Sul battesimo contro i Donatisti

Indice

Libro IV

1.1 - L'acqua dei fiumi del Paradiso e il battesimo

Quando si paragona la Chiesa al paradiso41 terrestre si vuole mostrare che gli uomini possono, sì, ricevere il battesimo anche fuori della Chiesa, ma nessuno può ricevere e conservare la salvezza della beatitudine fuori di essa.

In effetti, i fiumi che scaturivano dalla sorgente del paradiso, come ci attesta la Scrittura, scorrevano abbondantemente anche fuori.

Se ne citano i nomi, si conoscono le regioni che attraversano, e tutti sappiamo che erano fuori del paradiso. ( Gen 2,10-14 )

Eppure, né nella Mesopotamia e né nell'Egitto, dove arrivavano i fiumi, si trova la vita felice che viene menzionata nel paradiso.

Pertanto, mentre l'acqua del paradiso si trova anche fuori del paradiso, la beatitudine sta solo nel paradiso.

Lo stesso è per il battesimo della Chiesa: si può trovare fuori della Chiesa, mentre il dono della vita beata non si trova che nella Chiesa che è anche fondata sulla pietra e che ha ricevuto le chiavi per sciogliere e per legare. ( Mt 16,18-19 )

Essa è la sola che detiene e possiede tutto il potere del suo Sposo e Signore e che, in virtù di questo potere coniugale, può generare figli perfino dalle ancelle, ( Gal 4,22.31 ) i quali, se non si insuperbiscono, sono chiamati a partecipare all'eredità; se invece si insuperbiscono, resteranno fuori.

2.2 - Gli eretici non possono corrompere il battesimo

Ora, appunto perché lottiamo per l'onore e l'unità della Chiesa, noi non dobbiamo attribuire agli eretici quanto di suo riconosciamo in loro, ma, rimproverandoli, insegnare che quanto hanno preso dall'unità non procura loro la salvezza, se non vengono a questa stessa unità.

L'acqua della Chiesa è fedele, salutare e santa42 per quelli che l'usano bene; ma fuori della Chiesa nessuno può usarla bene.

A quanti, invece, l'usano male, sia fuori che dentro, si amministra per la loro condanna, non si dona per il premio.

Per questo il battesimo non si può né corrompere e né adulterare, anche se è posseduto dai corrotti e dagli adulteri; così come la Chiesa è incorrotta, casta e pudica, e quindi non vi appartengono gli avari, i ladroni e gli usurai, i quali, come Cipriano attesta in molti passi delle sue lettere, non sono soltanto fuori, ma anche dentro e, ciononostante, anche senza cambiare il cuore, si battezzano e battezzano.

2.3 - Nella Chiesa di Cipriano gli ipocriti ricevevano il battesimo

In effetti, egli ne parla anche in una lettera ai chierici sulla necessità di pregare Dio, prendendo su di sé, come il santo Daniele, i peccati del suo popolo.

Tra i molti mali che menziona, infatti, egli cita anche il peccato di quelli che rinunciano al mondo solo a parole e non a fatti;43 come quelli di cui l'Apostolo dice: Professano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti. ( Tt 1,16 )

Ora costoro, come il beato Cipriano dimostra, vivono anche nella Chiesa.

Essi si battezzano anche senza cambiare in meglio il loro cuore, visto che certamente rinunciano al mondo a parole e non a fatti, malgrado l'apostolo Pietro dica: Così anche voi egli salva con questa figura, cioè il battesimo; il quale non è deposizione di sporcizie della carne, ma invocazione a Dio di una buona coscienza. ( 1 Pt 3,21 )

E questa coscienza certamente non l'avevano quelli di cui Cipriano dice: Rinunciano solo con le parole, ma non coi fatti.

Tuttavia con rimproveri e biasimi egli fa in modo che camminino nella via di Cristo e preferiscano essere amici suoi che del mondo.

3.4 - La conversione rende utile il sacramento infruttuoso

Se gli avessero obbedito, iniziando una vita santa, cioè non da pseudocristiani, ma da cristiani veri, pensate forse che avrebbe imposto loro di farsi ribattezzare? Senz'altro no.

Sarebbe bastata una vera conversione per far sì che il sacramento che, quando non erano cambiati procurava la rovina, una volta cambiati, incominciasse a procurare la salvezza; tanto più che non sono fedeli alla Chiesa44 neppure quelli che sembrano dentro e che vivono contro Cristo; quelli cioè che agiscono contro i comandamenti di Cristo, e che quindi non bisogna assolutamente considerarli membri di quella Chiesa che egli purifica con il lavacro dell'acqua nella Parola, per mostrare a se stesso una Chiesa gloriosa, senza macchia né ruga, né alcunché di simile. ( Ef 5,26-27 )

Ma se essi non sono in questa Chiesa e non sono suoi membri, allora non sono nella Chiesa di cui si dice: Una sola è la mia colomba, l'unica per la sua madre: ( Ct 6,8 ) essa infatti è senza macchia e senza ruga.

