Una speranza nuova per il Libano

Indice

Capitolo IV

La Comunione

La Chiesa, Corpo di Cristo

79. Al termine di quattro anni di preghiera e di preparazione, durante i quali la Chiesa cattolica in Libano ha coraggiosamente riflettuto sulla sua vocazione e la sua missione, l'Assemblea speciale per il Libano del Sinodo dei Vescovi le ha ricordato il cammino da seguire, invitando tutti i cattolici alla conversione, per « ritrovare, tradotte nel loro linguaggio, le parole stesse con cui il nostro Salvatore e Maestro Gesù Cristo volle inaugurare la sua predicazione: "Convertitevi e credete al Vangelo" ( Mc 1,15 ), accogliete, cioè, la lieta novella dell'amore, dell'adozione a figli di Dio e, quindi, della fratellanza ».228

È in Cristo, loro unica speranza, che i fedeli ed i sacerdoti formano insieme la Chiesa attorno ai Vescovi; primo dovere dei Pastori è di mantenere l'unità della Chiesa.229

Ogni Chiesa locale manifesta tale unità secondo la propria tradizione.

È da Cristo crocifisso e risorto che essa riceve anche la comunione dello Spirito Santo ( cfr 2 Cor 13,13 ), nel quale viene incessantemente rinnovata.

« Ciascuno ha la propria funzione, ma tutti vivono di una stessa vita.

Ora, ciò che l'anima è nel corpo dell'uomo, lo Spirito Santo lo è nel corpo di Cristo che è la Chiesa; e lo Spirito Santo opera in tutta la Chiesa ciò che l'anima opera in tutti i membri di un solo corpo ».230

Ma i frutti del rinnovamento non riguardano solamente i fedeli; essi devono anche apparire in ogni Chiesa patriarcale come istituzione e nella comunione tra le diverse Chiese patriarcali.

Nella terza fase dei lavori, l'Assemblea sinodale ha riflettuto anche su questo aspetto del suo tema: « Solidali, testimoniamo il suo amore ».

Nel corso delle sessioni, ho potuto costatare di persona la solidarietà che vi era tra i Padri sinodali, « secondo la verità nella carità » ( Ef 4,15 ); chiedo al Signore che questa esperienza di comunione, frutto del Sinodo, si estenda a tutto il popolo, perché la Chiesa cattolica in Libano testimoni l'amore che unisce tutti i membri come fratelli, amore al quale tutti gli uomini aspirano.

Testimoniare che Dio è amore, significa anzitutto mostrarlo « coi fatti e nella verità » ( 1 Gv 3,18 ), poiché « mediante la fede in lui, Cristo ha aumentato il nostro amore per Dio e per il prossimo ».231

La testimonianza dell'amore tra i cattolici è una delle prime esigenze che derivano dall'amore di Dio manifestato nel suo Figlio.

La testimonianza - il martirio -, che è la missione essenziale della Chiesa, « fa risplendere la potenza dello Spirito »,232 poiché è la manifestazione della potenza di Dio nel mondo, malgrado la debolezza dell'uomo.

Nella effettiva comunione delle diverse Chiese particolari tra loro, essa avrà tutto il suo valore e la sua portata.

I. La comunione nella Chiesa cattolica in Libano

In Libano

80. Le Chiese patriarcali cattoliche nel Libano appartengono alla Chiesa cattolica e, poiché sono in comunione piena con il Successore di Pietro, sono anche in comunione le une con le altre come « parti dell'unica Chiesa di Cristo »233 e « come realizzazioni particolari dell'una ed unica Chiesa di Gesù Cristo »,234 dalla quale traggono la loro ecclesialità.

È opportuno ora domandarsi sinceramente se, in ogni luogo, esse vivono realmente questa piena comunione fiduciosa con la Sede Apostolica e tra di loro,235 in particolare nei campi in cui la collegialità episcopale fa appello, sul piano locale, ad una efficace corresponsabilità.

I Vescovi, il clero, i religiosi, le religiose e i fedeli laici più impegnati nella missione sono consapevoli che rimane ancora molta strada da percorrere, come molti interventi e relazioni di gruppi hanno sottolineato con lucidità e coraggio.

