La storia della Chiesa

Indice

III. Pietà popolare

1. a) Papa, vescovo, sacerdote, monaco, la Chiesa, i suoi precetti, la sua liturgia e i suoi sacramenti: per l'uomo del '500 erano tutte realtà ovvie, necessarie alla vita, come il pane quotidiano.

Ma questa concezione ancorata alla fede, da tempo non solo non era più intatta, ma neppure unitaria.

I rapporti del popolo con il clero e il vescovo, che indubbiamente erano per esso rappresentanti di Dio e costituivano pertanto un'autorità vincolante, erano d'altra parte tanto più tesi e sempre meno armoniosi, in quanto esistevano sempre più fra le due parti opposizioni d'interessi economici.

Ciò si verificava soprattutto nelle città con sedi vescovili.

Ce ne danno notizia i frequenti conflitti tra borghesia e clero ( motivi: giurisdizione ecclesiastica, esenzione fiscale, aspra concorrenza economica ), tra vescovi e borghesia ( abuso di giurisdizione ecclesiastica: la scomunica e l'interdetto venivano comminati con troppa frequenza, spesso per motivi profani e per esigui debiti pecuniari ).

La contraddizione interna nell'idea del vescovo medievale, spirituale-temporale, si manifesta ora in tutta la sua esasperazione in seguito alla profonda secolarizzazione.

Di qui una grande indignazione del popolo ( che giunge fino all'odio più feroce verso i preti ), che ecclesiastici sinceri riconoscevano legittima.

L'impressione che l'ordine delle cose fosse senza più speranza minato alla base, generava nel popolo un forte senso d'incertezza e d'inquietudine; esso si manifestava anche nella vita devozionale, in un'eccitazione di per sé estranea allo spirito cattolico, e si traduceva in una copiosa fioritura di scritti e di canti a carattere profetico-apocalittico.

b) L'ostilità non si fermava nemmeno di fronte al papato romano.

Anzi, qui la crescente tensione provocata dagli abusi religiosi e dai contrasti di interessi finanziari veniva aggravata ancor più dagli antagonismi nazionali.

I riformatori, a suo tempo, sapranno sfruttare fin troppo bene questi contrasti.

Il malcontento nei confronti di Roma fu di fatto un aiuto sensibile per la Riforma.

Per valutare esattamente questo malcontento bisogna tener conto del fatto che non si trattava di un fenomeno circoscritto e recente; esso affondava le sue radici nel terreno secolare di ampie esperienze politiche ed economiche19 e di molto diffuse correnti storico-spirituali ( idea conciliare! ).

Alla fine del Medioevo gli spiriti erano tutti imbevuti di idee e di istanze antiromane.

E che queste lagnanze fossero pienamente giustificate, lo affermava all'inizio della Riforma un uomo di chiesa quale Giovanni Eck ( § 90 ), lo confermavano il duca Giorgio di Sassonia, il nunzio pontificio Aleandro, il pontefice Adriano VI, Ignazio di Loyola e centinaia di altri testimoni insospettabili.

2. a) Se, malgrado tutto ciò, nella seconda metà del secolo XV non ci fu un vero e proprio movimento attivo di rivolta contro la Chiesa, ciò è dovuto al fatto che nel popolo, proprio allora, fioriva una forte pietà religiosa.

Il moltiplicarsi delle fondazioni, particolarmente dei legati di messe ( e altari privilegiati ), i molteplici servizi funebri, la magnificenza della liturgia e della preghiera corale, della musica sacra accompagnata dal canto e dall'organo perfezionato,20 il fiorire di inni religiosi, il risveglio e l'approfondimento dell'istruzione popolare attraverso predicazioni più frequenti e più accurate, la dottrina cristiana, la letteratura edificante ( Bibbia ), i commenti alla messa, le raccolte di sermoni ad uso delle famiglie, specchi di penitenze e « apparecchi » alla morte, le leggende, la diffusione dell'uso delle indulgenze, la pratica della Via crucis, la straordinaria fioritura di confraternite ( confraternita del Rosario ) con l'idea dell'affinità spirituale e della reciproca partecipazione ai meriti, il più intenso culto delle reliquie e dei santi ( Immacolata Concezione, sant'Anna, i Quattordici santi delle necessità ) e la pratica dei pellegrinaggi ( Aquisgrana, Wilsnack [ Ostia miracolosa ]; Treviri [ 1512 prima esposizione della « Santa Tunica » ] ); tutto ciò sta a dimostrare un'esuberanza davvero disorientante di pietà ecclesiastica popolare.

Detto questo, bisogna fare, naturalmente, delle distinzioni: opere come l'Imitazione di Cristo sono riservate, già per il fatto di essere scritte in latino, ad una stretta cerchia di persone ( esistevano però traduzioni di quest'insigne libro anche nelle lingue volgari ).