Ora dica pure, chi può, che sono membri di questa colomba quanti rinunciano al mondo a parole e non a fatti.45

Intanto vediamo a chi appartengono.

Penso che per questo è stato detto: Chi distingue il giorno, lo distingue per il Signore; ( Rm 14,5 ) Dio, infatti, giudica tutti i giorni.

Ora, secondo la prescienza di Colui che conosce quelli che ha predestinati prima della creazione del mondo a essere conformi all'immagine del Figlio suo, ( Rm 8,29; Ef 1,4 ) molti di quelli che sono apertamente fuori e che passano per eretici, sono migliori di molti buoni cattolici.

Ciò che sono oggi lo vediamo, ma ciò che saranno domani lo ignoriamo.

In realtà, davanti a Dio, al quale sono presenti tutti gli avvenimenti futuri, ciò che saranno, lo sono già, mentre tutti noi uomini, in base a ciò che ciascuno è attualmente, cerchiamo se tra i membri di quella Chiesa che, sola, è stata chiamata colomba e Sposa di Cristo senza macchia, né ruga, si devono includere, oggi, quelli di cui Cipriano parla nella lettera citata: quelli che non seguivano la via del Signore e non osservavano i comandamenti celesti, dati per la loro salvezza; che non facevano la volontà del Signore, ma si preoccupavano del patrimonio e del profitto; che ricercavano l'orgoglio, coltivavano la rivalità e la discordia, trascuravano la semplicità e la fede, e che rinunciavano al mondo solo a parole e non a fatti; piacendo ciascuno a se stesso e dispiacenti a tutti.46

Ma se la colomba non li riconosce tra i suoi membri, e se, restando in questa perversità, si sentiranno dire dal Signore: Non vi conosco; lontano da me, operatori di iniquità, ( Mt 7,23 ) allora sembrano nella Chiesa, ma non ci sono; anzi, operano contro la Chiesa.

Come dunque possono battezzare con il battesimo della Chiesa,47 che non giova né ad essi e né a quanti lo ricevono, se al loro interno non cambiano con una vera conversione, in modo che il sacramento, che quando lo ricevevano non giovava, perché rinunciavano al mondo a parole e non a fatti, incominci a giovare appena decidono di rinunciarvi anche coi fatti?48

Così si dica anche di quelli la cui separazione è palese: tra i membri della colomba non ci sono oggi né gli uni e né gli altri, ma forse alcuni di loro ci saranno.

4.5 - Non battezzare gli eretici non significa approvarne il battesimo

Pertanto se noi non ribattezziamo dopo gli eretici, non significa che accettiamo il loro battesimo, ma che riconosciamo ciò che è di Cristo anche nei malvagi, sia in quelli separati apertamente, fuori della Chiesa, e sia in quelli che sono dentro ma nascosti, e una volta tornati sulla retta via, accogliamo con il dovuto onore.

Ora, se mi vedo pressato dalla loro domanda: Dunque, un eretico rimette i peccati?,49 anch'io li incalzo con la mia: Dunque, chi non osserva i precetti del cielo: l'avaro, il ladro, l'usuraio, l'invidioso, e chi rinuncia al mondo a parole e non a fatti rimette i peccati?50

Se è in virtù del sacramento di Dio che essi si rimettono, allora li rimette l'uno, e li rimettono gli altri; se invece è per merito proprio, non li rimette né l'uno e né gli altri.

Questo sacramento, infatti, viene considerato di Cristo anche nei malvagi, ma nel corpo dell'unica colomba, incorrotta, santa, pudica, senza macchia né ruga, ( Ef 5,27 ) non vi sono né gli uni e né gli altri.

E come il battesimo non giova a chi lo riceve, se egli rinuncia al mondo a parole e non a fatti,51 così non giova a chi viene battezzato nell'eresia o nello scisma.

Ma se entrambi si correggono, incomincia a giovare ciò che prima non giovava, ma c'era.

4.6 - Un battezzato nell'eresia non diventa tempio di Dio

Un battezzato nell'eresia, quindi, non diventa tempio di Dio.52

Ma per questo bisogna considerarlo non battezzato?

Neppure nella Chiesa un avaro battezzato diventa tempio di Dio, se non abbandona l'avarizia.

Quelli che diventano tempio di Dio possiedono senza dubbio il regno di Dio.

Tra le altre cose, l'Apostolo dice: Né gli avari e né i rapaci possederanno il regno di Dio. ( 1 Cor 6,10 )

E paragona l'avarizia all'idolatria: L'avarizia, che è idolatria. ( Ef 5,5; Col 3,5 )

E Cipriano ha talmente ampliato questo significato nella lettera ad Antoniano, da non esitare ad equiparare l'avarizia al peccato di quelli che, al tempo della persecuzione, avevano ammesso di avere purificato coi libelli.53

Quindi, come un uomo battezzato nell'eresia nel nome della Santa Trinità, non diventa tempio di Dio, se non recede dall'eresia, così non diventa tempio di Dio chi è battezzato nell'avarizia, se non recede dall'avarizia, che è schiavitù degli idoli.

