La dottrina cristiana

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Libro III

13.21 - Osservazione integrativa

Per quanto invece è conforme alle consuetudini di coloro fra i quali si deve vivere e viene imposto dalla necessità o viene accettato per ufficio, dagli uomini buoni e superiori agli altri lo si deve riferire o all'utilità o alla beneficenza, e lo si deve prendere o in senso proprio ( come siamo obbligati noi ) o anche in senso figurato ( come è lecito fare ai Profeti ).

14.22 - Norme di giustizia e costumanze dei popoli

Quando s'imbattono nella lettura di questi fatti persone che sono all'oscuro delle consuetudini altrui, li reputano scostumatezze, a meno che non siano corretti da una qualche autorità.

Né riescono a persuadersi che tutto il loro comportamento in fatto di matrimoni, di banchetti, di modi di vestirsi e ogni altra usanza di vivere e acconciarsi potrebbe sembrare indecoroso ad altre genti o in altre epoche.

Mossi dalle innumerevoli e varie consuetudini, alcuni, per così dire, semiaddormentati - in quanto non erano immersi nel sonno profondo della stoltezza ma nemmeno erano svegli alla luce della sapienza - ritennero non darsi giustizia di per se stessa ma ogni popolo sarebbe autorizzato a considerare giuste le sue costumanze.

Ora siccome queste costumanze sono diverse nei diversi popoli mentre la giustizia deve rimanere immutabile, diverrebbe ovvio che la giustizia non si trovi in nessuna parte.

Per non ricordare altro, non compresero che il detto: Non fare agli altri quel che non vuoi sia fatto a te, ( Tb 4,16 ) non può in alcun modo variare secondo le diverse accezioni invalse nel mondo pagano.

Quando questo motto lo si riferisce all'amore di Dio, scompaiono tutti i libertinaggi; quando lo si riferisce all'amore del prossimo, tutti i delitti.

Nessuno infatti vuole che sia demolita la propria abitazione; per cui non deve guastare nemmeno l'abitazione di Dio, cioè se stesso.

E nessuno vuole essere danneggiato da qualsiasi altro; per cui egli stesso non deve danneggiare alcuno.

15.23 - Nessun linguaggio figurato là dove s'inculca la carità

In tal modo, distrutto il potere tirannico della cupidigia, regna la carità con le leggi giustissime dell'amore di Dio per se stesso e dell'amore del prossimo in vista di Dio.

Nelle locuzioni figurate pertanto si osserverà questa norma: quanto si legge deve essere considerato diligentemente e lungamente, fino a quando cioè l'interpretazione non raggiunga i confini del regno della carità.

Se un tal regno risuona già nel linguaggio proprio, non si supponga alcun senso figurato.

16.24 - Si prendano in senso figurativo i precetti inconciliabili con la carità

La locuzione che in termini precettivi proibisce il libertinaggio o il delitto o comanda un atto utile o benefico non è figurata.

È invece figurata quando sembra comandare la scostumatezza o il delitto o proibire un atto utile o benefico.

Dice: Se non mangerete la carne del Figlio dell'uomo e non ne berrete il sangue, non avrete in voi la vita. ( Gv 6,54 )

Sembrerebbe comandare una cosa delittuosa e ributtante.

In realtà invece è un parlare figurato con cui ci si prescrive di comunicare alla passione del Signore e di celare nella memoria con dolcezza e utilità il fatto che la sua carne è stata crocifissa e piagata per noi.

Dice la Scrittura: Se il tuo nemico ha fame, dàgli da mangiare; se ha sete, dàgli da bere.

Qui senza alcun dubbio ci si comandano le opere di misericordia; ma in quel che segue: Ciò facendo ammasserai carboni ardenti sul suo capo, ( Pr 26,21 ) lo si potrebbe prendere come un tratto di ostilità che venga comandato.

