Rapporti tra i Vescovi e i Religiosi

Indice

Parte seconda

Direttive e norme

L'esperienza di questi recenti anni, alla luce dei principi fin qui esposti, ha indotto a formulare alcune direttive e norme rivolte soprattutto alla pratica.

Da ciò indubbiamente conseguirà che i mutui rapporti tra i vescovi e i religiosi possano ulteriormente perfezionarsi a vantaggio della stessa edificazione del corpo di Cristo.

Esporremo le varie direttive in tre distinti momenti, che si completano vicendevolmente, cioè:

a) secondo l'aspetto formativo;

b) secondo l'aspetto operativo;

c) secondo l'aspetto organizzativo.

Il testo suppone le prescrizioni giuridiche già in atto e a volte ad esse fa riferimento; non deroga, quindi, a nessuna disposizione di precedenti documenti della santa sede vigenti in materia.

Capitolo V

Alcune istanze attinenti all'aspetto formativo

Il romano pontefice e i vescovi svolgono nella chiesa il ruolo supremo di maestri autentici e di santificatori di tutto il gregge ( cf. Parte I, nn. 5-9 ).

A loro volta i superiori religiosi rivestono speciale autorità per la guida del proprio istituto, e portano il peso non lieve della specifica formazione dei confratelli ( cf. PC 14; PC 18; e Parte I, nn. 10-14 ).

I vescovi e i superiori, pertanto, gli uni e gli altri secondo il proprio ruolo, ma in armonia tra loro e in concorde impegno, diano una vera precedenza alle responsabilità di formazione.

24. I vescovi, d'accordo anche con i superiori religiosi, promuovano, specialmente tra i presbiteri diocesani, tra i laici zelanti e tra i religiosi e le religiose locali, una viva coscienza ed esperienza del mistero e della struttura della chiesa, della vivificante inabitazione dello Spirito santo, organizzando in comune speciali circoli e incontri di spiritualità.

Inoltre incessantemente insistano, affinché sia valorizzata e intensificata la preghiera, sia personale che pubblica, anche con appropriate iniziative diligentemente preparate.

25. Le comunità religiose, da parte loro, soprattutto quelle contemplative, pur conservando, ovviamente, la fedeltà al proprio spirito ( cf. PC 7; AG 40 ), offrano agli uomini del nostro tempo opportuni aiuti per la preghiera e per la vita spirituale, in modo che esse possano rispondere alla pressante necessità, oggi più attentamente sentita, di meditazione e di approfondimento della fede.

Diano anche l'occasione e la comodità di poter partecipare convenientemente alle loro stesse azioni liturgiche, salve restando le debite esigenze della clausura e le norme stabilite al riguardo.

26. I superiori religiosi con ogni attenzione procurino che i loro confratelli e le loro consorelle rimangano fedeli alla propria vocazione.

Promuovano anche gli opportuni adattamenti alle condizioni culturali, sociali ed economiche, secondo le esigenze dei tempi, vigilando tuttavia, affinché in nessun modo tali adattamenti sconfinino verso abitudini contrarie alla vita religiosa.

Gli aggiornamenti culturali e gli studi di specializzazioni dei confratelli vertano su materie propriamente attinenti alla specifica vocazione dell'istituto; tali studi, poi, siano programmati non quasi fossero una male intesa realizzazione di sè, per raggiungere finalità individuali, ma affinché valgano a rispondere alle esigenze di progetti apostolici della stessa famiglia religiosa in armonia con le necessità della chiesa.

27. Nel promuovere la formazione continua dei religiosi, occorre insistere sul rinnovamento della testimonianza di povertà e di servizio verso i più bisognosi, e procurare, inoltre, che in una rinnovata obbedienza e castità le comunità divengano segno di amore fraterno e di unità.

Negli istituti di vita attiva, per i quali l'apostolato costituisce l'elemento essenziale della loro vita religiosa ( cf. CD 12; CD 15; CD 35; LG 25; LG 45 ), nello stesso evolversi della formazione, sia iniziale che continua, si ponga il medesimo apostolato in debito risalto.

28. Spetta ai vescovi, quali maestri autentici e guide di perfezione per tutti i membri della diocesi ( cf. CD 12; CD 15; CD 35; LG 25; LG 45 ), di essere i custodi anche della fedeltà alla vocazione religiosa nello spirito di ciascun istituto.

