Perchè un Dio uomo?

XX. La soddisfazione deve essere commisurata al peccato e l'uomo non può darla da sé

Anselmo - Non dubiterai neppure, credo, che la soddisfazione deve uguagliare la grandezza del peccato.

Bosone - In certo modo altrimenti il peccato lascerebbe qualche disordine; il che non può essere se Dio non sopporta alcun disordine nel suo regno.

Ed è chiaramente stabilito che in Dio è impossibile il benché minimo inconveniente.

Anselmo - Di' dunque: che darai a Dio per il tuo peccato?

Bosone - Penitenza, cuore contrito e umiliato, astinenze, molti e vari lavori corporali, la misericordia che dà e perdona e l'obbedienza.

Anselmo - Con tutto questo che dai a Dio?

Bosone - Non onoro forse Dio quando per timore e suo amore rigetto la gioia del secolo nella contrizione del cuore; quando calpesto la quiete e i piaceri di questa vita nelle astinenze e nei lavori; quando, dando e rimettendo, distribuisco ciò che è mio; quando mi sottometto a lui nella obbedienza?

Anselmo - Quando dai a Dio una cosa che gli dovresti anche se non avessi mai peccato, non la devi computare nel debito a cui sei tenuto per il peccato.

Ora tutte queste cose che enumeri le devi a Dio.

Infatti in questa vita mortale l'amore e il desiderio di pervenire a ciò per cui sei stato fatto e a questo si riferisce la preghiera - e il dolore di non essere ancora lì e il timore di non giungervi, devono essere così grandi, che tu non dovresti godere se non di quelle cose che ti danno aiuto e speranza di giungervi.

Non meriti di avere ciò che non ami e desideri per quello che è, e del quale non ti addolori perché ancora non l'hai e ancora ti trovi in grande pericolo di averlo o no.

A questo appartiene anche la fuga della pace e dei piaceri mondani, che allontanano l'anima da quella vera pace e gioia, ma solo in quanto ti pare sufficiente al desiderio di pervenirvi.

Devi poi considerare il donare come un qualcosa di dovuto, perché capisci che ciò che dai non l'hai da te ma da quello di cui sei servo sia tu che quello a cui dai.

E la natura t'insegna di fare al tuo compagno di servitù, cioè tu uomo a un altro uomo, ciò che vorresti ch'egli ti facesse ( cf Mt 7,12 ); e chi non vuole dare ciò che ha non deve ricevere ciò che non ha.

Del perdono parlerò brevemente, perché, come ho detto prima, la vendetta non ti appartiene dal momento che tu non sei tuo e colui che ti ingiuriò non è né tuo né suo, ma dal nulla siete stati fatti servi di uno stesso Signore; e se ti vendichi del tuo compagno di servitù ti arroghi un giudizio che è proprio del Signore e del Giudice di tutti.

Obbedendo, poi, che cosa dai a Dio di non dovuto, dal momento che tutto ciò che sei, che hai e che puoi lo devi a Colui che ti comanda?

Bosone - Non oso più dire che in tutto questo io do a Dio quello che non gli devo.

Anselmo - Che dai allora a Dio per il tuo peccato?

Bosone - Se, quando non pecco, gli devo già tutto me stesso e quanto posso perché altrimenti peccherei, non mi resta nulla da dargli per il peccato.

Anselmo - Che sarà dunque di te? Come potrai salvarti?

Bosone - Se considero i tuoi ragionamenti non ne vedo il modo.

Se invece ricorro alla mia fede, spero di poter essere salvato nella fede cristiana "operante per la carità", anche perché leggiamo: "Se il peccatore si allontanerà dal peccato e compirà ciò che è giusto" ( Ez 18,27 ) tutti i peccati saranno dimenticati ( cf Ez 18,22; Ez 33,16 ).

Anselmo - Ciò è detto a coloro che o aspettarono il Cristo prima della sua venuta o credono in lui dopo la sua venuta.

