Ministero e vita dei Diaconi permanenti

Norme fondamentali per la formazione dei Diaconi Permanenti

Introduzione

1. Gli itinerari formativi

1. Circa la formazione dei diaconi permanenti, le prime indicazioni furono date dalla Lettera apostolica Sacrum diaconatus ordinem.1

Esse sono state poi riprese e precisate nella Lettera circolare della Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica del 16 luglio 1969, Come è a conoscenza, con cui si prevedevano « diversi tipi di formazione » a seconda dei « diversi tipi di diaconato » ( per celibi, sposati, « destinati a luoghi di missione o a paesi ancora in via di sviluppo », chiamati ad « esplicare la loro funzione in Nazioni di una certa civiltà e con una cultura abbastanza elevata » ).

Per la formazione dottrinale, si specificava che essa doveva essere al di sopra di quella di un semplice catechista e, in qualche modo, analoga a quella del sacerdote.

Si elencavano poi, le materie che dovevano essere prese in considerazione per l'elaborazione del programma di studi.2

La successiva Lettera apostolica Ad pascendum precisò che « per quanto riguarda il corso degli studi teologici, che deve precedere l'ordinazione dei diaconi permanenti, è compito delle Conferenze Episcopali emanare, in base alle circostanze di luogo, le norme opportune, e sottoporle per l'approvazione alla Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica ».3

Il nuovo Codice di Diritto Canonico integrò gli elementi essenziali di questa normativa nel can. 236.

2. Dopo circa trent'anni dalle prime indicazioni, e con gli apporti delle esperienze successive, si è ritenuto ora opportuno elaborare la presente Ratio fundamentalis institutionis diaconorum permanentium.

Suo scopo è quello di porsi come strumento per orientare ed armonizzare, nel rispetto delle legittime diversità, i programmi educativi tracciati dalle Conferenze Episcopali e dalle diocesi, che a volte risultano essere molto diversi tra di loro.

2. Il riferimento ad una sicura teologia del diaconato

3. L'efficacia della formazione dei diaconi permanenti dipende in gran parte dalla concezione teologica sul diaconato che la sottende.

Essa infatti offre le coordinate per determinare e orientare l'itinerario formativo e, allo stesso tempo, traccia la meta verso cui tendere.

La quasi totale scomparsa del diaconato permanente nella Chiesa d'Occidente per più di un millennio ha reso certamente più difficile la comprensione della profonda realtà di questo ministero.

Tuttavia, non si può dire per ciò stesso che la teologia del diaconato sia senza alcun riferimento autorevole, in completa balìa delle differenti opinioni teologiche.

I riferimenti esistono, e sono molto chiari, anche se esigono di essere ulteriormente sviluppati e approfonditi.

Qui di seguito ne vengono richiamati alcuni ritenuti più importanti, senza avere per questo alcuna pretesa di completezza.

4. Innanzitutto bisogna considerare il diaconato, come ogni altra identità cristiana, all'interno della Chiesa, intesa come mistero di comunione trinitaria in tensione missionaria.

È questo un riferimento necessario nella definizione dell'identità di ogni ministro ordinato, anche se non prioritario, in quanto la sua verità piena consiste nell'essere una partecipazione specifica ed una ripresentazione del ministero di Cristo.4

È per questo che il diacono riceve l'imposizione delle mani ed è sostenuto da una specifica grazia sacramentale che lo innesta nel sacramento dell'ordine.5

5. Il diaconato viene conferito mediante una speciale effusione dello Spirito ( ordinazione ), che realizza in chi la riceve una specifica conformazione a Cristo, Signore e servo di tutti.

Nella Lumen gentium, n. 29, si precisa, citando un testo delle Constitutiones Ecclesiae Aegyptiacae, che l'imposizione delle mani al diacono non è « ad sacerdotium sed ad ministerium »,6 cioè, non per la celebrazione eucaristica, ma per il servizio.

Questa indicazione, insieme al monito di san Policarpo, pure ripreso dalla Lumen gentium, n. 29,7 ( Patres Apostolici, I, Tubingae 1901, pp. 300-302) delinea l'identità teologica specifica del diacono: egli, come partecipazione dell'unico ministero ecclesiastico, è nella Chiesa segno sacramentale specifico di Cristo servo.