L'Apostolo dice anche: Che rapporto c'è tra il tempio di Dio e gli idoli? ( 2 Cor 6,16 )

Però non ci si chieda di quale dio diventa tempio colui che, come noi diciamo, non diventa tempio di Dio.54

Ma non per questo egli non viene battezzato e né il suo immondo errore impedisce al sacramento ricevuto di essere santo, che è stato consacrato dalle parole del Vangelo; così come neppure la sua avarizia, che è idolatria e grande immondezza, può far diventare non santo il battesimo che egli riceve, anche se lo battezza un avaro come lui, con le stesse parole del Vangelo.

5.7 - Peccare per ignoranza è meno grave che peccare con coscienza

Cipriano poi dice: Invano alcuni, vinti dalla ragione, ci obiettano la consuetudine, come se questa sia più importante della verità o se nelle questioni spirituali non si debba seguire ciò che lo Spirito Santo ci ha rivelato come migliore.55

Verissimo: ragione e verità vanno preferite alla consuetudine.

Ma quando la verità è sostenuta dalla consuetudine, non c'è niente da conservare con più determinazione.

Poi prosegue e dice: Si può infatti perdonare chi sbaglia per ingenuità, come l'apostolo Paolo dice di sé: " Prima io ero un bestemmiatore, un persecutore e un ingiurioso, ma ho ottenuto la misericordia, perché l'ho fatto per ignoranza ". ( 1 Tm 1,13 )

Ma dopo l'ispirazione e la rivelazione, chi volontariamente e coscientemente persevera nel suo precedente errore, pecca senza l'attenuante dell'ignoranza: egli infatti si regge sulla presunzione e su una certa ostinazione, sebbene sconfitto dalla ragione.

Verissimo: è molto più grave peccare con coscienza, che per ignoranza.

Ecco perché san Cipriano, uomo non solo dotto, ma anche docile, ha compreso così bene la descrizione che l'Apostolo fa a lode del vescovo, ( 2 Tm 2,24 ) da dire che in un vescovo occorre apprezzare anche la dote di saper insegnare con sapienza, ma anche imparare con pazienza.56

Ed io non dubito che se egli avesse potuto discutere questa questione, lungamente e accuratamente dibattuta nella Chiesa, con quei santissimi e dottissimi vescovi, che più tardi confermarono l'antica consuetudine, anche con un concilio plenario, avrebbe senza dubbio dimostrato non solo la sua grande dottrina nelle cose che conosceva con fermissima certezza, ma anche la sua grande docilità in quelle che aveva meno percepite.

E tuttavia, pur essendo molto evidente che peccare con coscienza è più grave che peccare per ignoranza, vorrei che mi si dicesse che cos'è più grave: il male di uno che, a sua insaputa, cade nell'eresia, o il male di uno che, coscientemente, non si allontana dall'avarizia.

Chi dei due è peggiore? Potrei anche esprimermi così: se uno, per ignoranza, cade nell'eresia, un altro, con coscienza, non si allontana dall'idolatria.

Ora, l'Apostolo dice: L'avarizia è l'idolatria, ( Col 3,5 ) e Cipriano stesso, come ho detto, scrivendo ad Antoniano,57 non dà un senso diverso a questa frase, quando dice: Non si illudano i nuovi eretici, dicendo che essi non comunicano con gli idolatri, visto che tra di loro ci sono adulteri e ingannatori, che sono prigionieri del crimine dell'idolatria.

" Sappiatelo e mettetevelo bene in mente: nessun fornicatore o impuro o avaro, cosa da idolatri, erediterà il regno di Cristo e di Dio ". ( Ef 5,5)

E ancora: "Mortificate dunque le vostre membra, che sono della terra: fornicazione, impurità, concupiscenza malvagia, e l'avarizia che è idolatria ". ( Col 3,5 )

Allora io chiedo: chi pecca più gravemente, colui che, a sua insaputa, cade nell'eresia, o colui che, coscientemente, non si allontana dall'avarizia, che è idolatria?

Certo, in base alla regola che colloca prima i peccati commessi con coscienza, e poi quelli commessi per ignoranza, un avaro consapevole la vince nella gravità del crimine.

Ora, a meno che, nell'eresia, la grandezza di questo crimine non faccia ciò che, nell'avarizia, fa il riconoscimento di chi è cosciente, l'eretico incosciente deve essere equiparato all'avaro cosciente.

Quantunque non sembra che sia questo il senso del testo dell'Apostolo citato da Cipriano.

Che cosa noi detestiamo negli eretici se non le bestemmie?

