Meditazioni per le domeniche dell'anno

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MD 7

I domenica dopo l'Epifania
( Lc 2,40-52 )

Necessità dell'obbedienza

1 Il Vangelo odierno racconta che S. Giuseppe e la Santa Vergine andarono con Gesù, che aveva allora dodici anni, a Gerusalemme per celebrarvi la Pasqua.

Finiti i giorni di festa presero la via del ritorno e Gesù rimase a Gerusalemme.

I suoi genitori ritornarono sui loro passi per cercarlo e lo trovarono in compagnia dei Dottori; lo ricondussero con loro a Nazaret ed egli era loro sottomesso ( Lc 2,42-46.51 ).

Questo è il racconto che fa San Luca, ed è tutto ciò che il Vangelo fa sapere del suo soggiorno a Nazaret fino a quando ne partirà per andare ad annunziare il regno di Dio.

Ammirabile lezione per tutti quelli che sono incaricati di far conoscere agli altri le verità cristiane.

Gesù Cristo si è preparato, con la sottomissione e l'obbedienza, a compiere la grande opera della redenzione degli uomini e della conversione delle anime, perché sapeva che nulla è più capace di procurarla più utilmente e più sicuramente di un lungo periodo di preparazione, trascorso conducendo una vita umile e sottomessa.

Perciò nella Chiesa primitiva, soprattutto d'Oriente, i Vescovi venivano ordinariamente scelti tra le persone che erano vissute a lungo sotto l'obbedienza.

Voi siete stati chiamati da Dio a compiere una missione che vi impegna a lavorare alla salvezza delle anime: dovete perciò prepararvi, con una lunga pratica, a rendervi degni di un ufficio così santo e a mettervi in condizione di produrre grandi frutti.

Più sarete fedeli alla grazia del Signore, che vi vuole perfetti nella pratica dell'obbedienza, più Dio benedirà le vostre fatiche, perché chi obbedisce ai Superiori, obbedisce a Dio stesso ( Ef 6,1 ).

2 C'è un altro motivo che deve impegnarvi a essere esatti nell'obbedienza e corrisponde allo scopo che ci siamo proposti quando siamo entrati in questa casa: obbedire a chi la governa perché - come dice molto bene San Bonaventura - l'obbedienza è il fondamento delle Comunità che, senza di essa,cadrebbero in rovina.

Santa Teresa, a sua volta, dice in modo eccellente che una Comunità non può conservarsi a lungo senza l'obbedienza, e che non meriterebbe neanche il nome di Comunità, se questa virtù non vi fosse osservata, anche se tutte le altre lo fossero in modo eminente.

È il caso di quei cenobiti che - come riferisce Cassiano - vivevano senza obbedienza e che gli antichi Padri del deserto consideravano un mostro più che una comunità.

La pratica dell'obbedienza fu anche il primo insegnamento che l'Angelo diede all'abate Postumo rivelandogli, da parte di Dio, che la prima regola che doveva osservare chi voleva vivere in comunità era di obbedire a chi era preposto alla guida di essa.

La ragione da sola basta a farci capire la necessità che abbiamo di obbedire in una società religiosa, perché l'obbedienza è una virtù che porta con sé ordine e unione, pace e tranquillità tra quelli che la compongono.

Senza di essa, ognuno seguirebbe il proprio capriccio e allora il turbamento, il disordine, la sregolatezza non mancherebbero di introdurvisi e la sconvolgerebbero da cima a fondo.

Se una casa è divisa in se stessa - scrive San Marco ( Mc 3,25 ) - quella casa non può reggersi.

Poiché l'obbedienza è la più necessaria di tutte le virtù che si debbono praticare in una Comunità, impegnatevi con ogni mezzo a praticarla, perché senza di essa non perseveremo a lungo nella nostra vocazione.

3 Ogni stato - dice San Tommaso - ha una grazia particolare che le è propria e che, per conseguenza, è necessaria a tutti quelli che vi sono impegnati, se vogliono santificarsi e salvarsi.

Per ognuno di voi, questa grazia è l'obbedienza, perché l'obbedienza deve essere la caratteristica di chi vive in Comunità: è essa che deve distinguere il religioso dal laico che può godere della sua libertà.

Perciò San Lorenzo Giustiniani afferma che chi vuole entrare in una società religiosa deve innanzi tutto spogliarsi della propria volontà.

San Bernardo, per farci capire cosa sia questo spogliamento che ci santifica, dice che la spiegazione la dà Gesù Cristo nel Vangelo e cioè rinunziare a se stessi ( Lc 9,23 ): rinunzia che egli presenta come il primo mezzo di perfezione.

San Vincenzo Ferreri, infine, afferma che Gesù Cristo non concederà mai la sua grazia a chi, stando in religione, rifiuta di lasciarsi guidare dal Superiore.

Poiché non è possibile salvarsi senza avere la grazia del proprio stato, grazia che - per chi vive in Comunità - è senz'altro l'obbedienza, il religioso deve mettere tutto l'impegno per arrivare a possederla al più alto grado di perfezione.

È vero che ci sono anche altre virtù che dovete praticare per compiere il vostro dovere, essendo continuamente impegnati in impegni esterni; ma state pure tranquilli che non riuscirete mai a compiere bene il vostro dovere se non possedete alla perfezione la virtù dell'obbedienza.

Applicate allora a voi le parole che leggiamo nei Dialoghi del papa San Gregorio: la prima e principale virtù che dovete professare è l'obbedienza, perché dalla pratica di essa scaturiscono tutte le altre e tutte insieme vi condurranno alla santità.

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