Gesù Cristo rivelazione dell'uomo

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Capitolo ottavo - I

Lavoro, Ricerca, Progresso

I. Il lavoro, luogo privilegiato della nostra presenza nel mondo

Per vivificare la nostra vita, il Vangelo deve vivificarci là dove siamo, cioè nei nostri impegni quotidiani.

Ora, un luogo particolarmente denso della nostra presenza al mondo, è il lavoro, includendo in questo termine tutte le forme di lavoro umano: lavoro manuale, artigianale, ricerca, tecnologia, con le applicazioni che ne derivano nei settori dell'economia, del commercio, dell'industria, della politica.

I recenti documenti del Magistero, per esempio, Mater et magistra ( 1961 ) e Pacem in tefris ( 1963 ) di Giovanni XXIII; Populorum progressio ( 1967 ) di Paolo VI; Redemptor hominis ( 1979 ) di Giovanni-Paolo II, sottolineano la dignità e il senso dei nostri compiti terrestri.

La Gaudium et spes ( 1965 ) consacra tutto il capitolo III della prima parte ( nn. 33-39 ) a « l'attività umana nell'universo ».

Gli stessi temi si ritrovano ai numeri 21 e 57.

All'opposto del concetto marxista, la Costituzione dichiara che « la speranza escatologica non diminuisce l'importanza dei compiti terreni, ma ne sostiene piuttosto il compimento per mezzo di nuovi motivi » ( n. 21 ).

« L'attività umana, individuale o collettiva, questo gigantesco sforzo mediante il quale gli uomini, lungo i secoli, si sforzano di migliorare le loro condizioni di vita, corrisponde ai disegni di Dio » ( n. 34 ).

La Costituzione riconosce « l'autonomia delle realtà terrestri » come pure i metodi e le tecniche delle scienze che si applicano a studiarle.

Essa deplora l'atteggiamento di alcuni cristiani che, « non sufficientemente avvertiti della legittima autonomia della scienza », arrivano a pensare che « scienza e fede si oppongono » ( n. 36 ).

E infine: « l'attesa di una nuova terra non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo dell'umanità nuova che già riesce ad offrire una certa prefigurazione che adombra il mondo nuovo.

Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dalla sviluppo del Regno di Dio, tuttavia, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l'umana società, tale progresso è di grande importanza per il regno di Dio » ( n. 39 ).

Queste dichiarazioni rassicurano molti ricercatori che, per lungo tempo, hanno avuto l'impressione che, lavorando all'esplorazione e alla costruzione dell'universo, facevano opera pagana, lavoravano fuori dalla Chiesa, se non contro la Chiesa.

Notiamo tuttavia che i documenti citati risalgono al massimo a due decenni.

Prima della Gaudium et spes, mai la Chiesa, salvo in qualche dichiarazione di Pio XII, aveva parlato tanto esplicitamente dell'uomo alle prese coi problemi della vita terrena.

La teologia, da parte sua, ha impiegato molto tempo per arrivare a considerare queste realtà come oggetto della sua riflessione.

Infatti, il Dictionnaire de théologie catholique, incominciato all'inizio del secolo e terminato nel 1950, si proponeva di esporre « sotto i loro diversi aspetti tutte le questioni che interessano i teologi ».

Ora il Dictionnaire non dice nulla su realtà tanto importanti come: mestiere, lavoro, famiglia, paternità, maternità, sesso, gioia, sofferenza, economia, politica, bellezza, storia, terra, mondo, laico.1

Si deve concludere che la fede non ha nulla da dire su queste realtà che costituiscono la trama della nostra esistenza?

Questo silenzio si spiega, sembra, mediante un certo concetto della teologia, secondo il quale il suo discorso deve portare esclusivamente sui misteri di Dio e del suo progetto di salvezza.

Affermazione certamente legittima, ma che lascia intatta la questione: è vero che la fede non ha niente da dire sulle realtà umane, in particolare il lavoro?