Ma il futuro ed il rinnovamento, voluti dall'Assemblea sinodale, dipendono in gran parte dagli sforzi di tutti i membri della Chiesa cattolica e dai loro gesti fraterni.236

Tuttavia, tutti devono costantemente ricordare che la più bella oblazione, « il più grande sacrificio che si possa offrire al Signore è la nostra pace, la nostra concordia fraterna, un popolo radunato nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo ».237

A partire dall'Instrumentum laboris e nel loro dialogo con gli uditori laici e sacerdoti, i Padri sinodali hanno potuto individuare le principali cause del male profondo di cui soffrono i fedeli nel Libano: l'assenza del senso della Chiesa come mistero di comunione, mistero che esprime la sua natura sacramentale e l'unità dei fedeli in un solo Corpo.238

L'insieme delle istituzioni e la legislazione canonica manifestano tale mistero ed invitano tutti i membri del Popolo di Dio ad una reale fraternità.

In questo spirito, è importante che il senso della Chiesa e della fede prevalgano sempre sulla mentalità di ripiegarsi sulla propria comunità confessionale che troppo spesso vien fuori.

Questa situazione richiede una conversione evangelica [ metanoia ] costante, per passare « dalla mentalità confessionale ad un senso autentico di Chiesa ».239

È dunque richiesto un cambiamento radicale di prospettiva, come diceva già sant'Ignazio di Antiochia: « Fuggite le divisioni, come fossero il principio di tutti i mali ».240

Con l'aiuto dello Spirito Santo, pastori e fedeli avranno l'audacia spirituale di superare i limiti socio-culturali della loro comunità confessionale, per elevarsi al livello della Chiesa nel suo insieme ed agire in funzione della comunione ecclesiale.241

Le strutture esistono già, previste dai santi canoni, ma il loro dinamismo è frenato da varie forme di egoismo personale o comunitario, da difficoltà di comunicazione e di collaborazione, dal desiderio umano di occupare un posto più in vista.

Si tratta di atteggiamenti contrari alla carità ( cfr 1 Cor 13,4-10 ).

Sono stati già tracciati alcuni orientamenti per quanto riguarda le parrocchie, le eparchie e i sinodi dei Vescovi delle Chiese patriarcali.242

Ma è importante prevedere anche trasformazioni a livello nazionale, per dare corresponsabilità effettiva ai Vescovi e maggiore comunione tra le diverse Chiese locali.

81. Nel 1967, all'indomani del Concilio Ecumenico Vaticano II, è stata creata l'Assemblea dei Patriarchi e Vescovi cattolici nel Libano ( APECL ).

Questa struttura collegiale non si sostituisce ai Sinodi dei Vescovi delle diverse Chiese patriarcali; ogni Patriarcato conserva la propria autorità in ciò che concerne la vita e l'organizzazione interna.

Tuttavia, l'APECL è una manifestazione evidente ed una singolare espressione dello spirito collegiale dei Vescovi desiderosi di restare fedeli alla loro vocazione di pastori, in piena e generosa collaborazione tra loro e col Successore di Pietro.243

Secondo i nuovi statuti, questa Assemblea ha la funzione di favorire ed intensificare la concertazione e la cooperazione in tutti i campi in cui ciò è possibile.

Per questo, essa è chiamata a verificare costantemente l'efficacia del suo modo di operare.

In questa prospettiva, avendo i membri dell'Assemblea sinodale presentato numerose proposte che faccio mie, invito la Chiesa cattolica in Libano a tener conto dei seguenti orientamenti generali.244

Anzitutto, è compito di ciascun Patriarcato e dell'APECL sostenere lo slancio ed il dinamismo nati dall'Assemblea sinodale.

Essi diffonderanno la presente Esortazione post-sinodale presso tutti i fedeli, affinché ne facciano oggetto di studi specifici e la attuino in ogni Chiesa patriarcale e in tutte le strutture comuni.

