Summa Teologica - I

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Trinità e creazione

Non si sarà ancora compreso del tutto lo schema circolare della Somma fintantoché non si sarà capito che si tratta di uno schema trinitario che Tommaso vede già all'opera nei rapporti del mondo col suo Creatore.

Questa visione del mondo teologalmente unificata - che egli condivide largamente con i suoi grandi contemporanei Alberto e Bonaventura - era già presente fin dagli inizi della sua riflessione teologica.123

Meno conosciuti, questi testi della giovinezza di Tommaso sono a volte preziosi per spiegare quelli della maturità.

All'inizio della sua carriera, su alcuni temi egli è stato sovente più esplicito di quanto non lo sarà in seguito.

Il fenomeno è noto: la prima volta che un autore percepisce un'idea importante, egli cerca di esplorarla a fondo e di mostrarne tutti gli aspetti.

In seguito, si accontenta di ricordarla succintamente e di supporre conosciuta dal suo lettore la prima spiegazione che ne ha dato.

Così accade per le relazioni della creazione con la Trinità: nelle Sentenze pur esprimendosi in maniera molto condensata, troviamo tuttavia una dottrina più ampiamente sviluppata rispetto alla Somma: « Nell'uscita delle creature dal primo Principio si osserva una specie di movimento circolare ( quaedam circulatio vel regiratio ) per il fatto che tutte le cose ritornano, come al loro fine, verso ciò da cui sono uscite come dal loro Principio.

Ed è per questo che è necessario che il loro ritorno verso il fine si compia mediante le stesse cause per cui si ha la loro uscita dal Principio.

Ora, come si è già detto, poiché la processione delle persone è la ragione esplicativa [ ratio; questo termine molto ricco ha simultaneamente vari significati: causa, modello, ragione, motivo, ecc. ] della produzione delle creature operata dal primo Principio, questa stessa processione è dunque anche la ratio del loro ritorno al loro fine ».124

Un po' enigmatico nella sua concisione, questo testo si spiega facilmente se ci si riferisce al passaggio al quale rinvia l'autore.125

Alcune pagine prima egli ha spiegato che la processione delle creature, altrimenti detta creazione, non si spiega bene da parte del suo autore se non tenendo conto di due punti di vista: da una parte, quello della natura divina, la cui pienezza e perfezione spiegano la perfezione delle creature - dato che essa ne è contemporaneamente la causa realizzatrice e il modello -; e dall'altra parte, quello della volontà, che fa sì che tutto ciò sia donato liberamente, per amore, e non per una specie di necessità naturale.

Ora, siccome noi riteniamo mediante la nostra fede che in Dio vi è una processione delle persone all'interno dell'unità dell'essenza divina, ne concludiamo che questa processione intratrinitana, che è perfetta, deve anche essere la causa e la ragione esplicativa della processione delle stesse creature.

Dal punto di vista della natura, è chiaro che la perfezione delle creature non rappresenta se non molto imperfettamente la perfezione della natura divina; ma noi la riferiamo tuttavia, come a suo principio esplicativo, al Figlio, che contiene tutta la perfezione della natura divina poiché è la perfetta immagine del Padre.

È così che la processione del Figlio è il modello, l'esemplare e la ragione della processione delle creature nell'ordine naturale, dove esse imitano e riproducono qualcosa della natura divina.

In base al secondo punto di vista, secondo cui la processione delle creature risulta dalla volontà divina, occorre riferirsi a un principio che sia esplicativo di tutti i doni elargiti da tale volontà.

Il principio primo in quest'ordine non può essere che l'amore, poiché non è che in sua virtù che tutte le cose sono liberamente accordate dalla volontà divina, dunque esso ne è anche la ragione esplicativa.

E per questo che, in quanto risulta dalla liberalità divina, la processione delle creature è ricondotta alla persona dello Spirito Santo, che procede per modo di amore.

Tale dottrina, già presente in molti altri testi di questo stesso libro delle Sentenze,126 è anche quella della Somma che la riprende con molta più chiarezza: « A Dio appartiene l'atto creativo in forza del suo essere: e questo non è che la di lui essenza, comune alle tre Persone.

E così il creare non è proprietà di una sola Persona, ma opera comune di tutta la Trinità.

Tuttavia le Persone divine hanno un influsso causale sulla creazione in base alla natura delle rispettive processioni … Dio è causa delle cose per mezzo del suo intelletto e della sua volontà, come l'artigiano nei confronti dei suoi manufatti.

Ora, l'artigiano si pone all'opera servendosi di un verbo [ parola intima o idea ] concepito dall'intelligenza, e spinto da un amore [ o inclinazione ] della sua volontà verso qualche oggetto: Allo stesso modo anche Dio Padre ha prodotto le creature per mezzo del suo Verbo, che è il Figliuolo; e per mezzo del suo Amore, che è lo Spirito Santo.