Ora, Cipriano, volendo dimostrare che i peccati degli ignoranti si perdonano con facilità, ha citato il testo in cui l'Apostolo dice: Io prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un ingiurioso, ma ho ottenuto la misericordia di Dio, perché l'ho fatto per ignoranza. ( 1 Tm 1,13 )

Ma se è possibile, come ho detto, si pesino i due peccati sulla stessa bilancia: la bestemmia dell'ignorante e l'idolatria di chi ne è cosciente, e si valuti, con lo stesso criterio, sia colui che nel cercare Cristo si imbatte in una dottrina falsa ma verosimile, e sia colui che, coscientemente, resiste a Cristo che dichiara per bocca dell'Apostolo: Nessun fornicatore o impuro o avaro, che è un idolatra, erediterà il regno di Cristo e di Dio. ( Ef 5,5 )

E perché il battesimo e le parole del Vangelo in uno si rifiutano e in un altro si approvano, benché tutt'e due siano estranei alle membra della colomba?

Forse perché chi sta fuori è un litigante palese, che non si deve fare entrare dentro, mentre chi sta dentro è uno scaltro adulatore, che non va messo fuori?

6.8 - Sul battesimo degli eretici gli Apostoli non dicono nulla

Quanto poi all'affermazione: Nessuno dica: Ciò che seguiamo, lo abbiamo ricevuto dagli Apostoli; gli Apostoli infatti ci hanno tramandato una sola Chiesa e un solo battesimo, e questo si trova solo in questa Chiesa;58 non mi colpisce nel senso di farmi osare di respingere il battesimo di Cristo trovato anche presso gli eretici: il Vangelo stesso, del resto, quando lo trovo presso di loro, debbo approvarlo anche se detesto il loro errore.

Mi colpisce, invece, perché essa mi dice che anche ai tempi di Cipriano, alcuni sostenevano che la consuetudine, contro la quale in Africa si tenevano i concili e della quale egli stesso, poco prima, ha detto: Invano alcuni, sconfitti dalla ragione, ci obiettano la consuetudine,59 l'avevano tramandata gli Apostoli.

E d'altra parte, io non so come mai questa consuetudine, confermata, dopo Cipriano, anche da un concilio plenario di tutto il mondo, Cipriano stesso l'abbia trovata così radicata nel costume precedente, che quando cercava il sostegno di un'autorità per poterla cambiare, pur essendo egli un uomo molto dotto, non riuscì a trovare nient'altro che il concilio di Agrippino, tenutosi in Africa solo pochi anni prima di lui.

Però, vedendo che di fronte a una prassi diffusa in tutto il mondo, esso non bastava, fece sue le ragioni che ora noi, rafforzati dall'antichità della consuetudine e dall'autorità del concilio plenario, esaminandole più da vicino, troviamo più verosimili che vere.

Esse invece sembrarono vere a lui, impegnato in una questione molto oscura ed ondeggiante sulla remissione dei peccati, della quale ci si chiedeva come sia possibile che essa non avvenga nel battesimo di Cristo e avvenga presso gli eretici.

Ma se su questo punto egli fu meno illuminato, perché fosse verificata la grandezza della sua carità, che non gli fece abbandonare l'unità, non per questo qualcuno deve osare di sentirsi superiore ai suoi meriti, che sono molti e grandi, e alle sue virtù e all'abbondanza delle sue grazie, solo perché, sostenuto dalla certezza di un concilio plenario, vede ciò che Cipriano non ha visto, dato che la Chiesa non aveva ancora tenuto un concilio plenario su questa materia.

Allo stesso modo nessuno è tanto sciocco da anteporre i propri meriti ai molti dell'apostolo Pietro, solo perché, ammaestrato dalle Lettere dell'apostolo Paolo, e rafforzato dalla consuetudine della Chiesa, non obbliga i Gentili a giudaizzarsi, ciò che una volta Pietro aveva costretto a fare. ( Gal 2,14 )

6.9 - Non troviamo nessuno battezzato dagli Apostoli

Certo, noi non troviamo che un uomo, battezzato presso gli eretici, sia stato poi accolto dagli Apostoli con questo battesimo e sia entrato nella comunione; ma non troviamo neppure che un uomo, venuto dagli eretici e battezzato presso di loro, sia stato ribattezzato dagli Apostoli.60

E tuttavia è legittimo credere che questa consuetudine, che anche la gente del tempo, dando uno sguardo al passato, non vedeva istituita dai loro successori, siano stati proprio gli Apostoli a tramandarla.

E di queste ve ne sono molte, che sarebbe lungo ricordare.

Perciò, se non parlavano a vuoto quelli che Cipriano voleva convincere alla sua opinione, dicendo: Che nessuno mi dica: Ciò che noi seguiamo, lo abbiamo ricevuto dagli Apostoli,61 con quanta più forza ora noi diciamo: Ciò che la consuetudine della Chiesa ha sempre mantenuto e che questa controversia non ha potuto confutare e che un concilio plenario ha confermato, questo noi seguiamo!