E nell'esercizio di questo dovere pastorale i vescovi avranno cura di promuovere i rapporti con i superiori religiosi, a cui tutti i confratelli sono soggetti "in spirito di fede" ( cf. PC 14 ), in aperta comunione di dottrina e di intenti col sommo pontefice e i dicasteri della santa sede e con gli altri vescovi e ordinari locali.

I vescovi, unitamente al proprio clero, siano convinti assertori della vita consacrata, difensori delle comunità religiose, educatori di vocazioni, validi tutori dell'indole propria di ciascuna famiglia religiosa sia in campo spirituale che in quello apostolico.

29. I vescovi e i superiori religiosi, gli uni e gli altri secondo le proprie competenze, promuovano con zelo la conoscenza della dottrina del concilio e dei documenti pontifici sull'episcopato, sulla vita religiosa e sulla chiesa particolare, nonché sui rapporti intercorrenti tra loro.

A tal fine sono auspicabili le seguenti iniziative:

a) incontri di vescovi e superiori religiosi per approfondire insieme tali argomenti;

b) corsi speciali per presbiteri diocesani, per religiosi e per laici impegnati nelle attività apostoliche, al fine di consentire nuovi e più appropriati adeguamenti;

c) studi ed esperimenti particolarmente appropriati per la formazione dei religiosi coadiutori e delle religiose;

d) l'elaborazione di opportuni documenti pastorali, nella diocesi, nella regione o nazione, che presentino fruttuosamente questi argomenti alla riflessione dei fedeli.

Bisogna però badare che questa formazione di aggiornamento non rimanga limitata solo a pochi, ma provvedere che a tutti si dia la possibilità di usufruirne e divenga un impegno comune di tutti i confratelli.

Pare inoltre opportuno che a questo approfondimento dottrinale si dia anche una sufficiente diffusione mediante la stampa, i mezzi di comunicazione sociale, conferenze, esortazioni, ecc.

30. Fin dalle fasi iniziali della formazione, sia ecclesiastica che religiosa, venga programmato lo studio sistematico del mistero di Cristo, della natura sacramentale della chiesa, del ministero episcopale e della vita religiosa nella chiesa.

Perciò:

a) i religiosi e le religiose fin dal noviziato si formino ad avere una più piena consapevolezza e sollecitudine per la chiesa particolare, aumentando insieme la fedeltà alla loro specifica vocazione;

b) i vescovi procurino che il clero diocesano comprenda intimamente gli attuali problemi concernenti la vita religiosa e l'urgente necessità missionaria, e che alcuni scelti presbiteri si preparino, affinché possano validamente prestare l'opera loro ed aiutare i religiosi e le religiose nel loro progresso spirituale ( cf. OT 10; AG 39 ), sebbene il più delle volte convenga affidare questo compito a presbiteri religiosi prudentemente scelti ( cf. n. 36 ).

31. Una maturazione più completa della vocazione sacerdotale e religiosa dipende anche, e in grado decisivo, dalla formazione dottrinale, che di solito viene impartita o in centri di studio a livello universitario o in scuole superiori oppure in istituti particolarmente adatti.

I vescovi e i superiori dei religiosi, interessati a tale compito, prestino efficacemente la loro collaborazione per la sussistenza di questi centri di studio e per sostenere il giusto funzionamento, soprattutto quando tali centri siano a servizio di una o più diocesi e congregazioni religiose e meglio garantiscano sia l'eccellenza dell'insegnamento sia la presenza di docenti e di tutti gli altri, che debitamente preparati sono in grado di rispondere alle esigenze della formazione, e assicurino inoltre l'impiego più razionale del personale stesso e dei mezzi.

Nel preparare, riformare e attuare gli statuti di questi centri di studio risultino chiaramente definiti i diritti e i doveri dei singoli partecipanti, i compiti che in forza dello stesso ministero spettano al vescovo o ai vescovi, le modalità d'azione e la dimensione di responsabilità dei superiori religiosi cointeressati, cosicché si possa promuovere una presentazione oggettiva e completa della dottrina, strutturata in armonia col magistero della chiesa.

In base quindi ai criteri generali di competenza e di responsabilità e secondo le disposizioni statutarie si provveda a seguire con diligente cura l'attività e le iniziative di questi centri.

