La santa verginità

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10. La quale supposizione è, evidentemente, quanto di più insensato si possa dire.

Per cui, si tengano pur caro le donne cristiane, se sposate, il bene del loro matrimonio ( del quale abbiamo trattato a sufficienza in un altro volume ).

Ma onorino nelle sacre vergini un bene superiore a quello che posseggono loro: come del resto già sono solite fare.

E questo è l'argomento dell'opera presente.

10.10 - Un'altra ragione inconsistente

Le persone sposate non debbono stabilire confronti di merito fra se stesse e coloro che praticano la continenza, nemmeno in base al fatto che proprio dalle nozze nascono le vergini.

Questo non dipende dalle nozze ma dalla natura.

Tale è, infatti, per divina istituzione, l'ordine naturale che da ogni rapporto carnale consumato fra i due sessi ( non importa se legittimo e onesto ovvero sconveniente e proibito ), qualora ne nasca una femmina, questa debba essere vergine, ma non certo una sacra vergine …

Si nasce pertanto vergini anche da uno stupro; vergini sacre non nascono neppure dal matrimonio legittimo.

11.11 - La vergine e la vergine consacrata

Se noi onoriamo le vergini, non è perché siano vergini ma perché sono vergini consacrate a Dio con la virtù della continenza.

Non vorrei dire una sciocchezza, ma a me sembra che una donna sposata si trovi in una condizione più felice rispetto a una vergine che voglia maritarsi.

La prima ha raggiunto ciò che l'altra ancora ricerca, specialmente se non è ancora nemmeno fidanzata.

La prima cerca di piacere a quell'unico al quale s'è donata; l'altra, nell'incertezza del consorte cui dovrà donarsi, cerca di piacere a molti, e la purità del suo pensiero è salvaguardata soltanto dal fatto che, fra i molti, lei non va in cerca d'un adultero ma d'un marito legittimo.

Veramente superiore alla donna sposata è la vergine che, ricercando l'amore dell'Unico scelto fra molti, non si espone ai molti per cattivarne l'affetto, né deve adattarsi alle esigenze dell'uomo che si è scelto, immergendosi in pensieri di mondo, sul come piacere al marito. ( 1 Cor 7,34 )

La vergine propriamente detta è l'innamorata del più bello tra i figli dell'uomo; ( Sal 45,3 ) è colei che, non avendo potuto concepirlo, come Maria, fisicamente, l'ha concepito col cuore e gli ha conservato intatta la propria carne.

12 - Madre delle vergini, la Chiesa

Una tal sorta di vergini non fu mai prodotto di fecondità carnale; non può essere prole di carne e di sangue.

Se si vuol sapere chi ne sia la madre, lo è la Chiesa.

Le sacre vergini non le genera se non quella vergine sacra che fu sposata a un sol uomo, Cristo, al quale ha da essere presentata pura. ( 2 Cor 11,2 )

Da questa Chiesa, che nello spirito è tutta intera vergine e nel corpo lo è solo limitatamente a certi individui, nascono le vergini sacre, che sono vergini nel corpo e nello spirito.

12.12 - Dignità del matrimonio

Ha senza dubbio il matrimonio il suo valore positivo: non quello di procreare figli, ma quello d'una procreazione onesta, legittima, casta e socialmente ordinata; quello della educazione che con perseveranza viene impartita alla prole in ordine alla salvezza; quello della fedeltà e della convivenza, vicendevolmente rispettate, con l'esclusione di ogni profanazione del sacramento del matrimonio.

13 - La verginità non è ordinata a finalità terrene

Ma tutto questo rimane nell'ambito dei doveri e dei vantaggi umani.

Al contrario, l'integrità verginale e l'astensione da ogni rapporto sessuale praticata in virtù della continenza sono doti angeliche, testimonianza della incorruttibilità eterna attuata in una carne corruttibile.

A questa verginità si inchini ogni umana fecondità, come pure ogni castità praticata nel matrimonio.

La prima non è un successo delle capacità [ dell'uomo ], la seconda non è cosa che rimanga in eterno.

La fecondità carnale non è effetto di libera scelta, la castità coniugale non è roba di cielo.

E senza dubbio, in quell'immortalità che sarà partecipata da tutti gli eletti, avranno grandi privilegi coloro che, anche nella carne, posseggono qualcosa che non è carnale.

13.13 Dicono una colossale sciocchezza coloro che ritengono essere la continenza un bene necessario non al conseguimento del Regno dei cieli ma solo in relazione alla vita presente.

Per loro, le vergini e quanti fanno professione di continenza starebbero bene perché esenti dalle numerose e pressanti cure a cui soggiacciono le persone sposate.

Il vantaggio della rinuncia al matrimonio consisterebbe solo nel non essere gravati dalle ansietà della vita presente, senza alcun vantaggio per la vita avvenire.