Ma non ci siamo proposti di fare come se non ci siano mai stati il Cristo e la fede cristiana, quando ci siamo prefissi di cercare con la sola ragione la necessità della sua venuta per la salvezza degli uomini?

Bosone - Così facemmo.

Anselmo - Proseguiamo dunque con la sola ragione.

Bosone - Sebbene tu mi conduca per certe vie difficili, tuttavia desidero molto che prosegua come hai cominciato.

XXI. Qual'è la gravità del peccato?

Anselmo - Supponiamo che tu non sia debitore di tutte quelle cose che ora hai enumerato dicendo di poterle dare, e vediamo se sono sufficienti alla soddisfazione d'un peccato così piccolo come uno sguardo contrario alla volontà di Dio.

Bosone - Se non ti udissi porre in questione questo punto, penserei di cancellare questo peccato con un solo atto di compunzione.

Anselmo - Se non hai ancora riflettuto quanto sia grave il peccato.

Bosone - Mostramelo ora.

Anselmo - Supponiamo che tu ti veda alla presenza di Dio e qualcuno ti dica: "Guarda là" e Dio invece: "Non voglio assolutamente che tu guardi".

Cerca tu stesso nel tuo cuore quale cosa mai, tra tutto ciò che esiste, potrebbe obbligarti a gettare quello sguardo contrariamente alla volontà di Dio.

Bosone - Non trovo nulla che mi possa obbligare, a meno che non sia posto in una necessità che mi costringa a fare questo o a fare un peccato maggiore.

Anselmo - Scarta tale necessità e pensa solamente a questo peccato, e guarda se tu lo potresti fare per redimere te stesso.

Bosone - Vedo chiaramente che non lo potrei.

Anselmo - E per non intrattenerti più a lungo, che cosa faresti se fosse necessario che o tutto il mondo e tutto ciò che non è Dio perisse e venisse annichilito, oppure tu facessi questo piccolo atto contrario alla volontà di Dio?

Bosone - Quando considero l'azione, vedo che è una cosa leggerissima; ma quando rifletto cosa sia agire contro la volontà di Dio capisco che è una cosa gravissima e non paragonabile a danno alcuno.

Succede però che agiamo contrariamente alla volontà di qualcuno, ma in una maniera non reprensibile, per salvaguardare i suoi beni e che perciò gli sia in seguito gradito quello che compiamo contro il suo volere.

Anselmo - Questo avviene all'uomo che talvolta non capisce quello che gli è utile o che non può recuperare quello che perde; ma Dio non ha bisogno di nulla e se anche ogni cosa perisse potrebbe rifarla come già la fece.

Bosone - Sono costretto a riconoscere che non dovrei fare nulla contro la volontà di Dio, sia pure per conservare tutto il creato.

Anselmo - E che faresti se ci fossero più mondi, pieni di creature come questo nostro?

Bosone - Anche se si moltiplicassero all’infinito e mi fossero presentati con la medesima condizione, risponderei la stessa cosa.

Anselmo - Non potresti fare nulla di più retto.

Pensa ancora se ti avvenisse di compiere quello sguardo contrario alla volontà di Dio, che cosa potresti dare per questo peccato?

Bosone - Non ho nulla di più importante di quello che ho enumerato prima.

Anselmo - E pecchiamo così gravemente ogni qualvolta scientemente compiamo un'azione, benché piccola, contro la volontà di Dio, perché sempre siamo alla sua presenza e sempre ci comanda di non peccare.

Bosone - A udirti, la nostra vita ci appare estremamente pericolosa.

Anselmo - É chiaro che Dio esige la soddisfazione secondo la gravità del peccato.

Bosone - Non lo posso negare.

Anselmo - Dunque tu non soddisfi finché non dai una cosa più grande di quella per cui non avresti dovuto commettere il peccato.

Bosone - Vedo che la ragione lo esige e che è del tutto impossibile.