E sotto questo aspetto le processioni delle Persone sono causa della produzione delle creature, in quanto esse includono attributi essenziali, quali la scienza e la volontà ».127

Dopo aver chiarito ciò che riguarda direttamente la produzione delle creature, possiamo ritornare al brano delle Sentenze che stiamo commentando e che continua trattando del ritorno delle creature verso Dio, parimenti messo da Tommaso in relazione con la processione del Figlio e dello Spirito: « Infatti come siamo stati creati per mezzo del Figlio e dello Spirito Santo, così mediante essi siamo uniti al nostro fine ultimo.

Questo già pensava sant'Agostino quando evocava il Principio al quale ritorniamo, cioè il Padre, il Modello che seguiamo, cioè il Figlio, e la Grazia che ci riconcilia, cioè lo Spirito Santo.

Come pure sant'Ilario, che parla dell'unico senza-principio e principio di tutto, al quale riferiamo tutte le cose mediante il Figlio ».128

Questo testo ha su molti altri il vantaggio di prolungare la dottrina della processione delle creature con una dottrina delle « missioni » divine.

Si parla di missione, è chiaro, per esprimere l'invio ( in latino: ( missio ) del Figlio da parte del Padre, o dello Spirito da parte del Padre e del Figlio, mediante il dono della grazia accordato alle creature razionali …

Per il momento è sufficiente sapere che è l'operazione dello Spirito in mezzo alle creature che permette il ritorno dell'opera all'Artefice.

Incontriamo qui per la prima volta, ma la ritroveremo spesso, una opzione tomasiana fondamentale che traduce esattamente la sua visione del mondo: malgrado la differenza di livello tra il dono dell'essere e quello della grazia, Tommaso non vede nessuna rottura in due parti: è lo stesso Dio che prende l'iniziativa di questi due tipi di doni nell'unità del suo piano di salvezza per il mondo: « Vi sono due modi di considerare la processione delle persone nelle creature.

In primo luogo in quanto essa è la ragione dell'uscire dal Principio, ed è questa la processione dei doni naturali nei quali sussistiamo; in tal modo Dionigi può affermare nei Nomi divini che la saggezza e la bontà divine procedono nelle creature … ».

I « doni naturali » corrispondono a ciò che chiamavamo poco fa il livello della natura; si tratta del fatto di esistere, che l'uomo condivide con tutto ciò che è, ma che nel suo caso riveste una nobiltà particolare, dato che egli è dotato di un'anima intelligente e libera.

É proprio un dono divino, ma ciò non è sufficiente per permettere il ritorno della creatura razionale verso Dio e nemmeno per spiegarlo, perciò Tommaso continua: « Questa processione può ancora essere osservata in quanto è la ragione del ritornare al fine, ma soltanto nei doni che ci uniscono da vicino al Fine ultimo, cioè Dio, e che sono la grazia santificante [ per questa vita ] e la gloria [ per la vita futura ] … ».

Per fare comprendere ciò, Tommaso usa un paragone con quanto accade nel processo di generazione naturale.

Non si potrà dire di un bambino che è unito con suo padre nel possesso della stessa specie umana fin dal momento in cui egli è concepito; ciò non potrà verificarsi che al termine dell'atto generatore, cioè quando il bambino è diventato a sua volta persona umana.

Allo stesso modo, nelle diverse partecipazioni alla bontà divina che noi conosciamo, non vi è unione immediata a Dio mediante i primi doni che egli ci fa ( cioè il fatto di sussistere nell'essere naturale ); questa unione non si realizza se non mediante i doni ultimi che ci permettono di aderire a lui come nostro fine.

Per questo diciamo che lo Spirito Santo non è dato immediatamente con l'essere della natura, ma soltanto con i doni santificanti che procurano la nostra nascita secondo l'essere di grazia.129

Se i testi che parlano direttamente della creazione sottolineano a giusto titolo il ruolo decisamente centrale dell'esemplarità dell'Immagine e dell'efficienza del primo Principio che permettono di valorizzare il ruolo del Verbo incarnato, in quello che commentiamo ora è evidentemente lo Spirito che passa in primo piano, poiché è per esso e mediante i suoi doni che la creatura sarà resa effettivamente capace di raggiungere l'Esemplare.

Detto altrimenti, nell'immediato prolungamento della Trinità creatrice, Tommaso ci parla della Trinità divinizzatrice.

Al centro della sua teologia, la Trinità è subito messa in relazione esplicita con la dottrina della creazione e della salvezza.

A Tommaso piace questa scorciatoia e la riprende in un testo della Somma anch'esso molto illuminante: « La conoscenza delle persone ci era necessaria per due ragioni.

La prima era quella di farci pensare in modo giusto circa la creazione delle cose.

Infatti affermare che Dio ha fatto tutto per mezzo del suo Verbo, significa rigettare l'errore secondo il quale Dio ha prodotto le cose per necessità di natura, e porre in lui la processione dell'Amore significa dimostrare che se Dio ha prodotto delle creature, non è perché ne abbia avuto bisogno, né per nessun'altra causa esterna a Lui: è per amore della sua bontà ».130

Si riconosce qui ciò che fondava la messa in guardia circa una possibile confusione sull'origine dello schema circolare, ma si nota anche che l'idea di Dio che Tommaso si fa non è meschina.