Per non figurare come autori di questa scemenza, sorta dalla vacuità del loro cuore, mettono in ballo le parole dell'Apostolo: Quanto alle vergini, non ho precetti da parte del Signore; voglio solo darvi un consiglio, come uno che da Dio ha conseguito misericordia sì da essere fedele.

Ritengo pertanto che ciò sia un bene a causa della necessità attuale, poiché è veramente un bene per l'uomo essere così. ( 1 Cor 7,25-26 )

Dicono: " Ecco un testo ove l'Apostolo asserisce chiaramente che ciò è un bene in relazione ai gravami della vita presente, non in vista dell'eternità futura ".

Come se l'Apostolo potesse interessarsi delle situazioni e istanze della vita presente senza aver di mira il futuro e come provvedervi nella maniera più adeguata, egli, la cui attività tutta intera non mirava ad altro se non a chiamare gli uomini alla vita eterna.

14.14 - Alla verginità è promessa una gloria speciale

Ci sono, nella vita presente, delle implicazioni che occorre evitare: quelle cioè che ostacolano in qualche modo il conseguimento dei beni futuri.

Così, nella vita coniugale, il dover pensare alle cose del mondo: vale a dire, per l'uomo, come contentare la moglie e, per la donna, come contentare il marito.

Non che siano cose inconciliabili col Regno di Dio, come invece lo sono i peccati.

Questi si debbono evitare non in forza d'un semplice consiglio ma per un precetto divino, al quale se non si obbedisse ci si meriterebbe la condanna.

Là invece è soltanto questione di quel sovrappiù che si potrebbe conseguire nel Regno di Dio se si pensasse maggiormente a piacere al Signore, e che risulterà tanto più scarso quanto meno l'uomo, impedito dalle cure della famiglia, vi avrà pensato.

Perciò dice: Circa la verginità non ho precetti da parte del Signore. ( 1 Cor 7,25 )

Se, dunque, è vero che quando uno non esegue un comando è colpevole e merita castigo, ne segue che, se a non maritarsi e a non ammogliarsi non si fa peccato ( sarebbe vietato con un comando se fosse peccato ), non ci debbono essere comandi del Signore in fatto di verginità.

Ma evitare i peccati o conseguirne il perdono non è tutto: è da raggiungersi la vita eterna.

Ora, in questa vita eterna c'è una gloria particolare cui non parteciperanno tutti coloro che vivranno eternamente, ma sarà riservata a pochi.

In ordine a tale gloria è poca cosa una vita immune da peccati; occorre far voto, a colui che ce ne ha liberati, d'un qualcosa che, a non consacrarglielo, non sarebbe stato colpa, mentre è gran merito avergliene fatto voto e aver mantenuto la promessa.

Dice: Vi do un consiglio, come uno che da Dio ha ricevuto la grazia d'essere uno di sua fiducia. ( 1 Cor 7,26 )

Non debbo sottrarre agli altri un consiglio, ritenuto sinceramente utile, io che, se sono degno di fede, lo sono non per i miei meriti ma per la misericordia di Dio.

Ritengo pertanto che questo sia un bene a motivo della necessità presente.

Significa: Quanto vi ho detto delle vergini - a proposito delle quali non ho una prescrizione del Signore ma voglio darvi un consiglio - ecco cos'è che io ritengo un bene a motivo della necessità attuale.

Conosco bene infatti quali siano le cure che impone il tramestio della vita presente, a cui sono asservite le persone unite in matrimonio.

Queste hanno certamente meno agio di pensare alle cose di Dio, meno, cioè, di quanto occorrerebbe per conseguire quella gloria speciale che non sarà di tutti coloro che arrivano alla vita e alla salvezza eterna.

Come - infatti - una stella differisce dall'altra in splendore, così sarà nella resurrezione dei morti. ( 1 Cor 15,41-42 )

Per cui è bene che l'uomo rimanga così. ( 1 Cor 7,26 )

15.15 - La verginità, ideale consigliato, non imposto

Un po' più avanti l'Apostolo soggiunge: Se sei sposato, non cercare di sciogliere il tuo matrimonio; se invece non lo sei, non ti sposare. ( 1 Cor 7,27 )

Di questi due suggerimenti, il primo è un precetto, e non lo si può trasgredire.

Non è infatti ammesso rimandare la propria moglie, se non per motivo di fornicazione, come dice il Signore nel Vangelo. ( Mt 19,9 )

L'altro, cioè di non sposarsi qualora si sia ancora celibi, è un consiglio, un parere, non una prescrizione.

Ci si potrebbe, quindi, sposare, ma è meglio non farlo.