E se qua e là v'erano sacerdoti o monaci capaci di trasmettere il contenuto nella lingua del popolo, era tuttavia esiguo il numero di coloro ( v. sopra ) che potevano comprenderne e assimilarne l'alta spiritualità.

b) Ciò che soprattutto sorprende, e addirittura sconcerta, è un pericoloso isolarsi del singolo atto di pietà, il moltiplicarsi degli atti esteriori della religione, un forte affermarsi del concetto di merito e un insano aumento numerico delle grazie spirituali accordate.

Per quanto riguarda l'indulgenza, per es., assistiamo ad un aumento quasi incredibile delle grazie spirituali da ottenere, accompagnato da un sempre minore impegno richiesto ai fedeli.

Come un male particolarmente grave si manifestò qui la funzione finanziaria che si espresse, in maniera sempre più evidente e ripugnante, in simonia ( intesa nel senso cristiano primitivo ).

Il torbido traffico stabilitesi tra Leone X, Alberto di Brandeburgo e i Fugger fu quello che diede il via21 alla Riforma ( § 79 ).22

c) Il moltiplicarsi delle pratiche religiose andava di pari passo con l'impoverimento interiore.

Possediamo delle cronache per es. dai Paesi Bassi, secondo le quali verso il 1517-18 gli abitanti si recavano quotidianamente alla messa del mattino; d'altra parte, da studi più recenti, risulta che per es. in Fiandra non tutti adempivano il precetto pasquale.

La teologia della messa era in gran parte svuotata; a partire dal secolo XIV la santa messa viene accostata di preferenza, usando un simbolismo artificiale, a fatti esteriori della Passione di Cristo.

Del vero e proprio mistero della morte del Signore, viceversa, non si trova quasi più nulla in queste spiegazioni della messa.

La vera teologia cattolica della croce era andata perduta.

3. Raramente il popolo spiega in parole le sue convinzioni e i suoi sentimenti, meno ancora la sua fede e la sua pietà.

Esso le vive e da loro un'espressione diversa, talvolta anche grandiosa ( per es., nella Via crucis, nelle peregrinazioni dei flagellanti, nelle sue reazioni alla voce dei predicatori di penitenza e in misura minore in occasione di qualche pellegrinaggio o processione ).

Ma tali dimostrazioni sono per loro natura espressioni molto imprecise; bisogna chiedersi da quali motivi, concezioni e fini, esse scaturissero.

Per tale motivo figura tra i compiti più difficili della storiografia quello di illustrare, in maniera in certo qual modo adeguata, la pietà popolare.

Già prima di iniziare questa nostra scorsa attraverso la storia della Chiesa, abbiamo preso occasione proprio da questo fatto per convincerci della lacunosità delle nostre cognizioni storielle ( vol. I, 9 ss).

Il riflesso di questo dato di fatto e della sua problematica sembra particolarmente importante in un tempo di generale « risveglio » spirituale della popolazione europea, così come lo possiamo costatare nel secolo XV, soprattutto nelle città dove gli artigiani e la borghesia incominciano a muoversi socialmente in maniera molto autonoma.

La pietà del popolo, la sua conoscenza, ad esempio, della Rivelazione come presupposto della fede, procede di pari passo con la sua attività più indipendente nel commercio, nell'industria e nell'amministrazione della cosa pubblica?

Prima ancora di tentare un abbozzo di risposta riflettiamo come sia complesso il contenuto del concetto « popolo »: com'è differentemente dotato e istruito il popolo proprio nel campo intellettuale,23 al quale la pietà cristiana si deve allacciare, partendo dal suo contenuto essenziale.

E come può differire, a sua volta, questa capacità religioso-intellettuale di recezione e di reazione in paesi diversi, in regioni fornite di molte o poche scuole, con un clero di cui forse soltanto una minima percentuale era teologicamente, moralmente e pastoralmente all'altezza della sua grande missione, o in parrocchie nelle adiacenze di un monastero riformato che irradiava una fede vissuta, o in altre parti dove più o meno mancavano il buon esempio e una liturgia viva …

Già da questi pochi problemi, appena accennati, si vede quali indagini dettagliate e differenziate sarebbero necessarie qualora volessimo affrontare il nostro tema in maniera, in certo qual modo, esauriente; gli accenni che seguono sono quasi necessariamente una esposizione inadeguata della realtà di fatto.

Soltanto delle indagini ristrette a un luogo limitato e a un lasso di tempo non troppo lungo, possono attingere con una certa esattezza a ciò che era vivo nel campo della pietà popolare, vivo cioè come nucleo vitale, a differenza di ciò che si può costatare come abitudine esteriore.

4. Dopo tutto quello che le testimonianze dirette o indirette del primo e dell'alto Medioevo affermano, nella loro impressionante monotonia, circa la forte cosalizzazione e la deficienza sacramentale, non ci sorprenderemo se per il nostro tempo - anteriore alla Riforma - le direttive pastorali dei sinodi, le norme relative alla ricezione dei sacramenti e riguardanti il numero e il contenuto delle prediche ci parlano chiaramente di atteggiamenti e valutazioni prevalentemente morali e moralistici, di abitudini cristiane quindi, mentre invece appare appena accennato un vero e proprio approfondimento dogmatico, per es. circa la natura del battesimo, della messa o della Chiesa e della redenzione e, di conseguenza, della ricezione dei sacramenti.

