La storia della Chiesa

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§ 26. La controversia trinitaria

1. Ario ( + 336 ), oriundo dalla Libia, era un pio prete che viveva ad Alessandria, il centro della cultura greca e della teologia cristiana.

Per la sua evoluzione fu ancora più importante il fatto di essere stato ad Antiochia, sede di una scuola di teologia a forte tendenza critica.

Colà Luciano, il fondatore della scuola, era stato suo maestro.

Ario veniva dunque da una scuola che in Gesù non vedeva Dio, ma una creatura dotata di forze divine.

E proprio ciò insegnava anch'egli con la parola e gli scritti; soltanto che egli elevava Gesù il più possibile vicino a Dio.

La seconda persona della divinità, il Figlio, non è consustanziale al Padre e quindi per sua essenza non è Dio.

Cristo Logos, secondo la dottrina di Ario, non è nato dal Padre, ma è la prima creatura che Dio fece dal nulla.

Ma egli si è così intimamente assimilato alla volontà di Dio, da essere accolto da lui come Figlio.

2. a) Questa dottrina trovò seguaci in Alessandria, anche fra il basso popolo, e fuori ricevette consensi da vescovi e sacerdoti.

Tra questi ultimi vanno ricordati particolarmente due ecclesiastici orientali, entrambi di nome Eusebio: uno, vescovo di Cesarea in Palestina, il dotto storico della Chiesa ( + 339 ), proveniente dalla scuola di Cesarea fondata da Origene; l'altro, vescovo di Nicomedia ( dalla scuola teologica di Antiochia ).

Eccettuati gli imperatori, nessun altro ha fatto più di questi due per la diffusione dell'eresia ariana, e specialmente Eusebio di Nicomedia ( + 341 ).

b) Ad Alessandria tutto il clero, sotto la guida del vescovo Alessandro ( + 328 ) e del suo diacono Atanasio, insorse contro questa concezione divergente dalla fede dei cristiani e predicò insistentemente la vera divinità di Cristo; il vescovo Alessandro, in un sinodo, escluse Ario dalla Chiesa.

c) La lotta si estese e ben presto coinvolse tutta la cristianità.

L'imperatore Costantino però aveva bisogno e voleva, con tutti i mezzi, l'unità nella Chiesa.

Cercò dapprima di soffocare la lotta, inviando una lettera ai principali antagonisti, Alessandro e Ario.

Invano. Allora, forse con la collaborazione di Papa Silvestro,84 convocò nel 325 un « Concilio ecumenico » a Nicea nell'Asia Minore ( § 24,3 ).

Nella sua residenza estiva si raccolsero circa 250 vescovi « provenienti da ogni parte ».

Erano quasi tutti orientali, fra gli altri anche vescovi provenienti da oltre i confini dell'Impero, per esempio, un persiano e il « metropolita dei Goti ».

Papa Silvestro era rappresentato dal vescovo Osio di Cordova e da due presbiteri.

d) Costantino aprì il vero e proprio Concilio con una solenne seduta, nella quale « egli entrò come un inviato di Dio » mentre i vescovi, in rispettoso silenzio, stavano in piedi davanti ai loro posti lungo le pareti.

Egli tenne un discorso, si noti bene, in lingua latina, perché non conosceva bene il greco.

Sebbene poi fosse Osio a presiedere, il vero capo del Concilio fu Costantino, in armonia con la sua coscienza di essere, in quanto « pontifex maximus », il signore della Chiesa.

Il discorso dell'imperatore dimostrò del resto, con la massima chiarezza, quello che a lui importava: il ristabilimento dell'unità della Chiesa: « Le scissioni interne della Chiesa di Dio ci sembrano più gravi e più pericolose delle guerre ».

e) Si giunse a violente reciproche accuse dei due partiti, nelle quali i due Eusebio, come capi di una specie di partito intermedio, cercarono di introdurre delle formule più o meno equivoche.85

Ma il vescovo di Ario, Alessandro, appoggiato da Atanasio e dal prete Alessandro di Costantinopoli, chiesero insistentemente una chiara definizione.

I 15 vescovi circa, che sostenevano la dottrina di Ario, o per essa simpatizzavano, alla fine firmarono tutti ( essendo d'accordo anche l'imperatore ) la professione di fede del Concilio: il Figlio è « Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, con-sustanziale ( homo-ousios ) al Padre ».

Ario fu esiliato e scomunicato con alcuni vescovi suoi seguaci ( tra questi anche Eusebio di Nicomedia ), i suoi scritti furono bruciati, i loro detentori dichiarati passibili della pena capitale.

