Una speranza nuova per il Libano

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Capitolo V

La Chiesa cattolica in Libano impegnata nel dialogo inter-religioso

Un vero dialogo

89. Un vero dialogo fra i credenti delle grandi religioni monoteiste poggia sulla stima reciproca, al fine di proteggere e di promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà.265

Tale comune compito è particolarmente urgente per i Libanesi, chiamati coraggiosamente a perdonarsi l'un l'altro, a far tacere dissensi ed inimicizie e a cambiare mentalità, per sviluppare la fraternità e la solidarietà in vista della ricostruzione di una società sempre più accogliente.266

Per partecipare alla trasformazione del mondo occorre anzitutto convertirsi interiormente e lottare per la giustizia, nella carità e nella fraternità.

Per i cristiani si tratta di una dimensione costitutiva della predicazione evangelica, perché essi saranno riconosciuti dalle opere buone che compiranno.

La Chiesa deve incessantemente contribuire alla difesa della dignità dell'uomo, « posto al centro della società », e la sua dottrina « rivela l'uomo a se stesso ».267

Specialmente nei momenti critici della loro storia, i popoli si rivolgono fiduciosi verso di lei per ottenere consigli, sostegno e soccorso.

« Coloro che credono in Dio si sforzino di essere i primi nelle opere buone » ( Tt 3,8 ).

Le comunità spirituali e le scuole di pensiero del Libano, che si riferiscono a Dio che tutti adorano e si sforzano di servire,268 devono ormai impegnarsi sulla via di una solidarietà più profonda; ciò si tradurrà in gesti effettivi d'amicizia e di mutua comprensione, nel rispetto della dignità inalienabile delle persone, della libertà di coscienza e di quella religiosa, elementi costitutivi del bene comune.

I. Il Dialogo Islamo-Cristiano

90. Avendo vissuto fianco a fianco per lunghi secoli talora in pace ed in collaborazione, talora nello scontro e nei conflitti, i cristiani ed i musulmani in Libano devono trovare nel dialogo, rispettoso delle sensibilità delle persone e delle diverse comunità, la strada indispensabile all'accoglienza ed all'edificazione della società.269

I Libanesi non devono dimenticare tale lunga esperienza di relazioni, che essi sono chiamati a riprendere instancabilmente per il bene delle persone e dell'intera Nazione.

Per uomini di buona volontà, è impensabile che dei membri di una medesima comunità umana, viventi nella stessa terra, giungano a diffidare gli uni degli altri, ad opporsi e ad escludersi in nome delle rispettive religioni.

Ringrazio i delegati fraterni musulmani e druso per la loro presenza all'Assemblea sinodale e per la partecipazione attiva al dialogo.

91. Questo dialogo deve continuare a diversi livelli.

Anzitutto, nella vita quotidiana, nel lavoro e nella vita della polis, le persone e le famiglie imparano a stimarsi.

Le concrete esperienze di solidarietà sono una ricchezza per tutto il popolo ed un importante passo avanti sulla via di quella riconciliazione degli spiriti e dei cuori senza la quale nessuna opera comune può essere portata avanti per lungo tempo.

La saggezza naturale conduce dunque coloro che vivono insieme ad una ricca comunicazione umana e ad un vicendevole aiuto attraverso il quale si consolida il tessuto sociale.

Il dialogo religioso non può venir trascurato.

Esso deve aiutare a guardare gli altri con stima, a discernere e a riconoscere la grandezza delle ricerche spirituali dei propri fratelli, ricerche che portano a camminare sulla strada della divina volontà e che consentono di far progredire negli individui, come nella vita collettiva, i valori spirituali, morali e socioculturali.

II. La Convivialità

92. È particolarmente necessario intensificare la collaborazione tra i cristiani e i musulmani, nei campi nei quali sarà possibile, con spirito disinteressato, cioè per il bene comune e non per quello delle persone private o di una comunità particolare, o ancora nella speranza d'ottenere più prestigio o potere nella società.

La considerazione comune rispetto alla vita morale e la loro aspirazione ad un avvenire migliore li renderanno insieme responsabili della edificazione della società presente e del mondo di domani, proteggendo e promovendo i valori morali, la giustizia sociale, la pace e la libertà, la difesa della vita e della famiglia.270

Tale opera comune non mancherà di ridare a tutti i Libanesi fiducia nei loro fratelli e nell'avvenire, aprendoli al meglio della modernità.

