La città di Dio

Indice

Il demone non è mediatore

12 - Tra caratteristiche opposte fra dèi e uomini

Ma ora trattiamo di quei demoni che egli ha delineato in un particolare esser di mezzo fra gli dèi e gli uomini perché sono esseri animati per genere, ragionevoli per intelligenza, soggetti alle passioni nello spirito, aeriformi nel corpo, immortali nell'esistenza.

Prima ha distribuito gli dèi nell'altezza del cielo e gli uomini nell'infimità della terra, in quanto separati dallo spazio e dal diverso valore dell'essere.

Infine ha concluso: Avete frattanto due tipi di viventi, gli dèi che differiscono moltissimo dagli uomini per l'altezza nello spazio, per la perennità dell'esistenza, per la perfezione dell'essere; non v'è fra di loro alcuna diretta partecipazione, poiché la grande lontananza del culmine separa le sedi più alte dalle più basse; lassù l'esistenza è eterna e indefettibile, qui passeggera e precaria, lassù l'intelligenza è sublimata nella felicità, qui depressa nell'infelicità.25

Noto che nel passo sono ricordate tre coppie di caratteristiche contrarie relative alle due parti estreme dell'essere, cioè la più alta e la più bassa.

Infatti ha enunciato tre caratteristiche significative di dignità per gli dèi e le ha ripetute, ovviamente con altre parole, in modo da contrapporre da parte degli uomini le tre contrarie.

Le tre caratteristiche degli dèi sono: l'altezza nello spazio, l'immortalità dell'esistenza, la perfezione dell'essere.

Le ha ripetute con altre parole, in modo da contrapporre ad esse le tre caratteristiche contrarie della condizione umana.

Dice: La grande lontananza del culmine separa le sedi più alte dalle più basse, perché aveva parlato dell'altezza nello spazio.

Soggiunge: Lassù l'esistenza è eterna e indefettibile, qui passeggera e precaria, perché aveva parlato della perennità dell'esistenza.

Ancora: Lassù l'intelligenza è sublimata nella felicità, qui depressa nell'infelicità, perché aveva parlato della perfezione dell'essere.

Dunque da lui sono state considerate tre caratteristiche degli dèi, cioè l'altezza nello spazio, l'immortalità, la felicità e ad esse opposte tre caratteristiche degli uomini, cioè la bassezza nello spazio, la mortalità, la infelicità.

13.1 - Posizione di mezzo per immoralità e infelicità …

Non v'è alcuna discussione sulla posizione occupata dai demoni che Apuleio ha collocato in mezzo fra queste tre coppie di caratteristiche relative agli dèi e agli uomini.

Fra il più alto e il più basso v'è e si concepisce precisamente uno spazio di mezzo.

Vi sono le altre due coppie di caratteristiche, alle quali si deve volgere un esame più attento, in modo da chiarire se siano estranee ai demoni ovvero siano ripartite, come sembra richiedere la posizione di mezzo.

Ma non possono essere loro estranee.

Si può concepire infatti che lo spazio non sia né il più alto né il più basso, ma non si può concepire che i demoni non siano né felici, dato che sono esseri animati ragionevoli, né infelici, come sono le piante che sono prive di sensazione e le bestie che sono prive di ragione.

Gli esseri spirituali dotati di ragione sono necessariamente o felici o infelici.

Allo stesso modo non si può dire ragionevolmente che i demoni non siano né mortali né immortali.

Tutti gli esseri viventi o vivono per sempre o terminano con la morte l'esistenza.

Ora Apuleio ha affermato che i demoni sono immortali nell'esistenza.

Non rimane dunque altro che essi, posti nel mezzo, abbiano una caratteristica dagli esseri posti in alto e una da quelli posti in basso.

Se avranno l'una e l'altra o da quelli in basso o da quelli in alto, non saranno in mezzo ma o risalgono o discendono verso l'una o l'altra parte.

Quindi poiché non possono essere privi, come è stato dimostrato, dell'una e dell'altra rispettiva caratteristica, sono posti in mezzo col prenderne una dall'una parte e una dall'altra.

Pertanto dato che non possono prendere l'immortalità dagli esseri posti in basso perché non l'hanno, ricevono questa caratteristica da quelli in alto e quindi non v'è altro da ricevere da quelli in basso che l'infelicità a rendere compiuta la loro posizione di mezzo.

13.2 - … caratterizzante il demone …

Si ha dunque secondo i platonici o la felice immortalità o l'immortale felicità degli dèi, perché posti in alto; degli uomini, al contrario, perché posti in basso, o l'infelicità per soggezione alla morte o l'infelice soggezione alla morte; dei demoni invece, perché posti in mezzo, o l'infelice immortalità o l'immortale infelicità.26

Apuleio difatti mediante le cinque proprietà che ha proposto nella definizione dei demoni non ha mostrato, come prometteva, che sono collocati nel mezzo. Ha affermato appunto che hanno tre caratteristiche in comune con noi, e cioè che per genere sono viventi, per intelligenza capaci di pensiero e soggetti alle passioni nello spirito; con gli dèi una caratteristica, che sono immortali nell'esistenza, e una particolare, che sono aeriformi nel corpo.