3. Questo Concilio importantissimo per i tempi successivi emanò anche un decreto riguardante la data della festa pasquale e ne regolò la pratica, ancora oggi in uso.

Si presentò, pur se in forma non chiara e piuttosto innocua, anche un altro tema che ben presto avrebbe dovuto diventare un punto capitale di dissidio e avrebbe gettato la cristianità in una interminabile lotta intestina: le prerogative ufficiali di certe antiche Chiese specialmente di Alessandria e Antiochia debbono rimanere nella forma fino allora avuta ( patriarcato ), poiché ciò viene mantenuto, così dice il canone relativo, anche per il vescovo di Roma.

Un altro canone riguardante le donne che possono abitare nella casa di un prete ( solo madre e sorella ) mostra che l'osservanza del celibato veniva largamente considerata già allora come un obbligo.

4. Con la condanna della dottrina di Ario la questione controversa era risolta, ma non era finita la controversia, anzi era appena ai suoi inizi.

Fu specialmente l'appoggio accordato all'eresia dagli imperatori che provocò un rinvigorimento dell'Arianesimo.

Già Costantino fece rientrare Ario dall'esilio ed esiliò Atanasio come perturbatore della pace.

Costanzo, che soggiaceva completamente all'influsso di Eusebio di Nicomedia, dopo aver ereditato il dominio anche in Occidente in seguito alla morte dei suoi due fratelli, tentò di introdurre l'Arianesimo anche qui.

Non solo Costantinopoli divenne tutta ariana, ma, propriamente parlando, tutto l'Oriente.

L'Occidente invece, sotto la guida del Papa, rimase fedele al Niceno: Roma e vescovi occidentali come Ambrogio ( § 30 ) furono i salvatori della vera fede.86

Qui riparò Atanasio.

Papa Giulio ( 337-352 ) in un sinodo romano dichiarò che il vescovo espulso dall'Oriente, per opera dell'imperatore, era stato illegittimamente privato della sua sede vescovile e ve lo insediò nuovamente: Il Papa esercitava la giurisdizione anche sulla Chiesa in Oriente.

5. a) Atanasio ( + 373 ) nel 328 era diventato vescovo di Alessandria.

Fu l'anima dell'opposizione contro l'Arianesimo e della lotta per il Simbolo Niceno.

Nella sua gioventù, sotto la guida dell'anacoreta Antonio ( § 32,4 ), mediante un austero ascetismo, si era spiritualmente fortificato ed era pronto a sostenere le dure rinunce che lo attendevano.

Come egli lavorò indefessamente ( in modo rigido, ma pacifico ) per la vera dottrina, così soffrì per essa coraggiosamente e invittamente dure persecuzioni.

Sotto quattro imperatori dovette andare in esilio cinque volte ( due volte in Occidente: Roma e Treviri; tre volte in Egitto ).87

L'esilio era una grande arma nelle lotte dogmatiche del tempo.

b) In esilio Atanasio non fu soltanto difensore del Niceno, ma sia in Roma che a Treviri predicò la nuova gloria della Chiesa, ancora ignota all'Occidente, il monachesimo sorto in Egitto, come rinuncia al mondo.

Egli scrisse anche una vita dell'eremita Antonio che nella traduzione latina influenzò fortemente l'Occidente.

Atanasio è uno dei quattro grandi dottori della Chiesa greca.

6. Nel periodo successivo, Giuliano l'apostata favorì l'Arianesimo.

Anche il suo successore, Valente, era ariano.

Quando Gregorio Nazianzeno divenne vescovo di Costantinopoli, poteva ufficiare solo in una insignificante cappella, poiché tutte le altre chiese erano tenute dagli ariani.

a) L'Arianesimo si avviò al tramonto quando nel suo seno incominciarono le divisioni.

Alcuni ariani infatti insegnavano che Cristo è completamente dissimile da Dio, altri ammettevano una somiglianza con Dio ( semiariani ).

Dietro l'influsso dei Cappadoci ( Gregorio Nazianzeno, Gregorio di Nissa, Basilio di Cesarea ) questi semiariani si riunirono ai cattolici.

L'arianesimo subì un grave colpo quando salì al trono Teodosio.

Nel suo editto del 379 usò parole durissime e minacciò pene contro gli « insensati e pazzi » e l'« infamia della loro fede eretica ».

Egli chiuse agli ariani le chiese di Costantinopoli e vi convocò nel 381 il Concilio Ecumenico che confermò solennemente il Simbolo di Nicea.88

Questo significò il tramonto definitivo dell'Arianesimo ( cfr. però cap. 7 ).

b) Una parte di quei semiariani che riconoscevano la divinità del Figlio, la negavano allo Spirito Santo ( Pneumatomachi ).