Come hanno auspicato i Padri sinodali, è urgente che l'APECL elabori una pastorale d'insieme245 nei campi in cui le diverse Chiese patriarcali cattoliche possono esercitare congiuntamente le loro responsabilità e la loro azione pastorale.

Tale concertazione, debitamente ponderata e preparata con cura, condurrà a prendere decisioni di interesse comune che porteranno i membri dell'APECL ad impegnarsi insieme nell'azione pastorale246 fermo restando che tali decisioni non contrastino con tradizioni essenziali dell'una o dell'altra Chiesa patriarcale.

Nello spirito delle innovazioni sopra proposte,247 sarà molto vantaggioso che collaborino alle attività dell'APECL sacerdoti, diaconi, religiosi, religiose e laici impegnati; in particolare, converrà studiare la possibilità di istituire un consiglio pastorale a livello dell'APECL, al fine di associare tutti i membri del popolo di Dio alla missione della Chiesa.

Spetta infatti ai pastori « riconoscere e promuovere la dignità e la responsabilità dei laici nella Chiesa », i quali « hanno il diritto, anzi anche il dovere di far conoscere il loro parere su ciò che riguarda il bene della Chiesa ».248

Dal punto di vista operativo, è importante che le commissioni siano riorganizzate per diventare più funzionali e per essere veramente al servizio della missione della Chiesa.

L'APECL è chiamata ad organizzarsi sempre meglio, per contribuire al bene comune dei membri delle diverse Chiese particolari.

Con l'insieme della Chiesa cattolica nel Medio Oriente

82. Nel corso dell'Assemblea sinodale, numerosi interventi hanno attirato l'attenzione sulla vocazione e la missione della Chiesa cattolica in Libano, e sulla necessità di stabilire e di rafforzare legami fraterni con i cristiani nel Vicino e nel Medio Oriente, specialmente con coloro che sono talvolta ignorati in Iran, nel Sudan e nell'Africa del Nord.

Questo allargamento di prospettiva e questa preoccupazione di solidarietà mi hanno molto rallegrato: vi riconosco un segno promettente di rinnovamento in uno scambio di doni tra Chiese particolari.

La Chiesa cattolica in Libano, così privilegiata malgrado le sofferenze, è invitata ad aprirsi ai fratelli e a rispondere con gioia alla vocazione propria di ogni Chiesa particolare, di creare legami fraterni, secondo l'esempio della prima comunità cristiana di Gerusalemme ( cfr At 1,22-26 ).249

Numerosi Padri sinodali, sacerdoti, religiosi, religiose ed anche fedeli laici hanno sostenuto che una delle vie del rinnovamento della Chiesa nel Libano sarà la sua apertura alla missione ad gentes per cooperare con altre Chiese particolari sparse nel mondo.

Lo slancio missionario non potrà che rinnovare la giovinezza ed il vigore della Chiesa al proprio interno.

In questo spirito, il Consiglio dei Patriarchi Cattolici d'Oriente ( CPCO ),250 chiamato a rafforzare le sue strutture, manifesterà in modo concreto la cattolicità della Chiesa nella regione e la sua missione di salvezza per tutti coloro che vi abitano.

Il CPCO ha un ruolo di coordinamento regionale attuando nel modo proprio la testimonianza dello spirito collegiale dell'episcopato in vista di realizzazioni comuni negli ambiti apostolici e caritativi.251

Con le comunità cattoliche della diaspora

83. Un appello urgente è stato lanciato da vari intervenuti, per mantenere ed intensificare le relazioni tra le comunità cattoliche della diaspora e i diversi Patriarcati in Libano.

In effetti, una comunità locale non può vivere separata dal proprio centro di unità, senza correre il rischio di ergersi a totale indipendenza.

Questa rifioritura di relazioni comporta dei doveri da una parte e dall'altra.

Così, ciascun Patriarcato si prenderà cura di fornire ai propri fedeli sparsi nel mondo l'assistenza spirituale e morale di cui hanno bisogno, inviando presbiteri, diaconi, religiosi e religiose, che avranno cura di lavorare congiuntamente con le altre Chiese locali, in particolare con la Chiesa di rito latino.

