Paolo VI e la costruzione della civiltà dell'amore

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4. Se vuoi la civiltà dell'amore, lavora per la giustizia, perdona

Dopo aver tematizzato l'apporto di Paolo VI all'elaborazione della categoria culturale della civiltà dell'amore, è giunto il momento di precisarne meglio i contenuti, avvalendosi di altre riflessioni del pontefice sulla giustizia e sullo sviluppo dei popoli.

In questo paragrafo ci fermiamo sul documento finale del Sinodo del 1971, La giustizia nel mondo.

Sembra utile precisare – prima di addentrarci nella riflessione di Paolo VI – che il binomio amore e giustizia non può reggersi da solo.

Ha bisogno di inverarsi in un contesto culturale con cui è interdipendente, come ha più volte affermato l'attuale pontefice.

Oggi, sostiene Giovanni Paolo II, è ineludibile e improcrastinabile scegliere tra la civiltà dell'amore e l'"anti-civiltà", caratterizzata da un'insana voglia di distruzione e di morte.14

L'individualismo egocentrico ed egoistico, sorretto dall'agnosticismo e dall'utilitarismo imperanti, è la grande minaccia per la civiltà dell'amore.

« L'individualismo suppone un uso della libertà nel quale il soggetto fa ciò che vuole, stabilendo egli stesso la verità di ciò che gli piace o gli torna utile.

Non ammette che altri voglia o esiga qualcosa da lui nel nome di una verità oggettiva.

Non vuole dare ad un altro sulla base della verità, non vuole diventare un dono sincero ».15

In una civiltà in cui si perda la verità sull'uomo, si preclude la possibilità dell'amore.

Il rischio della perdita della verità si unisce al rischio della perdita della libertà e dell'amore bello, che è elargizione di sé per il bene altrui.

Diventa più difficile che l'uomo possa incontrare il suo simile come amico, come un aiuto in ordine al proprio compimento.

È più arduo che a ciascuno sia dato il suo.

È meno doverosa la pace.

Urgono cuori che non siano ciechi e duri come pietra, ma capaci di vedere il bene dell'altro e di assumerlo responsabilmente; urgono cuori traboccanti d'amore anche per chi offende, spoglia o uccide, sull'esempio di Gesù che dall'alto del patibolo prega: « Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno » ( Lc 23,34 ).

L'amore cristiano dà alle persone molto più di quanto non possa fare la giustizia riparatrice, distributiva, contributiva, sociale.

In definitiva, per Giovanni Paolo II il binomio amore e giustizia è dipendente dai valori della verità e della libertà.

Un contesto culturale che non onora la verità, anzi, che dichiara che essa non esiste come bene universale, pregiudica la libertà delle persone, svilisce la relazionalità, mette a repentaglio la giustizia.

Verità, libertà, giustizia, amore sono valori solidali tra loro.

O si coniugano insieme o insieme periscono.

Non solo, essi sono i quattro pilastri su cui costruire un ordine sociale pacifico, rispondente alla dignità delle persone e alle esigenze del loro spirito, come aveva già insegnato Giovanni XXIII nella sua enciclica Pacem in terris ( cf. n. 16 ).

Se si vuole promuoverne uno, occorre abbracciare tutti gli altri, con imparzialità e creatività.

Ebbene, per il Sinodo del 1971, il cui documento finale è stato approvato da Paolo VI, esiste un nesso profondo tra costruzione della civiltà dell'amore e trasformazione del mondo secondo giustizia.

L'amore cristiano del prossimo e la giustizia non possono essere disgiunti.

L'amore, infatti, implica un'assoluta esigenza di giustizia, ossia il riconoscimento della dignità e dei diritti del prossimo; la giustizia, a sua volta, raggiunge la sua pienezza interiore unicamente nell'amore.

Un tale legame di mutua implicanza è istituito e prescritto, oltre che da ragioni gnoseologiche ed etiche, da ragioni strettamente religiose, e precisamente cristologiche ed ecclesiologiche.

« Attraverso la sua azione e il suo insegnamento Cristo – si legge, infatti, nel documento – ha unito, in forma indissolubile, il rapporto dell'uomo con Dio e il suo rapporto con gli altri uomini.

Cristo ha vissuto la sua vita nel mondo con una totale donazione di se stesso a Dio per la salvezza e la liberazione degli uomini.

Con la sua predicazione, egli ha proclamato la paternità di Dio verso tutti gli uomini e l'intervento della divina giustizia in favore dei bisognosi e degli oppressi ( cf. Lc 6,21-23 ).

Cristo si è reso fino a tal punto solidale con questi suoi "fratelli più piccoli" da affermare: "Quel che voi avete fatto ad uno di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" ( Mt 25,40 )» ( GNM n. 12 ).

