La storia della Chiesa

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II. Singoli tentativi di unione

1. Abbiamo appena ricordato la grande riconciliazione nel concilio di Ferrara-Firenze 1438-39.

Ma anche qui i risultati concreti furono esigui, sebbene Eugenio IV si fosse dichiarato pronto a convocare un concilio a Costantinopoli, nonostante l'imperatore e il patriarca di Costantinopoli, i rappresentanti dei patriarchi di Alessandria, di Antiochia e di Gerusalemme, moltissimi metropoliti, provenienti anche dall'Asia Minore turca, molti sacerdoti e monaci, intellettuali e nobili laici fossero venuti a Firenze, e sebbene in sedici sedute ci si fosse messi d'accordo sui punti controversi e la Bolla di unione fosse stata firmata da tutti i prelati greci ad eccezione dell'arcivescovo Marco di Efeso.334

A Firenze si era ricostituita l'Unione con gli armeni ed era stata confermata quella coi maroniti; seguirono delle legazioni di copti, di etiopi, da Gerusalemme, di giacobiti della Mesopotamia, di nestoriani della Persia e di Cipro.

Ma, come già sappiamo, popolo, clero e monaci d'Oriente non erano affatto disposti all'unione.

Sebbene essa, dopo il ritorno dei negoziatori il primo di febbraio del 1440 fosse stata annunciata ufficialmente, anche a Costantinopoli e quantunque ancora alla vigilia della caduta dell'antica capitale dell'impero, latini e greci avessero celebrato assieme la liturgia nella Hagia Sophia ( cfr. § 122, I, 3 ), della riunificazione non rimase nulla.

La Russia, come abbiamo già visto, considerò addirittura l'Unione come una defezione dell'antica capitale dall'ortodossia e si arrogò il diritto di prenderne la successione come terza Roma.335

Ciononostante la Bolla d'unione conserva la sua importanza per l'età moderna.

Essa rimase la base per i seguenti tentativi di unire a Roma le chiese separate.

2. Le grandi concezioni dell'umanesimo italiano ( e in modo del tutto particolare quelle di Niccolo Cusano, data la loro affinità con la teologia di Giovanni Damasceno ) avrebbero potuto fecondare in profondità un movimento di unione.

Le condizioni politiche e politico-ecclesiastiche non permisero una tale attuazione.

E l'età che stava approssimandosi era, spiritualmente e religiosamente, di una struttura tale da rendere impossibile una unione in grande stile, di carattere politico-ecclesiastico.

a) Il problema dell'unione invece andò acquistando degli aspetti completamente nuovi, mediante l'attività di emissari latini nella cristianità orientale.

Al nostro sguardo si apre un gigantesco campo di attività ecclesiastica, una massa enorme di eroiche opere pastorali, svolte dagli Ordini di recente fondazione e da quelli antichi riformati ( gesuiti, cappuccini, carmelitani, ecc. ), una grandiosa attività, alimentata dall'amore e dal sacrificio, nella cura caritativa e nelle istituzioni educative; purtroppo fino ad oggi, o perlomeno fino a ieri, vediamo anche una storia sulla quale pesano gravi errori e delusioni.

Fissiamo innanzitutto la nostra attenzione sui risultati generali: oggi in tutte le chiese orientali separate da Roma, o accanto ad esse, c'è un ramo unito a Roma.

Il valore di questo dato di fatto lo dovremo definire criticamente più avanti.

b) Nel 1622 Gregorio XV fondò la congregazione di Propaganda Fide ( § 95, I, 8 ) con l'intento di coordinare in maniera unitaria tutta l'attività missionaria.

Purtroppo non era un coraggioso e saggio spirito di adattamento quello che permeava tale istituzione.

Poiché non si era riusciti a riconquistare la gerarchia ortodossa, si creò, dove fu possibile, un proprio episcopato uniate, un passo questo che è bensì comprensibile, ma che risultò fatale.

Senza volerlo, ma a causa anche di una certa impazienza che mirava troppo alle conversioni individuali, si creò un altro germe di scissione e un inasprimento nei contrasti.

Questo peggioramento èra inevitabile, tanto più che la pur molteplice attività si era lasciata strumentalizzare da aspirazioni politiche occidentali.