Il dialogo islamo-cristiano non è soltanto un dialogo di intellettuali.

Esso mira, in primo luogo, a promuovere la convivenza tra cristiani e musulmani in spirito d'apertura e di collaborazione, indispensabile affinché ognuno possa realizzarsi, facendo liberamente le scelte dettate dalla sua retta coscienza.

Apprendendo a meglio conoscersi e ad accettare pienamente il pluralismo, i Libanesi potranno darsi quelle condizioni che sono indispensabili al dialogo ed al rispetto delle persone, delle famiglie e delle comunità spirituali.

Le scuole ed i vari istituti di formazione rivestono un ruolo essenziale in questo campo, perché, fin dalla giovinezza, l'apprendistato della vita comune rende i fanciulli attenti gli uni gli altri e li invita a gestire pacificamente i contrasti che possono presentarsi.

III. Solidarietà con il mondo arabo

93. Aperta al dialogo ed alla collaborazione con i musulmani del Libano, la Chiesa cattolica vuole essere aperta anche al dialogo ed alla collaborazione con i musulmani degli altri Paesi arabi, di cui il Libano è parte integrante.

In effetti, un medesimo destino lega i cristiani e i musulmani in Libano e negli altri Paesi della regione; ogni cultura particolare è ancora segnata dagli apporti religiosi e civili propri delle differenti civilizzazioni che si sono succedute nella regione.271

I cristiani del Libano e dell'insieme del mondo arabo, fieri della loro eredità, contribuiscono attivamente al perfezionamento della cultura.

In tutti i paesi ed in tutte le culture ove essi sono sparsi, « i cristiani non si distinguono dagli altri uomini né per il paese, né per la lingua, né per i costumi.

[ … ] Essi si conformano ai costumi locali per i vestiti, il nutrimento e il resto dell'esistenza, pur manifestando le leggi straordinarie e veramente paradossali del loro modo di vivere ».272

Vorrei insistere sulla necessità per i cristiani del Libano di mantenere e di rinsaldare i loro legami di solidarietà con il mondo arabo.

Li invito a considerare il loro inserimento nella cultura araba, alla quale tanto hanno contribuito, come un'opportunità privilegiata per condurre, in armonia con gli altri cristiani dei Paese arabi, un dialogo autentico e profondo con i credenti dell'Islam.

Vivendo in una medesima regione, avendo conosciuto nella loro storia momenti di gloria e momenti di difficoltà, cristiani e musulmani del Medio Oriente sono chiamati a costruire insieme un avvenire di convivialità e di collaborazione, in vista dello sviluppo umano e morale dei loro popoli.

Inoltre, il dialogo e la collaborazione tra cristiani e musulmani in Libano può contribuire a far sì che, in altri Paesi, si avvii lo stesso processo.

IV. L'edificazione della società

94. Vorrei nuovamente sostenere ed incoraggiare il popolo libanese nella sua vita sociale.

Sussistono divergenze tra gli abitanti del paese.

Ma esse non devono costituire un ostacolo per una vita comune ed una pace vera, cioè per una pace che sia più d'una semplice assenza di conflitto.

Come tutti i popoli, i Libanesi, amando in modo del tutto singolare la loro terra, sono chiamati a prendersi cura del loro Paese, a mantenere instancabilmente la fraternità e ad edificare un sistema politico e sociale giusto, equo e rispettoso delle persone e delle varie tendenze presenti, per costruire insieme la loro casa comune.

Nessuno può sottrarsi al compito morale e civile che deve legittimamente esercitare in seno al suo popolo.

Inoltre, ogni personalità pubblica, politica o religiosa, e « ogni gruppo deve tener conto dei bisogni e delle legittime aspirazioni degli altri gruppi, anzi del bene comune dell'intera famiglia umana ».273

In effetti, l'attività nella vita pubblica è anzitutto un servizio responsabile dei fratelli - di tutti i fratelli - cercando con ogni mezzo di far sì che tutti lavorino in armonia; coloro che accettano di impegnarsi nel pubblico servizio, nella vita politica, economica e sociale hanno il dovere categorico di rispettare certi obblighi morali e di subordinare i loro interessi particolari o di gruppo al bene della nazione.