Allo stesso tempo, i Vescovi faranno attenzione affinché i futuri presbiteri, formati nella diaspora, possano scoprire concretamente il patrimonio e la cultura della loro Chiesa patriarcale d'origine.

Queste relazioni si concretizzeranno anche mediante una permanente condivisione materiale e spirituale, per sostenere l'intero Corpo ecclesiale.252

Con la Chiesa cattolica nel suo insieme

84. L'Assemblea sinodale ha reso possibile una nuova Pentecoste, di cui dobbiamo rendere grazie al Signore.

Le Chiese orientali cattoliche in piena comunione con la Chiesa di Roma sono una manifestazione tangibile della maturità della coscienza ecclesiale.

In effetti, l'unità è una caratteristica primordiale della Chiesa ed è richiesta dalla sua natura profonda.253

Questa tensione all'unità non deve tuttavia indebolire il patrimonio specifico delle Chiese orientali cattoliche, alle quali i fedeli sono invitati ad accordare « stima e lode », perché è « patrimonio di tutta la Chiesa del Cristo ».254

Le tradizioni particolari costituiscono anch'esse un'occasione privilegiata per ravvivare il dinamismo e lo slancio missionario, al quale ciascun fedele deve partecipare.

I pastori avranno cura di offrire a tutti i cattolici la formazione necessaria, affinché acquistino il senso missionario e vengano in aiuto ai loro fratelli cristiani ed a quanti si trovano nel bisogno.255

II. Il dialogo con le Chiese ortodosse

85. L'Assemblea Speciale per il Libano del Sinodo dei Vescovi è stata un tempo di grazia, un kairòs, anche a motivo della partecipazione attiva dei delegati fraterni delle Chiese ortodosse in Libano, provenienti dai Patriarcati grecoortodosso e siriaco-ortodosso d'Antiochia, dal Catholicossato armeno di Cilicia e dalla Chiesa Assira d'Oriente.

I loro interventi in sessione plenaria e nei gruppi di studio, come pure gli incontri amichevoli, hanno contribuito a sviluppare un clima fraterno tra le diverse Chiese.

Li ringrazio per la loro fraterna partecipazione e per il loro contributo al dialogo.

In effetti, è ormai chiaro che studi attenti hanno permesso di dissipare numerosi malintesi sulla maggior parte delle controversie cristologiche sorte nel V secolo.

La Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse in Libano sono dunque chiamate, in modo tutto speciale, a « conservare, nella comunione della fede e della carità, quelle fraterne relazioni che, come tra sorelle, ci devono essere tra le Chiese locali ».256

Molti progressi sono stati compiuti dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II.

Insieme con l'intera Chiesa cattolica, gioisco dell'impegno ecumenico di ciascuna Chiesa, dei dialoghi fruttuosi fra di loro e dei vari accordi teologici che è stato possibile firmare.257

Ciò ha senza dubbio permesso di riprendere in considerazione, con serenità e fiducia, i problemi che ancora ostacolano la piena comunione nella carità tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse e di valutare elementi di soluzione, nella preoccupazione per la verità.

86. Il primo orientamento proposto consiste nel riscoprire ed approfondire la tradizione antiochena comune ad un certo numero di Chiese patriarcali cattoliche e di Chiese ortodosse del Medio Oriente.

Questo ritorno alle fonti richiede un rinnovamento nella formazione e nella riflessione teologica, nella vita spirituale e nell'azione pastorale, tenendo conto della Tradizione della Chiesa, in particolare dei Padri d'Oriente e d'Occidente, che hanno espresso il messaggio evangelico nelle loro diverse culture.

Invito tutti i discepoli di Cristo ad una preghiera fervente affinché possiamo compiere la volontà del Signore, li esorto ad una vita di fede e di carità sempre più intensa, a una vera condivisione dei doni ed alla scoperta seria delle prospettive spirituali dei loro fratelli258

È certamente in questa linea che gli organismi di formazione teologica e pastorale possono apportare un contributo importante al dialogo ecumenico.

