La storia della Chiesa

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§ 126. Prospettive

I. La Chiesa nel tempo

1. a) Ci troviamo al termine di un cammino attraverso più di diciannove secoli.

Dando uno sguardo complessivo e riassuntivo, cerchiamo ora di definire la situazione della Chiesa nel presente esprimendone i bisogni e forse le prospettive.

Ci sentiamo subito oppressi dalla natura stessa della storia: la sua complessità.

Ci stanno dinanzi, opprimenti nella loro molteplicità, tendenze diverse, anzi contraddittorie.

E tutto va collocato al suo posto: quanto c'è di positivo e di negativo, di prométtente e di minaccioso.

Talune esperienze del nostro lungo cammino ( non per ultimo le speranze deluse di una rifioritura sostanziale del cristianesimo e della Chiesa, dopo la prima e la seconda guerra mondiale ) ci consigliano prudenza nell'interpretazione.

Trovandoci proprio nel mezzo degli avvenimenti, non ci è possibile pensare di poter interpretare la situazione in maniera esauriente.

L'abbiamo già sperimentato in profondità: è sempre il domani a dimostrare ciò che l'oggi veramente è.

b) Tuttavia ci è possibile affermare, pur con ogni precauzione, che il tempo presente, attorno all'anno 1973, ha dal punto di vista storico-ecclesiastico un carattere del tutto particolare.

Nel mezzo stesso di questo mondo in continuo e profondo sovvertimento, nel corso di un vastissimo attacco, aperto e velato, contro la fede e la sua depositarla, la Chiesa, questo mondo stesso - come ripeteremo ancora - ha disponibili molte risorse per il compito assegnato alla fede; la Chiesa stessa, da parte sua, si è messa in movimento in maniera tanto feconda, conduce tanto intensamente un dialogo con la cristianità da essa separata e perfino col mondo non cristiano - e questo in base ad una profonda riforma interna - che nel corso della storia mai il momento è stato tanto incoraggiante per una conclusione e una prospettiva.

La svolta storica, infatti, che nel precedente paragrafo abbiamo tratteggiato, per il secolo XX fino a noi in moltissimi settori della storia della Chiesa non è interrotta ne nell'ambito cattolico ne in quello evangelico, nonostante le molte oscillazioni e reazioni alle quali abbiamo accennato.

c) Il credere di aver ricevuto la verità dal Signore e dai suoi apostoli fa parte del patrimonio inalienabile della Chiesa, oggi e sempre.

Ma l'accentuazione della professione di fede oggi è diversa.

Quando nei secoli passati accadeva che si giungesse ad una specie di dialogo fra la Chiesa e « gli altri », mai, come oggi, esso si attuò, non come qualcosa di imposto e di preteso, ma come mandato obbligante del Signore, come libera offerta e disposizione ad ascoltare i fratelli separati.

Sappiamo da molte altre analisi quanto siffatte caratterizzazioni generali abbiano valore approssimativo e si riferiscano soltanto agli inizi e non al loro compimento.

È un fatto che vogliamo tener presente anche ora.

2. a) A partire dalla sua fondazione ad opera di Gesù, la Chiesa ha vissuto un grandioso sviluppo.

Lo studioso che confronti la sua immagine attuale con quella ricavata dagli Atti degli Apostoli rimane impressionato, in maniera sconcertante, dalla differenza - sia che ne osservi la sua diffusione sulla faccia della terra o la strutturazione molteplicemente graduata dei suoi organi interni, delle numerose forme della sua vita di pietà, specie della liturgia, o l'elaborazione della dottrina del Vangelo di Gesù Cristo e la sua presentazione nel magistero, nella liturgia e nella teologia.

Il granello di senape è veramente diventato un grande albero.

Ci si presenta una infinita e anche sconvolgente molteplicità di forme e di contenuti di valore molto diverso.

È illuminante per l'intelligenza storica questa riflessione: come ha potuto il piccolo seme trasformarsi in questo poderoso albero?

Quel pugno di discepoli di Gesù della prima Pentecoste come ha potuto trasformarsi in Chiesa che abbraccia il mondo?

b) Attraverso l'incarnazione del Logos il cristianesimo, per sua essenza, è in un senso supremo universalmente umano; è chiaro che si sarebbe potuto manifestare in qualsiasi forma di culto.

Come mai si è servito proprio di quelle forme che conosciamo dalla storia e che ci stanno dinanzi?

La fondamentale risposta formale l'abbiamo data all'inizio delle nostre considerazioni: la fondazione di Gesù si sviluppa sotto la guida dello Spirito Santo, secondo le contingenze naturali precostituite dal naturale « spazio-culturale » nel quale avviene la semina e la crescita.

In tal modo si riconosce, al tempo stesso, il risultato, ossia l'attuarsi della concreta forma storica nella sua contingenza storica: come il nocciolo della dottrina e perciò la natura della sua costituzione furono e sono immutabili, in quanto precostituite dalla vita e dalla dottrina del Signore, così la Chiesa può, anzi deve, liberamente cercare su tale base l'espressione esteriore per questa sua vita interiore.

Ogni crescita significa anche invecchiamento.

E comporta il pericolo di una specie di fossilizzazione e può condurre ad una certa sterilità.

Nella storia della Chiesa l'abbiamo spesso sperimentata.

Talvolta abbiamo avuto perfino l'impressione che fosse proprio quest'irrigidimento, l'attenersi soltanto alla tradizione, a imprimere la sua impronta all'esistenza della Chiesa.

Sappiamo invece, da molti avvenimenti della storia della Chiesa, che anche la minaccia più tremenda ha potuto sempre essere vinta mediante una rivitalizzazione.

La cosa essenziale per noi sta nella fondata conoscenza che oggi nulla è cambiato a tale riguardo.

Lo slogan fin troppo sommario, coniato dal liberalismo sufficiente, della « Chiesa fossilizzata » è ormai antiquato.

Molto di essa e in essa era irrigidito; qualcosa è anche oggi, naturalmente, poco vivo sia nella gerarchia che nei laici; forse un giorno questa Chiesa pellegrina sarà nuovamente colta da maggiore stanchezza.

Ciononostante la sua grandiosa capacità di perseverare non scambia nella sostanza la tradizione col conservatorismo; la Chiesa è viva.

E oggi essa è in movimento.

Abbiamo incontrato una sorprendente quantità di ordinamenti e di valutazioni progressiste degli ultimi papi dopo Leone XIII.

Con Pio XI abbiamo potuto sentire addirittura la riproclamazione programmatica dell'idea del sacerdozio universale.

Ed è appena nel 1956 che Pio XII ha osato toccare la sfera, ritenuta intangibile, della liturgia, con una ristrutturazione dell'azione liturgica della Settimana Santa e della veglia pasquale ( per il concilio cfr. cap. III ).

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