Due paragrafi più avanti si trova scritto: « La Chiesa ha ricevuto da Cristo la missione di predicare il messaggio evangelico, che contiene la chiamata dell'uomo alla conversione dal peccato all'amore del Padre, e la fraternità universale e, perciò, l'esigenza della giustizia nel mondo.

È questa la ragione per la quale la Chiesa ha il diritto anzi, anche il dovere, di proclamare la giustizia nel campo sociale, nazionale ed internazionale, nonché quello di "denunciare" le situazioni di ingiustizia, allorché i diritti fondamentali dell'uomo e la sua stessa salvezza lo richiedono» ( GNM n. 14 ).

Detto altrimenti, la civiltà dell'amore si realizza soltanto tramite la fedeltà a Dio e all'uomo.

I due amori, per Dio e per l'uomo, si intersecano, si concretizzano e si articolano nell'impegno per la giustizia che, a sua volta, si esplica nella difesa e nella promozione della dignità e dei diritti fondamentali della persona umana ( cf. GNM n. 14 ).

Una società giusta è, pertanto, condizione di esistenza della civiltà dell'amore.

E, tuttavia, non ne esaurisce il volume totale.

La giustizia trova la sua misura piena nell'amore, sua scaturigine inesauribile, come spiegherà magistralmente Giovanni Paolo II nell'enciclica Dives in misericordia ( = DIM ),16 proprio ricollegandosi alla proposta montiniana di una nuova civiltà: « L'autentica misericordia è, per così dire, la fonte più profonda della giustizia.

Se quest'ultima è di per sé idonea ad "arbitrare" tra gli uomini nella reciproca ripartizione dei beni oggettivi secondo l'equa misura, l'amore invece, e soltanto l'amore ( anche quell'amore benigno, che chiamiamo "misericordia" ), è capace di restituire l'uomo a se stesso.

La misericordia autenticamente cristiana è pure, in certo senso, la più perfetta incarnazione dell'uguaglianza tra gli uomini, e quindi anche l'incarnazione più perfetta della giustizia, in quanto anche questa, nel suo ambito, mira allo stesso risultato.

L'uguaglianza introdotta mediante la giustizia si limita, però, all'ambito dei beni oggettivi ed estrinseci, mentre l'amore e la misericordia fanno sì che gli uomini s'incontrino tra loro in quel valore che è l'uomo stesso, con la dignità che gli è propria. [ … ]

Così, dunque, la misericordia diviene elemento indispensabile per plasmare i mutui rapporti tra gli uomini, nello spirito del più profondo rispetto di ciò che è umano e della reciproca fratellanza.

È impossibile ottenere questo vincolo tra gli uomini, se si vogliono regolare i mutui rapporti unicamente con la misura della giustizia.

Questa, in ogni sfera dei rapporti interumani, deve subire, per così dire, una notevole "correzione" da parte di quell'amore, il quale – come proclama san Paolo – "è paziente" e "benigno" o, in altre parole, porta in sé i caratteri dell'amore misericordioso, tanto essenziali per il vangelo e per il cristianesimo » ( DIM n. 14 ).

Sia per Paolo VI che per Giovanni Paolo II, la giustizia trova compimento in quella forma singolarissima e alta dell'amore che è il perdono.

Questo, fondamentale condizione della riconciliazione tra persone e popoli, è forma superiore della giustizia e causa della pace.17

Il Vangelo del perdono non nasconde una concezione svilita della vita, tantomeno fa sconti sulle esigenze della giustizia.

Questa è inclusa nel perdono come scopo.

« In nessun passo del messaggio evangelico – annota in particolare Giovanni Paolo II – il perdono, e neanche la misericordia come sua fonte, significano indulgenza verso il male, verso lo scandalo, verso il torto o l'oltraggio arrecato.

In ogni caso, la riparazione del male e dello scandalo, il risarcimento del torto, la soddisfazione dell'oltraggio sono condizione del perdono » ( DIM n. 14 l ).18

In un contesto di globalizzazione, prevalentemente ispirata a criteri neoutilitaristici e neoliberisti, in cui si è alla ricerca di nuovi strumenti per la promozione della giustizia, è senz'altro illuminante riproporre alcuni orientamenti pratici offerti dal Sinodo.

Il principale ostacolo per noi, oggi, non è costituito, come ritengono molti neoliberisti, dalle intenzioni e dalle tendenze invasive dello Stato sociale, bensì dalla sua crescente impotenza.