In che senso sono dunque nel mezzo se hanno una proprietà in comune con gli esseri più in alto e tre con quelli più in basso?

Chi non vedrebbe in quali proporzioni, abbandonando la posizione di mezzo, siano volti e trascinati verso il basso?

Potrebbero certamente trovarsi in mezzo se avessero una caratteristica propria che è il corpo aeriforme, come l'hanno anche gli estremi dell'alto e del basso, e cioè gli dèi il corpo etereo e gli uomini il corpo terrestre e se si avessero inoltre due proprietà in comune a tutti e tre e cioè che siano viventi nel genere e capaci di pensiero per intelligenza.

Lo stesso Apuleio, parlando degli dèi e degli uomini dice: Sono due tipi di viventi; e i platonici parlano sempre degli dèi come di esseri dotati d'intelligenza.27

Rimangono due caratteristiche dei demoni e cioè che sono soggetti alle passioni nello spirito ed immortali nell'esistenza.

Di esse hanno una in comune con quelli in basso e l'altra con quelli in alto, sicché la posizione di mezzo bilanciata col calcolo della proporzione non scatta verso l'alto e non scivola verso il basso.

Ed essa è appunto la infelice immortalità o l'immortale infelicità dei demoni.

Apuleio, che li ha dichiarati soggetti alle passioni nello spirito, li avrebbe dichiarati anche infelici, se non avesse avuto ritegno per i loro adoratori.

Ora poiché il mondo non è retto da un destino cieco ma dalla provvidenza del sommo Dio, come anche i platonici sostengono, non si avrebbe l'immortale infelicità dei demoni se non si avesse la loro grande malvagità.

13.3 - … che quindi è di mezzo fra dèi e uomini

Se dunque i felici sono giustamente considerati eudemoni, i demoni non sono eudemoni perché i platonici li hanno collocati in mezzo fra uomini e dèi.

Qual è dunque il luogo di buoni demoni che in un grado superiore agli uomini e inferiore agli dèi offrano agli uni il soccorso, agli altri il servizio?

Se infatti sono buoni ed immortali, sono anche felici.

Ma una felicità immortale non permette che siano nel mezzo perché li eguaglia sensibilmente agli dèi e li differenzia sensibilmente dagli uomini.

Quindi invano i platonici tenteranno di chiarire il criterio per cui i demoni buoni, se sono anche immortali e felici, siano ragionevolmente collocati in mezzo fra gli dèi liberi dalla morte e dal male e gli uomini soggetti alla morte e al male.

Essi avrebbero due proprietà in comune con gli dèi, cioè la felicità e l'immortalità, e nessuna con gli uomini infelici e mortali.

Per quale ragione dunque non sono considerati lontani dagli uomini e uniti agli dèi, anziché posti nel mezzo fra gli uni e gli altri?

Sarebbero nel mezzo se avessero due determinate caratteristiche proprie, non comuni a due altre degli uni o degli altri ma a una di entrambi.

Anche l'uomo è un qualcosa di mezzo, ma fra le bestie e gli angeli.

Difatti poiché la bestia è un vivente irragionevole e mortale, l'angelo al contrario ragionevole e immortale, l'uomo è di mezzo, inferiore agli angeli, superiore alle bestie, perché ha in comune con le bestie la soggezione alla morte e con gli angeli l'intelligenza.

È appunto un essere animato, ragionevole, mortale.

Dunque allo stesso modo quando si cerca la posizione di mezzo fra esseri felici immortali ed esseri infelici mortali, si deve trovare o che l'essere mortale è felice o l'immortale è infelice.

14 - L'uomo fra moralità e felicità

Esiste nel mondo umano il grande problema se l'uomo può essere contemporaneamente felice e mortale.

Alcuni hanno esaminato con maggiore umiltà la propria condizione e hanno affermato che l'uomo non può essere capace di felicità finché vive nella soggezione alla morte.

Altri invece per orgoglio hanno osato affermare che, pur mortali, gli uomini in possesso della sapienza possono essere felici.

Se è così, perché essi piuttosto non vengono collocati in mezzo fra infelici mortali e felici immortali, dato che hanno in comune la felicità con gli immortali felici e la soggezione alla morte con i mortali infelici?

Certamente se sono felici non invidiano alcuno, poiché l'invidia è la più grande infelicità.

