De praescriptione haereticorum

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XXX - Ogni eresia è posteriore alla verità

Dove era allora Marcione, nocchiero del Ponto e seguace così ardente della filosofia Stoica? dove era Valentino, difensore della dottrina Platonica?

Poiché è noto che essi non risalgono molto addietro nel tempo: circa nell'età di Antonino ( 138-161 ) essi vissero, e sappiamo che prima tributarono fede alla dottrina cattolica presso la Chiesa di Roma, sotto l'episcopato del Beato Eleuterio,11 fino a che, per quel loro inquieto ardore di ricerca, col quale guastavano anche la purità e l'integrità della credenza dei fratelli loro, furono, prima una volta, ed ancora poi una seconda, cacciati, allontanati dal seno della Chiesa, e Marcione con quei ducento mila sesterzi che aveva portato alla Chiesa.

Furono costoro infine relegati come in un perpetuo esilio: la Chiesa li volle lontani da sé, ed essi, ecco che sparsero il veleno delle loro dottrine.

Ma dopo, Marcione, avendo riconosciuto il proprio errore, accettò la condizione che gli veniva fatta di poter riacquistare la pace dello spirito rientrando nella Chiesa; e tale condizione consisteva nel riportare alla vera fede cattolica coloro che egli aveva allontanato colla falsità delle sue dottrine; ma la morte lo colse prima che potesse far ciò.

Le eresie erano pur necessarie ( 2 Cor 11,19 ), ma se bisognava che esistessero, non si può da ciò trarre la conseguenza che esse siano un bene: anche il male è necessario che esista; bisognava anche che il Signore fosse tradito …, ma guai a chi lo tradiva ( Mc 14,20-21 )!

E questo sia detto, perché non vi sia alcuno che, partendo da questo punto, non cominci a difendere e a sostenere dottrine ereticali.

Ma sarà pur opportuno ritornare un po' sull'origine della dottrina di Apelle.

Egli non risale tanto nel tempo come Marcione, che si può dire fosse quegli che lo informò, lo istruì nelle sue dottrine.

Apelle ebbe dunque a perdersi a causa di una donna; abbandonando perciò quello spirito di castità e di continenza che Marcione gli aveva insegnato, egli si ritirò ad Alessandria, restando così lontano dagli occhi del maestro suo, integerrimo.

Di là, ritornò dopo alcuni anni e non migliorato, se non in quanto non era più seguace dì Marcione.

Ebbene, costui s'imbatté in un'altra donna, la vergine Filomene, famosa, che abbiamo ricordato anche di sopra, e che divenne dopo donna di pessimi costumi; e, tutto preso dall'azione, dall'influenza terribile di costei, scrisse le Rivelazioni e manifestò quanto da lei avesse imparato.

Nel mondo esistono ancora alcuni che li ricordano; scolari loro veri e propri, successori potremmo dire, onde non possono affermare dì non aver avuto una continuazione: sebbene, come afferma il Signore, saranno l'opere stesse loro che li condanneranno ( Mt 7,16-17 ).

Se infatti Marcione ha separato dal Vecchio il Nuovo Testamento, egli appartiene naturalmente ad un'età posteriore a ciò su cui esercitò il suo criterio di divisione, perché non poteva evidentemente compiere tale suo atto, se non su quello che prima era organico nella sua unità; e quindi, se in quella materia, prima che si procedesse alla separazione, esisteva una organicità, basta pensare che sia stata poi divisa, perché dobbiamo considerare posteriore ad essa colui che a tale divisione operò.

Ed è lo stesso certamente di Valentino, il quale, dando un'interpretazione diversa delle Sacre Scritture e, procedendo colla massima franchezza, risolutamente, alle correzioni, ed emendando proprio con la scusa che quanto scritto prima era errato, viene implicitamente a dimostrare che le Sacre Scritture sono da far risalire ad altri.