L'esempio più notevole - e dal punto di vista cristiano veramente scandaloso - è offerto ( già dal XVI secolo e poi in misura sempre crescente nel XVII secolo ) dalla cattolica Francia nel Vicino Oriente; essa acquistò dai turchi dei privilegi a favore dei suoi colonizzatori, mercanti e pellegrini francesi, protezione che più tardi fu estesa a tutti i cattolici ( Francesco I e Solimano II nel 1.535 ).

3. a) La più importante unione dell'età moderna fu quella conclusa con la chiesa rutena in Polonia-Lituania mediante l'Unione di Brest ( 1596 ).

Qui le condizioni, per una conciliazione durevole, si presentavano più favorevoli, poiché l'accordo fu il risultato di un lungo, anche se non sempre rettilineo, sviluppo.

Il punto di partenza remoto fu il crescere degli slavi orientali nell'ambito della giurisdizione di Kiev, verso Oriente o verso Occidente.

La parti occidentali si orientarono verso Roma.

Questo fatto giovò, in diversa maniera, alle due potenze, Polonia e Lituania, le quali ampliarono i loro territori a scapito di Kiev.

Quando nel 1569 la Polonia e la Lituania, che erano parti dell'impero, vennero fuse, i vescovi ortodossi combatterono contro l'infiltrarsi dello spirito calvinista.

Scontenti del loro patriarca, essi inviarono una legazione a Roma.

Si giunse così alla suaccennata Unione di Brest del 1596 con Clemente VIII.

Alla fine del XVII secolo ( 1681 e 1700 ) anche i rappresentanti delle due diocesi, rimaste ancora ortodosse, di Leopoli e Przemyls passarono al cattolicesimo.

Nello stesso secolo, però, si ristabilì in Polonia anche una nuova gerarchia ortodossa.

b) I basiliani, riformati già nel 1621 come Ordine avente mansioni pastorali, gruppi orientali di gesuiti, cappuccini e per ultimo gli studiti formatisi nell'Abbazia di Beuron e diverse congregazioni femminili hanno svolto una feconda opera pastorale nei confronti del clero e del popolo.

Alcune aspirazioni contro elementi latino-occidentali ( liturgia ) vennero anche qui rafforzate a partire dal 1848, dal risvegliarsi della coscienza nazionale.

Purtroppo anche una miope opposizione latino-occidentale della Polonia cattolica romana agì contro l'Unione.

Così, senza averne coscienza, essa preparò la scissione.

La ripartizione della Polonia nel XVIII secolo fu causa dell'annullamento dell'Unione nei territori passati alla Russia.

Per le diocesi uniate in territorio austriaco Pio VII eresse nel 1807 un'apposita provincia ecclesiastica ( Halicz ).

Su proposta dei vescovi, nel 1942 Roma riordinò la liturgia col rito bizantino e concesse che venisse conservata la tradizione rutena.

Una troppo severa imposizione del celibato fece diminuire il numero delle vocazioni.

Fiorì invece un insieme di ordini monastici ( anche femminili ) molto attivi.

Il governo bolscevico infranse, nel 1945, l'Unione che durava da 450 anni, adottando i soliti metodi di violenza.

Esso fu comunque appoggiato dall'appello, spiccatamente nazionalista, del nuovo patriarca eletto ( « l'unità della Nazione e l'autonomia della Chiesa » ).

4. Un rilevante gruppo di uniati, il maggiore dopo quello dei ruteni, vive nella Transilvanici.

Le sue sorti ecclesiastico-religiose derivano dall'eterogeneità dei suoi abitanti: rumeni ( slavo-latini ), magiari, sassoni e svevi tedeschi.

Nel XVI secolo, sotto il dominio turco, essi erano autonomi come cristiani ortodossi.

Il luteranesimo s'infiltrò fra i sassoni, il calvinismo fra i magiari.

Nel 1691, quando il loro paese fu riconquistato dall'imperatore Leopoldo e ai sacerdoti greci fu promessa l'equiparazione sociale, attraverso l'opera indefessa dei gesuiti si giunse, negli anni 1697-98-1700, ad un'unione con la promessa che sarebbe rimasto il rito bizantino.