Atanasio e i Cappadoci sostenevano la consustanzialità anche dello Spirito Santo.

Il Concilio testé menzionato fece propria questa opinione e condannò i pneumatomachi.

Nell'odierno simbolo niceno-costantinopolitano ( il credo della Messa ), è detto che lo Spirito Santo procede « dal Padre e dal Figlio ».

Questo « filioque » però non è originario, ma fu aggiunto nel 589 nel sinodo di Toledo.

Prima era detto soltanto che lo Spirito Santo procede dal Padre, sebbene fosse fede comune che lo Spirito Santo ha la sua origine dall'amore vicendevole tra il Padre e il Figlio.

L'aggiunta che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio esprime questa fede solo in modo più chiaro.

7. a) Grande importanza storica assume l'Arianesimo germanico.

Goti cristiani prima del 325 si stabilirono sulla sponda sinistra del Danubio inferiore.

In seguito alle persecuzioni da parte del loro re, verso il 348, e alla pressione degli Unni, il vescovo Wulfila di sentimenti ariani, consacrato a Costantinopoli, chiese all'imperatore Costanzo, per sé e per i suoi Germani, asilo politico nell'Impero Romano.

Tale richiesta fu soddisfatta a condizione che essi servissero come soldati mercenari.

L'imperatore Valente ( 364-78 ) continuò ancor più decisamente questa politica.

Questi Goti ariani diffusero l'Arianesimo fra i popoli germanici loro vicini.

Si tratta qui dei Germani orientali, le vere e proprie tribù protagoniste delle migrazioni che poi nelle loro calate portarono l'Arianesimo nella Gallia meridionale e nella Spagna ( Visigoti ), nell'Africa settentrionale ( Vandali ) e nell'Italia ( Ostrogoti, Longobardi ).

Le tribù germaniche di stanza nell'interno, lontane quindi da questi influssi, rimasero pagane.

Ad esse appartengono i Franchi che divennero, in seguito, direttamente ( vale a dire senza passare attraverso l'Arianesimo ) cattolici.

b) L'Arianesimo dei Germani non può naturalmente essere senz'altro equiparato all'Arianesimo speculativo e razionalistico dei Greci; 89 si tratta, per la maggior parte, di semiariani.

Se la differenza con la dottrina ortodossa possa esser ridotta del tutto o in gran parte a differenze terminologiche, appare problematico.

Mezzo e veicolo di questo Arianesimo dei Germani furono la traduzione della Bibbia in lingua gotica fatta da Wulfila e la liturgia gotica.

Alcune tribù germaniche di fede ariana furono molto intolleranti, sicché si giunse a persecuzioni contro i cattolici nella Gallia meridionale, nella Spagna e nell'Africa « romana » dove furono particolarmente gravi e durarono a lungo ( i Vandali sotto Genserico e i suoi successori: massacro dei cattolici la domenica di Pasqua del 484; in quel tempo nella provincia di Cartagine invece di 164 v'erano solo 3 vescovi cattolici ).

Nel 517 i Burgundi ariani si fecero cattolici, nel 590 i Visigoti, nel 650 i Longobardi.

Presso gli Ostrogoti e i Vandali l'Arianesimo finì assieme ai loro regni ( per opera di Giustiniano ).

Solo così fu scongiurato l'immenso pericolo che, secondo le parole famose di san Gerolamo, aveva fatto sospirare tutta la terra sbalordita per la vittoria dell'eresia.89a

8. Parlando dell'« Arìanesimo » come fenomeno storico, non si può, come già accennammo, ridurlo alla dottrina ariana, in senso stretto.

Esso fu oltre a ciò una vasta corrente di pensiero, che penetrava la realtà politica e politico-ecclesiastica, nella quale per interi secoli, con forza sorprendente, si combatté per la cristianità.

La definizione di Nicea fu di fondamentale, inestimabile importanza, ma rese inoffensivo l'Arianesimo solo per breve tempo e, per buona parte della Cristianità, solo superficialmente.

La lotta contro Atanasio, per molti aspetti coronata da successo, con il cumulo di accuse assurde, ostinatamente ripetute, e di abili intrighi, dimostra quanto il partito ariano fosse influente.

Le radici di questa forza affondavano nel monoteismo unilateralmente accentuato.

In parte ciò è spiegabile.

Era stato proprio all'insegna del monoteismo che il Cristianesimo aveva vinto.

9. La lotta ariana portò ad una serie di pericolosi piccoli scismi.

Essa indebolì innanzitutto la forza dell'unità, ferendo la carità.