Pertanto aiuterebbero, secondo le proprie possibilità, gli infelici mortali a conseguire la felicità, in modo da essere anche immortali dopo la morte ed essere uniti agli angeli immortali e felici.

15.1 - Cristo mediatore come uomo-Dio …

Se poi, ed è la teoria più attendibile e probabile, tutti gli uomini, finché sono soggetti alla morte, sono ineluttabilmente anche infelici, si deve pensare a un intermediario che non soltanto sia uomo ma anche dio.

Soltanto la felice soggezione alla morte di questo intermediario potrà condurre col suo intervento gli uomini dalla infelice soggezione alla morte a una felice immortalità.

Ed era opportuno che egli divenisse mortale e non rimanesse mortale.

È divenuto mortale senza abbassare la divinità del Verbo ma assumendo la bassezza della carne; e non è rimasto mortale nella carne ma l'ha risuscitata dalla morte, poiché fine della sua mediazione è che non rimanessero nella morte perpetua, sia pure della carne, coloro per la cui riabilitazione egli era divenuto mediatore.

Per questo fu necessario che egli, mediatore fra noi e Dio, avesse una temporanea soggezione alla morte e la felicità perenne, in modo che mediante la dimensione con cui diviene si adatti a esseri destinati a morire e una volta morti li trasferisca alla dimensione che non diviene.

Gli angeli buoni dunque non possono essere di mezzo fra gli infelici mortali e i felici immortali, perché anche essi sono felici e immortali; lo possono invece gli angeli cattivi, perché sono immortali con gli uni e infelici con gli altri.

Contrario a loro è il mediatore buono che in opposizione alla loro immortalità e infelicità volle essere mortale nel tempo e poté rimanere felice nell'eternità.

Così con l'umiltà della propria morte e col bene della propria felicità ha sconfitto negli uomini gli immortali superbi e infelici operatori del male, affinché con l'esca della immortalità non li attirassero all'infelicità.

Egli appunto ha liberato il loro spirito dal loro impuro dominio purificandolo per mezzo della fede in lui.

15.2 - … e come datore di salvezza

Dunque l'uomo mortale e infelice, separato per grande distanza dagli esseri immortali e felici, quale intermediario potrà scegliere per cui mezzo congiungersi all'immortalità e alla felicità?

Ciò che potrebbe attrarre nell'immortalità dei demoni è infelicità; ciò che potrebbe contrariare nella soggezione del Cristo alla morte non è più infelicità.

In quella immortalità ci si deve guardare dalla eterna infelicità; in questa soggezione al morire non si deve temere la morte che non poteva essere eterna e si deve scegliere la felicità eterna.

A quel destino s'interpone un intermediario immortale e infelice per impedire di passare all'immortalità felice perché permane in lui ciò che la impedisce, cioè la stessa infelicità; per l'altro destino si è interposto un intermediario mortale e felice per rendere gli uomini, una volta passata la soggezione alla morte, da morti a immortali sul modello che ha mostrato in sé risorgendo, da infelici a felici in quella vita da cui mai si era allontanato.

L'uno è dunque un intermediario cattivo perché separa gli amici, l'altro buono perché riconcilia i nemici.

Gli intermediari che disuniscono sono molti appunto perché la moltitudine che è felice lo diviene nella partecipazione del Dio uno, mentre la moltitudine degli angeli cattivi è infelice per mancanza di tale partecipazione.

Ed essa si oppone per impedire, anziché interporsi per far conseguire la felicità e tumultua, per così dire, anche mediante la moltitudine stessa affinché non sia possibile giungere all'unico bene che rende felici.

E per essere condotti a lui non erano necessari molti mediatori ma uno solo, e quello stesso di cui partecipando si diviene felici, cioè il Verbo di Dio, non creato, perché per suo mezzo sono state create tutte le cose. ( Gv 1,3 )

Tuttavia non è mediatore in quanto Verbo perché il Verbo sommamente immortale e felice è ben lontano dagli infelici mortali, ma è mediatore perché è uomo. ( 1 Tm 2,4-6 )

Con questo fatto stesso mostra che per il bene, non solo felice ma che rende felici, non è necessario cercare altri intermediari e supporre di costruirci con essi una scala con cui raggiungerlo, perché il Dio felice e che rende felici, divenuto partecipe della nostra umanità, ci ha offerto la via più breve per partecipare alla sua divinità.

Liberandoci dalla soggezione alla morte e al male non ci eleva fino agli angeli immortali e felici per essere anche noi immortali e felici, ma alla Trinità perché anche gli angeli sono felici della sua partecipazione.