Seguita infatti: Se ti sposi, non fai peccato; e se una ragazza si marita, non pecca. ( 1 Cor 7,28 )

Alla prima frase, cioè dove diceva: Se sei sposato, non far divorzio, non aggiunge: Se lo fai, non è peccato.

Aveva infatti detto poco prima: A coloro che sono uniti in matrimonio comando, non io, ma il Signore, che la moglie non si separi dal marito, e, se si separa, ha da restare senza nuove nozze, anzi, ha da riconciliarsi col suo sposo.

Può infatti capitare che una donna si debba separare non per colpa sua ma per causa del marito.

E poi prosegue: L'uomo non ripudi la moglie. ( 1 Cor 7, 10-11. 18-24.27-28 )

È, anche questo, un comando del Signore, per cui Paolo non aggiunge: Se la ripudia non pecca.

Trattandosi infatti d'un precetto divino, non eseguirlo è peccato.

Non è un consiglio, rifiutando il quale consegui un bene minore ma non fai peccato.

Vengono poi le parole: Se sei senza moglie, non sposarti.

Siccome non sono un precetto con cui si imponga di fuggire un male, ma un consiglio in vista d'un bene maggiore, soggiunge subito: Ma se ti sposi, non fai peccato, e non fa peccato una ragazza quando vada a marito.

16.16 - La " tribolazione della carne "

Aggiunge Paolo: Costoro però avranno le tribolazioni della carne, mentre io voglio esservi indulgente.

Esorta in questa maniera alla pratica della verginità e della perpetua continenza, e quasi quasi parrebbe distogliere dallo sposarsi.

Il suo dire però è misurato, come si conviene in una cosa non cattiva o illecita ma soltanto onerosa e molesta.

Infatti, una cosa è abbandonarsi alla sregolatezza carnale, e un'altra subire le molestie della carne.

Nel primo caso si commette colpa, nel secondo è solo questione di fastidio da tollerare: di quei fastidi che, normalmente, l'uomo non rifugge nell'adempimento del proprio dovere anche il più onesto.

Comunque, all'età nostra, quando la propagazione della specie non riveste più la funzione di servizio al Cristo venturo nella carne, sobbarcarsi al peso di questa tribolazione carnale che l'Apostolo predice ai coniugati è proprio da insipienti: a meno che non si tratti di persone talmente incapaci di continenza che, sotto la furia delle tentazioni diaboliche, cadano in peccato e incorrano nella dannazione.

Che se poi dice, l'Apostolo, di voler essere indulgente verso coloro cui predice tale tribolazione, non mi viene, per il momento, spiegazione migliore di questa: che, cioè, egli non vuol manifestare né descrivere in termini chiari quale sia in realtà la tribolazione della carne che predice a chi sceglie la vita nel matrimonio.

Sono i sospetti e le gelosie fra coniugi, la procreazione e il mantenimento dei figli, i timori e le lacrime della vedovanza.

C'è infatti persona sposata che non sia soggetta e, talora, sconvolta da simili angustie?

Senza però che abbiamo ad esagerarle; poiché non conviene che noi siamo intolleranti là dove l'Apostolo ritenne opportuno usare indulgenza.

Condannano il matrimonio e negano l'autorità della Bibbia

17.17 Queste brevi annotazioni mi sono sentito obbligato a stilare per mettere in guardia il lettore da certi soggetti che deprezzano il matrimonio.

Essi ritengono che l'espressione: I coniugati avranno la tribolazione nella carne, ma io vi uso indulgenza ( 1 Cor 7,28 ) sia, indirettamente, una condanna delle nozze: quasi che appunto l'idea di condanna, sebbene non detta espressamente, sia contenuta nelle parole: Ma io vi uso indulgenza.

In questo caso però, per essere indulgente con gli altri, egli sarebbe crudele con se stesso, per via della menzogna che avrebbe commesso quando insegnava: Se uno prende moglie non pecca, come anche non pecca una ragazza quando si marita. ( 1 Cor 7,28 )

Coloro che in materia di sacra Scrittura hanno simili idee o ne pretendono dagli altri, è come se si preparassero una via ben riparata e difesa per mentire liberamente o per sostenere le loro opinioni sballate e contrastanti con la sana dottrina.

Viene loro presentato un argomento biblico con cui si confuta all'evidenza il loro errore?

Per difendersi dalla verità, offrendosi magari nudi alle trafitture del diavolo, subito ricorrono, come a scudo, al pretesto che l'autore del libro in tal caso non ha detto la verità: una volta per risparmiare la gente debole, un'altra perché voleva spaventare gli arroganti, o per qualsiasi altro motivo che loro salti in testa.

Basta solo che la loro sentenza erronea possa essere sostenuta.

In tal modo, pur di difendere le proprie idee anziché rettificarle, s'accaniscono contro le sacre Scritture per sminuirne l'autorità: quell'autorità che, sola, è in grado di schiacciare le teste più superbe e più dure.