Inoltre, viste bene, dall'una e dall'altra parte, le ragioni della controversia e le testimonianze delle Scritture, si può anche dire: Ciò che noi seguiamo, è ciò che la verità ha proclamato.

7.10 - Non si opponga Fil 1,18

Il testo che alcuni opponevano agli argomenti di Cipriano,62 quello in cui l'Apostolo dice: In ogni modo, per interesse o per sincerità, purché Cristo sia annunciato, ( Fil 1,18 ) Cipriano fa bene a respingerlo, dimostrando che esso non c'entra niente con la questione degli eretici, perché l'Apostolo parlava di quelli che, pur cercando con malevola invidia i propri interessi, vivevano, tuttavia, nella Chiesa.

Non c'è dubbio che essi annunciavano Cristo secondo la verità che noi crediamo di Cristo, tuttavia non con quello spirito con cui lo annunciavano i buoni evangelisti figli della colomba.

Dice Cipriano: Nella sua lettera Paolo non parlava né degli eretici e né del loro battesimo, perché si possa dimostrare che ha scritto qualcosa che riguarda questa questione.

Egli parlava dei fratelli, sia di quelli che vivevano in modo disordinato e contrario alla disciplina della Chiesa, sia di quelli che osservavano la verità del Vangelo per timore di Dio.

Ne cita alcuni che annunciavano la Parola di Dio con costanza e coraggio; alcuni che vivevano nell'invidia e nella discordia; alcuni che conservavano verso di lui una benevola carità; e alcuni un malevolo dissenso.

Ma egli li sopportava con pazienza, purché, o per verità o per interesse, il nome di Cristo, che Paolo predicava, giungesse a conoscenza di un numero sempre maggiore; e perché la predicazione degli annunciatori, facesse crescere la semente ancora recente e fresca.

Ma un conto è che, nel nome di Cristo, parlano quanti sono nella Chiesa, e un conto è che, nel nome di Cristo, battezzano quanti ne sono fuori e operano contro la Chiesa.63

Con queste parole Cipriano sembra invitarci a distinguere tra i cattivi che sono fuori la Chiesa e quelli che sono dentro.

Quanto a quelli che, secondo l'Apostolo, annunciavano il Vangelo di Cristo senza rettitudine, ma per invidia, egli dice che erano dentro, ed è vero. ( Fil 1,15-17 )

Comunque io non credo che sia temerario dire: Se fuori nessuno può avere qualcosa di Cristo, dentro nessuno può avere qualcosa del diavolo.

Se infatti quel giardino chiuso poté avere le spine del diavolo, perché la sorgente del Cristo non poté scorrere anche fuori del giardino? ( Ct 4,12 )

E se non poté, da dove venne tutto il male dell'invidia e della discordia in quelli che stavano nella Chiesa, anche all'epoca dell'apostolo Paolo?

Si tratta di parole di Cipriano. Oppure l'invidia e la malevola discordia sono un male leggero?

Come dunque potevano essere nell'unità essi che non erano nella pace?

C'è una voce, non mia e né di un uomo, ma del Signore; una voce che risuonò nella nascita di Cristo, non per bocca di uomini, ma di angeli: Gloria a Dio nelle altezze e pace in terra agli uomini di buona volontà. ( Lc 2,14 )

Bene, questo annuncio non sarebbe mai risuonato sulla bocca degli angeli nella nascita di Cristo in terra, se Dio non avesse voluto farci capire che sono nell'unità del corpo di Cristo quanti sono nella pace di Cristo, e che sono nella pace di Cristo, quanti hanno buona volontà.

Ma se la buona volontà consiste nella benevolenza, la cattiva volontà nella malevolenza.

8.11 - Il grande male dell'invidia

L'invidia stessa, del resto, che non può essere se non malevola, che grande male è!

Non cerchiamo altri testimoni: ci basta Cipriano, per il cui tramite il Signore fece risuonare molte verità sulla gelosia e sull'invidia e molti salutari precetti.

Leggiamo la lettera di Cipriano sulla gelosia e l'invidia, e vediamo che grande male è invidiare quelli che stanno meglio; un male che ha origine dal diavolo, come egli insegna in questo memorabile testo: Essere geloso del bene che vedi e invidioso di chi sta meglio, alcuni lo ritengono, fratelli dilettissimi, un peccato lieve e irrilevante: poco dopo, mentre va alla ricerca del principio e dell'origine di questo male, aggiunge: Per invidia, dall'inizio del mondo, il diavolo si perse per primo e poi fece perdere gli altri.

E appresso: Che male terribile, fratelli dilettissimi, è questo, per il quale cadde l'Angelo, dal quale poté essere circuita e abbattuta questa alta ed eccelsa sublimità, e dal quale fu sedotto proprio chi sedusse!

