del Patriarca, il Patriarca necessita:

1° del consiglio del Sinodo permanente se il valore dei beni è contenuto tra la somma minima e la somma massima stabilita dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale e se si tratta dei beni della Chiesa patriarcale; se invece si tratta solamente dei beni dell'eparchia del Patriarca, si deve osservare il can. 1036, §1, n. 1;

2° del consenso del Sinodo permanente, se il valore dei beni eccede la somma massima stabilita dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale, ma non del doppio;

3° del consenso del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale se il valore dei beni eccede del doppio la stessa somma e se si tratta di cose preziose o di ex-voto donati alla Chiesa.

Can. 1038

§1. Coloro a cui è richiesto dal diritto il consiglio, il consenso o la conferma per alienare dei beni ecclesiastici, non diano il consiglio, il consenso o la conferma prima di essere informati con esattezza sullo stato economico della persona giuridica della quale si propone di alienare i beni, e delle alienazioni già fatte.

§2. Il consiglio, il consenso oppure la conferma sono da ritenere come non dati, se nella relativa richiesta non vengono espresse le alienazioni già fatte.

Can. 1039

Per qualsiasi alienazione si richiede il consenso degli interessati.

Can. 1040

Se i beni ecclesiastici sono stati alienati contro le prescrizioni del diritto canonico, ma l'alienazione è valida per il diritto civile, l'autorità superiore di colui che ha fatto tale alienazione stabilisca, dopo matura riflessione, se e quale azione, da chi e contro chi deve essere proposta per rivendicare i diritti della Chiesa.

Can. 1041

A meno che la cosa non sia di minimo valore, i beni ecclesiastici non possono essere venduti o locati ai propri amministratori e ai loro congiunti fino al quarto grado di consanguineità oppure di affinità senza una speciale licenza dell'autorità di cui ai cann. 1036 e 1037.

Can. 1042

I canoni 1035-1041 devono essere osservati non soltanto nell'alienazione, ma anche in qualsiasi negozio giuridico col quale la condizione patrimoniale della persona giuridica può diventare peggiore.

Capitolo IV - Le pie volontà e le pie fondazioni

Can. 1043

§1. Chi può liberamente disporre, per diritto di natura o canonico, dei suoi beni, può anche lasciarli sia con atto tra vivi sia con atto per causa di morte a favore di cause pie.

§2. Nelle ultime volontà a favore della Chiesa si osservino, per quanto è possibile, le prescrizioni del diritto civile; se non sono state osservate, gli eredi siano ammoniti sull'obbligo che hanno di adempiere la volontà del testatore.

Can. 1044

Le volontà dei fedeli cristiani che hanno donato o lasciato, sia per atto tra vivi sia con atto per causa di morte, i loro beni per cause pie, una volta legittimamente accettate, siano adempiute con la massima diligenza anche riguardo al modo di amministrazione e di erogazione dei beni, fermo restando il can. 1045.

Can. 1045

§1. Il Gerarca è l'esecutore di tutte le pie volontà sia per causa di morte sia tra vivi.

§2. Da questo diritto deriva che il Gerarca può e deve vigilare, anche con la visita, perché siano adempiute le pie volontà e a lui tutti gli altri esecutori, adempiuto perfettamente il loro incarico, devono renderne conto.

§3. Le clausole contrarie a questo diritto del Gerarca, aggiunte alle ultime volontà, si devono ritenere come non apposte.

Can. 1046

§1. Chi ha ricevuto fiduciariamente dei beni a favore di cause pie sia per atto tra vivi, sia per atto a causa di morte, deve informare il proprio Gerarca della fiducia ricevuta e indicargli tutti quei beni con gli oneri aggiunti; se però il donatore glielo avesse espressamente e assolutamente proibito, non accetti la fiducia.

§2. Il Gerarca deve esigere che i beni fiduciari siano collocati al sicuro e, a norma del can. 1045, §2, vigilare perché la pia volontà sia condotta ad effetto.

§3. Se si tratta di beni fiduciari affidati a qualche membro di un istituto religioso o di una società di vita comune a guisa dei religiosi, che sono destinati alle chiese del luogo o dell'eparchia, ai fedeli cristiani che hanno in quel luogo il domicilio, oppure per aiutare cause pie, il Gerarca di cui ai §§1 e 2 è il Gerarca del luogo.

Can. 1047

§1. Nel diritto sono pie fondazioni:

1° le pie fondazioni autonome, cioè totalità di cose destinate a opere di pietà, di apostolato oppure di carità spirituale o temporale ed erette dalla competente autorità in persona giuridica;

2° le pie fondazioni non autonome, cioè i beni temporali dati in qualsiasi modo a qualche persona giuridica con l'onere per un lungo tempo, da determinare dal diritto particolare, per raggiungere con le rendite annue i fini di cui nel n. 1.