Noi ricordiamo Marcione e Valentino come fra i nomi più famosi e più comuni di coloro che hanno falsato la verità ( 2 Pt 1,1 ); ma io so che esiste anche un certo Nigidio ed un Ermogene e molti altri ancora che vanno alterando, corrompendola, la parola del Signore e deviando dalla via che il Signore stesso ha tracciato.

Costoro dovrebbero avere il coraggio di dirmi da chi hanno attinto l'autorità di potersi mettere in luce: predicano essi forse un Dio diverso dal nostro?

Ebbene, in tal caso, com'è che costoro abusano degli attributi delle Scritture, dei nomi di quel Dio, contro il quale precisamente appuntano le loro armi?

E se è il medesimo [ Iddio ] invece, come si spiega che essi possano predicare diversamente da noi?

A loro non resterebbe dunque da dimostrare altro, se non che gli apostoli nuovi sono essi; ma l'abbiano il coraggio d'affermare che Cristo è una seconda volta disceso sulla terra, che una seconda volta ha insegnato una dottrina, che è stato crocifisso da capo e che è morto e resuscitato di nuovo.

Ma cogli Apostoli [ veri ] il Signore opera così: concede cioè ad essi il potere di suscitare quegli atti straordinari e miracolosi che Lui compie ( Mc 16,17-18 ): io voglio allora che vengano alla luce queste facoltà [ se le hanno gli apostoli nuovi ]!

Ma io, in costoro, sono pronto a riconoscere una sola facoltà notevolissima, ed è quella di sapere imitare gli Apostoli, avendo però dì mira il male, non il bene degli uomini: questi sono capaci di restituire in vita chi è morto, mentre quelli stringono nei lacci della morte chi ancora potrebbe godere della vita ( At 3,1s ).

XXXI - La parabola evangelica della buona sementa

M'accorgo però d'essere uscito dal mio assunto.

Ritorniamo dunque a discutere sulla questione fondamentale, come la verità sia quella che abbia diritto d'essere riconosciuta per prima e come a questa poi si sia mescolata la menzogna.

Noi, per la nostra dimostrazione, possiamo servirci dell'aiuto di quella famosa parabola ( Mt 13,24-30 ) la quale narra che il Signore, in principio, sparse il buon seme di frumento, ma che il diavolo poi, nella sua mala potenza, ci mescolò la zizzania, erba sterile e dannosa.

Propriamente questa narrazione sta a rappresentare la differenza delle dottrine, dal momento che anche in altri luoghi la sementa buona è l'immagine usata ad esprimere e a significare la parola del Signore ( Mc 4,3-4; Lc 6,1 ).

Così diviene ormai cosa chiara ed aperta che, riguardo all'ordine del tempo, ciò che ci è stato anteriormente tramandato, è derivato dal Signore, e contiene il principio della verità; ma che invece riveste i caratteri della falsità e dell'errore ciò che s'è mescolato e confuso dopo alla purità della prima tradizione.

Questo principio rimarrà come fondamento dal quale noi potremo avanzare contro tutte le eresie posteriori anche, nelle quali non è possibile riscontrare alcun elemento di sicurezza e di fermezza, che dal loro seno si innalzi a difendere, per esse, un principio e una luce di verità.

XXXII - Le Chiese Apostoliche e il loro insegnamento

Ma poi, se vi siano eresie, le quali abbiano l'ardire di sostenere che esse sono strettamente congiunte alla purezza e all'integrità dell'Epoca Apostolica, così da voler quasi dimostrare che derivano in certo modo dagli Apostoli direttamente, perché all'età loro fiorirono, noi possiamo risponder così: ci dimostrino chiaramente le origini, dunque, delle Chiese loro; ce lo dichiarino in quale ordine si siano susseguiti i vescovi loro, cominciando dall'inizio e venendo giù ordinatamente nel tempo, in modo che quel primo vescovo possa a sua volta riconoscere come predecessore e sostenitore qualcuno degli Apostoli o di quei primi uomini apostolici che cogli Apostoli ebbero assoluta comunione di vita e di fede.

È proprio seguendo questo sistema che le Chiese Apostoliche spiegano e dichiarano la loro vita, la loro gloria.