Suo compito è di essere « interprete delle necessità e dei desideri delle comunità cristiane » e « animatore del servizio, ossia della diakonia »,8 che è parte essenziale della missione della Chiesa.

6. Materia dell'ordinazione diaconale è l'imposizione delle mani del Vescovo; la forma è costituita dalle parole della preghiera di ordinazione, che si articola nei tre passaggi dell'anamnesi, dell'epiclesi e dell'intercessione.9

L'anamnesi ( che ripercorre la storia della salvezza incentrata in Cristo ) si rifà ai « leviti », richiamando il culto, e ai « sette » degli Atti degli Apostoli, richiamando la carità.

L'epiclesi invoca la forza dei sette doni dello Spirito perché l'ordinando sia in grado di imitare Cristo come « diacono ».

L'intercessione esorta a una vita generosa e casta.

La forma essenziale per il sacramento è l'epiclesi, che consiste nelle parole: « Ti supplichiamo, o Signore, effondi in loro lo Spirito Santo, che li fortifichi con i sette doni della tua grazia, perché compiano fedelmente l'opera del ministero ».

I sette doni hanno origine da un passo di Isaia 11,2, recepito dalla versione ampliata che ne hanno dato i Settanta.

Si tratta dei doni dello Spirito dati al Messia, che vengono partecipati ai nuovi ordinati.

7. In quanto grado dell'ordine sacro, il diaconato imprime il carattere e comunica una grazia sacramentale specifica.

Il carattere diaconale è il segno configurativo-distintivo impresso indelebilmente nell'anima che configura chi è ordinato a Cristo, il quale si è fatto diacono, cioè servo di tutti.10

Esso porta con sé una specifica grazia sacramentale, che è forza, vigor specialis, dono per vivere la nuova realtà operata dal sacramento.

« Quanto ai diaconi, la grazia sacramentale dà loro la forza necessaria per servire il Popolo di Dio nella diaconia della Liturgia, della Parola e della carità, in comunione con il Vescovo ed il suo presbiterio ».11

Come in tutti i sacramenti che imprimono il carattere, la grazia ha una virtualità permanente.

Fiorisce e rifiorisce nella misura in cui è accolta e riaccolta nella fede.

8. Nell'esercizio della loro potestà, i diaconi, essendo partecipi ad un grado inferiore del ministero ecclesiastico, dipendono necessariamente dai Vescovi, che hanno la pienezza del sacramento dell'ordine.

Inoltre, essi sono posti in una speciale relazione con i presbiteri, in comunione con i quali sono chiamati a servire il popolo di Dio.12

Da un punto di vista disciplinare, con l'ordinazione diaconale, il diacono è incardinato nella Chiesa particolare o nella Prelatura personale al cui servizio è stato ammesso, oppure, come chierico, in un Istituto religioso di vita consacrata o in una Società clericale di vita apostolica.13

L'istituto dell'incardinazione non rappresenta un fatto più o meno accidentale, ma si caratterizza come legame costante di servizio ad una concreta porzione di popolo di Dio.

Esso implica l'appartenenza ecclesiale a livello giuridico, affettivo e spirituale e l'obbligo del servizio ministeriale.

3. Il ministero del diacono nei diversi contesti pastorali

9. Il ministero del diacono si caratterizza per l'esercizio dei tre munera propri del ministero ordinato, secondo la prospettiva specifica della diaconia.

In riferimento al munus docendi, il diacono è chiamato a proclamare la Scrittura e istruire ed esortare il popolo.14

Ciò è espresso dalla consegna del libro dei Vangeli, prevista nel rito stesso dell'ordinazione.15

Il munus sanctificandi del diacono si esplica nella preghiera, nell'amministrazione solenne del battesimo, nella conservazione e distribuzione dell'Eucaristia, nell'assistenza e benedizione del matrimonio, nella presidenza del rito del funerale e della sepoltura e nell'amministrazione dei sacramentali.16

Ciò evidenzia come il ministero diaconale abbia il suo punto di partenza e di arrivo nell'Eucaristia, e non possa esaurirsi in un semplice servizio sociale.

Infine, il munus regendi si esercita nella dedizione alle opere di carità e di assistenza17 e nell'animazione di comunità o settori della vita ecclesiale, specie per quanto riguarda la carità.