Questa esclusione dalle realtà terrene della riflessione teologica dipende anche dalla situazione di una Chiesa vivente ai margini della scienza o in guerra contro di essa; e, d'altra parte, da una scienza che disprezza la Chiesa: dramma tante volte denunciato e descritto da Teilhard de Chardin.

Ma, dopo la guerra, il mondo è cambiato.

Numerosi teologi hanno preso coscienza di questa situazione e si sono applicati a ristabilire dei legami tra Chiesa e mondo, tra fede nel progresso e fede in Dio.

Benché sia recente, questa riflessione, una volta iniziata, è stata estremamente rapida: i pionieri e gli artefici sono legioni.

Citiamo: Teilhard de Chardin, M. D. Chenu, A. Auer, E. Mersch, J. David, G. Thiis, K. Rhaner, J. Daniélou, Y.-M. Congar, von Balthasar, J. Alfaro, J. B. Metz, A. de Nicolas, J. M. Aubert, A. de Bovis, J.-Y. Calvez, D. Dubarle, Ch. Duquoc, M. Flick, Z. Aiszeghy, C. V. Truhiar, Ph. Land, L. Malevez, J. Mouroux, E. Rideau, H. Rondet, P. Smulders, ecc.

Di tutti gli artefici di questa riflessione, Teilhard è senza dubbio colui che ha di più contributo, dall'inizio del secolo, a scuotere le coscienze cristiane, a risvegliare il senso delle responsabilità di fronte all'evidenza del progresso.

Ha dimostrato che solo il cristianesimo era capace di riconciliare il mondo del progresso con quello della fede; ancor più, che solo il Cristo universale, creatore e ricapitolatore di tutte le cose, poteva operare la sintesi dell'in-avanti del progresso umano e dell'in-alto della fede.

Teilhard ha avuto un ruolo di stimolatore e di catalizzatore in questa vasta operazione di presa in carico del mondo da parte della riflessione teologica.

I pensatori che l'hanno seguito, hanno precisato, arricchito, orchestrato, soprattutto fondato meglio filosoficamente e teologicamente, le sue intuizioni.

Hanno fatto l'inventario della molteplicità degli aspetti che danno al lavoro e alla ricerca la sua pienezza di significato, ma è Teilhard, pensiamo, che è stato la fonte di ispirazione del movimento stesso.

Il Vaticaho II, nella Gaudium et spes, ha in qualche modo « canonizzato » questa riflessione teologica, che è nello stesso tempo punto di partenza di un nuovo approfondimento.

Appena intraprendiamo una riflessione sulle realtà terrene, come lavoro, ricerca, tecnica, siamo minacciati da uno scoglio.

Il mondo del lavoro che intendiamo descrivere e capire, è certo quello di oggi, coi suoi lineamenti attuali.

Tuttavia non dobbiamo lasciarci affascinare e dominare da questa visione del mondo presente.

Dobbiamo capirlo, con il suo contributo specifico, con le sue ricchezze, le sue ambiguità, le sue deviazioni.

Ma questa fenomenologia è in vista di una teologia.

Ciò che vogliamo capire, in definitiva, è il senso, cioè la molteplicità dei sensi che la fede trova o infonde in queste realtà terrene che noi chiamiamo lavoro, ricerca, tecnologia.

Noi descriviamo il mondo attuale, con la sua fisonomia attuale, non quello del Medio Evo, perché è in questo mondo che noi pensiamo, viviamo e agiamo, senza tuttavia mai dimenticare che la nostra intenzione è prima di tutto la scoperta di un significato.

Noi seguiamo, insomma, l'itinerario della Gaudium et spes: descriviamo per poi capire il significato cristiano, cioè la polivalenza del significato del lavoro e del progresso, come realtà terrene.

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1 Un esposto più dettagliato di queste lacune si troverà in: Ph. Ro QUEPLO, Expérience humaine: experience de Dieu, Paris, 1968, pp. 19-22 ( trad. it. Esperienza del mondo: esperienza di Dio, Elle Di Ci, Torino-Leumann ).
Vedere anche: A. GONACZY, Homme créateur, 'Dieu créateur, Paris, 1979, pp. 196-197.