§2. I beni temporali di una fondazione non autonoma se sono stati affidati a una persona giuridica soggetta al Vescovo eparchiale, trascorso il tempo determinato, devono essere destinati all'istituto di cui al can. 1021, §1, a meno che non sia stata diversa la volontà del fondatore espressamente manifestata; in caso contrario vanno alla medesima persona giuridica.

Can. 1048

§1. Le pie fondazioni autonome non possono essere erette se non dal Vescovo eparchiale o da un'altra autorità superiore.

§2. Perché una pia fondazione non autonoma possa essere accettata validamente da una persona giuridica, si richiede il consenso del proprio Gerarca dato per iscritto; il Gerarca però non dia il consenso prima di essersi reso conto se la persona giuridica può soddisfare il nuovo onere che assume e gli oneri già assunti; lo stesso Gerarca si assicuri anche che le rendite corrispondano appieno agli oneri aggiunti, secondo l'usanza della propria Chiesa sui iuris.

§3. È compito del diritto particolare determinare tutte le altre condizioni senza le quali le pie fondazioni non possono essere erette o accettate.

Can. 1049

Il Gerarca che ha eretto una pia fondazione o che ha dato il consenso per accettare una pia fondazione, indichi subito un luogo sicuro in cui siano depositati il denaro e i beni mobili assegnati a titolo di dotazione, al fine specifico di custodire lo stesso denaro e il ricavato dei beni mobili e di investirli al più presto cautamente e utilmente, secondo il prudente giudizio dello stesso Gerarca, dopo che questi ha consultato gli interessati e il consiglio competente, a vantaggio della stessa fondazione, con la menzione espressamente determinata dell'onere.

Can. 1050

Una copia del documento di fondazione sia conservata nell'archivio della curia eparchiale, un'altra nell'archivio della persona giuridica.

Can. 1051

§1. Osservati i cann. 1044-1046 e can. 1031, si compili una tabella degli oneri derivanti dalle pie fondazioni da esporre in un luogo aperto affinché gli obblighi da adempiere non siano dimenticati.

§2. Vi sia un libro, e sia conservato presso il parroco o il rettore della chiesa, in cui si annotino i singoli obblighi, il loro adempimento e le elemosine.

Can. 1052

§1. La riduzione degli oneri di celebrare la Divina Liturgia è riservata alla Sede Apostolica.

§2. Se nel documento di fondazione è espressamente disposto, il Gerarca può ridurre gli oneri di celebrare la Divina Liturgia a causa della diminuzione dei redditi.

§3. Al Vescovo eparchiale compete la potestà di ridurre, a causa della diminuzione dei redditi, finché perdura la causa, nella misura delle offerte che sono legittimamente in vigore nell'eparchia, il numero delle celebrazioni della Divina Liturgia, purché non vi sia nessuno che ha l'obbligo e che può essere efficacemente costretto a provvedere all'aumento delle offerte.

§4. Al Vescovo eparchiale compete anche la potestà di ridurre gli oneri di celebrare la Divina Liturgia, che gravano su istituti ecclesiastici, se i redditi sono diventati insufficienti a conseguire quelle finalità che, al tempo dell'accettazione degli oneri, potevano essere raggiunte.

§5. Le potestà, di cui nei §§3 e 4, le hanno anche i Superiori generali degli istituti religiosi o delle società di vita comune a guisa dei religiosi, che siano clericali di diritto pontificio o patriarcale.

§6. Le potestà di cui nei §§3 e 4, il Vescovo eparchiale le può delegare soltanto al Vescovo coadiutore, al Vescovo ausiliare, al Protosincello o ai Sincelli, esclusa ogni suddelegazione.

Can. 1053

Alle stesse autorità di cui nel can. 1052, compete inoltre la potestà di trasferire per giusta causa gli oneri di celebrare la Divina Liturgia in giorni o istituti diversi da quelli stabiliti nella fondazione.

Can. 1054

§1. La riduzione, il contenimento, la commutazione delle volontà dei fedeli cristiani che hanno donato o lasciato i loro beni per cause pie, possono essere fatte dal Gerarca soltanto per una causa giusta e necessaria se il fondatore ha concesso espressamente questa potestà allo stesso Gerarca.

§2. Se l'esecuzione degli oneri imposti è diventata impossibile per la diminuzione dei redditi o per altra causa senza nessuna colpa degli amministratori, il Gerarca, dopo aver consultato gli interessati e il consiglio competente, e rispettata nel modo migliore la volontà del fondatore, può diminuire equamente gli stessi oneri, fermo restando il can. 1052.

§3. In tutti gli altri casi su questa cosa si deve ricorrere alla Sede Apostolica o al Patriarca che agirà col consenso del Sinodo permanente.

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