Perciò quando nella forma di schiavo, ( Fil 2,6-11 ) per essere mediatore, volle essere inferiore agli angeli, rimase loro superiore nella forma di Dio, perché è sempre lui che in basso è la via della vita e in alto è la vita. ( Gv 14,6 )

16.1 - Assurda teoria della incontaminabilità degli dèi …

Non è vero infatti l'aforisma che il citato platonico attribuisce a Platone: Nessun dio comunica con l'uomo; e ha aggiunto che principale indizio della loro sublimità è che non sono contaminati dal contatto con gli uomini.28

Ammette dunque che i demoni ne sono contaminati.

Ne consegue dunque che non possono render puri coloro dai quali sono contaminati e tutti e due sono egualmente impuri, i demoni mediante il contatto con gli uomini e gli uomini mediante l'adorazione dei demoni.

Ovvero se i demoni possono avere contatti e comunicazioni con gli uomini senza esserne contaminati, sono evidentemente più perfetti degli dèi, perché questi sarebbero contaminati se comunicassero.

È infatti caratteristica principale degli dèi, secondo la loro teoria, che il contatto umano non li può contaminare perché inaccessibili per elevatezza.29

Apuleio afferma inoltre che il Dio sommo, creatore di tutti, che noi cristiani riconosciamo per il vero Dio, è considerato da Platone come il solo che è impossibile esprimere, sia pure lontanamente, con parole a causa della povertà del linguaggio umano; ma che appena ai filosofi, se col dinamismo spirituale, quanto è loro consentito, si siano allontanati dalla materia, la conoscenza di questo Dio, sebbene raramente, brillerebbe quasi attraverso folte tenebre come candida luce in un rapidissimo balenare.30

Dunque il Dio veramente sommo, perché sopra tutte le cose, si manifesterebbe in una determinata intelligibile e ineffabile presenza, sebbene raramente, sebbene brillando come candida luce in un rapidissimo balenare, all'intelligenza dei filosofi, purché, quanto è consentito, si siano distolti dalla materia; ed egli non potrebbe esserne contaminato.

Che ragionamento è dunque questo che gli dèi vengono relegati lontano, nello spazio più alto, perché non siano contaminati dal contatto umano?

Basta solamente vedere i corpi celesti, dato che la terra è illuminata, quanto basta, dalla loro luce.

Ora se con l'esser visti non sono contaminati gli astri che Apuleio considera tutti dèi visibili,31 neanche i demoni sono contaminati dallo sguardo umano, anche se fossero visti da vicino.

Ma forse gli dèi sono contaminati dalla voce umana, sebbene non lo siano dalla vista?

E per questo forse avrebbero come mediatori i demoni, da cui sia loro riferita la voce degli uomini, dato che sono da loro lontani per rimanere pienamente incontaminati?

Che dire degli altri sensi? Neppure gli dèi, se fossero più vicini, potrebbero esser contaminati usando l'olfatto e neanche i demoni, quando sono vicini, possono essere contaminati dalle esalazioni dei corpi umani vivi, se non sono contaminati dal fumo delle carogne nei sacrifici.

Per quanto riguarda la sensazione del gusto non sono stimolati dal bisogno di ristorare il corpo mortale tanto che, spinti dalla fame, chiedano da mangiare agli uomini.

Il tatto poi dipende da loro.

Infatti quantunque sia evidente che il contatto derivi etimologicamente da questo senso, gli dèi comunicherebbero, qualora lo volessero, con gli uomini soltanto per vedere ed essere veduti, ascoltare ed essere ascoltati.

Che necessità vi sarebbe di toccare?

Neanche gli uomini oserebbero desiderarlo se potessero godere della vista o colloquio con gli dèi o con i buoni demoni.

E se la curiosità arrivasse al punto che lo vogliano, in qual modo potrebbe un individuo toccare loro malgrado un dio o un demone se non può toccare un passero se non dopo averlo preso?

16.2 - … e dei dèmoni

Dunque gli dèi potrebbero comunicare con gli uomini vedendo e offrendosi alla vista, parlando e ascoltando.

Se quindi i demoni comunicano nel modo che ho detto e non ne sono contaminati, gli dèi invece lo sono, i demoni, a sentir loro, sono incontaminabili e gli dèi contaminabili.

Se poi sono contaminati anche i demoni, che cosa conferiscono agli uomini per la felicità dopo la morte se, rimanendo contaminati, non li possono purificare per ricongiungerli puri agli dèi incontaminati, dato che sono mediatori fra gli uni e gli altri?

E se non tributano questo soccorso, che cosa giova agli uomini l'amichevole mediazione dei demoni?

Forse affinché gli uomini non passino dopo la morte agli dèi attraverso i demoni, ma affinché vivano entrambi contaminati e quindi né gli uni né gli altri felici?

A meno che non si dica che i demoni purifichino i propri amici col sistema delle spugne e simili e che perciò diventino tanto più sporchi quanto più puliti diventano gli uomini mediante questa abluzione.

Ma se è così, gli dèi comunicano con i demoni più contaminati degli uomini; eppure hanno evitato la vicinanza e il contatto degli uomini per non rimanerne contaminati.