È già stato detto che nemmeno un'esigua minoranza del clero in cura d'anime - per quanto esso sia stato zelante - aveva una cultura teologica in qualche modo sufficiente (-per es. riguardo alla Chiesa, come corpus Christi mysticum, alla messa come commemorazione del mistero pasquale del Signore risorto, alla comunione dei santi, nelle cui anime lo Spirito Santo infonde la vita spirituale, divina, della nuova creazione ); rimane per altro vera la parola dell'Apostolo: « Come possono credere se non odono? » ( Rm 10,14 ).

Anche a voler prescindere dalla volgare superstizione abbondantemente documentata, il bilancio, nel senso del Vangelo, può essere considerato dal punto di vista cristiano solo come insufficiente.

La parola d'ordine di questa pietà, anche dov'era intensa, dove cercava bensì Dio, ma non l'amore di Dio, non era la giustificazione attraverso Gesù crocifisso, ma il « venir salvati », in un senso esterno e pratico, dall'eterna dannazione.

Il contatto immediato con la parola della Scrittura, coi Vangeli e le Lettere, con la ricchezza spirituale e intellettuale della liturgia era insufficiente; sussisteva un modo cristiano di vita, grandioso e che abbracciava tutto e cominciava con il battesimo e terminava con la sepoltura in luogo consacrato.

Ma la base di fede, l'intelligenza delle realtà credute era per lo più evanescente, confusa, la concezione dei sacramenti nel battesimo e nella messa molto pratica.

Naturalmente, noi che abbiamo alle spalle il secolo dell'illuminismo non dobbiamo giudicare quei cristiani usando il nostro metro: l'immagine e l'abitudine possedevano una forza assai più profonda di oggi.

E la grande realtà della vita redentrice del Signore, della sua nascita, della sua passione e morte, della sua risurrezione, ascensione e dell'effusione dello Spirito, tutto questo parlava al popolo attraverso innumerevoli opere figurative di ogni genere ed era per esso realtà.

La professione inferiore di fede nei suoi confronti era come il balbettio dell'uomo infante, molto spesso ben lontano dalla completezza della migliore giustizia interiore, per quanto ci è dato costatare; tuttavia esso era il balbettio della vera fede rivolto al Dio trino, creatore, e a Gesù Cristo, il crocifisso.

5. Verso la fine del Medioevo e alle soglie dell'età moderna quindi, ci troviamo dinanzi ad una sconcertante quantità di forme di espressioni di pietà.

Esse non vanno considerate soltanto da un unico punto di vista.

Ma poiché in questa molteplice varietà molte cose erano esteriorizzate in maniera tanto incredibilmente sotto-cristiana, è possibile prevedere, con una certa sicurezza, l'effetto disgregatore che doveva necessariamente seguirne.

Questo però non autorizza affatto:

1) a generalizzare la parte negativa e

2) a considerare la prassi come un ritratto autentico della dottrina della Chiesa.

I riformatori, in modo speciale Lutero, e i loro seguaci più zelanti hanno fatto questo illegittimamente.

Per amore della verità storica noi non possiamo approvarli.

È piuttosto importante, anzi decisivo, vedere e cercar di comprendere come allora, come sempre del resto, in quella torbida così grande e varia quantità, si trovasse anche la sana teologia della Chiesa, che nella triste pratica delle devozioni esteriorizzate c'era nella Chiesa la sublime liturgia della santa messa con le stesse preghiere piene di fede come oggi.

Indice

19 Cfr. già le lamentele di san Bernatdo di Chiaravalle e di molti altri a partire dal secolo XI e XII ( § 50 ).
20 A partire dal 1300 circa, quasi ogni chiesa tedesca possiede un organo.
Invenzioni e perfezionamenti nel corso del secolo XV resero possibile una maggiore purezza e bellezza del suono.
21 Nonostante tutte le esagerazioni che si trovano nelle prediche delle indulgenze, nonostante una pericolosissima noncuranza nella terminologia, che doveva indurre il popolo semplice a concezioni grossolanamente pelagiane, nonostante molti elementi Grassamente non-cristiani, non è mai riscontrabile una offesa alla correttezza dogmatica.
Tetzei non ha mai insegnato che la colpa del peccato potesse venir rimessa senza pentimento.
22 Ma non all'evoluzione di Lutero.
23 C'erano molti analfabeti: una rilevante maggioranza di candidati al matrimonio o di testimoni in ogni sorta di processi e di contratti non sapeva scrivere il proprio nome; questo vale anche per i nobili.
La massa in ogni caso aveva un'istruzione assai rudimentale.