Anselmo - Ora Dio non può elevare alla beatitudine alcuno che sia obbligato in qualche modo al debito del peccato, anzi non lo deve.

Bosone - Questo pensiero è troppo severo.

XXII. L'uomo offese gravemente Dio quando si lasciò vincere dal diavolo e ora non può soddisfare

Anselmo - Ascolta un altro motivo per cui la riconciliazione dell'uomo con Dio è difficile.

Bosone - Se la fede non mi consolasse ciò mi spingerebbe alla disperazione.

Anselmo - Comunque ascoltami.

Bosone - Parla.

Anselmo - L'uomo creato senza peccato nel paradiso è stato come posto davanti a Dio, fra Dio e il diavolo, affinché vincesse il diavolo non acconsentendogli quando gli suggeriva il peccato, per la giustificazione e l'onore di Dio e la confusione del diavolo derivante dal fatto che lui più debole non peccava in terra nonostante le lusinghe del diavolo che, più forte, aveva peccato senza alcun consiglio in cielo.

Mentre poteva facilmente raggiungere questo scopo si lasciò vincere spontaneamente, col solo consiglio e senza violenza, in conformità alla volontà del diavolo e contro la volontà e l'onore di Dio.

Bosone - Dove vuoi arrivare?

Anselmo - Giudica tu stesso se non sia contro l'onore di Dio che l'uomo si riconcili con Dio in questo stato di impostura per l'oltraggio arrecato a Dio; a meno che prima non abbia onorato Dio vincendo il diavolo, come prima l'aveva disonorato lasciandosi vincere dal diavolo.

La vittoria però deve essere tale che come, da forte e nell'immortalità potenziale, acconsentì facilmente al diavolo per peccare, così, debole e mortale quale lui stesso si fece, vinca attraverso le difficoltà della morte il diavolo per non più peccare.

Ma questo non lo può fare finché, per la ferita del primo peccato, è concepito e nasce nel peccato ( cf Sal 51,7 ).

Bosone - Ripeto che ciò che dici è approvato dalla ragione, ma è impossibile.

XXIII. Quando l'uomo peccò, che cosa rubò a Dio che ora non può restituirgli?

Anselmo - Considera ancora una cosa senza la quale l'uomo non è riconciliato giustamente e che non è meno impossibile.

Bosone - Ci hai già proposto di fare tante cose, per cui tutto quello che aggiungerai non farà altro che spaventarmi.

Anselmo - Ascoltami lo stesso.

Bosone - Ascolto.

Anselmo - L'uomo che cosa rubò a Dio quando si lasciò vincere dal diavolo?

Bosone - Rispondi tu, come hai già cominciato, perché non so che cosa abbia potuto aggiungere a tutti i mali che hai mostrato.

Anselmo - Non rubò a Dio tutto ciò che si era proposto di fare con la creatura umana?

Bosone - Non lo si può negare.

Anselmo - Pensa alla stretta giustizia e giudica secondo questa e di' se l'uomo soddisfi Dio secondo l'uguaglianza del peccato se non restituisce, vincendo il diavolo, ciò che rubò a Dio lasciandosi vincere dal diavolo.

Per cui come, quando l'uomo fu vinto, il diavolo rubò ciò ch'era di Dio e Dio lo perdette; così, quando l'uomo vince, il diavolo perde e Dio ricupera.

Bosone - Non si potrebbe pensare nulla di più giusto e rigoroso.

Anselmo - Pensi che la somma giustizia possa violare questa giustizia?

Bosone - Non oso pensarlo.

Anselmo - In nessun modo quindi l'uomo deve o può ricevere da Dio ciò che egli progettò di dargli se prima non restituisce a Dio tutto ciò che gli rubò, così che Dio ricuperi per opera dell'uomo ciò che per opera dell'uomo aveva perduto.