Così vivendo, saranno esempi per i loro concittadini e si adopereranno a fare tutto il possibile per far concorrere le loro azioni al bene comune.

Ciò suppone di superare in permanenza gli atteggiamenti egoistici,274 per vivere con un disinteresse che può giungere fino alla abnegazione, al fine di guidare tutto il popolo verso il benessere, attraverso il giusto esercizio della res publica.

95. Nella vita sociale, « non si possono impunemente disprezzare i diritti e i doveri »275 delle persone, delle comunità culturali o spirituali e dei popoli.

In tale ambito il progresso umano, personale e collettivo, suppone il senso della condivisione, della responsabilità e del sacrificio.

Ignorarlo non può che condurre a un profondo scuotimento dell'ordine nelle relazioni pubbliche, abbandonando ciascuno ad arbitri di ogni sorta e portando la cittadinanza ad una inevitabile perdita di fiducia nelle istituzioni nazionali.

Come ho già ribadito in diverse circostanze, « il diritto delle genti e le istituzioni, che ne sono la garanzia, costituiscono punti di riferimento insostituibili quando occorre difendere l'uguale dignità dei popoli e delle persone ».276

Vi è qui una delle espressioni autentiche di ciò che è il bene comune, fondamento della legittimità politica e morale dell'autorità e delle leggi alle quali le persone devono sottomettersi.

Invito pertanto tutti i Libanesi a coltivare e far crescere in sé, e soprattutto nelle giovani generazioni, « la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siano veramente responsabili di tutti ».277

Allo stesso tempo, è auspicabile che si sviluppi una condivisione equa delle responsabilità in seno alla nazione, affinché tutti possano mettere i propri talenti e le proprie capacità al servizio dei fratelli e sentire di avere un contributo specifico da apportare al proprio Paese, secondo il principio di sussidiarietà,278 mediante la creatività personale e l'esercizio del loro spirito di iniziativa che costituiscono un diritto.279

La vita fraterna e solidale in seno alla comunità nazionale comporta che non si consideri il proprio posto come ricerca di privilegi per se stessi o per la propria comunità, eventualmente scartando altre persone.

Essa è fondata sull'assicurazione che ciascuno ha di diritto il proprio ruolo nella vita sociale, politica, economica, culturale e associativa nella fedeltà alle proprie tradizioni spirituali e culturali, nella misura in cui ciò non si oppone al bene comune e non mette a rischio la vita nazionale.

96. Invito tutti i Libanesi a prestare un'attenzione speciale ai giovani, che sono la più grande ricchezza del Paese, e che per questa ragione devono ricevere una formazione professionale ed una educazione umana, morale e spirituale qualificate.

È necessario che essi abbiano un proprio ruolo nelle decisioni che impegnano la nazione, che si sentano accolti e sostenuti nel loro inserimento professionale e sociale e che possano beneficiare di una formazione che permetta loro di programmare serenamente il loro avvenire personale e la costruzione di una famiglia.

Ma i cambiamenti di strutture sono legati ad un cambiamento dei cuori, affinché tutti abbiano cura di partecipare alla vita comune, nel rispetto della giustizia sociale.280

In tale spirito, tutti avranno cura di promuovere il valore della giustizia tra le persone e tra le generazioni, poiché il male genera violenza, sfiducia ed egoismo.

Allo stesso tempo, occorre offrire lavoro al maggior numero di persone possibile, per evitare che alcuni Libanesi si ritrovino sempre al margine della società, vedano abbassarsi pericolosamente il tenore di vita o sperimentino situazioni di povertà estrema, mentre altri si disinteressino della vita del loro Paese e siano spinti ad « una forma di emigrazione"psicologica" »,281 perché hanno la sensazione di non poter partecipare alla vita della collettività non intravedendo alcun avvenire nella loro terra d'origine.

V. La pace e la riconciliazione

97. Negli anni passati, il Libano è stato segnato dalla prova della guerra.

Oggi, tali sofferenze esigono una reale purificazione delle memorie e delle coscienze.

A tal fine, occorre promuovere « una pace pazientemente edificata e duratura »,282 poiché essa sola può essere la sorgente vera dello sviluppo e della giustizia.

« Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo io la do a voi » ( Gv 14,27 ).

Poiché hanno ricevuto da Cristo, Principe della Pace, tale dono che li trasforma interiormente, i cristiani hanno il dovere di esserne i primi testimoni ed artefici;283 il Vangelo della pace è un invito permanente al perdono e alla riconciliazione.

La pace passa attraverso la pratica assidua della fraternità umana, esigenza fondamentale che viene dalla nostra comune somiglianza divina e discende pertanto da una esigenza legata alla creazione e alla redenzione.

Dove la fraternità tra gli uomini è fondamentalmente misconosciuta, la pace va in rovina alla sua stessa base.284

Costruire la pace diviene un servizio della carità, segno profetico del Regno dei cieli.

Il messaggio di pace che Gesù ha profondamente espresso nelle Beatitudini, udite dalle moltitudini provenienti « da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone » ( Lc 6,17 ), deve essere trasmesso dai discepoli del Signore a tutti i fratelli.

I fedeli di Cristo devono lasciarsi condurre dallo Spirito, che mette in luce il peccato, personale e del mondo, per convertirsi e ricevere la grazia che li dispone a preparare le vie del Signore.

« Poiché la via della pace passa in definitiva attraverso l'amore e tende a creare la civiltà dell'amore, la Chiesa fissa lo sguardo in colui che è l'amore del Padre e del Figlio e, nonostante le crescenti minacce, non cessa di aver fiducia, non cessa di invocare e di servire la pace dell'uomo sulla terra.

La sua fiducia si fonda su colui che, essendo lo Spirito-amore, è anche lo Spirito della pace e non cessa di essere presente nel nostro mondo umano, sull'orizzonte delle coscienze e dei cuori, per « riempire l'universo » di amore e di pace ».285

98. Esorto dunque oggi tutti i cattolici ed invito al tempo stesso gli altri cristiani e gli uomini di buona volontà a porre gesti profetici e ad indossare le armi della pace e della giustizia.

È urgente sviluppare e promuovere tra tutte le componenti della nazione libanese una vera educazione delle coscienze alla pace, alla riconciliazione e alla concordia.

Nei rapporti ecumenici e inter-religiosi, il senso della pace è anche un elemento fondamentale del dialogo fraterno.

Non bisogna mai dimenticare che un gesto di pace può disarmare l'avversario e spesso lo invita a rispondere positivamente con la mano tesa, poiché la pace, che è un bene per eccellenza, tende a comunicarsi.

La storia religiosa ci presenta numerosi Santi che sono stati fonte di riconciliazione con il loro atteggiamento pacifico fondato sulla preghiera e l'imitazione di Gesù Cristo.

Così, alla soglia del terzo millennio cristiano, si aprirà un'era nuova per il Paese e per la regione, grazie a gesti di perdono e di collaborazione sempre più profondi tra tutte le componenti della società nazionale.

Sono le condizioni primordiali affinché si edifichi e sopravviva « un Libano democratico, aperto agli altri, in dialogo con le culture e le religioni »,286 capace di assicurare a tutti i suoi membri un'esistenza degna e libera.

Uno Stato di diritto non può fondarsi sulla forza per farsi rispettare.

Esso viene riconosciuto nella misura in cui i dirigenti e il popolo intero hanno a cuore i diritti dell'uomo e sono capaci di instaurare tra loro relazioni umane e scambi nella fiducia e nella libertà.287

La pace suppone da parte di tutti la ferma volontà di rispettare i propri fratelli, di compiere dei passi nei loro confronti; essa si ottiene essenzialmente salvaguardando il bene delle persone e delle comunità umane che costituiscono una medesima patria, nel contesto di quella che può essere chiamata un'economia della pace.288

In tale processo, la famiglia e la scuola sono chiamate a giocare un ruolo fondamentale.289

Sono luoghi dove le persone possono compiere un'esperienza privilegiata del « vivere insieme » in una medesima terra.

« Chi fa opera per educare le nuove generazioni alla convinzione che ogni uomo è nostro fratello costruisce dalle fondamenta l'edificio della pace ».290

L'impegno a favore della pace di tutti gli uomini di buona volontà condurrà ad una riconciliazione definitiva fra tutti i Libanesi e fra i diversi gruppi umani del Paese.