Ecco che la Chiesa di Smirne afferma che fu Giovanni a porre a suo capo Policarpo, e la Chiesa di Roma riconosce che Clemente fu ordinato da Pietro.

E così continuando, tutte le altre Chiese fanno ricordo dei loro vescovi, che posti in tal grado direttamente dagli Apostoli, rappresentano la semente prima, apostolica, di quella che fu poi la fioritura.

Anche gli eretici possono forse portare qualcosa che stia a confronto colle nostre affermazioni?

Ci si provino! Che c'è di non lecito per loro, dal momento che han potuto e saputo pronunziare parole piene di menzogna?

Ma per quanto essi possano inventare, non riporteranno da ciò vantaggio alcuno: quando le dottrine loro verranno paragonate coll'integrità della dottrina apostolica, da quei loro caratteri di diversità e di contrarietà, risulterà chiaro che esse non possono derivare né direttamente dagli Apostoli né da un uomo apostolico.

Come gli Apostoli non è ammissibile affatto che abbiano insegnato cose che fra loro non avessero la più assoluta armonia, così non è possibile che uomini apostolici abbiano divulgato dottrine contrarie a quelle degli Apostoli, almeno che non si siano allontanati da costoro.

È proprio a un esame di questo genere che saranno chiamati anche da quelle Chiese le quali, pur non traendo il vanto della fondazione direttamente dagli Apostoli o da uomini apostolici, essendo esse di origine molto posteriore, si trovano d'accordo nella professione di una stessa fede; e così pure da quelle che ogni giorno stanno istituendosi, ma che per questa piena e completa unione di dottrina, sono ugualmente considerate apostoliche.

Così le eresie, chiamate in massa ad una prova dalle Chiese nostre, perché esse rendano chiaro e evidente il loro carattere di autenticità, adducano, su, via, le ragioni per le quali aspirano ad avere il nome di apostoliche!

Ma se non lo sono! Come dunque, allora, potranno sostenere e provare d'essere quello che non sono?

Ed è questa appunto la ragione per la quale le Chiese, che in qualche modo possono avere il nome di apostoliche, non vogliono accoglierle nel loro seno per alcuna relazione, o comunione con esse.

E s'intende: appunto perché, data la diversità della dottrina da loro sostenuta, esse non possono pretendere d'aspirare al nome di apostoliche.

XXXIII - Diversità di dottrine: purità della dottrina apostolica

Mi piace di aggiungere una specie di sguardo generale; di abbracciare cioè in complesso queste false dottrine, che fin dal tempo degli Apostoli esistettero, e che dagli Apostoli stessi furono considerate, esaminate, prese di mira e poi condannate.

In tal modo la facilità sarà maggiore, di batterle in breccia, quando si potrà dimostrare a loro riguardo che esistettero come tali fin da quei tempi o che hanno tratto i primi elementi di vita da altre dottrine eretiche, anche allora esistenti.

Nella prima lettera, che indirizza ai Corinti ( 1 Cor 15,12 ), Paolo ha parole dì biasimo per coloro che negavano, o almeno esprimevano dubbi sulla Risurrezione; ed era così proprio che la pensavano i Sadducei ( Mt 22,23; At 23,8 ): ebbene, Marcione, Apelle e Valentino si riattaccano appunto a questa dottrina, ed anche gli altri, che combattono il principio della Risurrezione dei corpi.

Sentiamolo, quando si rivolge ai Galati ( Gal 3,10-11; Gal 5,2 ).

Egli si scaglia contro coloro che affermavano e mettevano in pratica la circoncisione e la legge - tale era il principio eretico di Ebione -; e, rivolgendo consigli ed ammaestramenti a Timoteo ( 1 Tm 4,3 ), è sempre Paolo che rimprovera chi non ammette il matrimonio - e in ciò dobbiamo pur riconoscere i principi di Marcione e di Apelle, che fu suo seguace.