E questo non può avvenire che in una maniera: come tutta la natura umana per la sconfitta dell'uomo venne corrotta e posta in fermento dal peccato - e per completare quella città celeste Dio non prende nessuno che sia macchiato dal peccato - così per la vittoria dell'uomo devono venir giustificati dal peccato tanti uomini quanti sarebbero stati compresi in quel numero al cui completamento l'uomo fu creato.

Ma questo l'uomo peccatore non lo può assolutamente compiere, perché il peccatore non può giustificare il peccatore.

Bosone - Non c'è nulla di più giusto e di più impossibile.

Ma sembra che tutto questo escluda la misericordia di Dio e la speranza dell'uomo, riguardante la beatitudine per la quale è fatto.

XXIV. Fino a quando l'uomo non restituisce a Dio ciò che gli deve, non può essere beato e la sua incapacità non gli è di scusa

Anselmo - Aspetta ancora un po’.

Bosone - Che cosa hai ancora da aggiungere?

Anselmo - Se è ingiusto l'uomo che non restituisce all'uomo ciò che gli deve, a maggiore ragione è ingiusto colui che non restituisce a Dio ciò che gli deve.

Bosone - É veramente ingiusto se, potendolo, non restituisce. Se invece non può perché è ingiusto?

Anselmo - Forse può essere in qualche modo scusato se l'impotenza non è assolutamente causata da lui.

Ma se l'impotenza invece è colpevole, come non diminuisce il peccato così non scusa colui che non restituisce il debito.

Infatti supponiamo che qualcuno comandi al suo servo un certo lavoro e gli ingiunga di non gettarsi nella fossa che gli mostra e dalla quale non può uscire.

Se il servo, infischiandosi del comando e dell'avviso del padrone, si getta spontaneamente nella fossa che gli è stata indicata e conseguentemente non può compiere il lavoro comandato, pensi che questa impossibilità lo possa scusare dal non compiere il lavoro comandato?

Bosone - Niente affatto, anzi aumenta la colpa, perché lui stesso si è messo in quella impossibilità.

E fa un doppio peccato sia perché non compie ciò che gli è stato comandato sia perché fa ciò che gli è stato ordinato di non fare.

Anselmo - Così è inescusabile l'uomo che liberamente si obbligò al debito che non può pagare e colpevolmente si pose in questa impossibilità per cui non può dare né quello che doveva prima del peccato, cioè non peccare, né quello che deve perché peccò.

La stessa impotenza è colpa perché non ha il dovere di averla, anzi dovrebbe non averla.

Come è colpa non avere ciò che si deve avere, così è colpa avere ciò che si deve non avere.

Quindi come è colpa per l'uomo non avere la capacità ricevuta di poter evitare il peccato, così è colpa per lui avere l'incapacità per la quale non può né conservare la giustizia ed evitare il peccato né restituire quello che deve per il peccato.

Infatti spontaneamente compì l'azione per la quale perdette quel potere e cadde in questa impossibilità.

Non avere il potere che si deve avere è la stessa cosa che avere l'impossibilità che si deve non avere.

Per cui l'incapacità di dare a Dio ciò che gli si deve, l'incapacità di restituire, non scusa l'uomo dalla restituzione.

L'effetto del peccato non scusa il peccato che ne deriva.

Bosone - É una cosa molto grave ed è necessario che sia così.

Anselmo - Quindi l'uomo che non dà a Dio ciò che gli deve è ingiusto.

Bosone - È verissimo. Infatti è ingiusto e perché non dà e perché non può dare.

Anselmo - Ora nessun ingiusto verrà ammesso alla beatitudine poiché, come la beatitudine è la pienezza senza alcuna indigenza, così essa conviene solamente a colui nel quale c'è la pura giustizia senza alcuna ingiustizia.

Bosone - Non oso credere un'altra cosa.

Anselmo - Chi dunque non paga a Dio ciò che gli deve non può essere beato.

Bosone - Non posso negare che anche questa è una conseguenza logica.

Anselmo - Che se vuoi dire che Dio misericordioso rimette il debito a chi lo supplica per il fatto che non ha di che pagarlo, bisogna intenderlo così.