O forse gli dèi possono purificare i demoni contaminati dagli uomini e non essere contaminati da loro e per gli uomini non sarebbe possibile?

E chi la penserebbe così se non fosse tratto in inganno dai demoni grandi impostori?

Se poi l'esser visti e il vedere contaminano e si vedono dagli uomini gli dèi che Apuleio dichiara visibili32 come le luci più fulgide del mondo,33 e così per gli astri, forse che sono più immuni i demoni da questa contaminazione umana, dato che non possono esser veduti se non vogliono?

E se non l'esser visto ma il vedere rende impuri, affermino che gli uomini non sono visti da queste fulgidissime luci del mondo che ritengono dèi, sebbene facciano giungere i loro raggi fino alla terra.

Tuttavia questi raggi diffusi su tanti oggetti immondi non sono contaminati.

E rimarrebbero contaminati gli dèi se comunicassero con gli uomini, anche se al soccorso fosse indispensabile il contatto?

Infatti la terra viene colpita dai raggi del sole e della luna; eppure non rende immonda la loro luce.

17 - Cristo mediatore per somiglianza

Mi meraviglio assai che uomini così dotti, sebbene abbiano giudicato tutte le cose materiali e sensibili inferiori alle spirituali e intelligibili, sull'argomento della felicità accennino ai contatti corporali.

Non vi si riscontra affatto il celebre detto di Plotino: Si deve dunque fuggire verso la patria diletta, perché in essa è il padre, in essa tutto; e soggiunge: Qual è dunque la lotta o la fuga?

Divenire simile a Dio.34

Se si diviene tanto più vicini a Dio quanto si è più simili a lui, la sola lontananza da lui è essergli dissimili.

L'anima dell'uomo quindi è tanto più dissimile da lui che è immateriale eterno e fuori del divenire quanto più è attaccata alle cose del tempo che sono nel divenire.

Bisogna guarire da questo male.

Ma poiché le cose soggette alla morte e alla materia che sono in basso non possono essere proporzionate alla somma immaterialità che è in alto, si ha bisogno di un mediatore.

Tuttavia egli non deve essere tale che abbia un corpo sia pure immortale, vicino agli esseri più alti, e lo spirito soggetto al male come gli esseri più bassi, perché piuttosto ci ostacolerebbe dall'esserne guariti che aiutarci a guarirne.

Il mediatore deve essere tale che, reso simile per soggezione alla morte nel corpo a noi che siamo in basso, possa porgere un aiuto veramente divino alla nostra catarsi e liberazione per immortale giustizia dello spirito mediante la quale rimase in alto non per distanza nello spazio ma per sovrana eguaglianza.

Ed è impossibile che egli, Dio immutabile, temesse la contaminazione da parte dell'uomo che ha assunto o degli uomini in mezzo ai quali è vissuto come uomo.

Frattanto non sono trascurabili questi due benefici che egli con la sua incarnazione ci ha rivelati, e cioè che la vera divinità non può essere contaminata dalla terrenità e che i demoni non si devono ritenere migliori di noi per il fatto che non partecipano della terrenità.

Egli è, come dichiara la sacra Scrittura, il mediatore di Dio e degli uomini, l'uomo Cristo Gesù. ( 1 Tm 2,5 )

Non è qui il momento di parlare espressamente, sia pure nei limiti delle nostre possibilità, della sua divinità, per cui è eternamente eguale al Padre, e della sua umanità, per cui si è reso simile a noi.

18 - Via fra cielo e terra

Al contrario i demoni, mediatori mentiti e mentitori, quantunque, pur soggetti all'infelicità e al male a causa dell'impurità dello spirito, esercitino il loro influsso su molti avvenimenti, approfittando tuttavia delle distanze nello spazio materiale e della leggerezza del loro corpo aeriforme, tramano di distoglierci definitivamente dall'elevazione spirituale.

Quindi non mostrano la via a Dio ma impediscono che si tenga la via.

Comunque una parola sulla via dello spazio corporeo.

Essa è ingannevole ed è fitta di errori, perché per essa non passa la giustizia, dato che dobbiamo salire a Dio non attraverso l'altezza fisica ma per somiglianza spirituale, cioè non corporea.

Comunque anche per quanto riguarda la via dello spazio corporeo, che gli adoratori dei demoni dispongono fra gli dèi eterei e gli uomini terreni stabilendo come intermediari i demoni, essi ritengono in definitiva che gli dèi abbiano come principale caratteristica di non essere contaminati dal contatto umano in virtù della distanza nello spazio.