È questo il ministero più tipico del diacono.

10. Le linee della ministerialità nativa del diaconato sono dunque, come si evince dall'antica prassi diaconale e dalle indicazioni conciliari, molto ben definite.

Tuttavia, se tale nativa ministerialità è unica, sono però diversi i modelli concreti del suo esercizio, che dovranno essere suggeriti di volta in volta dalle diverse situazioni pastorali delle singole Chiese.

Nella precisazione dell'iter formativo, non si potrà ovviamente non tenerne conto.

4. La spiritualità diaconale

11. Dall'identità teologica del diacono, scaturiscono con chiarezza i lineamenti della sua specifica spiritualità, che si presenta essenzialmente come spiritualità del servizio.

Il modello per eccellenza è il Cristo servo, vissuto totalmente al servizio di Dio, per il bene degli uomini.

Egli si è riconosciuto annunciato nel servo del primo carme del Libro di Isaia ( cf Lc 4,18-19 ), ha qualificato espressamente la sua azione come diaconia ( cf Mt 20,28; Lc 22,27; Gv 13,1-17; Fil 2,7-8; 1 Pt 2,21-25 ) ed ha raccomandato ai suoi discepoli di fare altrettanto ( cf Gv 13,34-35; Lc 12,37 ).

La spiritualità del servizio è una spiritualità di tutta la Chiesa, in quanto tutta la Chiesa, ad immagine di Maria, è la « serva del Signore » ( Lc 1,28 ), a servizio della salvezza del mondo.

Proprio perché tutta la Chiesa possa meglio vivere questa spiritualità di servizio, il Signore le dona un segno vivente e personale del suo stesso essere servo.

Perciò, in modo specifico, essa è la spiritualità del diacono.

Egli, infatti, con la sacra ordinazione, è costituito nella Chiesa icona vivente di Cristo servo.

Il Leitmotiv della sua vita spirituale sarà dunque il servizio; la sua santità consisterà nel farsi servitore generoso e fedele di Dio e degli uomini, specie dei più poveri e sofferenti; il suo impegno ascetico sarà volto ad acquisire quelle virtù che sono richieste dall'esercizio del suo ministero.

12. Ovviamente tale spiritualità dovrà integrarsi armonicamente di volta in volta con la spiritualità legata allo stato di vita.

Per cui, la medesima spiritualità diaconale acquisirà connotazioni diverse a seconda che sia vissuta da uno sposato, da un vedovo, da un celibe, da un religioso, da un consacrato nel mondo.

L'itinerario formativo dovrà tener conto di queste modulazioni diverse e offrire, a seconda dei tipi di candidati, percorsi spirituali differenziati.

5. Il compito delle Conferenze Episcopali

13. « È compito delle legittime assemblee dei Vescovi o Conferenze Episcopali, deliberare, con l'assenso del Sommo Pontefice, se e dove, in vista del bene dei fedeli, sia da istituire il diaconato come proprio e permanente grado della gerarchia ».18

Alle Conferenze Episcopali il Codice di Diritto Canonico attribuisce altresì la competenza a specificare mediante disposizioni complementari la disciplina riguardante la recita della liturgia delle ore,19 l'età richiesta per l'ammissione20 e la formazione, cui è dedicato il can. 236.

Questo canone stabilisce che siano le Conferenze Episcopali ad emanare, in base alle circostanze di luogo, le norme opportune perché i candidati al diaconato permanente, sia giovani sia di età più matura, sia celibi sia coniugati, « siano formati a condurre una vita evangelica e siano preparati a compiere nel debito modo i doveri propri dell'ordine ».

14. Per aiutare le Conferenze Episcopali a tracciare itinerari formativi che, pur attenti alle diverse situazioni particolari, siano tuttavia in sintonia con il cammino universale della Chiesa, la Congregazione per l'Educazione Cattolica ha preparato la presente Ratio fundamentalis institutionis diaconorum permanentium, che intende offrire un punto di riferimento per precisare i criteri del discernimento vocazionale e i vari aspetti della formazione.

Tale documento - come è nella sua stessa natura - stabilisce soltanto alcune linee fondamentali di carattere generale, che costituiscono la norma cui dovranno riferirsi le Conferenze Episcopali per l'elaborazione o l'eventuale perfezionamento delle loro rispettive rationes nazionali.