La riconciliazione è il punto di partenza della speranza in un nuovo avvenire per il Libano.

La guerra è terminata e la riconciliazione deve essere considerata come la via della pace profonda che deve instaurarsi fra tutti i Libanesi.

Che la fine della guerra armata sia anche la fine della guerra fra diversi particolarismi, la fine dei conflitti d'interessi personali, che talvolta sono più terribili poiché possono sfociare in lotta di tutti contro tutti.

Che ognuno si ricordi che con la guerra non si può ottenere nulla.

Tutti ne escono feriti, poiché la ferita di un fratello è sempre anche quella di tutti i concittadini.

Solo la pace e la riconciliazione offrono il quadro propizio per un posto vero e riconosciuto a ciascun Libanese nel suo Paese, e alla risoluzione dei problemi delle persone e dei gruppi all'interno della nazione.

99. La pace nel Paese potrebbe recare frutti in tutta la regione e permettere così a quanti hanno dovuto fuggire di ritornare nel loro luogo d'origine in condizioni convenienti, grazie all'aiuto dei compatrioti e della comunità internazionale.

In realtà, nel corso degli ultimi decenni, a causa della guerra, famiglie libanesi sono fuggite dalla terra che assicurava il loro sostentamento, e a causa dei diversi focolai di conflitto nella regione, anche altre persone hanno dovuto abbandonarla.

Tuttavia, in attesa che tale ritorno alla propria terra si possa realizzare, essi non devono essere lasciati senza assistenza e vivere in mezzo all'indifferenza della popolazione presso la quale vivono spesso in situazioni precarie e di povertà, né dell'eventuale indifferenza delle Organizzazioni d'aiuto umanitario o delle Autorità internazionali.

I rifugiati sono in ogni circostanza esseri umani, con la loro dignità e i loro diritti inalienabili.291

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265 Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Dich. Nostra aetate, 3
266 Cfr Sinodo dei Vescovi, Assemblea Speciale per il Libano, Lineamenta, 3
267 Giovanni Paolo II, Lett enc. Centesimus annus, 54 ( 1 maggio 1991 )
268 Cfr Giovanni Paolo II, Messaggio a tutti i musulmani in favore del popolo libanese ( 7 settembre 1989 ): AAS 82 (1990), 82-83
269 Cfr Propositio 39
270 Cfr ibid
271 Cfr Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per il Libano, Instrumentum laboris, 99
272 Lettera a Diogneto, 8, 5: SC 33, p. 70
273 Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Gaudium et spes, 26;
cfr Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra, II ( 15 maggio 1961 )
274 Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Gaudium et spes, 30
275 Giovanni Paolo II, Lett. ap. Sulla situazione in Libano ( 7 settembre 1989 ), 4: AAS 82 (1990), 61
276 Ibid
277 Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 38 ( 30 dicembre 1987 )
278 Cfr Pio XI, Lett. enc. Quadragesimo anno, I ( 15 maggio 1931 );
Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 48 ( 1° maggio 1991 )
279 Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 15 ( 30 dicembre 1987 )
280 Sollicitudo rei socialis, 44 ( 30 dicembre 1987 )
281 Sollicitudo rei socialis, 15 ( 30 dicembre 1987 )
282 Giovanni Paolo II, Lett. ap. Sulla situazione in Libano ( 7 settembre 1989 ), 2: AAS 82 (1990), 60
283 Cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. sulla situazione dei cristiani in Libano ( 10 maggio 1984 ): AAS 76 (1984), 704-706
284 Cfr Paolo VI, Messaggio per la Giornata Mondiale per la Pace
285 Giovanni Paolo II, Lett. enc. Dominum et vivificantem, 67 ( 18 maggio 1986 )
286 Giovanni Paolo II, Lett. ap. sulla situazione dei cristiani in Libano ( 1° maggio 1984 ): AAS 76 (1984), 705
287 Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Gaudium et spes, 78
288 Cfr Paolo VI, Messaggio al Segretario Generale delle Nazioni Unite « Lo sviluppo è il nuovo nome della pace » ( 26 maggio 1966 ): AAS 58 (1966), 479-480
289 Cfr Propositio 40, 1
290 Paolo VI, Messaggio per la Giornata Mondiale per la Pace
291 Cfr Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris, III ( 11 aprile 1963 )