Con questa teoria sostengono piuttosto che i demoni sono contaminati dagli uomini, anziché gli uomini siano purificati dai demoni e che gli dèi stessi possono rimanere contaminati se non fossero difesi dall'altezza nello spazio.35

Chi è tanto sciagurato da pensare di raggiungere la catarsi per questa via, giacché in essa gli uomini contaminano, i demoni sono contaminati e gli dèi contaminabili?

E perché non dovrebbe scegliere la via in cui si evitino i demoni che contaminano,36 e gli uomini dal Dio incontaminabile siano liberati dalla contaminazione per raggiungere la società degli angeli non contaminati?

19 - Angeli e dèmoni

Ma non deve sembrare che facciamo questione di terminologia, poiché alcuni di questi, per così dire, demonicoli, fra cui è anche Labeone, affermano che da alcuni sono chiamati angeli quelli che essi chiamano demoni.

Prendo atto quindi che si deve esporre qualche concetto sugli angeli buoni.

I pagani non ne negano l'esistenza ma preferiscono chiamarli demoni buoni anziché angeli.

Noi invece, come insegna la Scrittura in base alla quale siamo cristiani, sentiamo parlare di angeli, che in parte sono buoni e in parte cattivi, mai comunque di demoni buoni.

In qualunque parte della Scrittura si trovi questo nome, siano denominati dèmoni o demòni, sono sempre indicati come spiriti malvagi.

E dovunque gli individui ormai hanno adottato questo modo di parlare al punto che non esiste alcuno, di quelli che sono chiamati pagani e difendono il culto di molti dèi e demoni, anche se letterato e colto, che osi dire a titolo di lode sia pure al proprio schiavo: Hai un demone.37

Al contrario, non può avere alcun dubbio di essere interpretato soltanto nel senso che ha inteso ingiuriare, chiunque sia l'individuo a cui si è rivolto.

Non v'è ragione dunque che ci costringa a giustificare la nostra affermazione, data la ripugnanza di moltissimi individui, ormai quasi tutti, abituati a interpretare soltanto in cattivo senso la parola.

Usando la parola angeli possiamo evitare la ripugnanza che può manifestarsi se si usa la parola demoni.

20 - Scienza e superbia nei dèmoni

Comunque anche l'etimologia di questo nome, se consideriamo attentamente i libri della Scrittura, ci induce a una importante considerazione.

Demoni, stando alla radice greca del nome [ Δαίμονες ], derivano etimologicamente da scienza.38

Ora l'Apostolo parlando nello Spirito Santo afferma: La scienza gonfia, la carità costruisce. ( 1 Cor 8,1 )

Il detto non significa altro che la scienza giova soltanto quando si ha la carità39 e che senza di essa gonfia e cioè innalza a una vuota altezzosità.

V'è dunque nei demoni la scienza senza la carità e quindi sono così gonfi, cioè così superbi al punto che si sono industriati perché fossero loro tributati onori divini e il servizio religioso che, come sanno, si devono al vero Dio; tuttora si danno da fare per quanto è loro possibile e con chi è possibile.

Ora l'anima degli uomini gonfia della colpa dell'orgoglio non sa, perché simile ai demoni nella superbia e non nella scienza, quanto potere ha l'umiltà di Dio che si è manifestata in Cristo contro la superbia dei demoni, dalla quale era meritatamente reso schiavo il genere umano.

21 - Cristo si palesa ai dèmoni

E i demoni sanno anche questo.

Hanno perfino detto al Signore mentre era rivestito della debolezza della carne: Che c'è fra noi e te, o Gesù di Nazareth?

Sei venuto a mandarci in rovina [ prima del tempo ]? ( Mc 1,24; Mt 8,29 )

È chiaro da queste parole che esisteva in essi una grande scienza e non vi era la carità.

Temevano la pena da lui ma non amavano in lui la giustizia.

Si fece conoscere da loro nei limiti che volle e lo volle nei limiti dell'indispensabile.

Però non si fece conoscere come agli angeli santi i quali godono nella partecipazione alla sua eternità secondo la relazione per cui è il Verbo di Dio,40 ma come si doveva far conoscere dai demoni per atterrirli.

Stava appunto per liberare dal loro potere, in certo senso tirannico, i predestinati al suo regno e alla sua gloria verace e veracemente eterna.

Si fece dunque conoscere dai demoni non nella dimensione della vita eterna e della luce indefettibile che illumina i credenti, giacché per conoscerlo mediante la fede che proviene da lui si richiede la purificazione dello spirito; si è fatto conoscere soltanto mediante manifestazioni nel tempo e segni della sua presenza invisibile che potevano essere palesi alle facoltà angeliche, anche di spiriti malvagi, anziché alla debolezza umana.

Poi quando credette opportuno di occultarli e si tenne maggiormente nascosto, il principe dei demoni dubitò di lui e per scoprire se era il Cristo lo provò nei limiti in cui egli consentì di esser messo alla prova, per commisurare l'uomo che era in lui a modello della nostra imitazione.