E attacca pure, egualmente, coloro che sostenevano che la Risurrezione fosse già avvenuta ( 2 Tm 2,18 ) - e si noti che affermano questo, per quanto li riguarda, anche i seguaci di Valentino.

E come non ricorrere sempre a Valentino, quando Paolo parla di genealogie infinitamente lunghe ( 1 Tm 1,4 )?

È proprio presso Valentino che si trova un Eone - io non saprei più dir precisamente quale, eppoi non ha neppure una denominazione chiara -, che genera dalla sua Grazia il Senso e la Verità, e questi a loro volta, ne generano altri due: il Verbo e la Vita, che danno luogo, dopo, ad altre due produzioni: l'uomo e la Chiesa; e da questo primo gruppo di otto Eoni ne scaturiscono fuori altri dieci, eppoi dodici, e tutti hanno stranissimi nomi, finché si arriva alla meravigliosa storiella dei trenta Eoni.

E Paolo stesso, quando ha parole di riprovazione per coloro che si dimostrano soggetti agli elementi ( Gal 4,3 ), intende chiaramente di riferirsi a quella credenza di Ermogene, che, concependo una massa di materia, che non ha avuto principio di creazione alcuna, paragona questa a Dio.

Dio è increato, e, intendendo [ Ermogene ] questa materia come una dea madre degli elementi singoli, può naturalmente riconoscere ad essa anche un principio di soggezione, in quanto è da lui paragonata ed uguagliata a Dio.

E nell'Apocalisse ( Ap 2,20 ), Giovanni comanda che vengano castigati coloro che si cibano di quelle carni che vengono consacrate agli idoli, e che commettono fornicazione: vi sono anche ora dei Nicolaiti:12 vi è chi segue l'eresia Gaiana, dunque.

In una sua lettera, Paolo, chiama Anticristi ( 1 Gv 4,2-3; 1 Gv 2,22 ) coloro i quali non riconoscono che Gesù abbia rivestito carne umana e che non credono che sia il Figliuolo di Dio.

Marcione ha sostenuto proprio il primo punto di questa falsa dottrina, ed Ebione è stato il difensore del secondo.

Era poi considerata sempre nel campo delle eresie la dottrina magica di Simone, la quale faceva gli angeli oggetto di culto, e nella persona dello stesso Simone, tale credenza ebbe condanna da Pietro ( At 13,20 ).

XXXIV - Si discute sempre sulle false dottrine esistenti ai tempi apostolici

Ecco quelle che, come io credo, furono al tempo degli Apostoli le dottrine false e bugiarde; e sono essi stessi infatti che ci illuminano su questo punto.

Ma pure, noi, non troviamo, in mezzo a tanta falsità e perversità di credenze, nessuna scuola che abbia sollevato discussione alcuna o mosso alcun dubbio sulla questione di Dio, Creatore dell' Universo.

Non ci fu mai alcuno che pensasse d'immaginare un altro Dio: se qualche dubbio s'affacciava, era più facile che involgesse la figura del Figlio, piuttosto che quella del Padre, finché Marcione portò fuori un'altra divinità, oltre Iddio Creatore, che possedeva solo l'attributo della bontà.

Apelle, ai contrario, fece Creatore, e Dio della Legge e d'Israele, un angelo, io non saprei dir quale, rivestito della gloria di una superiore divinità, e sostenne che costui avesse un'essenza ignea; e Valentino, poi, disseminò i suoi Eoni, e il difetto d'un solo Eone, lo riconobbe come origine del Dio Creatore.

A costoro solamente adunque e per primi sarebbe stata chiara ed aperta la conoscenza intorno alla divinità; ma evidentemente essi conseguirono un privilegio e una grazia più piena e completa dal diavolo, il quale volle gareggiare con Dio, così da compiere ciò che questi aveva recisamente negato ( Mt 10,24-25 ) e, precisamente, colle dottrine sue false e velenose, rendere i discepoli al di sopra del maestro.