Egli sa per esperienza che nel nostro mondo nessun essere agisce se non in vista di un fine, in vista d'acquisire qualcosa o di arrivare ad un risultato - detto altrimenti, in modo interessato -.

Ma quando si tratta dell'Al di là di tutto, è chiaro che il suo agire non può essere motivato dall'acquisizione di qualcosa che gli mancherebbe.

Occorre dunque concludere che la creazione del mondo da parte di Dio non ha altro motivo che quello di comunicare la sua propria bontà, la sua propria perfezione.

Poiché non gli manca assolutamente niente, Dio solo può agire in maniera perfettamente disinteressata.131

Veniamo così a comprendere quanto sarebbe erroneo sopravvalutare l'uso del vocabolario neoplatonico.

Se vi è somiglianza, al massimo essa è materiale.

Ci troviamo in pieno pensiero cristiano e la nascosta debolezza dello schema emanatista è qui corretta in modo radicale.

Se Dio crea mediante il suo Logos, la sua Parola ( Gv 1,3 ) è un'attività di pensiero riflesso, non un'emanazione naturale.

È « attività d'Artista e non proliferazione della Sostanza ».132

In un primo tempo, la rivelazione della Trinità ci permette di comprendere rettamente il perché della creazione, eppure Tommaso gli riconosce un altro motivo, secondo lui ancora più importante: « La seconda ragione, e la principale, era quella di darci una vera nozione della salvezza del genere umano, salvezza che si compie tramite l'incarnazione del Figlio e il dono dello Spirito Santo ».

Questo mettere in relazione la creazione e la salvezza, l'origine del mondo e la sua realizzazione finale nella beatitudine - si riconosce qui il piano della Somma - mostra a che punto, in questa prospettiva, il corso intero del tempo è immerso per così dire nel seno della Trinità: la uscita-creazione e il ritorno-divinizzazione sono inglobati nel ciclo eterno delle processioni divine.

Per riprendere un'espressione ben coniata da uno dei suoi migliori commentatori, « la rivelazione concreta del mistero della Trinità è come avvolta nella rivelazione dell'economia della salvezza e in quella delle origini del mondo ».133

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123 Ciò è stato magistralmente messo in luce da G. EMERY, Creatrix Trinitas.
La Trinité créatrice dans les commentaires aux Sentences de Thomas d.Aquin et de ses précurseurs Albert le Grand et Bonaventure, Diss., Fribourg 1994.
124 Sent. I, d. 14, q. 2, a. 2.
125 Tommaso rinvia qui al testo assolutamente decisivo di Sent. I, d. 10, q. 1, a. 1; la sua densità sfida la traduzione, ma è esso che noi parafrasiamo qui sopra.
126 Si può vedere per esempio Sent. I, d. 14, q. 1, a. 1, che tratta anche delle processioni intratrinitarie e dei loro rapporti con la creazione; vedere anche Sent. I, d. 27, q. 2, a.3 ad 6: «. . non tantum essentia [diuinaj habet ordinem ad creaturam, sed etiam processio personalis, quae est ratio processionis creaturarum». q. 45, a. 6.
127 I q. 45, a. 6.
128 Sent. I, d. 14, q. 2, a. 2; la citazione di sant.Agostino è presa dal De uera religione c. 55, n. 113 (BA 8, pp. 188-191; NBA 6/1, p. 157); quella di sant.ilario dal De Synodis 59, XXVI (PL 10, 521); a tal proposito si leggerà volentieri il magnifico studio di G. EMERY, Le Père et l’oeuvre trinitaire de création selon le Commentaire des Sentences de S. Thomas d’Aquin, in Ordo sapientiae et amoris, pp. 85-117.
129 Quest.ultimo capoverso è una parafrasi della fine del testo di Sent. I, d. 14, q. 2, a. 2.
130 I, q. 32, a. 1 sol.3.
131 Cf. I, q. 44, a. 4: «Ogni agente agisce in vista cli un fine, e ogni agente imperfetto… intende acquistare qualcosa con la sua azione. Ma al primo agente… non compete agire per raggiungere qualche fine; esso non si propone altro che comunicare la sua perfezione, cioè la sua propria bontà.
Siccome da parte sua ogni creatura intende ottenere la sua propria perfezione, che è una somiglianza della perfezione e della bontà divine, questa è dunque la divina bontà che è il fine di tutte le cose»; cf. ibid., ad i; Depot. q. 3, a. 7 ad 2; ecc.
132 H. -F. DONDAINE, nota 85 a SAINT THOMAS D.AQUIN, La Trinité, «Revue desJeunes», Paris 1950, t. I, p. 200.
133 20H.F. DONDAINE, ibid; per uno studio più completo, si vedrà É. BAILLEUX, La création, ceuvre de la Trinité, selon saint Thomas, RT 62 (1962) 27-50. Cf. R. IMBACH, Dieu comme artiste. Méditation historique sur les liens de nos conceptions de Dieu et du Beau, «Les Echos de Saint-Maurice», n.s. 15 (1985) 5-19.