Ma dopo quella prova, come è scritto, lo servirono gli angeli, ( Mt 4,3-11 ) certamente quelli buoni e santi e perciò temibili e terribili agli spiriti immondi.

Quindi sempre di più si palesava ai demoni la sua grandezza, sicché nessun demone osò resistere al suo comando, sebbene in lui potesse sembrare oggetto di disprezzo la debolezza della carne.

22 - Conoscenza degli angeli e dei dèmoni

Quindi per gli angeli buoni è senza valore ogni conoscenza delle cose fisiche poste nel tempo, mentre i demoni se ne inorgogliscono.

Non che gli angeli ne siano ignari, ma per essi ha valore la carità di Dio dalla quale sono resi santi.

In ordine alla bellezza non solo spirituale ma anche immutevole e ineffabile di lui, dal cui santo amore sono infiammati, essi ritengono senza valore tutte le cose che gli sono inferiori e che non sono quelle che lui è, e se stessi per partecipare nel tutto del bene che sono di quel bene per cui sono un bene.

Perciò conoscono più distintamente anche le cose poste nel tempo e nel divenire, perché ne intuiscono le ragioni ideali nel Verbo di Dio per mezzo del quale è stato creato il mondo; e in queste ragioni alcune cose sono approvate, alcune disapprovate, tutte ordinate.

I demoni al contrario non intuiscono nella Sapienza di Dio le ragioni eterne che, analogicamente parlando, reggono i tempi ma, attraverso una maggiore conoscenza immediata di segni a noi occulti, prevedono molto più degli uomini eventi futuri e talora predicono perfino le proprie iniziative.

Ma i demoni spesso s'ingannano, gli angeli mai.

Una cosa è infatti congetturare eventi nel tempo e nel divenire da altri eventi e inserire in essi una dimensione, posta nel tempo e nel divenire, della propria volontà e potere; e questo in una maniera determinata è consentito ai demoni.

Altro è prevedere il divenire dei tempi nelle leggi di Dio che sono fuori del tempo e del divenire e sussistono nella sua Sapienza e conoscere nella partecipazione del suo Spirito la volontà di Dio che fra tutte, quanto è più efficace, tanto è più determinante; e questo con retto criterio è stato concesso agli angeli santi.

Perciò non solo sono immortali ma anche felici.

E Dio, da cui sono stati creati, è per loro il bene da cui sono felici.

Godono infatti nella sua partecipazione e visione indefettibilmente.

23.1 - Significato di dèi nella Scrittura

Se i platonici preferiscono chiamare dèi anziché demoni gli angeli e ad essi aggiungere quelli che Platone, loro capo e maestro, dichiara creati dal Dio sommo, facciano pure.41

Con essi non ci si deve affannare per questioni di terminologia.

Se infatti affermano che sono immortali, ma ciò nonostante creati dal Dio sommo e che non da sé sono felici, ma nell'unione a lui dal quale sono stati creati, dicono quel che diciamo noi, qualunque sia il nome con cui li chiamino.

Che questa è la dottrina dei platonici, di tutti o dei migliori, è documentato dai loro libri.

Non v'è poi quasi nessun dissenso tra noi e loro sul nome stesso con cui designano come dèi tale creatura immune dalla morte e dal male, anche perché nei nostri scritti sacri si legge: Il Dio signore degli dèi ha parlato; ( Sal 50,1 ) e altrove: Lodate il Dio degli dèi; ( Sal 136,2 ) e ancora: Il re grande su tutti gli dèi. ( Sal 95,3 )

Al contrario, poco dopo viene dichiarato il motivo per cui è stato scritto: È terribile su tutti gli dèi.

Segue infatti: Perché tutti gli dèi delle genti sono demoni, mentre il Signore ha creato i cieli. ( Sal 96,4-5 )

Ha detto dunque su tutti gli dèi ma delle genti, cioè che le genti considerano dèi, mentre sono demoni e perciò è terribile.

E sotto simile terrore domandavano al Signore: Sei venuto a mandarci in rovina? ( Mc 1,24 )

Invece, l'altra frase il Dio degli dèi non può avere il significato del Dio dei demoni; ed è impossibile che anche l'altra il re grande su tutti gli dèi significhi il re grande su tutti i demoni.

Ma il medesimo libro della Scrittura chiama dèi anche gli uomini appartenenti al popolo di Dio.

Dice: Io ho detto che siete dèi e figli dell'Altissimo tutti. ( Sal 82,6 )

Si può interpretare che è il Dio di questi dèi quello che è stato definito il Dio degli dèi, e re grande su tutti gli dèi quello che è stato definito re grande su tutti gli dèi.