Da allora l'invidia avanza sulla terra, poiché chi è destinato a perdersi per l'invidia segue il maestro della perdizione e poiché l'invidioso imita il diavolo, come sta scritto: " Per invidia del diavolo la morte entrò nel mondo. E lo imitano quelli che gli appartengono ". ( Sap 2,24-25 )

Tutta la verità e la forza di queste parole di Cipriano nella lettera nota ai fedeli, noi la riconosciamo.

Era veramente degno di Cipriano esprimere, sull'invidia e la gelosia, una dura condanna, e ammonire noi di un male così letale, dal quale il suo cuore era totalmente estraneo, come dimostrò la grande abbondanza della sua carità.

E proprio perché custodiva con molta diligenza questa carità egli rimase nell'unità della comunione con i suoi colleghi che, senza malignità, la pensavano sul battesimo diversamente da lui, come anche lui, però, non per spirito di cattiva contesa, ma per una tentazione umana, la pensava diversamente su ciò che in seguito Dio, per la sua perseveranza nella carità, gli avrebbe rivelato, ( Fil 3,15 ) quando avesse voluto.

Perciò diceva apertamente: Non giudicare nessuno, né allontanare dal diritto della comunione chi avesse un'idea diversa.

Nessuno di noi, infatti, è stato costituito vescovo dei vescovi, né usa il terrore dei tiranni per costringere i propri colleghi alla necessaria obbedienza.

E in chiusura della lettera dice: Brevemente, e conforme alla nostra pochezza, ti abbiamo dato queste risposte, fratello carissimo, non prevenendo nessuno, né impedendo pregiudizialmente a ciascun vescovo di agire come crede, poiché ciascuno ha il pieno possesso del libero arbitrio.

Per quanto dipende da noi, non vogliamo litigare, per colpa degli eretici, con i nostri colleghi vescovi, con i quali, anzi, desideriamo conservare la divina concordia e la pace del Signore; soprattutto perché l'Apostolo dice: " Se poi qualcuno pensa di creare litigi, noi non abbiamo questa abitudine, e neppure la Chiesa di Dio ". ( 1 Cor 11,16 )

Si conservi da parte di noi tutti, con pazienza e dolcezza, la carità dello spirito, l'onore del collegio, il vincolo della fede, la concordia del sacerdozio.

Proprio per questo, noi ora abbiamo scritto anche un opuscolo Sul bene della pazienza, secondo le capacità della nostra pochezza e con il beneplacito e l'ispirazione del Signore.

Te lo invio come segno del nostro reciproco affetto.64

9.12 - La grande pazienza di Cipriano

Cipriano, forte di questa pazienza della carità, ha sopportato non solo i buoni colleghi che, senza malignità, avevano una opinione diversa su una questione oscura - come del resto lui stesso è stato sopportato, finché, col passar del tempo, quando Dio ha voluto e la verità è stata chiarita, la salutare consuetudine è stata confermata da un concilio plenario - ma ha sopportato anche i cattivi palesi e a lui ben noti, i quali, non per colpa dell'oscurità della questione, ma per la loro cattiva condotta agivano in contraddizione con ciò che predicavano, come dice l'Apostolo: Tu che predichi di non rubare, rubi. ( Rm 2,21 )

Di questi vescovi suoi contemporanei e suoi colleghi, uniti in comunione con lui, nella lettera dice: Mentre nella Chiesa i fratelli soffrivano la fame, essi cercavano di possedere argento in abbondanza; rapivano con insidiosi raggiri i possedimenti, e accrescevano il capitale raddoppiando gli interessi.65

Su questo non c'è alcuna oscurità, in quanto la Scrittura proclama chiaramente: Né gli avari, né i ladri, possederanno il regno di Dio, ( 1 Cor 6,10 ) e: Colui che non ha prestato il suo danaro ad interesse; ( Sal 15,5 ) e: Nessun fornicatore o impuro o avaro, che è una idolatria, avrà l'eredità nel regno di Cristo e di Dio. ( Ef 5,5 )

Ora Cipriano, simili avari, che non solo ammassavano con avidità le proprie ricchezze, ma rapivano con inganno quelle degli altri; e simili idolatri, come egli li intese e li confutò, non li avrebbe certamente biasimati, se non li avesse conosciuti, poiché non avrebbe mai detto una falsa testimonianza contro i suoi colleghi.

E tuttavia, per amore di Cristo, ( 1 Cor 9,22 ) morto per i deboli, e per timore che, volendo sradicare anzitempo la zizzania, si sradicasse insieme anche il frumento, ( Mt 13,29 ) li sopportò con sentimenti di carità paterna e materna, in ciò imitando l'apostolo Paolo, che sopportò i maligni e gli invidiosi, con la stessa carità che nutriva per la Chiesa. ( Fil 1,15-18 )

9.13 - Anche gli invidiosi hanno e danno il battesimo

Ma se è vero che per invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo, e lo imitano quanti sono dalla sua parte, ( Sap 2,24-25 ) non in quanto sono creati da Dio, ma in quanto sono perversi per loro colpa - Cipriano stesso ricorda che anche il diavolo, prima di essere diavolo, è stato un angelo ed è stato buono - come mai sono nell'unità di Cristo, quanti sono del partito del diavolo?