D'altra parte essa portò senz'altro anche al consolidamento della struttura organizzativa della Chiesa cattolica.

Spinti dalle lotte senza fine, si cercò una superiore istanza che potesse dire la parola definitiva.

Nella frazione ortodossa ( = di retta fede ) del sinodo di Sardica ( 343 ) tale esigenza trovò la sua espressione nel riconoscimento del supremo potere giudiziario del vescovo romano.

Il fatto però che i vescovi ariani, convenuti a Sardica, non abbiano preso parte al sinodo, ma si siano riuniti ed abbiano emesso condanne per loro conto dimostra quanto fosse grave la scissione della Chiesa.

10. a) Anche gli altri tre grandi Padri e dottori che l'Oriente dette alla Chiesa oltre Atanasio, i Cappadoci, furono strenui propugnatori della fede nicena contro l'Arianesimo.

Essi sono i due fratelli Basilio il Grande, vescovo di Cesarea ( + 379 ) e Gregario, vescovo di Nissa ( + circa nel 594 ) e il loro comune amico Gregario, nato a Nazianzo ( + circa nel 390 ), più tardi patriarca di Costantinopoli.

Prima di servire la Chiesa come vescovi, vissero insieme nel deserto, studiando particolarmente le opere di Origene.

Basilio in quel tempo scrisse una Regola per la vita claustrale, che divenne fondamentale per tutti i monasteri orientali.

Pubblicò uno scritto « Ai giovani » sul retto studio della letteratura pagana.

Fu battezzato solo in età adulta ( come Ambrogio ).

Tra i difensori storicamente più efficaci della fede nicena va ricordato anche il rigoroso asceta Epifania, vescovo e metropolita di Salamina ( circa 315-403 ), il quale però non tiene in nessun conto la teologia speculativa, anzi scorge nella filosofia la radice delle eresie.

b) Un'altra grande figura fra i teologi e i dottori della Chiesa di questo tempo è Giovanni Crisostomo ( + 407 ).

Egli è famoso per la meravigliosa oratoria con cui tesseva i suoi lunghi sermoni ( fino a due ore di durata ).

Questa fama indusse la corte a promuoverlo astutamente alla sede di Costantinopoli.

Ma colà rivelò la sua tenace intrepidezza.

Coloro che amavano gustare soltanto delle belle frasi dovettero ascoltare delle aspre verità sulle loro indegne azioni ( i vescovi di corte ) e sulle loro frivolezze ( l'imperatrice Eudossia ).

Caduto in disgrazia, il grande vescovo fu infine esiliato sulle coste del Mar Nero, dove morì in testimonianza del Vangelo e dei doveri e diritti inalienabili della Chiesa.

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84 Il VI Concilio Ecumenico ( 680-681 ) nomina esplicitamente tutti e due come convocatori del Concilio di Nicea.
La testimonianza, che significava un rafforzamento dell'autorità del vescovo di Roma, ha un'importanza particolare perché a quel tempo la tensione Costantinopoli-Roma si era già fatta rilevante.
85 Nella formula di professione proposta da Eusebio di Cesarea mancava sia il « non creato » che il decisivo « homo-ousios ».
86 Questo fatto rimane, sebbene Papa Liberio, spezzato dai patimenti del suo esilio, nell'anno 358 su pressione dell'imperatore, si dichiarasse pronto a sottoscrivere una formula di compromesso, nella quale rinunciava alla formula niceana della consustanzialità; acconsentì pure all'esclusione di Atanasio dalla comunione con la Chiesa.
Tuttavia già nel 360 sostenne nuovamente l'ortodossia.
Per il caso Onorio cfr. § 27, III, 2.
87 Alla condanna ad uno di questi esili che lo relegava a Treviri, Atanasio (a Tiro ) disse le parole diventate celebri: nubila est, praeterit ( è soltanto una nuvoletta di passaggio ).
Egli ha avuto ragione, ma queste parole sminuiscono la gravita della situazione.
88 Quanto intensamente questi problemi teologici interessassero allora l'opinione - neppure due generazioni dopo la fine delle persecuzioni - risulta dalla descrizione di Basilio di Cesarea: « … la situazione era così confusa che somigliava a due flotte in guerra, le cui navi sono così vorticosamente lanciate nella mischia che amici e nemici non sanno più distinguersi ».
89 Va però notato che proprio gli Ariani cercavano di usare espressioni bibliche.
Riguardo al problema del rapporto fra dottrina e formula dottrinale v. sopra ( § 24,3b ).
89a Ingemuit totus orbis et Ar'wnum se esse miratus.