Summa Teologica - I

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Articolo 5 - Sulla differenza tra evo e tempo

In 1 Sent., d. 8, q. 2, a. 2; d. 19, q. 2, a. 1; In 2 Sent., q. 1, a. 1; De Pot., q. 3, a. 14, ad 18; Quodl., 10, q. 2

Pare che l'evo non si distingua dal tempo.

Infatti:

1. Dice S. Agostino [ De Gen. ad litt. 8, cc. 20,22 ] che « Dio muove la creatura spirituale nel tempo ».

Ma l'evo è detto misura delle sostanze spirituali.

Quindi il tempo non differisce dall'evo.

2. È essenziale al tempo avere il prima e il poi; essenziale all'eternità è invece l'essere tutta insieme, come si è detto [ a. 1 ].

Ma l'evo non è l'eternità: dice infatti la Scrittura [ Sir 1,1 ] che la sapienza eterna esiste « prima dell'evo ».

Quindi non è tutto simultaneamente, ma ha un prima e un poi: e così non è altro che il tempo.

3. Se nell'evo non c'è un prima e un poi, ne viene di conseguenza che negli esseri eviterni non vi è differenza tra l'esserci, l'essere stati e l'essere nel futuro.

Ma siccome è impossibile che gli eviterni non siano stati, ne segue che è impossibile che essi non esistano in futuro.

Il che è falso, potendo Dio annientarli.

4. Siccome la durata degli esseri eviterni è infinita dopo la loro creazione, se l'evo è tutto intero simultaneamente ne segue che qualcosa di creato è un infinito attuale: il che è impossibile.

Quindi l'evo non differisce dal tempo.

In contrario:

Dice Boezio [ De consol. 3, metr. 9 ]: « Sei tu [ o Signore ] che comandi al tempo di scaturire dall'evo ».

Dimostrazione:

L'evo differisce dal tempo e dall'eternità come qualcosa di mezzo tra l'uno e l'altra.

Ora, alcuni autori determinano tale differenza dicendo che l'eternità è senza inizio e senza termine, l'evo ha un inizio ma non un termine, il tempo un inizio e un termine.

Ma questa differenza è puramente accidentale, come si è già notato [ a. prec. ]: poiché anche se gli esseri eviterni fossero sempre stati e sempre fossero in futuro, come alcuni dicono, o anche se venissero annientati, il che è possibile a Dio, l'evo si distinguerebbe ancora dall'eternità e dal tempo.

Altri invece assegnano come differenza tra queste tre realtà il fatto che l'eternità non ha un prima e un poi, il tempo ha un prima e un poi con innovazione e invecchiamento, l'evo ha un prima e un poi senza innovazione e invecchiamento.

Ma questa opinione è contraddittoria.

Il che appare in modo evidente se l'innovazione e l'invecchiamento si riferiscono alla misura stessa.

Poiché infatti il prima e il poi della durata non possono esistere simultaneamente, se l'evo ha un prima e un poi è inevitabile che, partendosene la prima parte dell'evo, quella che viene dopo giunga come qualcosa di nuovo: e così ci sarà innovazione nello stesso evo, come nel tempo.

E tale inconveniente rimane anche se l'innovazione e l'invecchiamento si riferiscono alle entità misurate.

Infatti una realtà temporale invecchia col tempo in quanto è trasmutabile: e dipende da questa trasmutabilità del misurato che nella misura ci sia un prima e un poi, come insegna Aristotele [ Phys. 4,12 ].

Se dunque la stessa realtà eviterna non è soggetta a invecchiare e a rinnovarsi, è perché il suo essere è immutabile.

Quindi la sua misura non avrà né un prima né un poi.

Si deve dunque dire che, essendo l'eternità la misura dell'essere immutabile, un ente si allontana dall'eternità per il fatto che si allontana dall'immutabilità nell'essere.

Ora, alcune creature si discostano dall'immutabilità nell'essere per il fatto che il loro essere è il soggetto di una trasmutazione, o consiste in una trasmutazione; e questi enti sono misurati dal tempo: come ogni moto e l'essere di tutte le cose corruttibili.

Altre cose invece si scostano meno dall'immutabilità nell'essere, dato che il loro essere né consiste in una trasmutazione, né è il soggetto di una trasmutazione: tuttavia hanno congiunta una certa trasmutabilità, o attuale o potenziale.

È ciò che avviene nei corpi celesti, il cui essere sostanziale è immutabile, ma congiunto al cambiamento di luogo.

E ciò è evidente anche negli angeli, dato che per quanto riguarda la loro natura hanno l'essere immutabile congiunto a una mutabilità negli atti liberi; e hanno anche mutabilità di pensieri, di affetti e, a loro modo, di luoghi.

E per tale motivo essi sono misurati dall'evo, che sta fra l'eternità e il tempo.

L'essere invece che è misurato dall'eternità non è mutevole in se stesso, né associabile a variazioni.

- Così dunque il tempo implica un prima e un poi; l'evo invece non ha in sé né un prima né un poi, ma può averli annessi; l'eternità infine né ha un prima e un poi, né li comporta in alcun modo.

Analisi delle obiezioni:

1. Le creature spirituali quanto ai loro desideri e pensieri, nei quali vi è successione, hanno per misura il tempo.

Per cui S. Agostino nel passo citato spiega che muoversi nel tempo significa avere una successione di sentimenti.

Però quanto al loro essere naturale sono misurate dall'evo.

Quanto infine alla visione della gloria, partecipano dell'eternità.

2. L'evo è tutto insieme, ma non è eternità, essendo compatibile con un prima e un poi.

3. Nell'angelo la differenza tra passato e futuro non è nel suo essere, ma solo rispetto alle mutazioni annesse.

Il fatto però che noi diciamo che l'angelo è, o che è stato, o che sarà, differisce quanto al modo di concepire della nostra intelligenza, che apprende l'essere dell'angelo in rapporto alle varie parti del tempo.

E quando [ la nostra mente ] dice che l'angelo è oppure è stato afferma una verità che la stessa potenza divina non potrebbe conciliare col suo contrario; quando invece dice che sarà non afferma nulla di esistente.

Essendo quindi l'essere e il non essere dell'angelo soggetto alla divina potenza, Dio, assolutamente parlando, può far sì che esso non sia nel futuro; non può però far sì che non sia mentre è, o che non sia stato dopo che è stato.

4. La durata dell'evo è infinita nel senso che non è limitata dal tempo.

Ora, non c'è alcun inconveniente ad ammettere qualcosa di creato come infinito nel senso di non limitato da qualche altra cosa.

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