18.18 - L'onestà delle nozze fa risaltare il merito della verginità

Esorta quanti fra gli uomini e le donne si votano alla continenza perpetua e alla verginità consacrata a preferire il loro stato come più eccellente delle nozze, ma, nello stesso tempo, a non pensare che le nozze siano un male.

Ricordino la massima, non falsa ma assolutamente vera, dell'Apostolo: Chi dà a marito una giovane, fa bene; chi non la dà, fa meglio … ( 1 Cor 7,38 )

E tu, se ti sposi, non pecchi; come anche non pecca una ragazza se si marita. ( 1 Cor 7,28 )

A cui poco dopo aggiunge: Tuttavia, secondo il mio consiglio, sarà più felice se vorrà rimanere così. ( 1 Cor 7,40 )

Anzi, per mostrare che non si tratta d'un parere esclusivamente umano, seguita a dire: A quanto mi è dato giudicare, penso d'avere anch'io lo Spirito di Dio.

Questa è la dottrina del Signore, la dottrina apostolica, la dottrina vera, la dottrina sana: scegliere i doni maggiori senza condannare i minori.

È un valore più grande la verità di Dio contenuta nella Scrittura di Dio, che non la verginità dell'uomo, di qualsiasi uomo, la possegga egli nella mente o nella carne.

Si ami pure ciò che è casto, ma non si rinneghi, per questo, la verità.

Se uno, infatti, ritiene che la lingua d'un apostolo non sia rimasta vergine da menzogna proprio mentre raccomanda la verginità del corpo, quale sarà il male che non oserà pensare anche circa la propria carne?

Coloro, pertanto, che scelgono il bene della verginità debbono in primo luogo e al di sopra di tutto essere convinti in maniera assoluta che le sacre Scritture non contengono menzogne.

Ne seguirà che saranno vere anche le parole: Se ti ammogli, non pecchi; e se si sposa una giovane, non pecca. ( 1 Cor 7,28 )

Non debbono pensare che il pregio, innegabilmente grande, della verginità venga sminuito se il matrimonio non è un peccato.

Tutt'altro! Se infatti una persona rimane vergine, non per il timore della pena in cui sarebbe incorsa sposandosi ma per il desiderio di una corona più onorifica che spera conseguire ricusando le nozze, questo le sarà senza dubbio motivo per attendersi fiduciosamente una palma di gloria maggiore.

Quanti pertanto decidono di non contrarre matrimonio, non fuggano le nozze come una sentina di peccati, ma trasvolino il colle d'un bene minore per andare a riposarsi sul monte della continenza, che è un bene maggiore.

Chi risiede su quel primo colle ha una legge che non gli permette d'allontanarsene quando vorrebbe: difatti la donna, finché vive suo marito, è legata. ( 1 Cor 7,39 )

Da lì si passa, è vero, come per un gradino, alla continenza vedovile; ma, quanto alla continenza verginale, il matrimonio bisogna o scansarlo non accettando le richieste degli uomini, ovvero scavalcarlo mediante una scelta che prevenga tutte le altre provenienti da uomini.

19.19 - Confronto fra due errori diametralmente opposti

Non si pensi che i due stati di vita, buono l'uno, migliore l'altro, siano premiati con eguali ricompense.

A evitare una tale conclusione, abbiamo polemizzato contro coloro che interpretano le parole dell'Apostolo: Ritengo che ciò sia un bene a motivo della necessità presente ( 1 Cor 7,26 ) nel senso che la verginità è vantaggiosa solo limitatamente alla vita presente, non in vista del Regno dei cieli.

Secondo costoro, la persona che ha fatto la scelta di questo bene superiore, nella vita eterna non otterrebbe niente di più rispetto agli altri.

Sviluppando la trattazione di questo tema eravamo poi giunti alle parole dell'Apostolo: Costoro avranno la tribolazione nella carne, ma io voglio usarvi indulgenza. ( 1 Cor 7,28 )

Ma qui abbiamo incontrato altri tipi ancor più reazionari.

Costoro non solo non riconoscono alle nozze la stessa dignità della continenza verginale, ma anzi le condannano assolutamente.

Sono, tutt'e due, errori gravi: porre le nozze sullo stesso livello della verginità consacrata, e condannare le nozze.

Questi due errori, muovendosi oltre misura in direzioni opposte e non volendo conservare il giusto mezzo della verità, si trovano in netto contrasto fra loro.

Noi, al contrario, e per validi argomenti d'ordine razionale e per l'autorità delle Scritture divine, siamo convinti che le nozze non sono affatto un peccato, ma non osiamo equipararle in dignità né alla continenza delle vergini e nemmeno a quella delle vedove.

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