La storia della Chiesa

Indice

§ 23. Il Cristianesimo religione dell'Impero

1. Costantino aveva aperto la strada al Cristianesimo nella vita pubblica, ponendolo così sulla via che doveva portarlo a divenire religione dell'Impero.

E la Chiesa gradatamente assolse a questo compito sia per l'impulso, a lei connaturale, che la spingeva all'evangelizzazione del mondo, sia per effetto dell'appoggio da parte degli imperatori.

Con rapidità sempre crescente essa conveniva al proprio messaggio le regioni dell'Impero: la sua organizzazione diventava sempre più distinta e unitaria e assumeva anche notevole importanza politica.

Gli imperatori approvarono e favorirono questa evoluzione, sia per il loro senso cristiano che per calcolo politico, scostandosi dal paganesimo, privandolo dell'appoggio sia morale che materiale, e offrendolo invece in misura sempre crescente al Cristianesimo e alla Chiesa: il Cristianesimo da religione equiparata al paganesimo divenne la sola riconosciuta dallo Stato.

2. Con ciò si presentava al giovane Cristianesimo un nuovo compito, si poneva il problema di come si dovesse assolvere l'impegno politico, secondo l'insegnamento di Gesù.

a) Poiché questo problema non era esistito per la comunità primitiva ( lo Stato e i suoi capi erano pagani ), riflessioni di etica e di ordine politico hanno trovato un'eco molto limitata negli scritti del Nuovo Testamento ( Mt 22,21; Rm 13,1 ).

Ora però bisognava dare una risposta quale ideale si dovesse offrire a cristiani che potevano o dovevano agire politicamente, e come si dovesse configurare il rapporto di questi uomini coi vescovi, i successori degli Apostoli: in che rapporto reciproco devono stare, entro la Chiesa, i vescovi e l'imperatore?

b) Poiché gli imperatori avevano ottenuto, combattendo, la libertà della Chiesa e la garantivano, poiché essi, inoltre, concentravano in una sola mano ogni forma di volontà politica, mentre si trovavano di fronte ad un episcopato spesso disunito, erano senz'altro in vantaggio; inoltre, specialmente di fronte ai successori di Pietro, i vescovi di Roma, potevano richiamarsi al fatto che ogni autorità viene da Dio ( Rm 13,1 ) e che quindi agli imperatori è dovuta obbedienza.

Essi, andando oltre l'antica tradizione pagana, consideravano loro compito mettere ordine nelle questioni ecclesiastiche, in collaborazione sì con l'episcopato, ma prevalentemente secondo la volontà dell'imperatore.

In un primo tempo ci si appellava, a questo scopo, al popolo di Dio del Vecchio Testamento e alla posizione dei re in esso.78

c) Ciò non può affatto scusare le molteplici usurpazioni, può però chiarire quella convinzione fondamentale senza la quale non è possibile capire la storia della Chiesa della tarda Antichità ( e quella medioevale ): i sovrani cristiani ( e gli statisti, aggiungeremmo oggi ), come capi politici della cristianità, ebbero un compito storico-salvifico.

Il loro scopo, al quale devono anche tendere con responsabilità diretta di fronte a Dio, è la realizzazione della virtù cardinale della giustizia, della quale la Sacra Scrittura parla oltre ottocento volte.

Il re giusto ( rex iustus ), in quel tempo è il sovrano voluto da Dio, che deve bensì rispettare l'ambito del sacerdozio, ma al quale spetta tuttavia un'alta dignità nella Chiesa.

Era ovvio perciò che gli imperatori si arrogassero anche, per esempio, un ampio potere sui concili o pronunciassero una parola decisiva nelle controversie dottrinali del tempo.

La loro parola - parola di laici - possedeva una rilevante importanza spirituale.

3. Questo sviluppo, accompagnato da una crescente repressione, sia legale sia, in parte, illegale, del paganesimo, fu portato a termine da Giustiniano ( 527-565 ).

Egli, che per l'ultima volta unì Impero d'Oriente e d'Occidente ( in quel tempo [ 547? ] san Benedetto aveva già chiuso i suoi giorni ) segna il punto culminante del cesaropapismo.

Giustiniano, l'Imperatore del diritto, dichiara illegali i non-battezzati e gli eretici giuridicamente inabili a rivestire una carica.

La concezione medioevale, secondo la quale soltanto il cattolico era un cittadino completo e ogni offesa alla fede e alla Chiesa significava un'offesa allo Stato, è così fondamentalmente pronta.

Essa prese corpo gradatamente in una ampia legislazione per gli eretici [ Codex Tbeodosianus 428 ).

Fra i teologi fu infine Agostino il rappresentante più influente della concezione che lo Stato ha il dovere non solo di difendere la Chiesa, ma anche quello di costringere gli altri, eretici, alla verità ( dando un'intepretazione esagerata di Lc 14,23 ).

Anche Ambrogio, che in altra occasione abbiamo avuto modo di conoscere nel suo aspetto irenico, approvò la distruzione delle sinagoghe poiché « non può esserci alcun luogo, ove Cristo venga negato » ( v. anche § 21,5; § 29 ).

Indice

78 Questi ragionamenti acquistano per il Medioevo, in molteplici variazioni, inversioni e intrecci, una imprevedibile importanza.
Dovremo ritornare spesso su questo argomento incominciando da Carlo Magno attraverso tutte le generazioni degli imperatori, nell'interminabile lotta fra Papato e Impero fino allo sviluppo dell'investitura divina del principe nei nascenti Stati nazionali.