Si può parlare di remissione solo o in quanto Dio rimette ciò che l'uomo dovrebbe spontaneamente dare ma non può, e cioè una cosa tale da compensare il peccato, il quale non dovrebbe essere commesso neppure per la conservazione di qualsiasi cosa che non sia Dio; oppure in quanto egli omette di punire l'uomo togliendogli contro sua voglia la beatitudine, come ho già detto.

Ma se Dio rimette ciò che l'uomo spontaneamente deve dare per la ragione che non lo può dare, tanto vale dire che Dio rimette ciò che non può ottenere.

Ma è un oltraggio attribuire a Dio questa misericordia.

Ma se Dio rimette ciò che doveva togliere al peccatore contro sua voglia perché questo è nella impossibilità di dare spontaneamente ciò che deve dare, Dio riduce la pena e rende l'uomo beato proprio per il peccato, in quanto questo ha ciò che deve non avere.

Infatti deve non avere l'impossibilità e quindi, finché l'ha e non soddisfa, è nel peccato.

E certamente questa misericordia di Dio è troppo contraria alla sua giustizia, la quale permette di dare per il peccato soltanto il castigo.

Quindi come è impossibile che Dio si contraddica, così è impossibile che sia misericordioso in questa maniera.

Bosone - Vedo che occorre cercare un'altra specie di misericordia divina.

Anselmo - Supponiamo vero che Dio rimetta a colui che non dà ciò che deve proprio perché non può.

Bosone - Lo vorrei proprio.

Anselmo - Ma finché non darà, o vorrà dare o non vorrà.

Se vuole ciò che non può, sarà bisognoso; se poi non vuole, sarà ingiusto.

Bosone - Nulla di più chiaro.

Anselmo - Sia egli bisognoso o ingiusto, in entrambi i casi non sarà beato.

Bosone - Anche questo è chiaro.

Anselmo - Quindi finché non darà, non potrà essere beato.

Bosone - Se Dio segue il dettame della giustizia, non rimane certo più alcuna via di salvezza per il povero omiciattolo, e la misericordia di Dio sembra sparire.

Anselmo - Hai domandato la ragione, eccotela.

Non nego che Dio sia misericordioso, che salvi gli uomini e i giumenti, come moltiplicò la sua misericordia ( cf Sal 36,7-8 ).

Ma parliamo di quell'ultima misericordia che dopo questa vita renderà l'uomo beato.

Che questa misericordia debba darsi soltanto a colui cui sono stati rimessi i peccati completamente, e che la remissione dei peccati non possa avvenire senza che sia stato pagato il debito che si deve per il peccato secondo la gravità del peccato stesso, penso d'averlo dimostrato sufficientemente con le ragioni esposte sopra.

Che se ti sembra di poter obiettare qualcosa contro queste ragioni, lo devi dire.

Bosone - Non vedo come anche una tua ragione possa essere in qualche modo dimostrata debole.

Anselmo - Anch'io lo penso, considerandole bene.

Tuttavia anche se una sola di tutte quelle che ho esposto venisse consolidata dalla inespugnabile verità questa dovrebbe essere sufficiente.

Infatti la verità mostrata con uno o più argomenti invincibili è ugualmente protetta da ogni dubbio.

Bosone - É così.

XXV. È necessario che l'uomo sia salvato dal Cristo

Bosone - Come dunque l'uomo sarà salvato se non può saldare il suo debito e se non deve essere salvato qualora non lo saldi?

O con quale coraggio oseremo dire che Dio, e ricco in misericordia ( Ef 2,4 ) più di quanto l'intelletto umano possa capire, non possa esercitare questa misericordia?

Anselmo - Questo ora lo devi chiedere a quelli in vece dei quali tu parli, che pensano che Cristo non sia necessario alla salvezza dell'uomo.

Come potrebbe l'uomo essere salvato senza Cristo?