Durante le discussioni, l'Assemblea sinodale ha evocato in maniera approfondita tre problemi pastorali, che sono sorgente di difficoltà nelle relazioni tra le Chiese patriarcali cattoliche e le Chiese ortodosse ;259 essi devono ancora essere oggetto di studi seri, in comunione con la Santa Sede.260

Mi rallegro degli sforzi concreti intrapresi e delle collaborazioni realizzate in differenti ambiti; essi dovranno essere proseguiti e approfonditi, con la preoccupazione di far trionfare la verità e il dialogo della carità.

Sono offerte possibilità apostoliche ai pastori della Chiesa cattolica, nel rispetto delle tradizioni e delle sensibilità, vigilando perché sia mantenuta una giusta esposizione della dottrina cattolica.261

Tali possibilità dovranno essere utilizzate avendo cura di proseguire in relazione e in armonia con i colloqui che la Santa Sede porta avanti con le diverse Chiese e dando ai fedeli la formazione necessaria.262

III. I legami con le Comunità ecclesiali sorte dalla Riforma

87. La partecipazione del delegato fraterno delle comunità evangeliche in Libano è stata accolta con gioia ed è stata l'occasione per dissipare certi malintesi sulle comunità protestanti.263

Il legame primordiale fra la Chiesa cattolica e le comunità riformate è fondato sul Battesimo, che ci rende figli di Dio, come pure sull'ascolto della Parola di Dio.

Allo stesso tempo, abbiamo coscienza di ciò che ci separa, in particolare per quel che concerne i ministeri e la sacramentalità della Chiesa.

Mediante il dialogo fraterno e la preghiera, possiamo passare a poco a poco dalla diffidenza ad impegni concreti sulla via della riconciliazione e della piena unità, tradotti soprattutto in azioni sociali comuni che mettono in risalto il volto di Cristo, servitore di tutti gli uomini.

IV. Il Consiglio delle Chiese in Medio Oriente

88. In Libano, il Consiglio delle Chiese in Medio Oriente ( CEMO ) è divenuto uno dei contesti abituali del dialogo ecumenico.

È in questo contesto che potrebbe essere avviata una riflessione comune su problemi come quello della data della celebrazione della Pasqua del Signore e quello dello studio di un testo arabo comune del Padre Nostro e del Credo, che sarà necessario poi sottoporre alle autorità competenti.

Nell'ambito umanitario, si può offrire una testimonianza comune, per manifestare ai nostri contemporanei la tenerezza e la sollecitudine del Signore.

Il servizio dell'unità cristiana esige una competenza ed una formazione specializzata, e non può essere realizzato senza la partecipazione al più alto livello dei Capi delle Chiese interessate.

In effetti, le iniziative ecumeniche impegnano non soltanto la Chiesa locale, ma tutta la Chiesa e tutte le Chiese.

Esorto dunque i pastori ed i fedeli a mantenere vivo il desiderio dell'unità, e ad adoperarsi con perseveranza, mediante un dialogo ecumenico ravvicinato, nel far evolvere le mentalità, pregando insieme ed agendo insieme ogni volta che ciò sia possibile.264

In uno spirito di concordia e di fraternità, è opportuno ricordare le relazioni che il CEMO si sforza di sviluppare e di consolidare con le diverse comunità musulmane, per individuare le collaborazioni possibili, così da servire insieme la società libanese.