Vadano dunque ricercando e si scelgano queste singole credenze eretiche il momento in cui possono essere apparse: non avrà per altro, tuttavia, alcuna importanza la determinazione di questo momento; non è infatti da parlare affatto dì elemento alcuno di verità in rapporto a esse: e non sarebbe possibile come quelle che neppure esistevano al tempo degli Apostoli.

Se fossero esistite avrebbero avuto ricordo anch'esse come quelle contro le quali si dovevano prender misure coercitive: quelle false dottrine, che pure al tempo degli Apostoli pullulavano, ebbero singolarmente la loro esplicita condanna.

Dunque noi dobbiamo per forza ammettere: o queste eresie ora esistenti sono le medesime di quelle dottrine che, appunto in forma più semplice e rudimentale esistevano già nei tempi degli Apostoli, mentre ora si sono, in certo modo, raffinate, e in tal caso hanno avuto fin d'allora in se stesse il principio della loro condanna; oppure dobbiamo riconoscere che queste d' ora siano diverse da quelle di una volta e nate quindi in un periodo posteriore: ma in quanto da quelle prime false dottrine abbiano tratto qualche elemento di loro credenza, dal momento che sono legate in certi loro principi, ne sorge come logica necessità che debbano anche aver comune con quelle la riprovazione e la condanna di ciò che affermano.

Dal momento dunque che da quanto s'è detto appare chiaro che l'eresie abbiano un carattere di posteriorità, posto anche che sfuggano così, in certo modo, alla condanna pronunziata contro quelle dottrine prima di esse esistite; per l'età in cui si svilupparono è giustificato il principio di prescrizione in quanto maggiormente appaiono nella loro luce di falsità e di perversità come quelle che più lontane dagli Apostoli, non sono poi da questi neppur ricordate.

Da tutto ciò risulta con maggior sicurezza che erano proprio queste eresie, quelle che veniva predetto che un giorno si sarebbero pur sviluppate ( 1 Tm 4,1 ).

XXXV - Le eresie non possono contenere germe alcuno di verità

Queste eresie tutte si trovano strette da noi e quasi chiamate apertamente in causa da queste nostre considerazioni e vengono confutate, siano esse posteriori all'età degli Apostoli, sia invece che abbiano sortito origine nel tempo loro.

Esse insomma sono diverse e si allontanano dalla loro dottrina: possano dagli Apostoli avere avuto parole dì biasimo e di condanna su certi punti particolari o possano essere state condannate in complesso, non importa: basta il fatto d'aver ricevuto già riprovazione e condanna.

Provino dunque, su, via, a rispondere e a lanciare contro la dottrina da noi sostenuta delle prescrizioni di simil genere.

Se diranno che la nostra dottrina non possiede in sé il principio della verità, dovranno pur provare che essa è eresia e confutarla con un procedimento uguale a quello col quale noi operiamo contro le dottrine ereticali e, nello stesso tempo, dovranno mostrare chiaramente dove sia da cercarsi la verità, dal momento che ormai risulta chiaro che essa, presso di loro, non esiste affatto.

La dottrina che noi seguiamo, non solo non può dire di avere un carattere di posteriorità, ma anzi, su tutte quante, può vantare la priorità assoluta.

Questa è appunto la prova della verità in essa contenuta: per la precedenza che essa possiede sulle altre discipline tutte.

È lei che non trova da parte degli Apostoli condanna alcuna, anzi la più strenua e valida difesa, incontra: e non è forse questa la prova migliore che essi la considerano e la sentono come propria?

Sono appunto gli Apostoli che condannano qualunque dottrina che capiscono lontana ed aliena da loro.

Ebbene: essi, non avendo per la dottrina nostra parola alcuna di riprovazione, dimostrano che la riconoscono quasi proprietà loro, ed è perciò che la difendono.

XXXVI - Le Chiese Apostoliche: esse detengono il tesoro della verace dottrina

Ma insomma! vorrai tu con maggior frutto magari andar facendo ricerca ed esaminando, con l'occhio fisso sempre però a quel che costituisca la tua salvezza?