Che se non lo possono in alcun modo dire, cessino dal deriderci e si avvicinino e si uniscano a noi che non dubitiamo che l'uomo può essere salvato per il Cristo, oppure disperino di ogni possibilità di salvezza.

Che se ciò li atterrisce, credano con noi nel Cristo per poter essere salvati.

Bosone - Ti domanderò, come ho fatto all'inizio, di mostrarmi per qual ragione l'uomo è salvato per opera del Cristo.

Anselmo - Non è sufficientemente provato che l'uomo può essere salvato per il Cristo, quando anche gli infedeli accettano che l'uomo può in qualche modo essere beato e se, come già è dimostrato, affermiamo che senza il Cristo non può essere assolutamente trovata la salvezza dell'uomo?

L'uomo potrà essere salvato o per opera del Cristo o per opera di qualche altro o in nessun altro modo.

Quindi se è falso che possa essere salvato per opera di qualche altro o in nessun altro modo, è necessario che ciò avvenga per opera del Cristo.

Bosone - Se uno vede sì il motivo che impedisce la salvezza in qualche altro modo, e non vede sufficientemente il motivo che prova come essa possa venire realizzata dal Cristo, e perciò afferma che ciò non può avvenire né per opera del Cristo né di qualche altro, che cosa gli risponderemo?

Anselmo - Che cosa si deve rispondere a colui che dichiara impossibile una cosa che deve necessariamente esistere, perché non sa come esista?

Bosone - Che è un insensato.

Anselmo - Quindi non bisogna badare a quanto dice.

Bosone - É vero. Ma occorre dimostrargli proprio per qual motivo esista ciò che egli stima impossibile.

Anselmo - Non comprendi da quello che prima abbiamo detto, che è necessario che alcuni uomini raggiungano la beatitudine?

Infatti se non è conveniente per Dio condurre l'uomo macchiato a quella beatitudine per la quale è stato creato senza macchia, perché altrimenti sembrerebbe pentito del bene cominciato o nella impossibilità di compiere quanto s'era proposto; a maggior ragione per la stessa inconvenienza è impossibile che nessun uomo venga condotto alla beatitudine per la quale è stato creato.

Quindi o fuori della fede cattolica si deve trovare una soddisfazione del peccato, della quale abbiamo esposto prima la natura e di cui nessun ragionamento prova l'esistenza; o si deve credere senza alcun dubbio che si trova in essa.

Poiché ciò che è dimostrato veramente esistente da argomentazioni necessarie non deve essere messo in dubbio anche se l'intelligenza non comprende come esso esista.

Bosone - Ciò che dici è vero.

Anselmo - Quindi che cosa cerchi ancora?

Bosone - Non sono venuto affinché tu mi dissipi i dubbi della fede, ma mi mostri le ragioni della mia certezza.

Quindi, come mi hai condotto per le vie della ragione a vedere che l'uomo peccatore deve a Dio per il peccato ciò che non può dare e che finché non l'avrà dato non potrà essere salvato, così voglio che mi conduca a capire per quale razionale necessità debba compiersi tutto ciò che la fede cattolica ci comanda di credere del Cristo se vogliamo essere salvati; come tutto ciò contribuisca alla salvezza dell'uomo; come Dio salvi l'uomo per misericordia pur non rimettendogli il peccato senza che questi abbia soddisfatto al debito derivato dal peccato.

E affinché le tue argomentazioni siano più certe comincia pure da lontano e costruiscile sopra un solido fondamento.

Anselmo - Dio mi aiuti, poiché tu non mi risparmi e non consideri la pochezza della mia scienza a cui comandi un'opera così grande.

Tuttavia tenterò, dal momento che ho cominciato, confidando non in me ma in Dio e farò con il suo aiuto quel che potrò.

Ma per non annoiare con uno svolgimento troppo lungo colui che vorrà leggere queste cose, inseriamo un nuovo esordio che separi quanto fu detto da quello che diremo.

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