Non dubitare pertanto che ciò è detto in senso figurato e che si può interpretare in due modi: primo modo, in senso di non recar danno; secondo modo, concedere un beneficio.

Quanto a te, la carità ti induca a interpretarlo nel senso di beneficio, intendendo per carboni ardenti e infuocati i gemiti della penitenza con cui si guarisce la superbia di colui che si dispiace di essere stato nemico di un uomo dal quale gli si viene incontro nel suo stato di miseria.

Lo stesso è del detto del Signore: Chi ama la propria anima la perde. ( Gv 12,25 )

Non lo si deve ritenere un divieto contro il dovere che ciascuno ha di conservare la propria vita ma una locuzione figurata.

La perda vuol dire: la uccida smettendo l'uso che ne fa al presente, uso cattivo e disordinato che la fa inclinare alle cose temporali impedendole di cercare i beni eterni.

Sta scritto: Da' a chi è misericordioso e non accogliere il peccatore. ( Sir 12,4 )

La seconda parte della frase sembrerebbe proibire la misericordia; dice infatti: Non accogliere il peccatore. Intendila dunque in senso figurato quasi che peccatore sia stato detto in luogo di " peccato "; quindi è il suo peccato che non devi accogliere.

17.25 - Distingui i precetti generali e le norme personali

Accade frequentemente che uno il quale si trova o crede di trovarsi in un grado superiore di vita spirituale ritenga detti in senso figurato quei comandi che si dànno per i gradi inferiori.

Per esempio, se uno ha abbracciato il celibato e si è reso eunuco per il regno dei cieli, ( Mt 19,12 ) farà di tutto per ritenere che si debba prendere non in senso proprio ma traslato quanto i sacri libri prescrivono circa l'amore per la moglie e l'indirizzo della vita coniugale.

E se uno ha deciso di non maritare la sua vergine ( 1 Cor 7,37 ) tenterà di interpretare come figurata l'espressione dove si dice: Marita la tua figlia e avrai portato a compimento una grande impresa. ( Sir 7,25 )

Tra le annotazioni per comprendere le Scritture ci sarà pertanto anche questa: sapere che alcune cose sono comandate a tutti indistintamente mentre altre soltanto ad alcune categorie di persone, per cui il rimedio ivi suggerito non si adegua esclusivamente allo stato di salute di tutti ma anche alla debolezza propria di ciascun membro.

In realtà colui che non può essere elevato a un grado superiore bisogna curarlo nella condizione in cui si trova.

18.26 - Ad epoche diverse precetti e concessioni diverse

Occorre inoltre guardarsi dal pensare che si possa trasferire al tempo attuale, per usarlo come regola di vita, ciò che è contenuto nelle Scritture del Vecchio Testamento e che, preso non solo in senso figurato ma anche proprio, per le condizioni di quei tempi non era né una scostumatezza né un delitto.

A fare tali applicazioni non spinge altri se non la cupidigia da cui si è dominati, la quale cerca un puntello anche dalle Scritture, sebbene queste siano state date per toglierla di mezzo.

Chi così si comporta è un pover'uomo e non comprende che quei fatti sono stati descritti perché rechino vantaggio agli uomini animati da buona speranza: essi vi possono vedere a loro salvezza che la consuetudine che disapprovano può avere un uso buono, mentre se essi stessi volessero adottarla potrebbe essere meritevole di condanna.

Questo avviene se, in chi si regola così, si riscontra in un caso la carità, mentre nell'altro la cupidigia.

18.27 - Si chiarisce come mai la poligamia invalse tra gli Ebrei

In effetti, come un uomo, in date circostanze di tempo, può usare castamente di parecchie mogli, così uno può usare libidinosamente di una sola.

E io approvo chi, in vista di un altro fine, usa della fecondità di molte donne più che non chi gode avidamente del corpo di una sola, cercato per se stesso.

Difatti là si cercava una utilità corrispondente alle condizioni di quei tempi, qui si sazia la voglia sregolata insita nei piaceri della vita presente.