Indice

228 Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Reconciliatio et paenitentia, 1 ( 2 dicembre 1984 )
229 Cfr Nerses IV Šnorhali, Inni sacri I, Venezia 1973, p. 95-99
230 S. Agostino, Sermone per la Pentecoste, 267, 4: PL 38, 1231
231 S. Ireneo, Dimostrazione della predicazione apostolica, 87: SC 62, 203
232 S. Ireneo, Adv. haer. V, 9, 2: SC 153, p. 113
233 Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Christus Dominus, 6
234 Congr. per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica su alcuni aspetti della Chiesa intesa come comunione Communionis notio ( 28 maggio 1992 ), 9: AAS 85 (1993), 843
235 Giovanni Paolo II, Discorso alla Curia Romana ( 20 dicembre 1990 ), 9: AAS 83 ( 1991 ), 745
236 Cfr Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per il Libano, Relatio post disceptationem ( 1° dicembre 1995 ), III
237 S. Cipriano, De oratione Dominica, 23: PL 4, 536
238 Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 1 e n. 7;
Pio XII, Lett. enc. Mystici corporis ( 29 giugno 1943 )
239 Consiglio dei Patriarchi Cattolici D'Oriente, Quarta lettera pastorale sul mistero della Chiesa ( Natale 1996 ), n. 50
240 Lettera agli Smirnesi, VII, 2: SC 10, 139
241 Cfr Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per il Libano, Instrumentum laboris, 69;
Relatio ante disceptationem ( 27 novembre 1995 ), 22: L'Osservatore Romano, 27-28 novembre 1995, p. 11
242 Cfr supra, capitolo III
243 Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Lumen gentium, 22-23;
Decr. sull'ufficio pastorale dei Vescovi Christus Dominus, 38, n. 6;
Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 322
244 Cfr Propositio 22
245 Cfr Propositio 22, 3
246 Cfr Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 322 §, 2
247 Cfr supra, capitolo III
248 Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Lumen gentium, 37
249 Cfr Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 148
250 Oltre ai quattro Patriarchi membri dell'APECL, il CPCO comprende il Patriarca caldeo, il Patriarca copto cattolico ed il Patriarca latino di Gerusalemme
251 Cfr Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per il Libano, Relatio post disceptationem ( 1° dicembre 1995 ), V
252 Cfr Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 315
253 Cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Orientale lumen, 19 ( 2 maggio 1995 )
254 Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Orientalium ecclesiarum, 5
255 Cfr Propositio 29
256 Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Unitatis redintegratio, 14;
cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ut unum sint, 55 ( 25 maggio 1995 )
257 Cfr Dichiarazione comune del Sommo Pontefice Paolo VI e di Sua Santità il Patriarca Atenagora I di Costantinopoli ( 7 dicembre 1965 ): AAS 58 ( 1966 ), 20-21;
Dichiarazione comune del Sommo Pontefice Paolo VI e di Sua Santità Shenouda III, Papa di Alessandria e Patriarca della sede di s. Marco ( 10 maggio 1973 ): AAS 65 ( 1973 ), 299-301;
Dichiarazione comune del Papa Giovanni Paolo II e di Sua Santità Moran Mar Ignazio Zakka I Iwas, Patriarca siro-ortodosso di Antiochia e di tutto l'Oriente ( 23 giugno 1984 ): Insegnamenti VII, 1 ( 1984 ), 1902-1906;
Dichiarazione cristologica comune della Chiesa Cattolica e della Chiesa Assira d'Oriente ( 11 novembre 1994 ): AAS 87 ( 1995 ), 685- 687;
Dichiarazione comune di Sua Santità Giovanni Paolo II e di Sua Santità Karekin I, Catholicos-Patriarca supremo di tutti gli Armeni ( 13 dicembre 1996 ): L'Osservatore Romano, 14 dicembre 1996, pp. 1.5;
Dichiarazione comune del Papa Giovanni Paolo II e del Catholicos Aram I, Patriarca di Cilicia degli Armeni ( 25 gennaio 1997 ): L'Osservatore Romano, 26 gennaio 1997, pp. 1.5;
Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ut unum sint, 50-52 ( 25 maggio 1995 ) che ricorda le varie tappe del dialogo ecumenico con le Chiese d'Oriente, a seguito della ripresa dei contatti nel 1965
258 Cfr Nerses IV norhali, Inni sacri, I, Venezia 1973, che richiama i principi dell'unità della Chiesa
259 Cfr Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per il Libano, Relatio post disceptationem ( 1° dicembre 1995 ), VI
260 Spetta alla Santa Sede la firma di accordi con le Chiese non cattoliche: cfr Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 904 §§ 1-2
261 Cfr Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 625; can. 907
262 Cfr ibid., cann. 813-816
263 Cfr Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per il Libano, Relatio post disceptationem ( 1° dicembre 1995 ), VI
264 Cfr Propositio 33