Senza dubbio, come ha detto il Signore: Un nemico ha fatto questo.

È lui che vi ha seminato sopra la zizzania. ( Mt 13,28 )

Perciò, come dentro la Chiesa va condannato ciò che è del diavolo, così, fuori di essa, va riconosciuto ciò che è di Cristo.

Oppure fuori dell'unità della Chiesa, Cristo non ha niente di suo, e nell'unità della Chiesa, il diavolo ha qualcosa di suo?

Forse degli uomini si può dire questo: fuori della comunione della Chiesa, Dio non ha nessuno dei suoi, così come tra i santi angeli il diavolo non ha nessuno dei suoi; per quanto invece riguarda questa Chiesa, che porta ancora la mortalità della carne, finché è pellegrina lontano dal Signore, ( 2 Cor 5,6 ) si può dire che al diavolo è stato permesso di mescolarvi la zizzania, cioè i cattivi, e gli è stato permesso perché la Chiesa pellegrina possa desiderare più ardentemente il riposo della patria di cui godono i santi angeli.

Ma dei sacramenti questo non si può dire.

Come infatti li può avere e amministrare, non per la salvezza, ma per la pena del fuoco, a cui è destinata, la zizzania interna, così li può avere anche la zizzania esterna, che li ha ricevuti da quella interna, in quanto, pur separandosi, non li ha persi.

Il che senza dubbio risulta dal fatto che a quanti ritornano il battesimo non si ridà; qualora alcuni che si erano separati, ritornino.

E non mi si dica: Quanto frumento sta in mezzo alla zizzania?

Se infatti la realtà è questa, sotto questo aspetto, sia dentro che fuori la condizione è la stessa.

Non si può dire, infatti, che nella zizzania che sta fuori, non si trovano dei grani di frumento, e nella zizzania che sta dentro si trovano.

Ma quando si tratta del sacramento, non si cerca se nella zizzania c'è un po' di grano, ma se c'è un po' di cielo.

Di fatto, sia la zizzania esterna che l'interna hanno in comune, con il frumento, la stessa pioggia; e in se stessa questa è celeste e dolce, anche se da essa cresce, sterilmente, la zizzania.

Così il sacramento evangelico di Cristo: esso è divino e soave, e non va riprovato a causa della sterilità di quelli che la pioggia irriga anche fuori.

10.14 - Fuori della Chiesa può esserci il frumento e dentro la zizzania

Qualcuno potrebbe dire che la zizzania interna si trasformi più facilmente in grano. Lo ammetto.

Ma questo che c'entra con la ripetizione del battesimo?

Se per ipotesi uno, convertitosi dall'eresia, per la rapidità e facilità della sua conversione, precede un altro che, se pure sta nella Chiesa, si converte e si corregge dalla sua cattiveria più lentamente, a lui non va ripetuto il battesimo, mentre a quest'altro, che è stato preceduto da colui che è venuto dall'eresia, solo perché si è convertito più lentamente, va ripetuto?

Non c'entra niente, quindi, con la nostra questione, correggersi più tardi o più lentamente dalla propria deviazione alla rettitudine della fede, della speranza e della carità! Ma se è vero che i cattivi che sono dentro possono diventare buoni più facilmente, a volte però, anche di quelli che sono all'esterno della Chiesa, alcuni precedono nella conversione, altri che sono all'interno; e mentre questi restano nella loro sterilità, i riconciliati con l'unità portano frutto con tolleranza, sia il trenta, sia il sessanta e sia il cento per uno. ( Mt 13,23; Lc 8, 15.65 )

Ora, se bisogna chiamare zizzania solo quella che persevera nell'errore maligno sino alla fine, fuori vi è molto grano e dentro molta zizzania.

10.15 - Se sono peggiori i cattivi fuori che quelli dentro

Ma sono peggiori i cattivi di fuori o quelli di dentro?

Certo è una grande questione sapere se Nicola, già fuori, ( Ap 2,6 ) è stato peggiore di Simone, ancora dentro, ( At 8,9-24 ) visto che uno era eretico e l'altro mago.

Se lo scisma, proprio perché è la prova più sicura della violazione della carità, è ritenuto un male più grave, questo lo ammetto.

Molti però, anche dopo aver persa la carità, non escono fuori, perché sono trattenuti dai vantaggi temporali e, pur cercando i propri interessi e non quelli di Gesù Cristo, ( Fil 2,21 ) non vogliono allontanarsi, non dall'unità di Cristo, ma dai loro comodi.