Si sa che l'Apostolo per condiscendenza concede a certuni il rapporto carnale con una sola donna a causa della loro incontinenza. ( 1 Cor 7,2 )

Ora, questi presso Dio sono in un grado inferiore rispetto a coloro che, pur avendone ciascuno diverse, nel loro rapporto carnale altro non cercavano se non la procreazione dei figli.

Erano come il sapiente che nel cibo e nella bevanda non cerca altro se non la salute del corpo.

Se pertanto si fossero trovati a vivere dopo la venuta del Signore, quando non è più tempo di scagliare ma di raccogliere le pietre, ( Qo 3,5 ) essi immediatamente si sarebbero evirati per il regno dei cieli.

In effetti non si prova difficoltà nella privazione se non quando nel possesso c'è la cupidigia; e quegli uomini sapevano che anche per le loro spose era lussuria usare con intemperanza dei rapporti carnali.

Ne fa fede la preghiera di Tobia nell'unirsi a sua moglie.

Diceva infatti: Sii benedetto, o Signore Dio dei nostri padri, e benedetto il tuo nome nei secoli dei secoli!

Ti benedicano i cieli e ogni tua creatura! Tu creasti Adamo e gli desti come compagna Eva.

Ebbene tu, Signore, sai che non mi unisco a questa sorella mosso da lussuria ma da fedeltà a te, perché tu, Signore, abbia misericordia di noi. ( Tb 8,7-10 )

19.28 - Gli scostumati ritengono impossibile la continenza

Qui si fanno avanti uomini sfrenati nella libidine che, volendo diguazzare [ dietro le loro passioni ], vagolano di stupro in stupro o che, con la stessa loro moglie, non solo non rispettano il modo normale della procreazione dei figli ma, con licenziosità quanto mai spudorata, quasi in preda al libertinaggio in uso fra gli schiavi, accumulano sozzure di una intemperanza indegna dell'uomo.

Costoro non credono alla verità che gli uomini dell'antico Patto abbiano potuto unirsi temperantemente a più donne, non cercando nel rapporto con loro altro che il dovere di procreare figli che si confaceva a quel tempo.

Ciò che essi, avvinti dai legami della libidine, non riescono a fare con l'unica loro moglie, in nessun modo ritengono essere possibile farsi con molte.

19.29 - Se condizionate, sono giuste le lodi date ai Patriarchi

Uomini come questi possono dire che non è il caso di onorare o lodare quegli antichi santi e giusti in quanto loro stessi, se vengono onorati e lodati, si gonfiano di superbia e appetiscono tanto più avidamente la vanagloria quanto più li esalta di frequente e con facilità una qualche lingua abile a lusingare.

Di fronte a una tal lingua diventano così fatui che ogni vento di fama che ritengano o favorevole o contrario, li trascina nei gorghi della scostumatezza o li sbatacchia contro gli scogli dei vari delitti.

Debbono pertanto considerare quanto sia loro arduo e difficile non lasciarsi prendere all'esca della lode e non farsi penetrare dagli spunzoni delle ingiurie.

E che non misurino gli altri in rapporto a se stessi!

20.29 - Gli Apostoli e i Patriarchi: loro autocontrollo

Credano piuttosto che i nostri Apostoli non si inorgoglirono quando erano ammirati dalla gente e non si abbatterono quando ne erano disprezzati.

A loro infatti non mancò né l'una né l'altra delle tentazioni, in quanto erano esaltati dagli elogi dei credenti e infamati dalle ingiurie dei persecutori.

Come dunque costoro, secondo le circostanze, ponevano al loro servizio tutte quelle situazioni e non si lasciavano fuorviare, così gli antichi patriarchi, riferendosi nell'uso delle donne a quel che era conveniente al loro tempo, non soggiacevano a quella tirannia della libidine, di cui sono schiavi coloro che non credono a queste cose.

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