Allora, guarda un po' … , passa in rivista, dico, le Chiese Apostoliche: è presso queste che ancora si possono vedere le cattedre, lì, al loro posto, dove gli Apostoli insegnarono; è là che si vanno rileggendo le lettere autentiche degli Apostoli; è là dove tu puoi ascoltare quasi la loro viva voce; è là dove tu puoi quasi rivedere davanti a te l'aspetto di ciascuno di loro.

Sei vicino all'Acaia: ecco che hai prossimo Corinto; se non ti troverai lontano dalla Macedonia, avrai Filippi; se puoi giungere fino in Asia, eccoti Efeso; se poi stai in Italia, hai Roma, donde anche a noi, che viviamo in Africa, giunge la parola della sua autorità.

O davvero privilegiata e felice questa Chiesa Romana, sulla quale gli Apostoli versarono, col loro sangue, il torrente della loro dottrina; dove Pietro soffre supplizi, che si potrebbero paragonare a quelli del Signore; dove Paolo, colla sua morte, uguale a quella di Giovanni Battista, acquista la palma del martirio; da dove Giovanni ebbe a sopportare la relegazione in un'isola, dopo che miracolosamente nulla ebbe a soffrire, sebbene fosse stato immerso in un bagno di olio bollente!

Osserviamo e consideriamo che cosa abbia prima imparato la Chiesa di Roma e quale dottrina poi abbia tramandato nel suo insegnamento: quale testimonianza essa arrechi, e con lei, le Chiese Africane.

Essa riconosce un Dio solo, che ha creato l'Universo; riconosce Gesù Cristo, nato dalla Vergine Maria e Figlio di Dio Creatore; crede alla Risurrezione dei corpi; essa unisce la Legge e i Profeti coi Libri Evangelici ed Apostolici ed è di lì che attinge la forza e la fermezza della sua fede.

Il primo segno di questa fede essa l'imprime colf acqua, lo ferma collo Spirito Santo; l'Eucaristia dà poi a questa fede nutrimento vitale.

Essa [ la Chiesa Romana ] chiama, invita al martirio e si guarda bene dall'accogliere nel suo seno chi potesse esser contrario alla dottrina sua e ai principi da lei sostenuti.

Questa è proprio quella dottrina, non dico già che solo preannunziasse le eresie che sarebbero sorte dopo, ma quella dalla quale queste stesse trassero loro origine.

Ma non si deve dire … via, che abbiano avuto origine le dottrine eretiche dal seno della Chiesa …, dal momento che esse sono divenute poi sue nemiche; e dal nocciolo dell'oliva, forse, che è frutto così dolce, così ricco e così necessario, non nasce anche il selvatico oleastro? e dai semi del fico, che è frutto così gradito e di tanta dolcezza, non nasce forse il caprifico, inutile e selvatico?

E lo stesso procedimento si ha nelle dottrine eretiche: è vero proprio che dal tronco nostro esse escono, ma non appartengono poi alla famiglia nostra.

Sta bene che esse siano pur sorte dal buon seme della verità, ma poi sono tosto divenute rozze e selvatiche, perché hanno seguito la falsità e la menzogna.

XXXVII - Le Scrittore Sacre non possono appartenere affatto agli eretici

Le cose stanno dunque così: che noi possediamo la verità; che essa deve a noi proprio venire aggiudicata; a noi, che avanziamo, ognuno, sicuri in questa nostra regola, che le Chiese riceverono dagli Apostoli, gli Apostoli a loro volta attinsero dalla voce di Cristo, Cristo, da Dio.

È chiaro ed evidente dunque che noi abbiamo pieno il diritto di non riconoscere agli eretici la facoltà di discussione e d'esame delle Scritture Sacre; sono proprio loro che noi possiamo benissimo convincere, senza appoggiarsi affatto all'aiuto dei Libri Sacri, che su di questi non possono vantare diritto alcuno.

Non si possono dir Cristiani costoro, dal momento che, non traendo da Cristo la loro dottrina, ne seguono una a loro scelta, onde s'acquistano appunto il nome di eretici.