Ecco perché è stato detto, a lode della carità: Essa non cerca i propri interessi. ( 1 Cor 13,5 )

10.16 - Continua lo stesso discorso

E ora ci chiediamo: come potranno i partigiani del diavolo appartenere alla Chiesa senza macchia, né ruga, né alcunché di simile, ( Ef 5,27 ) della quale è stato anche detto: È una sola la mia colomba? ( Ct 6,8 )

Se non possono appartenervi, è chiaro che essa geme in mezzo agli stranieri, sia quelli che la insidiano dentro e sia quelli che abbaiano fuori.

Questi peccatori, tuttavia, compresi quelli di dentro, ricevono, hanno e trasmettono un battesimo che è santo in sé e che non può essere affatto violato dalla loro malvagità, nella quale persistono sino alla fine.

A questo proposito, il beato Cipriano ci insegna che dobbiamo considerare il battesimo in se stesso, come lo ha ricevuto la Chiesa, consacrato dalle parole del Vangelo, senza aggiungervi né mescolarvi nessuna perversità e malizia, né di chi lo riceve e né di chi lo trasmette.

Egli infatti ci ricorda due cose: che dentro vi erano alcuni che non osservavano la benigna carità, ma vivevano nella invidia e nella malevola discordia, come quelli di cui ha parlato l'apostolo Paolo, e che gli invidiosi sono il partito del diavolo, come egli stesso attesta a chiare lettere nello scritto sulla gelosia e l'invidia.

Quindi, poiché è chiaro che anche tra i partigiani del diavolo può esservi il santo sacramento di Cristo, non per la loro salvezza, ma per la loro condanna, e non solo se essi si pervertono dopo averlo ricevuto, ma anche se lo ricevono da perversi che, come dice Cipriano, rinunciano al mondo solo a parole e non a fatti,66 e che quindi, se poi si correggono, non va ripetuto a loro ciò che avevano ricevuto da perversi, è ormai chiaro e limpido, io credo, che nella questione del battesimo non bisogna considerare chi lo dà, ma ciò che egli dà, non chi lo riceve, ma ciò che egli riceve, non chi lo ha, ma ciò che egli ha.

Se infatti, i partigiani del diavolo, i quali non appartengono assolutamente all'unica colomba, possono ricevere, avere e dare la santità del battesimo, che non viene violata in nessuno modo dalla loro perversità, come siamo informati dalle lettere di Cipriano, perché attribuire agli eretici i beni altrui?

Perché dire che è loro ciò che è di Cristo, anziché riconoscere in essi le insegne del nostro Imperatore ed emendare le azioni dei disertori?

Di conseguenza, altro è - come dice san Cipriano - che quelli che sono nella Chiesa parlano nel nome di Cristo, e altro che quelli che ne sono fuori e operano contro la Chiesa, battezzano nel nome di Cristo.67

Però, e molti che sono dentro, operano contro la Chiesa, vivendo male e coinvolgendo gli spiriti deboli nella loro cattiva vita, e alcuni che sono fuori, parlano nel nome di Cristo e noi non proibiamo ad essi di fare le opere di Cristo, ma di restare fuori, visto che, per guarirli, li riprendiamo, li rimproveriamo e li ammoniamo.

In effetti, anche quel tale che non seguiva Cristo coi discepoli e scacciava i demoni ( Lc 9,49-50 ) in nome suo, era fuori, ma il Signore ordinò loro di non impedirglielo, anche se lui andava certamente curato nella parte ferita, secondo le parole del Signore: Chi non è con me, è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde. ( Mt 12, 30 )

Dunque, fuori, nel nome di Cristo, si fanno cose non contrarie alla Chiesa; dentro, i sostenitori del diavolo, operano contro la Chiesa.

Indice

41 Cypr., Ep. 73, 10, 3
42 Cypr., Ep. 73, 11, 2
43 Cypr., Ep. 11, 1
44 Cypr., Ep. 73, 11, 3
45 Rm 14,6;
Cypr., Ep. 11, 1
46 Cypr., Ep. 11, 1
47 Cypr., Ep. 73, 11, 3
48 Cypr., Ep. 11, 1
49 Cypr., Ep. 73, 12, 2
50 Cypr., Ep.11, 1
51 Cypr., Ep. 11, 1
52 Cypr., Ep. 73, 12, 2
53 Cypr., Ep. 55, 27
54 Cypr., Ep. 73, 12, 2
55 Cypr., Ep. 73, 13, 1
56 Cypr., Ep. 74, 10
57 Cypr., Ep. 55, 27
58 Cypr., Ep. 73, 13, 3
59 Cypr., Ep. 73, 13, 1
60 Cypr., Ep. 73, 13, 3
61 Cypr., Ep. 73, 13, 3
62 Cypr., Ep. 73, 14, 1
63 Cypr., Ep. 73, 14, 2, 3
64 Cypr., Ep. 73, 26
65 Cypr., De lapsis 6
66 Cypr., Ep. 11, 1
67 Cypr., Ep. 73, 14, 3