I nostri strumenti per la promozione della giustizia sono rimasti al livello dello Stato-nazione.19

Come spiega bene Amartya Sen, il problema all'ordine del giorno è la realizzazione di una giustizia globale, che non si identifica soltanto con la giustizia tra le nazioni, ma deve riguardare anche le società civili e coinvolgere tutte le associazioni e gruppi culturali.20

Ecco, allora, alcuni dei suddetti orientamenti che serbano intatta la loro validità.

Concernono, in primo luogo, i comportamenti della Chiesa e le varie componenti, che debbono impegnarsi in un serio esame di coscienza circa l'amministrazione dei beni, secondo le esigenze dell'annunzio ai poveri.

a) L'educazione permanente alla giustizia, per giungere al superamento dell'individualismo gretto, dell'idolatria dell'avere; per favorire il rinnovamento del cuore, fondandosi sulla presa di coscienza del peccato individuale e sociale; per istillare stili di vita improntati alla carità e alla semplicità.

« La prima educazione alla giustizia – rammenta il Sinodo – avviene, innanzitutto, nella famiglia ».

Ma subito aggiunge: « Sappiamo bene che a questo contribuiscono non solo le istituzioni ecclesiastiche, ma anche le altre scuole, i sindacati e i partiti politici » ( GNM n. 17 ).

Momenti privilegiati di essa sono la conoscenza e la sperimentazione della Dottrina sociale della Chiesa, nel suo duplice aspetto di annuncio e di denuncia, e, inoltre, la liturgia e i sacramenti ( cf. nn. 18-19 ).

b) La cooperazione tra Chiese locali delle nazioni ricche e quelle povere, quale testimonianza del Vangelo.

Il Sinodo, in particolare, incoraggia le generose disposizioni all'aiuto reciproco tra le Chiese a una maggiore efficacia « attraverso un'effettiva coordinazione ( Sacra Congregazione per l'evangelizzazione dei Popoli e Pontificio Consiglio "Cor unum" ), attraverso una prospettiva unitaria nell'amministrazione comune dei doni di Dio, attraverso una fraterna solidarietà che favorisca sempre l'autonomia e la responsabilità dei beneficiari in ordine sia alla determinazione dei criteri, sia alla scelta di obiettivi concreti ed alla loro attuazione » ( n. 20 ).

c) La collaborazione ecumenica per realizzare lo sviluppo dei popoli e la pace nel mondo, convergendo nella tutela e promozione dei diritti dell'uomo, specie quello alla libertà religiosa.

A proposito dello sviluppo di tutti i popoli si raccomandano:

trasferimento di una percentuale del reddito annuale delle nazioni più ricche alle nazioni in via di sviluppo;

fissazione di prezzi più equi per le materie prime;

apertura dei mercati delle nazioni più ricche;

trattamento preferenziale per l'esportazione dei prodotti manufatti delle nazioni in via di sviluppo;

piena partecipazione di queste nelle Organizzazioni internazionali operanti nel campo dello sviluppo;

perfezionamento delle Organizzazioni internazionali e degli Organismi specializzati delle Nazioni Unite, deputati ad affrontare diverse questioni relative alla povertà, alle riforme agrarie, alla sanità, all'educazione, all'occupazione, all'abitazione, all'urbanizzazione esplosiva;

costituzione di un fondo comune per procurare alimenti sufficienti in ordine al pieno sviluppo psichico e fisico dell'infanzia;

versamento da parte dei governi dei speciali contributi al fondo in favore dello sviluppo;

relazioni multilaterali;

salvaguardia dell'ambiente naturale;

sviluppo dei popoli secondo la loro identità culturale;

assistenza che favorisca l'autopromozione;

inserimento di tutti i popoli nella cooperazione al conseguimento del bene comune ( cf. nn. 21-22 ).

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14 Cf. ad es. Giovanni Paolo II, Lettera alle famiglie, n. 13
15 Ibid., n. 14
16 Cf. Giovanni Paolo II, Dives in misericordia
Qui si segue il testo italiano Rivelazione della misericordia
17 Cf. Paolo VI, Messaggio per la giornata mondiale della pace ( 1° gennaio 1970 ): « Educarsi alla pace attraverso la riconciliazione»
18 A questo proposito si veda anche Giovanni Paolo II, Messaggio per la giornata mondiale della pace, n. 5 ( 1° gennaio 1997 ): « Offri il perdono, ricevi la pace »
19 Cf. Z. Bauman - K. Tester, Conversations with Zygmunt Bauman, Polity Press, Cambridge 2001, tr. it.: Società, etica, politica.
Conversazioni con Zygmunt Bauman, Raffaello Cortina Editore, Milano 2002, p. 145
20 Cf. A. Sen, Globalizzazione e libertà, Mondadori, Milano 2002, specie pp. 46-49