In tal modo, senza mortificare la creatività e l'originalità delle Chiese particolari, vengono indicati i princìpi e i criteri, sulla base dei quali la formazione dei diaconi permanenti può essere programmata con sicurezza e in armonia con le altre Chiese.

15. Analogamente poi a quanto lo stesso Concilio Vaticano II ha stabilito per le rationes institutionis sacerdotalis,21 con il presente documento si richiede alle Conferenze Episcopali che hanno restaurato il diaconato permanente di sottoporre le loro rispettive rationes institutionis diaconorum permanentium all'esame e all'approvazione della Santa Sede.

Questa le approverà, dapprima ad experimentum, e poi per un determinato numero di anni, in modo che siano garantite periodiche revisioni.

6. Responsabilità dei Vescovi

16. La restaurazione del diaconato permanente in una Nazione non implica l'obbligo della sua restaurazione in tutte le diocesi.

Sarà il Vescovo diocesano che, dopo aver prudentemente sentito il parere del Consiglio presbiterale e, se esiste, del Consiglio pastorale, procederà o meno al riguardo, tenendo conto delle necessità concrete e della situazione specifica della sua Chiesa particolare.

Nel caso egli opti per la restaurazione del diaconato permanente, sarà sua cura promuovere un'opportuna catechesi al riguardo, sia tra i laici che tra i sacerdoti e i religiosi, in modo che il ministero diaconale sia compreso in tutta la sua profondità.

Inoltre, egli provvederà ad erigere le strutture necessarie all'opera formativa ed a nominare dei collaboratori idonei che lo coadiuvino come responsabili diretti della formazione, oppure, a seconda delle circostanze, si impegnerà a valorizzare le strutture formative di altre diocesi, o quelle regionali o nazionali.

Il Vescovo poi si preoccuperà che, sulla base della ratio nazionale e dell'esperienza in atto, sia redatto e periodicamente aggiornato un apposito regolamento diocesano.

7. Il diaconato permanente negli Istituti di vita consacrata e nelle Società di vita apostolica

17. L'istituzione del diaconato permanente tra i membri degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica è regolata dalle norme della Lettera apostolica Sacrum diaconatus ordinem.

Essa stabilisce che « istituire il diaconato permanente tra i religiosi è diritto riservato alla Santa Sede, alla quale soltanto spetta di esaminare e approvare i voti dei capitoli generali in materia ».22

Quanto si è detto - continua il documento - « deve pure intendersi come riferito anche ai membri degli altri istituti che professano i consigli evangelici ».23

Ogni Istituto o Società che abbia ottenuto il diritto di ripristinare al suo interno il diaconato permanente assume la responsabilità di garantire la formazione umana, spirituale, intellettuale e pastorale dei suoi candidati.

Tale Istituto o Società si dovrà impegnare perciò a predisporre un proprio programma formativo che recepisca il carisma e la spiritualità propri dell'Istituto o della Società e, allo stesso tempo, sia in sintonia con la presente Ratio fundamentalis, specie per quanto riguarda la formazione intellettuale e pastorale.

Il programma di ogni Istituto o Società dovrà essere sottoposto all'esame e all'approvazione della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica o della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli e della Congregazione per le Chiese Orientali per i territori di loro competenza.

La Congregazione competente, sentito il parere della Congregazione per l'Educazione Cattolica per quanto riguarda la formazione intellettuale, lo approverà, dapprima ad experimentum, e poi per un determinato numero di anni, in modo che siano garantite periodiche revisioni.