Ma in tutta questa disciplina, certamente delicata e importante, si osservino sempre le norme e le disposizioni della santa sede.

32. Un adeguato rinnovamento della prassi pastorale nelle diocesi richiede una conoscenza più approfondita di tutte quelle realtà, che riguardano in concreto la vita umana e religiosa locale, in modo che da tale base possa scaturire una riflessione teologica oggettiva e appropriata, si possano stabilire delle priorità operative, elaborare un piano d'azione pastorale, esaminare, infine, periodicamente quanto sia stato realizzato.

Questo lavoro può richiedere da parte dei vescovi, con la collaborazione di persone competenti, scelte anche tra i religiosi, di costituire e sostenere delle commissioni di studio e dei centri di ricerca.

Invero tali iniziative appaiono sempre più necessarie non solo per conseguire una formazione più aggiornata delle persone, ma anche per dare una struttura razionale alla prassi pastorale.

33. Peculiare e delicato dovere dei religiosi è di avere la mente attenta e l'animo docile al magistero della gerarchia e di rendere facile ai vescovi l'esercizio del ministero di "dottori autentici" e di "testimoni della divina e cattolica verità" ( cf. LG 25 ) nell'impegno di responsabilità circa l'insegnamento dottrinale della fede, sia nei centri, dove se ne coltiva lo studio, sia nell'impiego dei mezzi per trasmetterla.

a) Riguardo alle pubblicazioni di libri e documenti, curate presso organizzazioni librarie di religiosi e religiose o di istituzioni cattoliche o di case editrici da loro gestite, si osservino le norme impartite dalla Congregazione per la dottrina della fede ( 19.III.1975 ) circa la competente autorità per l'approvazione dei testi della sacra scrittura e relative versioni, dei libri di liturgia, di preghiere e di catechismo, o di opere di qualunque altro genere, che contengano qualche argomento in modo speciale attinente alla religione e all'onestà dei costumi.

L'omissione di queste norme, speciosamente talvolta o astutamente escogitata, può recare ai fedeli un gran danno, a cui è necessario resistere con tutte le forze e con lealtà soprattutto da parte dei religiosi.

b) Anche quando si tratta di documenti e di iniziative editoriali da parte di istituzioni religiose, locali o nazionali, che pur non essendo di pubblica destinazione, possono tuttavia esercitare un certo peso in fatto di pastorale, come, ad esempio, i nuovi e gravi problemi sulla questione sociale, economica e politica, in qualunque modo connessi con la fede e la vita religiosa, venga sempre salvaguardata la necessaria intesa con gli ordinari competenti.

c) I vescovi poi, considerata attentamente la missione speciale di alcuni istituti, esortino e sostengano i religiosi e le religiose, che sono impegnati nell'importante settore apostolico dell'attività editoriale e delle comunicazioni sociali; promuovano al riguardo una più estesa collaborazione apostolica, soprattutto a livello nazionale; parimenti siano solleciti della formazione del personale specializzato in questa attività non solo quanto alla competenza tecnica, ma anche, e soprattutto, quanto alla loro responsabilità ecclesiale.

34. Grave errore sarebbe rendere indipendenti - e assai più grave quello di opporle tra loro - la vita religiosa e le strutture ecclesiali, quasi potessero sussistere come due realtà distinte, l'una carismatica, l'altra istituzionale; mentre ambedue gli elementi, cioè i doni spirituali e le strutture ecclesiali, formano un'unica, anche se complessa, realtà ( cf. LG 8 ).

Pertanto i religiosi e le religiose, mentre dimostrano particolare intraprendenza e prospettiva per il tempo futuro ( cf. nn. 10-14 ), siano strenuamente fedeli all'intenzione e allo spirito dell'istituto in piena obbedienza e adesione all'autorità della gerarchia ( cf. PC 2; LG 12 ).

35. Il vescovo, quale pastore della diocesi, e i superiori religiosi, in quanto responsabili del proprio istituto, promuovano la partecipazione dei religiosi e delle religiose alla vita della chiesa particolare e la loro cognizione circa le norme direttive e le disposizioni ecclesiastiche; parimenti incrementino, soprattutto i superiori, l'unità supernazionale nel proprio istituto e la docilità verso i suoi superiori generali ( cf. Parte I, nn. 15-23 ).

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