Se dunque non sono Cristiani, è chiaro che sui Libri Sacri non possono vantare diritto alcuno, e noi potremmo rivolgerci a loro con queste parole e giustamente: Chi siete voi? quando e donde siete venuti? a che v'occupate e v'intromettete nelle cose nostre, voi, che non appartenete affatto a noi, che non siete dei nostri?

Marcione, si può sapere di dove attingi la facoltà di tagliar legna dalla mia selva? chi ti ha dato il permesso, o Valentino, di deviare le acque dalle mie fonti? e in nome di qual diritto, tu, Apelle, sposti i confini delle mie terre?

È casa mia questa; questi sono possessi miei; come può avvenire che voi altri tutti, secondo il piacimento vostro, seminiate e raccogliate pascolo in queste mie terre?

È mia questa terra: ve l'assicuro; da tanto tempo è mia; ed è chiaro il diritto di priorità che io ne ho su di voi, e delle prove non me ne mancano e sono prove sicure, autentiche e le traggo proprio dai loro primi ed autentici padroni.

Sono io l'erede degli Apostoli, e, precisamente, come essi hanno disposto per testamento, come confermarono e trasmisero per fedecommesso e come poi essi infine fissarono sotto la santità del giuramento, io sento di possedere la loro dottrina.

Per quello poi che riguarda voi eretici, gli Apostoli, senza dubbio, vi hanno sempre rinnegato, vi hanno considerati lontani da loro, come estranei, come nemici.

Ma gli eretici, in seguito a che cosa possono apparire agli Apostoli come estranei, come nemici, se non per una intima e profonda diversità di dottrina, la quale ciascuno di loro, secondo il proprio capriccio, o inventò o accolse, contrariamente a quanto era stato affermato dagli Apostoli?

XXXVIII - Le Sacre Scritture: loro integrità; gli eretici le hanno male interpretate o alterate

È proprio là, dunque, dove si riscontra diversità di dottrine, che noi dobbiamo pensare che quivi appunto vi sia una falsificazione di Scritture ed errore d'interpretazione.

Coloro i quali si proposero di alterare la parte sostanziale dell'insegnamento, si trovarono, per forza, nella necessità di disporre altrimenti i mezzi che dovevano servire per giungere a tale dottrina; perché la sostanza dell'insegnamento loro non avrebbe potuto essere minimamente alterata, se non fossero state diverse le strade per le quali dovevano giungere ad impartire tale dottrina.

Come agli eretici, dunque, sarebbe stato impossibile giungere alla falsificazione della dottrina stessa, senza mutare o alterare, in certo modo, gli elementi suoi, così anche a noi, nello stesso modo, non sarebbe stato possibile mantenere la integrità della dottrina, se integri non fossero rimasti i principi e i mezzi, per i quali essa dottrina procedeva, e quegli elementi sui quali trovava sua base l'insegnamento di essa.

E nei nostri libri che cosa si potrebbe trovare che non sia perfettamente in accordo con quello che crediamo noi? ci abbiamo forse messo qualcosa di nostro? o che cosa si può trovare che noi cerchiamo in qualche modo di correggere o togliendo o aggiungendo o mutando?

Quello che noi siamo, lo sono pure le Scritture Sacre fin dalla loro origine prima: è da esse che traiamo la sorgente nostra di vita, prima che subissero qualsiasi alterazione, prima che da voi fossero in qualche modo guastate.

Dal momento che ogni interpolazione è logico che si debba credere posteriore all'originale, poiché essa è necessariamente scaturita fuori da un certo spirito di rivalità e di dissenso, che non può, naturalmente, vantare carattere di priorità e neppure può essere che in certo modo si debba considerare della stessa famiglia di quel principio a cui cerca di contrastare.

Per questa ragione, è naturale che nessuna persona fornita di buon senso, possa credere minimamente che siamo stati noi a portare nelle Sacre Scritture una mano emendatrice e falsificatrice, noi che siamo stati i primi e abbiamo attinto da esse direttamente la dottrina nostra.