Indice

1 Cf Paolo VI, Lett. ap. Sacrum diaconatus ordinem ( 18 giugno 1967 ).
La Lettera apostolica, al cap. II, dedicato ai candidati giovani, prescrive:
« 6. I giovani candidati all'ufficio diaconale vengano accolti in uno speciale istituto ove siano messi alla prova, educati a vivere una vita veramente evangelica e preparati a svolgere utilmente le proprie specifiche funzioni.
9. Il vero e proprio tirocinio diaconale si protragga almeno per la durata di tre anni; l'ordine degli studi, inoltre, sia regolato in modo che i candidati a grado a grado, progressivamente vengano disposti ad attendere con perizia ed utilità ai vari uffici diaconali.
Nel suo complesso, poi, il ciclo degli studi potrà essere ordinato in modo tale che nel corso dell'ultimo anno venga data una specifica preparazione ai diversi uffici ai quali i diaconi, di preferenza, attenderanno.
10. A ciò si aggiungano le esercitazioni pratiche riguardanti l'insegnamento degli elementi della religione cristiana ai fanciulli e ad altri fedeli, la direzione e la divulgazione del canto sacro, la lettura dei libri divini della Scrittura nelle assemblee dei fedeli, la predicazione e l'esortazione al popolo, l'amministrazione dei sacramenti che competono ai diaconi, la visita agli ammalati e, in genere, l'adempimento di quei servizi che ad essi possono essere commessi ».
La medesima Lettera apostolica, al cap. III, dedicato ai candidati di età più matura, prescrive:
« 14. È auspicabile che anche tali diaconi siano provvisti di non mediocre dottrina, secondo quanto è stato detto ai nn. 8, 9, 10, o che almeno essi abbiano credito per quella preparazione intellettuale che, a giudizio della conferenza episcopale, sarà loro indispensabile per il compimento delle proprie specifiche funzioni.
Siano perciò ammessi, per un certo tempo, in uno speciale istituto ove possano apprendere tutto ciò di cui avranno bisogno per attendere degnamente all'ufficio diaconale.
15. Che se ciò non possa farsi, l'aspirante venga affidato per l'educazione a qualche sacerdote di eminente virtù che si prenda cura di lui, lo istruisca e possa testimoniare, quindi, della di lui prudenza e maturità »
2 La Lettera circolare della Congregazione indicava che i corsi dovevano prendere in considerazione lo studio della Sacra Scrittura, del Dogma, della Morale, del Diritto Canonico, della Liturgia, di « insegnamenti tecnici, che preparino i candidati a certe attività di ministero, quali la psicologia, pedagogia catechistica, eloquenza, canto sacro, impostazione di organizzazioni cattoliche, amministrazione ecclesiastica, modo di tenere aggiornati i registri di battesimo, cresima, matrimoni, defunti, ecc. »
3 Paolo VI, Lett. ap. Ad pascendum, VII b (15 agosto 1972)
4 Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 12 ( 25 marzo 1992 )
5 Cf Cost. dogm. Lumen gentium, 28; n. 29
6 Il Pontificale Romanum – De Ordinatione Episcopi, Presbyterorum et Diaconorum, Editio typica altera, Typis Polyglottis Vaticanis 1990, p. 101, cita al n. 179 dei « Praenotanda », relativi all'ordinazione dei diaconi, l'espressione « in ministerio Episcopi ordinantur » tratta dalla Traditio apostolica, 8 (SCh, 11bis, pp. 58-59), ripresa dalle Constitutiones Ecclesiae Aegyptiacae III, 2: F. X. Funk (ed.), Didascalia et Constitutiones Apostolorum, II, Paderbornae 1905, p. 103
7 « Siano misericordiosi, attivi; camminino nella verità del Signore il quale si è fatto servo di tutti » ( S. Policarpo, Epist. ad Philippenses, 5, 2: F. X. Funk ed.
8 Paolo VI, Lett. ap. Ad pascendum, Introduzione
9 Cf Pontificale Romanum – De Ordinatione Episcopi, Presbyterorum et Diaconorum, n. 207: ed. cit., pp. 115-122
10 Cf Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1570
11 Ibidem, n. 1588
12 Cf Decr. Christus Dominus, 15
13 Cf C.I.C., can. 266
14 Cf Cost. dogm. Lumen gentium, 29
15 Cf Pontificale Romanum – De Ordinatione Episcopi, Presbyterorum et Diaconorum, n. 210: ed. cit., p. 125
16 Cf Cost. dogm. Lumen gentium, 29
17 Cf ibidem
18 Paolo VI, Lett. ap. Sacrum diaconatus ordinem, I, 1
19 Cf C.I.C., can. 276, § 2, 3°
20 Cf ibidem, can. 1031, § 3
21 Decr. Optatam totius, 1
22 Paolo VI, Lett. ap. Sacrum diaconatus ordinem, VII, 32
23 Ibidem, VII, 35