23.2 - … appellativo più confacente all'uomo che all'angelo …

Tuttavia ci si può obiettare: se gli uomini sono stati considerati dèi perché appartengono al popolo di Dio, al quale egli parla per mezzo di angeli o uomini, quanto più sono degni di questo nome esseri immortali che posseggono la felicità alla quale gli uomini aspirano a giungere adorando Dio?

Risponderemo che non a caso nella Scrittura sono stati considerati dèi più esplicitamente gli uomini che gli spiriti immortali e felici ai quali noi saremo eguali, come ci è stato promesso, dopo la resurrezione.

Si doveva evitare che la debolezza nella fede osasse a causa della loro superiorità stabilire come dio per noi qualcuno degli angeli.

Trattandosi dell'uomo era più facile evitarlo.

Inoltre gli uomini dovevano più apertamente essere considerati dèi se appartenenti al popolo di Dio, affinché fossero più stabili nella fiducia che il loro Dio è quello che è stato chiamato il Dio degli dèi.42

E sebbene siano chiamati dèi gli spiriti immortali e felici che sono nei cieli, tuttavia non sono stati considerati dèi degli dèi, cioè dèi degli uomini appartenenti al popolo di Dio ai quali è stato detto: Io ho detto che siete dèi e figli dell'Altissimo tutti. ( Sal 82,6 )

Da qui le parole dell'Apostolo: Vi sono esseri considerati dèi tanto nel cielo come sulla terra; e siccome vi sono molti dèi, vi sono anche molti signori.

Ma noi abbiamo un solo Dio Padre, dal quale tutte le cose e anche noi in lui e un solo signore Gesù il Cristo, per mezzo del quale tutte le cose e anche noi per mezzo di lui. ( 1 Cor 8,5-6 )

23.3 - … comunque non oggetto di culto

Non si deve discutere sul nome perché il concetto è tanto chiaro che è esente da ogni dubbio per quanto scrupoloso.

Tuttavia noi cristiani affermiamo che dal numero degli spiriti immortali e beati alcuni sono mandati come angeli per annunziare agli uomini la volontà di Dio.

Il discorso non piace ai platonici, perché sostengono che questa funzione non è esercitata da quelli che essi considerano dèi, cioè immortali e felici, ma dai demoni che considerano soltanto immortali.

Non osano considerarli felici o, se immortali e felici, soltanto come demoni buoni, non dèi che sono collocati nello spazio più alto e lontani dal contatto umano.

E sebbene questo sembri un dissenso di terminologia, tuttavia la denominazione di demoni è così detestabile che noi cristiani dobbiamo assolutamente considerarla sconveniente ai santi angeli.

A questo punto si deve chiudere il presente libro.

Abbiamo accertato infatti che gli spiriti immortali e felici, comunque siano chiamati, purché siano stati prodotti dal nulla, non sono intermediari per i mortali infelici da guidarsi all'immortale felicità, perché ne sono disgiunti dall'una e dall'altra differente proprietà.

Al contrario quelli che sono nel mezzo, poiché hanno in comune con quelli collocati in alto l'immortalità e con quelli collocati in basso l'infelicità, dato che sono infelici per colpa della soggezione al male, possono piuttosto invidiarci che offrirci la felicità che non hanno.

Quindi gli amici dei demoni non hanno nulla da proporci che valga a farceli adorare come soccorritori anziché evitarli come ingannatori.

Vi sono infine gli spiriti buoni, e quindi non solo immortali ma anche felici, riguardo ai quali i platonici sostengono che si devono adorare con misteri e sacrifici per conseguire la felicità dopo la morte.

Ma quali che siano e comunque siano denominati, noi nel seguente libro esporremo più accuratamente la nostra dottrina, e cioè che non si devono adorare essi con un simile culto religioso ma un solo Dio dal quale sono stati creati e della cui partecipazione sono felici.

Indice

25 Apuleio, De deo Socr. 4
26 Apuleio, De deo Socr. 3
27 Platone, Timeo 44d-45d;
Plutarco, De def. orac. 425a-426e;
Plotino, Enn. 6, 7, 9, 18-22
28 Apuleio, De deo Socr. 4
29 Platone, Timeo 40d-e;
Epin. 986b-d;
Aristotele, Et. Nic. 1101b. 19-25
30 Apuleio, De deo Socr. 3
31 Apuleio, De deo Socr. 2
32 Ibid
33 Virgilio, Georg. 1, 5-6
34 Plotino, Enn. 1, 6, 8; 1, 3
35 Apuleio, De deo Socr. 6
36 Agostino, Conf. 8,2,4
37 Tertulliano, De testim. animae 3
38 Platone, Cratilo 398b;
Lattanzio, Div. inst. 2, 14, 6
39 Agostino, In Io. Ev. tr. 27, 5
40 Agostino, De Gen. ad litt. 4, 49-50
41 Platone, Timeo 40a
42 Origene, In Exod. 8