Piuttosto è da pensare che tali emendamenti l'abbiano introdotti coloro che vennero dopo e che ci furono contrari e nemici.

Ecco qua uno, che falsifica il testo; eccone un altro, che, dando una interpretazione diversa, viene ad alterare profondamente, intimamente il senso della Scrittura.

E non si deve pensare che, se Valentino sembra pure servirsi delle Scritture, mantenendole nella loro integrità organica, egli non sia di un'astuzia più fina e più sottile di Marcione, il quale colpisce in pieno, apertamente, colle sue armi, la verità.

Fu di una spada che Marcione si servì per colpire in piena luce e decisamente le sacre pagine; non gli bastò la penna, e così, dopo averle straziate colle sue armi, le ridusse alle sue credenze.

Valentino le risparmiò e non prese di mira le Scritture per armonizzarle al suo sistema, ma sforzò il suo sistema ad entrare, ad accomodarsi nell'ambito delle Scritture.

Ma in quanto a tagliare, ad aggiungere … anche più degli altri, costui, perché non ha risparmiato parola, alla quale non abbia sottratto il suo significato proprio e reale e sovrapposto certe combinazioni strane d'immagini più o meno fantastiche,

XXXIX - Gli eretici tengono in loro uno spirito dì menzogna

Erano proprio questi esseri, queste intelligenze che venivano dagli spiriti del male e del falso ( Ef 6,12 ), e noi dobbiamo, o fratelli, combattere appunto contro questi, e bisogna guardarli bene in faccia, noi; come esseri, di cui la fede ha necessità assoluta.

E non è per loro forse che verranno alla luce gli eletti e si scopriranno pure, invece, i reprobi ( 1 Cor 1,11-19 )?

Ed è appunto per questo che essi posseggono tale un'abilità e tale una forza, da costruire, da intelaiare con tanta facilità una rete di errori.

Ma questa facilità d'intesser e errori non ci deve far meraviglia alcuna: non è mica essa qualcosa di strano e di inesplicabile!

Di questa abilità abbiamo esempi anche a portata di mano nella letteratura non religiosa, ma profana.

Ecco che ai giorni nostri si vede comparire una tragedia tratta da Virgilio, ma cambiata completamente poi nel suo complesso: la materia è adattata bene alla forma poetica, e la forma poetica armonizza quindi colla materia trattata.

Eppoi Osidio13 Geta trasse completamente da Virgilio la sua tragedia intitolata Medea, e fu proprio uno che è a me legato da una certa parentela, che, con espressioni del poeta stesso su rammentato, riuscì a ricamare così, nelle ore di svago letterario e di divertimento, uno scritto che si disse la Tavola di Cebete.14

E sogliono ricevere il nome di centoni Omerici, o Omero - centoni più propriamente, gli scritti di coloro che dai Poemi Omerici, con un lavoro loro personale, riuniscono, per formarne una specie di centone, in un sol corpo, quelle singole parti che essi credono potere armonizzare.

La sacra letteratura per così dire, ha invero una ricchezza e una larghezza tali, quali sono sufficienti a qualunque esigenza, ed io non ho timore alcuno ad affermare che i Libri Sacri siano stati disposti e armonizzati per volontà di Dio, in tal modo, che essi potessero offrire materia agli eretici, per fissare le loro dottrine, dal momento che io leggo che è necessario che le eresie esistano ( 1 Cor 1,11-19 ); le quali non potevano esistere senza le Sacre Scritture.

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11 Eleuterio: fu papa dal 174-189.
12 Nicolaiti: setta gnostica fondata da Nicolao. Circa l'altra eresia Gaiana, sappiamo da S. Girolamo, op. 43. "Et consurgit mihi gaiana haeresis atque olim mortua vipera caput levat". Probabilmente questa eresia, che era venuta perdendo credito, ai tempi di S. Girolamo riprese alquanta vita.
13 Osidio Geta: ricordiamo di lui una Medea in 461 versi.
14 Cebete di Cinico, vissuto ai tempi di Marco Aurelio [161-180], compose la Tavola o Quadro della vita umana.