L'unione si riallacciò al substrato latino nel patrimonio culturale dei romeni; la chiesa uniate, pertanto, poté diventare il centro del movimento nazionale, fintantoché nel XVIII secolo l'Unione andò diminuendo in favore dell'ortodossia ( serba ).

5. I territori dell'Italia meridionale, appartenenti al patriarcato di Costantinopoli, erano stati latinizzati fin dal periodo della conquista dei Normanni.

Quando, dopo il 1453 e nei tempi successivi, greci e albanesi si rifugiarono in Calabria e in Sicilia, essendo stati i loro paesi occupati dai turchi, mantennero il loro rito bizantino.

Benedetto XIV ( 1740-58 ) concesse loro una propria liturgia con certe limitazioni.

Le tre diocesi greche ebbero il loro vivaio spirituale nell'abbazia greca di Grottaferrata nei pressi di Roma, fondata da san Nilo.

6. Alla fine dei secoli XVI, XVII e XVIII si ebbero Unioni con gruppi serbi sul piano diocesano.

Nei primi due casi purtroppo, come già sappiamo, il vescovo latino della provincia ecclesiastica concesse loro un'autonomia insufficiente, cosicché, a partire dal 1690, al patriarca serbo Arsenici, immigrato in Croazia con 40.000 famiglie, riuscì relativamente facile allentare i vincoli con Roma e addirittura spezzarli ( nella Sirmia ).

La terza diocesi fu fatta erigere nel 1777 da Maria Teresa per i serbi uniati ( Rores ).

Piccoli gruppi di bulgari si unirono a Roma dal 1860, altri greci verso la fine del XIX secolo e alcuni russi nel XX secolo.

7. a) Nei secoli XVII e XVIII si verificò, quindi, una serie di non trascurabili unioni con Roma.

Esse sono strettamente connesse, come abbiamo già accennato, al lavoro svolto dai gesuiti, dai carmelitani e dai cappuccini.

In particolare si svilupparono anche profondi movimenti di conversione, una vera lotta per raggiungere una forma di Chiesa e una professione di fede, che rendessero possibili una unione con Roma.

Ma questi movimenti non agirono molto in ampiezza, ne durarono molto a lungo.

La situazione era ostacolata dappertutto dall'odio dei « greci » verso il « nemico secolare », i latini.

Purtroppo da parte della curia romana non sempre gli interventi nelle cose d'Oriente furono dettati da senso di opportunità, di prudenza e di correttezza.336

b) Uno sguardo alla carta geografica ci svela l'impressionante risultato: il frazionamento della chiesa orientale, di cui spesso abbiamo parlato, è complicato ora dall'esistenza delle comunità uniate.

In Alessandria, per es., oggi abbiamo quattro patriarchi di Alessandria: due greci e due copti, dei quali uno ortodosso e uno cattolico.

Osservando tali suture, ci rendiamo dolorosamente conto dello smembramento, e la necessità dell'unità e dell'unione si manifesta in tutta la sua evidenza.

Dobbiamo ora occuparci dell'aspetto fondamentale del problema.

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334 I motivi degli unionisti erano di valore completamente diverso.
Il metropolita di Kiev la desiderava per vera convinzione, altri ortodossi erano mossi dallo scontento nei confronti del loro patriarca.
I motivi politici dell'imperatore erano evidenti.
335 Comunque, Kiev per esempio ( il cui metropolita Isidoro aveva entusiasticamente aderito all'unione a Firenze ) possedette, fino allo scioglimento del vescovado sotto Caterina ( dopo un notevole lavoro di costruzione nel periodo della Controriforma ), diversi vescovadi latini accanto alla gerarchia ortodossa. Quel lavoro di costruzione toccò anche il campo della teologia: a Kiev per esempio, nel XVII secolo s'insegnava l'intera Somma Teologica di san Tommaso.
336 Come per esempio nel caso del sacerdote giacobita Dionys Michael Giarve, convertitosi al cattolicesimo nel 1760, il quale tenne segreta la sua conversione e si fece consacrare vescovo di Aleppo dal patriarca giacobita.